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Autore: Rik Bisini    25/04/2006    7 recensioni
Da uno dei plot bunnies offerti da ChaDo, con uno spunto preso a prestito ad Evenstar, in accordo con le nozioni fornite da Harry Potter Lexicon, grazie al supporto morale ed alla presenza virtuale di Lily, nasce la mia prima Remus/Tonks.
È la raccolta dei dialoghi più significati e dei piccoli incontri che avvicinano l'uno e l'altra nel corso degli anni, come io li ho immaginati, fino all'incombere degli eventi del sesto libro.
Buona lettura a tutti.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'e'
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Cresciuta dentro

Agosto 1984.

Remus Lupin sentì mancargli il fiato. Il colpo che aveva rivevuto allo stomaco lo costrinse ad indietreggiare di un passo per rimanere in equilibrio. Qualcuno invece cadde a terra. Udì un acuto gridolino e distinse una folta massa di capelli scuri e ricci che sparirono subito dal suo sguardo.
Appartenevano ad una bambina di undici anni, finita a sedere per terra, che suoteva in alto e in basso la testa per trattenere lacrime di dolore e paura, lacrime che forse avevano già cominciato a cadere sul quel viso seminascosto dai capelli.
"Ninfadora!" chiamò la voce di una donna che si fece largo tra i pochi passanti della strada, la più nota strada di negozi per maghi di Londra, Diagon Alley.
"Ninfadora" ripeté la donna, "quante volte ti ho detto che non c'è bisogno di correre. Chiedi scusa al signore."
Lupin sorrise ed il suo sguardo incontrò il volto della donna, che lo restituì con aria perplessa.
"Ci conosciamo, mi pare." constatò rivolta a Lupin.
"Potrebbe darsi..." replicò questi.
La bambina si era alzata in piedi e teneva gli occhi verso il basso. Portò una manica sul viso, ma la donna la prese per il polso ed accostò con premura la bambina a sé.
"Vive a Londra?" chiese la donna a Lupin.
"No." rispose l'altro, "Sono solo di passaggio."
"Magari ci siamo conosciuti a scuola," suggerì. "ha studiato ad Hogwarts?"
Remus annuì.
"Mi sono diplomato sette anni fa."
Un lampo di comprensione apparve negli occhi della donna.
"L'anno di mio cugino Sirius." spiegò, "Devo averla vista il giorno del diploma."
Il dolore che giunse allo stomaco di Remus fu più forte di quello che gli aveva provocato l'impatto con Ninfadora.
"Eravamo nella stessa Casa. Ci conoscevamo" confermò Remus, "almeno lui conosceva me."
La donna annuì lentamente.
"Credevo anche io di conoscere Sirius e di conoscerlo abbastanza da sapere che non era come il resto della nostra famiglia. Ma non è facile essere diversi da quello che si è nati per essere."
Le sue labbra si curvarono in un lieve sorriso.
"Sono Andromeda Tonks e lei è mia figlia Ninfadora."
Dietro una cascata di riccioli, Lupin distinse vagamente il viso della bambina, la cui somiglianza con la madre era semplicemente impressionante.

Ninfadora addentò con energia la gamba di una Cioccorana. Lupin nascose un sorriso dentro il bicchiere della Burrobirra che sorseggiava. Andromeda lanciò verso la figlia uno sguardo di rimprovero misto ad apprensione. Sospirò.
"Devo portarla a comperare l'uniforme e poi avrà tutto il necessario. Vorrei poter aspettare un altro anno prima di mandarla ad Hogwarts. È intelligente, vivace, ma non sa controllarsi a dovere. Ho deciso di non imporle nessuna delle limitazioni che avevo io in casa da bambina e mi domando di non aver esagerato nel senso opposto."
"Non credo ci sia nulla di male ad esprimersi con facilità." osservò Lupin.
"Sì" concordò Andromeda, "ma incontrerà coetanei abituati ad un atteggiamento molto formale e le sarà difficile comportarsi come loro. Ho paura che tenteranno di fare di lei la dimostrazione che tutto quello che viene dai Babbani è inopportuno, non è adeguato."
"Incontrerà altri coetanei vivaci e spontanei come lei." la rassicurò Remus, "Il Cappello saprà smistarla nella Casa dove verrà accolta meglio."
"Sarò sollevata se non finirà a Serpeverde. Ma, per metà, è una Black."
"Magari sembrerò troppo ottimista," disse Remus, "ma il mio caso lo prova. Ad Hogwarts c'è un posto per tutti. Anche quando sembra non esserci speranza."
Andromeda sembrò incerta se formulare una domanda. Poi colse il movimento della figlia che portava alla bocca l'ultimo pezzo di Cioccorana.
"Ninfadora, hai il viso tutto pieno di cioccolato." disse. Prese una bacchetta magica e la puntò verso la figlia.
"Aspetta mamma." la pregò Ninfadora, "così mi finisce in bocca il sapore del sapone."
Remus porse un fazzoletto, che Andromeda usò per cancellare le tracce di cioccolato più evidenti dal viso della bambina.
"Ringrazia il signor Lupin, tesoro." suggerì la donna.
"Grazie signor Lupin." obbedì Ninfadora. "Lei era bravo a scuola?"
Remus sorrise.
"Sono stato Prefetto per la Casa di Grifondoro, quindi penso di poter dire che ero piuttosto bravo. Ma non ero bravo a Quidditch come il mio amico James" un altro piccolo spasmo colpì lo stomaco di Remus, "e non sono mai stato tra i migliori in alcune materie, ad esempio pozioni."
"Pozioni è la materia più difficile?" domandò Ninfadora, "Credevo che fosse Trasfigurazione?"
"Forse è vero quello che dici." rispose Remus, "Però mi piaceva studiare Trasfigurazione e Difesa contro le Arti Oscure. Invece mi piacevano poco Pozioni e Storia della Magia, quindi le studiavo meno di quanto avrei dovuto e non avevo buoni voti."
"Però si devono studiare anche le materie che non ti piaccono," precisò Ninfadora. "allo stesso modo di quelle che ti piacciono"
"Giusto." convenne Remus, "Tuttavia quando una materia non ti piace non sempre riesci a capire se sei stanco di studiarla perché hai studiato a sufficienza o sei solo annoiato."
"Ma bisogna sapere tutto quello che insegnano a scuola!" esclamò Ninfadora con un'espressione timidamente indignata, appena intuibile dietro i suoi boccoli.
"Tutto quello che insegnano è importante" continuò Remus, "ma è ancora più importante scoprire che cosa ci è piacevole fare. Specie dal terzo anno, quando si possono scegliere alcune materie. Ognuno usa la scuola per scoprire cosa gli piace fare, e imparare a farlo, per poter continuare anche dopo il diploma. Trovare il mestiere che ti piace è la cosa più bella, dopo gli amici."
"Si trovano tanti amici a scuola?" domandò Ninfadora.
Remus tentò di nascondere una smorfia.
"Ne ho trovati. Persone con le quali sono stato molto bene. Purtroppo quando siamo cresciuti li ho persi tutti. Non sono stato fortunato, molte persone che conosco vedono ancora i loro amici dei tempi della scuola."
"Però adesso ci sono queste persone come amici, giusto?" osservò Ninfadora.
Remus sorrise di cuore.
"È vero. Ho degli amici, dei buoni amici. Ho avuto la fortuna di trovarne altri. Ma se un amico ti lascia, senti sempre un vuoto dentro."
"Io e la mamma possiamo esserti amiche." suggerì Ninfadora, "Con tanti amici tra cui scegliere importa di meno se uno ti lascia."
Remus scosse la testa.
"Non credo che sia come dici. Ma è anche vero che è meglio avere molti amici."
"Remus" intervenne Andromeda, "adesso noi andiamo. Però la aspettiamo per un tè la prossima volta che si ferma a Londra."
"Verrò." promise Remus.

Luglio 1988.

Remus udì la risata vivace e solare di una ragazza. Poi avvertì dei movimenti dietro di lui. Il suono di un passo pericolosamente vicino. Un colpo al braccio che teneva il bicchiere. La mano perse la presa, il bicchiere scivolò sul tavolo ed il contenuto si versò interamente.
"Oh, Merlino!" disse la voce di una ragazza, una voce che a Lupin parve della medesima persona che aveva riso. "Sono sempre la solita sbadata."
Due altri ragazzi accanto a lei ridevano. Lupin si girò ed incontrò il volto della ragazza che lo aveva urtato. Era una adolescente di circa quindici anni, dal viso a forma di cuore e i corti capelli di un vivace rosa. Il suo sguardo si bloccò sul viso del uomo.
"Ohibò," disse, "il signor Remus Lupin."
"Sì, sono io." confermò Remus perplesso. "Non ricordo dove ci siamo visti però."
La ragazza fece una seconda risata.
"Sono io." spiegò, "Ninfadora Tonks!"
"Ninfadora?" chiese Remus, "Non ti avrei mai riconosciuto. Sei cambiata molto in fretta o sono io che non vengo a trovarvi da troppo tempo?"
La ragazza fece un sorriso imbarazzato.
"Immagino che questa sia una piccola sorpresa. Sono un Metamorfomagus. L'ultimo tè che hai preso a casa nostra è stato prima della scorsa estate. Un po' più di un anno fa."
Remus si soffermò un secondo sull'aspetto della ragazza.
"Comunque ti trovo cresciuta, Ninfadora."
"Direi che ho l'età per esserlo" rimarcò la ragazza, "e ne ho anche abbastanza di sentirmi chiamare Ninfadora. Preferisco sentirmi chiamare come fanno tutti, cioé Tonks."
Remus afferrò il suo bicchiere ormai vuoto e lo rimise in piedi.
"Come preferisci" disse Remus, "e tu chiamami Remus, allora."
"Affare fatto." Tonks si rivolse ai suoi due amici. "Carol, Tom, vi dispiace passare al Ghirigoro senza di me? Devo una birra ad un mio amico."

Tonks appoggiò un gomito sul tavolo ed adagiò il viso sulle dita della mano mentre sorrideva all'uomo.
"Adesso lavori a Londra, Remus?"
"Solo per un paio di mesi." rispose. "Ho sempre avuto difficoltà a trovare un lavoro fisso."
"Come mai?"
"Problemi di salute" spiegò Remus, "e di carattere. A volte divento intrattabile per chiunque."
Tonks sollevò il capo con un accenno di risata.
"Non riesco ad immaginarti arrabbiato. Ti ho appena innaffiato di Burrobirra e credo che tu abbia perso il conto delle tazze da té che ti ho versato addosso a casa nostra."
"Si è trattato di una sola tazza di té per l'esattezza" ricordò Remus, "e la volta prima era del latte."
"Senti," cominciò Tonks, "a parte gli scherzi, quanto pensi che il carattere possa dare problemi alle persone sul lavoro?"
Remus attese un paio di secondi leggendo lo sguardo curioso e vagamente preoccupato di Tonks.
"Dipende principalmente dal lavoro che uno fa, immagino. Tu a che cosa ti riferisci esattamente?"
Tonks strinse le labbra e spostò lo sguardo ai lati, come per sincerarsi che nessuno ascoltasse.
"Ascolta, questa è una cosa che non ho detto ancora a casa." disse, "E per favore non ridere troppo. È solo un'idea che mi è venuta. Sto pensando di fare l'Auror."
"Beh, Tonks," replicò Remus sorpreso, "so che agli Auror è richiesta una preparazione molto particolare per saper agire sotto pressione e in circostanze sfavorevoli di vario genere. Dovresti pensare se sei effettivamente in grado di affrontarle."
"Non è questo il punto." intervenne Tonks, "Queste cose sono spiegate negli opuscoli, ma tu cosa pensi di me come Auror. Me, capisci?"
"Temo di no." confessò Remus.
Tonks sbuffò.
"Come posso spiegartelo? Mi piace ridere e scherzare, sono sempre allegra e mi esprimo in modo diretto con le persone. Non pensi che un Auror deve essere più severo?"
Remus sorrise.
"Non penso affatto che sia un problema."
Tonks lo guardò di traverso e con una smorfia incredula. Remus bevve un sorso di Burrobirra.
"Ascolta, Tonks" cominciò, "hai avuto a che fare con il professor Silente?"
"Più spesso e in occasioni meno piacevoli di quanto avrei voluto." rispose la ragazza distogliendo lo sguardo dall'uomo.
"Albus Silente è il Preside della più importante scuola di Magia e Stregoneria di Inghilterra, la più conosciuta ed una delle più prestigiose di Europa. È accreditato come il prossimo Ministro della Magia, ha combattuto e sconfitto il peggior mago oscuro della prima metà del secolo. Eppure per quello che lo conosco, e ti assicuro che ho avuto spesso occasione di incontrarlo, non si è mai fatto sfuggire l'occasione di far sorridere le persone. Non ti pare abbastanza?"
"Dovrei essere come lui?"
"No." rispose Remus, "Devi essere semplicemente Tonks. E ricordarti che per infondere fiducia negli altri la prima cosa da fare è non recitare una parte."
Tonks si soffermò un secondo a riflettere su queste parole.
"Quindi secondo te faccio bene a voler fare l'Auror?" domandò.
"Non sono il Capo della tua Casa," replicò Remus, "che sicuramente è la persona più indicata a risponderti. E non conosco i tuoi voti nelle materie richieste. Ma ti posso dire che l'ottimismo è un'arma potente contro più di un tipo di creature oscure."
Tonks sorrise di cuore.
"Parlerò con il Capo della mia Casa ai colloqui di orientamento, quest'anno." annunciò alzandosi dalla sedia, "Grazie, Remus. Devo raggiungere Thomas e Caroline adesso. Ti aspetto a casa nostra dopo quest'anno di scuola, voglio che tu sappia come è andata."
Remus annuì.

Giugno 1991.

Remus percorreva a lenti passi il corridoio, respirando profondamente.
Sapeva di avere il volto pallido e un vistoso paio di occhiaie, sapeva anche che i suoi riflessi erano più lenti del solito ed i suoi muscoli indeboliti. Era sempre così quando la malattia si avvicinava al suo culmine.
Dall'angolo apparì improvvisamente qualcosa che spiccava per il suo colore di un vivace rosa. L'uomo sentì un braccio che gli veniva trascinato via da un urto e rovinò a terra.
"Ninfadora Tonks." pensò con rassegnazione.
"Tom, devi andartene e lasciarmi in pace una volta per tutte." disse la voce di Tonks con una furia ed una determinazione che a Remus non erano affatto familiari.
"Senti Tonks, te l'ho detto. Non ci riesco. Non ce la faccio a non pensarti." replicò una voce maschile.
"E allora non pensare affatto." lo rimbeccò Tonks. "Sei abituato ad agire senza ragionare."
"Sei tu ad avermi lasciato senza ragione." ribatté il ragazzo.
"Senza ragione?!" esclamò Tonks, "Hai il coraggio di dirmi che non c'era una ragione?! D'accordo te la ricordo io la ragione. Alta, formosa, bionda, purosangue, risata cretina, capace di trasfigurare una toppa in una pezza."
"Ma che razza di idee ti sei fatta?" replicò l'altro.
Tonks sospirò rassegnata.
"Volevo evitare una penosa discussione sull'argomento Angela Bridgestone, ma dato che insisti parliamone."
"Senti" cominciò Tom, "non so che idee ti sia fatta su di noi..."
"Ah, aspetta" l'interruppe Tonks, "senti che idea. Stazione di Hogsmeade. Il giorno della partenza dell'Espresso. Quando sei sparito la mattina presto e ti abbiamo visto solo a mezzogiorno che facevi volteggiare i bauli verso l'Espresso con aria assonnata. Ti ricordi?"
"Abbiamo fatto festa in Sala Comune fino a tardi" spiegò Tom, "per festeggiare il diploma ma non vedo cosa..."
"Un paio di ore prima, ad Hogsmeade." proseguì imperterrita Tonks, "Sulla strada verso la Stamberga Strillante, un idiota lancia un urlo per scherzo. Una scema finge di spaventarsi. I due si baciano appassionatamente. Ti dice nulla?"
"Non capisco quale bugiardo possa averti raccontato una cosa del genere."
La voce di Tonks si fece più acuta e vibrava di agitazione.
"Immagina una studentessa grassoccia, con corti capelli ricci che guarda le vetrine di Mielandia mentre la scema e l'idiota tornano dalla Stamberga Strillante mano nella mano."
"Chi sarebbe?" chiese Tom interdetto.
"Coraggio," disse Tonks, "puoi arrivarci da solo."
Tom tacque per diversi secondi, Remus si accorse che Tonks aveva gli occhi lucidi.
"Avevi promesso" scandì Tom con lentezza, "che non avresti mai usato i tuoi poteri per ingannarmi."
"Avevi giurato" protestò Tonks che componeva le parole con evidente fatica, "che volevi solamente me e nessun altra."
Tom abbassò lo sguardo con una smorfia.
"Ho voluto divertirmi nell'euforia del diploma. Non mi parli da giorni per una cosa così."
"Se per te questa è 'una cosa così' non hai mai capito nulla di quello che avevo visto in te. Vattene. Capisci? Vattene."
"Sai che ti dico?" rispose Tom con sarcasmo, "Sei un'imbrogliona. Perché uno dovrebbe essere sincero con una come te? Non vedi come ti è facile ricorrere all'inganno per arrivare a farti un'opinione orribile delle cose e delle persone? Addio, sono contento di essermi accorto finalmente di che cosa sei capace veramente."
Le diede le spalle e si allontanò con ampie falcate.
Remus si sollevò sulle gambe sostenendosi con la parete. Tonks prese la sua bacchetta e la agitò furiosamente verso l'altra mano finché vi comparve un candido fazzoletto. Lo passò delicatamente davanti agli occhi e quando il suo sguardo ne emerse incontrò quello di Remus, che stava allontanandosi faticosamente.
"Remus?" lo riconobbe, "Ti senti bene? Oh, per mille pipistelli, sei caduto scontrandoti con me? Scusa, ero un po' su di giri. Ma hai sicuramente sentito tutto. Devo chiamare un Guaritore."
Remus le rivolse un doloroso sorriso.
"Non è colpa tua. Sono tremendamente debole in questi giorni. Sono abituato a questo malessere e so come curarmi. Devo solo parlare con il Guaritore Higgins che mi ha preparato una pozione che devo prendere stasera."
"Ti accompagno, Remus." si offrì Tonks.
"Sei gentile," disse Remus, "non vorrei disturbarti troppo. Si sta facendo un po' tardi. Ma sinceramente devo ammettere che il tuo aiuto mi farebbe comodo."
"Vuol dire che poi mi offrirai la cena." suggerì Tonks.
Remus schiuse le labbra, come se fosse nell'urgenza di dire qualcosa, ma poi si bloccò.
"Mi sembra un patto onesto." accordò.

"Come mai sei al San Mungo, Tonks?" chiese Remus, "Hai dovuto vedere un Guaritore?"
Tonks annuì.
"Per il corso di Auror." spiegò, "Si deve accertare di non essere soggetti a reazioni allergiche al sangue di drago, oppure di non avere malattie pericolose e contagiose."
"Capisco." replicò Remus.
"Remus," cominciò timidamente Tonks, "per te sono un'imbrogliona?"
Remus fissò Tonks, nascondendo l'ennesima smorfia di dolore e frenando il tremito che la sua malattia gli procurava.
"No, Tonks." rispose semplicemente.
"E quello che mi ha detto Tom?" insisté, "Avrei dovuto comportarmi diversamente, credere a quello che mi diceva?"
"Tonks," riprese Remus, "tu hai il pieno diritto di proteggere i tuoi sentimenti. Nessuno ha quello di prendersi gioco di essi. Sei onesta. Hai scelto di proteggere chi agisce correttamente. Chiedi onestà anche per te stessa. Dopo cena, facciamo anche una chiacchierata, se ne hai voglia. Adesso dammi un secondo" indicò una porta socchiusa, "siamo arrivati."
Bussò alla porta accostando il volto allo spiraglio.
"Sono il signor Lupin, cerco il Guaritore Higgins."
"Non è qui," rispose una voce da dentro. La porta si aprì ed apparve una piccola, anziana Guaritrice con gli occhi stretti in due fessure. "È andato via all'improvviso per gravi motivi familiari."
Remus tese un braccio e spinse la mano contro il muro, come a sostenersi.
"Ha lasciato un pozione preparata per me, credo."
La donna portò le mani hai fianchi e la sua voce si fece acuta.
"Credo proprio di no. Vuole che una persona che è costretta a lasciare il lavoro in fretta e furia si ricordi di preparare tutte le pozioni antiprurito che i pazienti avevano chiesto? E comunque il suo nome proprio non lo ricordo. È sicuro che è al dottore che si è rivolto?"
Remus fece un sospiro.
"Avevo pensato che fosse opportuno rivolgersi direttamente a lui ed in via privata. Ma ha ragione. Posso fare a meno della pozione."
La donna lo fissò ancora diversi secondi, come ad accertarsi che non avesse nulla da replicare e poi chiuse la porta.
"Temo che sia meglio rimandare la cena, Tonks." suggerì Remus.

I colpi alla porta si fecero insistenti. Remus si sollevò a fatica dal pavimento. Le sue gambe erano legnose, come sempre mentre la malattia giugeva alla sua fase acuta. Giunse alla pesante porta di ferro e mosse la mano verso il chiavistello.
Ogni singolo dito tremava. Remus batté i punti con forza contro la porta, tentando invano di resistere a ciò che presto gli avrebbe sottratto il controllo del suo corpo.
Respirò profondamente. Si sentì più padrone di sé. Aprì il chiavistello e la pesante porta che celava la stanza vuota in cui si trovava. Con passi rapidi ma traballanti, raggiunse la maniglia della porta di ingresso e vi si attaccò.
"Chi è?" chiese.
"Remus sono Tonks, aprimi."
Remus alzò gli occhi al cielo. Aprì uno spiraglio della porta.
"Tonks, per le stelle! Ti ho detto di andare a casa."
La ragazza gli restituì uno sguardo risoluto.
"Voglio sapere che cosa hai!" esclamò, "Prima mi dici che stai male e che ti serve il mio aiuto. Poi te ne vai da solo senza nemmeno riuscire a reggerti da solo in piedi."
"Tonks." disse Remus con voce roca, "Vattene. Non sei al sicuro qui."
"Oh," fece Tonks fingendo meraviglia, "immagino che un'aspirante Auror abbia un bisogno impellente di sicurezza."
Remus fece una sforia e si ancorò allo stipite della porta.
"Non rimane molto tempo, Tonks." disse, "Ti prego vai via."
Tentò di chiudere la porta, ma rinunciò alla prima resistenza che gli oppose la ragazza. La guardò stupefatto, come se la vedesse per la prima volta. Poi le diede le spalle e iniziò una corsa incerta verso il suo rifugio. In quel momento la luna piena si affacciò dalle nuvole.

Remus si svegliò indolenzito. Numerose ammaccature gli testimoniavano quanto nel culmine della sua malattia aveva tentato con la forza di liberarsi dalla prigionia che egli stesso si imponeva. Strinse i denti per alzarsi ed uscire dalla stanza. La pesante porta in ferro era chiusa, ma quando la sua mano arrivò al chiavistello, lo trovò aperto.
La porta però non si muoveva.
Solo allora lo colpì l'urgente necessità di sapere che cosa era successo a Tonks.
"Aprite! Aprite!", urlò a gran voce battendo i punti alla porta.
"Alohomora." disse una voce vagamente familiare.
Remus scostò la porta e si affacciò. Un'assonnata Tonks lo accolse con un rumoroso sbadiglio e la bacchetta in pugno.
"Per tutti i gufi, Remus." disse, "Sei un tipo mattiniero."

La colazione aveva un lieve sapore di bruciato a dire il vero, ma Remus era decisamente troppo affamato per notarlo.
"Potevi dirmi che sei un lupo mannaro." commentò candidamente Tonks.
Remus tossì. Inghiottì con cautela il boccone che aveva in gola.
"Non è una cosa che in genere si usa divulgare, se non è necessario." osservò.
"D'accordo," replicò Tonks, "ma almeno non mi sarei presa un colpo mentre ti spuntava il pelo. Ho avuto appena una manciata di secondi per riprendermi dallo spavento, capire a che cosa ti serve la stanza vuota chiusa con una porta di ferro, spingerti dentro e chiuderla."
Remus si bloccò mentre portava un uovo, troppo cotto ai lati e quasi crudo al centro, alla bocca.
"Un bel lavoro." commentò. "Ma perché sei rimasta?"
"Perché ho chiuso la porta con la magia." rispose Tonks, "Ero certa che dentro la stanza non avevi una bacchetta o che l'avresti spezzata durante la tua trasformazione."
"Potevi chiedere a qualcun altro di aprirmi." suggerì Remus.
"Oh, certo," disse Tonks con sarcasmo, "magari raccontando il fatto che sei un lupo mannaro."
"Hai pensato proprio a tutto." approvò Remus con un sorriso.
"Grazie," disse Tonks guardandolo con sospetto, "ma che cosa ti aspettavi da una strega diplomata? Ti hanno detto che gli standard di Hogwarts si sono abbassati, ultimamente?"
Remus rise.
"Sei cresciuta, Tonks!" esclamò.
"Hai dimenticato che me lo hai già detto, Remus?" domandò lei.
"Beh, voglio dire che non sei cresciuta solo di aspetto." spiegò Remus.
Morse l'uovo e lo masticò con gusto. "Sei cresciuta dentro."

Giugno 1995.

Un cappotto vecchio e logoro cadde a terra. Tonks sorrise in direzione di Remus, tenendo tra le mani il suo soprabito.
"Scusa adesso rimetto a posto anche il tuo." disse.
L'ampia stanza provvedeva a tutti i bisogni quotidiani di Remus Lupin. Conteneva una cucina, un divano ed un armadio. Oltre alla porta per i servizi e a quella d'ingresso, aveva quella pesante porta in ferro che Remus utilizzava per isolarsi nella fase acuta della sua malattia.
Davanti a quella porta era accucciato un cane. Un enorme, muscoloso cane nero che in quel momento si scambiava uno sguardo con Lupin.
"Remus," commentò Tonks ridendo, "sembra che quel cane ti stia dicendo che sono un'incorreggibile sbadata e che non c'è da fidarsi di me!"
Remus non rise. Il cane guardò Tonks torvo.
"È meglio che ti siedi, Tonks." suggerì Remus.
Tonks obbedì sorridendo.
"Da quanto hai un cane?" domandò, "Sembra un bell'esemplare. Ma non ti occupa tutto lo spazio di casa?"
"La presenza del cane" spiegò Remus, "ha a che vedere con la questione per cui ti ho chiamato."
Tonks lanciò occhiate sospettose all'uomo ed al cane.
"Non mi dirai che vuoi che io me ne occupi, spero." disse preoccupata Tonks, "Deve essere un'impresa fargli il bagno e, sinceramente, temo che ne abbia bisogno."
Il cane si alzò sulle zampe e abbaiò.
"È venuto fin qui da Hogwarts, su incarico di Silente, in cerca di aiuto." replicò Remus, "Per questo è piuttosto sporco, affaticato e nervoso. Ti prego di non contrariarlo con altri commenti."
"Da come ne parli sembra che possa capire perfettamente quello che diciamo."
"Tonks" continuò stancamente Remus, "quello non è un cane. Posso cominciare la storia dal inizio?"
La ragazza soppesò con una lunga occhiata la creatura davanti alla porta di ferro. Poi alzò le sopracciglia.
"D'accordo, Remus."
L'uomo si schiarì la gola.
"Voldemort è tornato."
Tonks fu scossa da un sussulto appena percettibile nell'udire quel nome. Preso un respiro parlò con lentezza e decisione.
"Sì, ho sentito che qualcuno lo sostiene. Ma non penso che sia vero."
Remus fece una smorfia.
"È successo. È certo che lo sia. Silente ne è convinto."
Tonks scosse la testa.
"Poniamo che sia vero. Gli sarebbe stato sufficiente l'aiuto di Sirius Black per tornare? Quel sudicio infame che è purtroppo un cugino di mia madre sarebbe riuscito a ritrovare ad a riportare in vita il suo padrone?"
"No." ripose Remus, "Sirius Black non è mai stato un alleato di Voldemort. Lo credevo anche io, nonostante lo conoscessi bene. Eravamo molto amici a scuola. Ma mi sbagliavo completamente. E, tra l'altro, lui è Sirius Black."
L'uomo indicò la porta di ferro. Tonks fissò a lungo con aria interrogativa Remus prima di spostare lo sguardo nel punto indicato. Fece un salto sulla sedia ed estrasse la bacchetta.
"Un Animagus!" esclamò con rabbia.
"Tonks, ferma." comandò Remus estraendo la bacchetta a sua volta, "Non è qui per farti del male."
L'uomo che era in piedi al posto dell'animale aveva lunghi capelli scuri ed uno sguardo cupo e tenebroso. Un sorriso sprezzante appariva sul suo volto.
"E comunque" aggiunse Sirius, "se volessi fartene, non riusciresti a fermarmi."
Tonks era tesa, pronta ad una lotta per la propria vita.
La voce di Remus giunse insopportabilmente placida "Sirius, Tonks è una Auror qualificata da circa un anno. Sa esattamente come adoperare una bacchetta. Ed è qui per aiutarci."
"Davvero?" chiese ironicamente Sirius.
"Sì," replicò istantaneamente Remus, "ascolterà quello che vogliamo dirle e ci aiuterà. Sai quanto è importante per Silente che qualcuno del Ministero ci creda."
Tonks si voltò verso l'uomo tenendo la coda dell'occhio fissa su Sirius. La bacchetta di Remus ciondolava verso terra.
"Cosa dovrei credere?" chiese.
"Ti racconteremo quello che è successo." spiegò Remus, "Una storia che comincia molti anni fa, mentre io ero ad Hogwarts. So che ti fidi di me. E Sirius alla lontana è un tuo parente e ti farà piacere scoprirlo innocente."
Tonks abbassò lentamente la bacchetta.
"Non è facile credere alla bontà dei membri della famiglia di mia madre, Remus," commentò Tonks, "e non sarei compiaciuta, ma solo molto meravigliata se Sirius fosse veramente innocente. Ma hai anche detto il vero. Mi fido di te. Forse ti inganni, ma so che non mi mentirai."
Sirius strinse le spalle. Remus sorrise.
"Vedrai che non mi inganno, Tonks." disse Remus.

Luglio 1996.

Una pesante e riccamente intarsiata sedia in legno cadde sul pavimento della cucina. Remus, più magro e pallido del solito, si chinò faticosamente per sollevarla.
"Remus" disse una donna un po' tarchiata guardandolo con preoccupazione, "sembri piuttosto stanco. Ti fermi qui stanotte?"
"Davvero Remus," disse una voce proveniente da un angolo, "per una volta."
"No Molly, grazie." replicò Remus. "Grazie anche a te Tonks. Non è proprio il caso. Quello che Silente vuole che faccia posso farlo meglio se non mi fermo qui a dormire."
"Remus" disse Molly agitando la bacchetta con cui stava lanciando incantesimi per il lavaggio dei piatti, "non ti sembra l'ora di dirci una buona volta che cosa Silente si aspetta che tu faccia?"
Remus trascinò con lentezza la sedia lontana dal tavolo e sedette. Fece un sorriso a Tonks, che cercò di ricambiarlo mentre si torturava insistentemente una ciocca di capelli rosa.
"Voldemort ha molti alleati tra coloro che il Ministero della Magia ha emarginato e che nutrono sentimenti di rivalsa che spesso esplodono in modo violento. E non possiamo sconfiggere Voldemort senza privarlo dei suoi alleati."
"Questo lo sappiamo, Remus, per cortesia, vieni al punto." lo spronò Tonks.
"Silente" spiegò Remus, "vuole che io convinca quelli come me a fidarsi del Ministero e ad abbandonare i propositi di violenza suggeriti da lui."
La mano di Tonks tremò.
"Vivi con i lupi mannari?" domandò, certa della risposta, Molly.
Remus annuì. Tonks strinse con forza la sua ciocca di capelli.
"E pensi che... ti danno ascolto su quello che dici?" chiese la ragazza.
Remus sorrise. Agitò una mano con disinvoltura. Poi incontrò lo sguardo scettico di Molly e Tonks.
La ragazza stava facendo scivolare la mano verso il basso. Il colore della ciocca che strigeva si era sbiadito, come se appartenesse ad una tintura che veniva lavata via.
"Non sono mai stato bravo a mentire." disse Remus.
Sospirò.
"Non ottengo grandi risultati. I mannari subiscono l'influenza di Fenrir Grayback. Il suo carisma nei loro confronti è eccezionale. È un fedelissimo di Voldemort e, per di più, non si fida di me." incurvò un angolo della bocca tentando qualcosa di simile ad un sorriso. "Tuttavia sono uno di loro, quindi la persona più adatta che Silente potesse trovare per fare un tentativo."
Tonks aveva intecciato le dita delle mani. La ciocca di capelli che aveva torturato era divenuta del color della cenere.
Remus sorrise.
"Grazie per la cena, Molly, squisita come sempre." concluse alzandosi per uscire dalla cucina.
Varcata la soglia, si appoggiò stancamente al muro, prendendo fiato. Da dietro la porta della cucina poté udire chiaramente Molly e Tonks.
"Sono una bambina, Molly." si lamentò Tonks.
"Che vuoi dire?" chiese l'altra.
"Siamo in guerra." le ricordò. "Tutti lo sanno, adesso. Tutti sono in pericolo. Ma io tremo se penso che lo è anche Remus. Sarò un brillante Auror all'apparenza, ma forse non sono affatto cresciuta dentro."
La voce di Molly tremò all'inizio della sua replica.
"Ti sbagli Tonks." disse. "Non lo sai che per me è lo stesso? Non sai quanto temo per Arthur, Harry, Ron, Percy e tutti gli altri? Solo quando sei abbastanza matura per amare veramente, senti l'angoscia che ti cresce dentro per il pericolo che qualcuno a cui tieni sta correndo."
Un silenzio improvviso calò nella stanza. Fu Tonks a romperlo con un udibilie mormorio.
"Credo di non essermi resa conto, fino ad oggi, di quando riuscissi ad amare veramente."
Remus si scostò con cautela dalla parete della cucina. Si voltò per un istante verso la porta chiusa. Poi strinse gli occhi, girò il capo e proseguì verso la porta della casa.

   
 
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