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Autore: Manu_Hikari    24/04/2006    3 recensioni
Un grande amore al quale qualcuno ha messo la parole fine senza un valido motivo. Eppure lui non avrebbe saputo immaginare la sua vita senza di lei...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ehm…..si lo so che nn vi ricordate di me, ma ho avuto tanti casini cn internet che nn ve ne parlo. Quelli di ****** nn mi aggiustano un guasto da 5 mesi e così ho rinunciato all’adsl per la linea analogica; cmq ecco il 16 capitolo, e l’ultimo sarà pubblicato a breve è praticamente già finito. A me dispiacerà lasciarvi a voi un po’ meno; ma tornerò….MUHAHAHAHAHAHA!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

 

CHAPTER SIXTEEN

 

 

 

 

 

DOMENICA SERA.

 

 

 

Patty guardò il suo ragazzo incerta se dover parlare o meno. L’aveva baciata; finalmente dopo anni di attesa -che definire stressante sarebbe stato riduttivo- aveva potuto veder realizzato uno dei suoi sogni. Aveva ricevuto il suo primo bacio dalla persona che amava in una serata perfetta, l’occasione era perfetta, l’atmosfera era perfetta, la luna, le stelle, anche il blu del cielo era di una tonalità perfetta, lei, improvvisamente, si sentiva perfetta, accanto a lui. Provava una gioia intensissima e non riusciva ad esprimerla, non riusciva a fare altro che stare lì davanti a Olly con un’espressione basita ed incredula.

«I- io…non so che mi sia successo, Patty…io…»

Ma Patty scosse la testa e gli sorrise con occhi lucidi. «Non è successo nulla. » Sussurrò. «È tutto a posto, adesso…forza. » Aggiunse asciugandosi i lucciconi che minacciavano di rigarle il viso. « Andiamo a ballare adesso! »

Lo trascinò in una mischia rumorosa e ballerina al ritmo di una vecchia canzone dance inglese.

 

 

La musica assordante le rimbombava nelle orecchie e chi occhi le bruciavano fino alle lacrime, irritati dalle accecanti luci a intermittenza, si sentiva soffocare dalla folla di ragazzi saltellanti che la circondava, ma continuava a ballare al ritmo di una musica dal martellante ritmo house music - genere che tra l’altro odiava- senza curarsi troppo nemmeno del dolore al tallone e alle dita dei piedi, provocato dai tacchi vertiginosi che indossava. Ballava quasi senza pensarci, come se il movimento del suo corpo non dipendesse dalla volontà della sua mente. Ballare così l’aiutava ad allontanare il pensiero che Benji fosse lì, con un'altra e che, forse, non ci sarebbe rimasto per molto; Dyana era troppo bella perché ancora una volta Benji le preferisse Mie. Avrebbe voluto avere il coraggio di andare lì e reclamare la sua priorità su di lui. Avrebbe voluto tanto farlo, ma sapeva anche che non aveva quel coraggio che tanto anelava e sapeva anche che Benji non era un oggetto e che, dunque, nessuno poteva avere priorità su di lui, men che meno lei. Lei non era altro che una codarda. Ora si rendeva conto che aveva fatto tutto per se stessa, non per Benji. non l’aveva mai sfiorata il pensiero che Benji potesse fallire, ma nel caso in cui fosse accaduto da quali rimorsi sarebbe stata tormentata? Quali sensi di colpa avrebbero perseguitato le sue notti?  Lei sarebbe stata troppo immatura per sopportare tutto questo. Ma quelle domande, quei dubbi, non riguardavano la sofferenza di Benji, ma se stessa. L’unica sua paura era che il ragazzo che amava un giorno avesse potuto rinfacciarle di essere la causa della sua rovina. In teoria, secondo quanto il signor Marshall le aveva detto e fatto notare poco dopo il suo arrivo in Germania, avrebbe dovuto sentirsi un eroina – guarda, le aveva detto, guarda cosa è diventato grazie a quello che hai fatto per lui, la Grunvald non potrà mai più fare a meno di lui – ma lei non si sentiva bene per niente. Era troppo egoista per essere felice per Benji. si odiava per questo. ormai il danno era fatto e a lei, unica rea, non restava che piangere in silenzio; seppur vivere così equivalesse a sentirsi vuota, a morire dentro, era tutto ciò che poteva fare, nient’altro.

Si guardò intorno, sperando di scorgere un berretto azzurro, ma i ragazzi tedeschi dovevano essere un po’ troppo alti per lei. Sentì gli occhi pizzicarle violentemente e il respiro mancarle, così, dopo aver fatto un segno a Ed, si allontanò verso il bordo della pista, appoggiandosi ad un tavolo vuoto. Non vedeva l’ora che quella serata finisse.

 

 

 

Benji si guardò intorno, in cerca di sottili occhi dalle iridi scure, ma il suo tentativo di avvistare Mie in quella calca, fallì miseramente. Non era certo una che si notava poco, tanto più che quella sera le ragazze dovevano essere davvero pochine; quasi la metà dei ragazzi, dato che solo alcuni dei ragazzi giapponesi erano riusciti a trovare un’accompagnatrice. Niente, era come cercare un ago in un pagliaio. Senza contare che la maggior parte dei presenti in sala superavano Mie in altezza di almeno quindici centimetri. Non riusciva a vederla. A che scopo, poi, cercarla. Una volta che l’avesse trovata, cosa avrebbe fatto? no, inutile pensarci, non le veniva nemmeno l’ombra di quella che poteva sembrare un’idea; un po’ difficilino concentrarsi più del normale con la musica assordante che gli rimbombava nelle orecchie e Dyana che gli si strusciava contro. Era bellissima, era vero, ma lei non era Mie; non era stata la ragazzina lentigginosa dai lunghissimi capelli neri che gli portava la merende agli allenamenti, suscitando l’invidia di tutti i suoi compagni; non era quella ragazzina che, timidamente rossa in viso, gioiva con lui di ogni vittoria; quella che gli sfiorava le labbra, per consolarlo ad ogni sconfitta…no, lei non era Mie. Non avrebbe mai potuto esserlo. Le fece un segno, voleva prendere una boccata d’aria fresca. Dyana sembrò volerlo seguire, ma lui le fece segno di no. Voleva stare solo. Si allontanò verso il bordo pista, e finalmente la vide. Avrebbe riconosciuto quelle spalle piccole e graziose ovunque, stava uscendo anche lei; il terrazzino era illuminato solo dalle fluorescenti luci della sala. Mie appoggiò le mani al parapetto di pietra, guardando i monti all’orizzonte, bagnati dalla luce dei lievi raggi lunari, gli occhi scuri tristi come non mai.

«Hai intenzione di stare lì a fissarmi ancora a lungo? » gli chiese voltandosi. Gli occhi di lui corsero lungo tutta la sua figura, bella come sempre, anche in quella sua inedita tristezza. Le si avvicinò, guardando oltre l’orizzonte.

«Non mi è permesso più nemmeno questo? » Chiese.

Mie non volse il suo sguardo verso di lui, ma provò a guardare la sala. «Non preoccuparti, » la tranquillizzò Benji. «Marshall non  viene… »

Finalmente quei grandi occhi scuri si volsero verso di lui, stupiti. «Tu come… »

«Non ne voglio parlare; » disse Benji passandole un braccio dietro la schiena «non ora.  »

Mie non sapeva che fare; da quando si erano baciati, l’altra sera, non aveva pensato che avrebbero potuto stare tanto vicino ancora una volta. Quel profumo forte e allo stesso tempo morbido e semplice le pervase le narici, suscitando ricordi lontani; giorni passati, ma forse, non ancora perduti del tutto. Esitante poggiò il capo sulla sua spalla, e solo in quell’istante capì perché Benji l’aveva stretta a se. 

 

I don’t mean to be rude
Cos this is normally not my stile
Can I take you out?
I feel if I don’t ask chance will pass
and I’ll never see your face again
I’ll never see your face again,no

You maybe thinking I am strange
Not every single day,no
Beauty comes my way,so


 

Le note della loro canzone si diffusero nell’aria. Poco più in là, in pista, cominciarono a formarsi decine di coppiette che, abbracciate, si muovevano morbide al ritmo di quel lento.

«È la nostra canzone, ricordi? » sussurrò Benji.

«Si…. »


I could be the man for you
I can make all your dreams come true
Maybe I’m a fool
For saying I’m in love with you

 

Say farewell,I say so long
Say goodbye,I’ll say you’re wrong
Cos here in my arms you belong

 

«Andiamo via, » Disse improvvisamente Benji mentre le note della canzone sfumavano sull’ultimo ritornello. «Andiamo via, io e te. via dagli altri, via da Marshall, l’ultima sera, solo io e te. »

Mie lo guardò, gli occhi quasi spalancati. Mille sentimenti contrastanti si agitarono nel suo cuore. La sua anima gridava si con tutte le sue forze, voleva scappare voleva sentirsi di nuovo sua, di nuovo viva, assaporare di nuovo il sapore speziato di quelle labbra morbide; ma la sua testa le diceva di no, che era bagliato; sarebbe stato difficile ricominciare tutto da capo. «Si…» eppure valeva la pena provare.

 

 

 

 

 

   …To be continued

 

 

Ecco la traduzione della canzone; sono solo alcune strofe. È  dei blue si intitola

Love at first side.

 

“Amore a prima vista.”

 

Non vorrei essere sgarbato
Perchè di solito questo non è il mio stile
Ti va di uscire con me?
Sento che se non ti chiedo una possibilità passerà
E non vedrò il tuo volto mai più
No, non lo vedrò mai più

Forse penserai che sono strano

Ma non tutti i giorni

Incontro la bellezza sulla mia strada

 

Potrei essere il ragazzo per te

Potrei realizzare tutti i tuoi sogni
Forse sono stupido
Per dire che sono innamorato di te

 


dimmi arrivederci, ti dirò che ti sbagli
perché tu appartieni alle mie braccia

  
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