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Autore: SFLind    23/08/2011    0 recensioni
VECCHIO TITOLO: La Terra ha le dimensioni di Cuba
Una trentina di persone, amici e non, conoscenti e non, con i loro problemi, i loro mestieri e le loro ragioni, storie, tante storie diverse intrecciate (per caso) tra loro. Chi per scelta, chi per un caso fortuito, chi per errore, condivideranno un periodo della loro vita con persone che mai si sarebbero aspettate di incontrare. Si conosceranno nuovi intrighi, mentre vecchi elemosineranno chiarimenti. Tra notti di fuoco e altre in cui si pianificherà di appiccarlo, una cosa è certa, ciò che accadrà , non lo scorderanno facilmente.
FrUK; GerIta, UsUK; Germancest; Spamano; Bad Trio; Nordic5; SuFin; PruAus; TurEgi; RuLat; Rochu; LietPol; Asian Countries e tanti(issimi) altri..
Vi prego di leggere e commentare, grazie :) Mi farebbe piacere!
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2 – Il capitolo del fratello;
 
- Ah! – esclamò – ma guarda un po’ che giorno è oggi! –
 
Sul calendario, il 4 di Luglio era cerchiato da una linea d’inchiostro rosso.
 
- Luddi! Luddi! Vieni un attimo! – strillava dalla cucina.
 
Un imponente biondo entrò nella stanza. Gli occhi azzurri sbarrati e un’espressione allarmata sul volto.
 
- Che è successo Feliciano?! Perché strilli così?! – chiese con un forte accento tedesco.
 
-Uffa! Ma perché mi chiami Feliciano?! – continuava ad urlare il ragazzo, abbattuto.
- Sembra così distante! –
 
- Perché tu mi chiami “Luddi”, sembra un nome che si da ad un cane –
 
- Eh?? Ma perché?? E’ così carino! –
 
- Abbassa la voce, non siamo in Italia qui! – lo rimproverava.
 
- Scusa Luddi –
 
La rassegnazione gliela si poteva leggere in faccia.
 
Si diede uno sguardo in torno, costatando che niente nella sua cucina fosse andato bruciato, distrutto o in riparazione.
 
- La mia cucina è come l’avevo lasciata -  poi osservò meglio – se non fosse per quella pentola di pasta sul fornellino.. Che vuoi? –
 
- Guarda! – disse il minuto ragazzo dai capelli rossicci indicando la data del giorno.
- Oggi è il compleanno di Alfred! –
 
- Alfred? –
 
- Si! – era tornato ad alzare la voce – Quell’amico americano di Francis! –
 
- Ah si, Jones. Ora ricordo –
 
Sul volto del ragazzo rossiccio era stampato un sorriso felice a trentasei denti.
 
- ..Quindi? –
 
Adesso sembrava più un idiota, che allegro.
 
- Quindi dovremmo mandargli gli auguri! – gli fece notare, come se fosse palese.
 
Scese il silenzio.
 
- Sai cosa stavo facendo fino a cinque minuti fa? Quando ti ho sentito urlare per tutta la casa..? –
 
Il giovane scosse la testa, mentre il sorriso lentamente spariva, affogato nell’ansia.
 
Una decina di piani omicida sfilarono nella mente del possente ragazzo tedesco.
 
- Ero nel mio ufficio, a progettare il nuovo sistema di sicurezza che ha richiesto uno svizzero per la sua maledetta banca.. Impegno che richiedeva tutta l’attenzione che ho dovuto rivolgere a te invece! –
 
L’accento tedesco rendeva il tutto più minaccioso.
 
- Mi dispiace.. –
 
- Me lo hai già detto tante volte, perché anche io te l’ho ripetuto altrettante! Devi capire che io non ho tutte le vacanze che hai tu! Che chiudi il ristorante quando te ne vai e lo riapri quando torni! Con il mio lavoro io non posso permettermi errori! –
 
Lo aveva già ripetuto una decina di volte ormai.
 
Sul dolce viso del ragazzo il sorriso di sempre era definitivamente appassito, e se il tedesco avesse continuato ancora era probabile che da quegli occhioni castani sarebbero presto scese delle lacrime.
 
- Scusa, davvero.. Non pensavo di poterti creare tanti problemi nel giro di una mattinata.. forse è meglio se ora vado – disse dirigendosi verso la porta.
- Ci vediamo, Ludwig.. –
Fece un cenno con la mano e uscì.
 
Senza quell’italiano, per lo meno, nella casa tornò a regnare il silenzio.
 
 
*
 
 
Tik, tok, tik, tok, tik, tok, tik, tok, tik, tok
 
Da un paio d’ore a quella parte il ticchettio dell’orologio era l’unico suono che riecheggiava nella casa.
 
Ludwig Beilschmidt era seduto alla sua scrivania, nel suo silenzioso e ordinatissimo ufficio.
Scriveva qualcosa su un foglio di carta.
Poi la cancellava, la riscriveva e la ricancellava di nuovo.
 
- Dannazione! – imprecava.
 
Buttò la penna su tutte quelle scartoffie che coprivano il tavolo.
 
- Adesso mi sento anche maledettamente in colpa! –
 
Se c’era qualcosa che veramente non sopportava in Feliciano Vargas era quel musetto dolce che si portava in giro stampato sulla faccia.
Anche se dalla parte del torto, quella particolare smorfia continuava a fargli pena.
Non tenerezza, altrimenti non avrebbe nemmeno alzato la voce. Ma si, pena era il termine giusto.
Feliciano Vargas era una persona per cui Ludwig Beilschmidt provava pena, neint’altro.
 
Tik, tok, tik, tok, tik, tok
 
Pena o no, restava comunque il fatto che gli impediva di lavorare.
 
Dalla finestra entrava forte il sole, che brillante illuminava imparzialmente tutta la stanza.
Sotto quei vestiti scuri il caldo cominciava a farsi sentire.
 
Accese il computer che si trovava sulla sua scrivania e andò a controllare il meteo del giorno.
 
Berlino, 35°. Come anche a Berna e Vienna.
Londra, 22°. Temporale.
Parigi e Roma, 39°.
 
Per quanto ne sapeva, l’unico francese che conosceva, oggi partiva in vacanza da qualche parte in America.
 
New York, 40°.
 
Non avrebbe voluto trovarsi al suo posto.
 
Berlino 35°..”
 
- Chissà se Feliciano è riuscito a riparasi dal caldo.. – si chiedeva.
- Forse dovrei chiamarlo.. –
Poi ci ripensava.
 
Un altro sguardo al meteo.
 
Stoccolma, 23°.
 
Il luogo ideale per una vacanza.
 
Mosca, 25°.
 
Nemmeno lì se la passavano male.
 
Forse era davvero arrivato il momento di prendersi una pausa.
Gli tornò in mente la sceneggiata di qualche ora prima.
 
In quel momento avrebbe voluto essere l’osso che il suo cane, Adolf, stava sotterrando sotto un albero in giardino.
 
- Dannati sensi di colpa –
 
Basta.
Avrebbe prenotato una vacanza per lui e il suo amico italiano.
Era deciso.
 
Digitò qualcosa sulla tastiera ed una lista di luoghi e rispettive compagnie aeree comparve sullo schermo.
San Pietroburgo, Cracovia, Praga, Lubecca, Roma e Vienna erano le mete più gettonate.
Roma e Vienna vennero escluse automaticamente. Necessitavano una tregua dal caldo afoso dell’ultimo periodo.
Lo stesso avvenne per la Russia, la Polonia e la Repubblica Ceca. Un po’ troppo lontane per una piccola vacanza.
In compenso però, Lubecca meritava qualche pensierino.
Al nord della Germania, al fresco e con l’affascinante presenza del fiume.
Birra a volontà e buona cucina.
 
- Per Feliciano sarebbe l’ideale! – esultò.
- Chissà come sarà contento quando glielo proporrò! Lubecca è piena di monumenti interessanti! –
 
Analizzava per lungo e per largo la pagina web del viaggio, sempre più convinto ad acquistare il pacchetto con la traghettata sul fiume.
 
Poi il campanello suonò.
 
- ARRIVO! – urlò alzandosi velocemente dalla sedia girevole.
 
Quella era telepatia. Era arrivato al momento giusto.
 
Raggiunse il portone e girò la maniglia.
La sua bocca si azionò prima del cervello.
 
- TI DEVO MOSTRARE UN.. ehi –
 
Ripensandoci lui e Feliciano non erano mai stati molto sincronizzati.
Livello massimo di delusione quando un ragazzo dai capelli estremamente chiari si presentò alla porta, con un enorme sorriso in bocca.
 
- Ehilà fratellino! – disse abbracciandolo calorosamente – Da quanto tempo non ci si vede! –
Gli occhi di uno strano color bordeaux brillavano affettuosi.
 
- Gilbert! – disse, non provando nemmeno a nascondere lo stupore per quella visione inaspettata.
- Che ci fai qui? –
 
- Sono appena arrivato dall’aeroporto ma ero troppo stanco per prendere il treno per tornare a casa.. Quindi mi sono autoinvitato a casa del mio fratellino preferito per la notte! –
 
- Che onore, oltre all’unico sono anche il preferito – commentò.
- Entra, dai-
 
Era tanto che non vedeva Gilbert, forse un po’ di amore fraterno era ciò di cui aveva bisogno.
Avrebbe pensato dopo a Feliciano.
 
- Non capisco perché ti ostini a vivere a Bonn, è da sempre che ti dico di trasferirti qui per comodità –
Come per ogni volta che glielo aveva detto, Gilbert scosse il capo.
 
- Vedi.. per me Bonn ha qualcosa di più – spiegava quel ragazzo dagli occhi color sangue, mentre il fratello gli faceva strada nel corridoio.
- Mi da la sensazione di aver recuperato qualcosa che mi era stato negato. Nessuno sceglie dove nascere. Io sono semplicemente nato nel posto sbagliato –
 
Ludwig lo fissava da sopra la spalla sinistra, un’espressione confusa sul volto.
 
- Non guardarmi così, - rise – è solo che Berlino ha un sapore che conosco già fin troppo bene –
Sorrise di nuovo.
 
Già, era decisamente molto tempo che non vedeva quel sorriso dolce. Quella tenerezza che sapeva essere riservata solo a lui.
 
- Mi sei mancato.. –
Distolse lo sguardo dal fratello, come faceva sempre quando pensava di aver detto qualcosa di strano.
 
L’altro si limitò a sorridergli alle spalle, rimanendo in silenzio.
 
Anche se il fratellino non lo guardava, sorrideva.
Anche se il fratellino non lo avrebbe saputo, gli sorrideva.
Avrebbe voluto abbracciarlo, dimostrandogli praticamente tutto l’affetto che provava per lui, come quando erano bambini. Ma non lo fece.
Sapeva che non lo avrebbe mai apprezzato come lui avrebbe voluto.
Ludwig in realtà non aspettava nessuna risposta.
 
Attraversarono il corridoio in silenzio, godendosi quel momento di taciturna complicità. Rendendosi conto di essere inaspettatamente abituati a quell’assenza di comunicazione.
 
- Se solo tu ti trasferissi qui, avremmo la possibilità di passare molto più tempo insieme.. Non capisco perché sei così cocciuto –
 
- Non dire così che mi fai sentire il cattivo della situazione.. –
 
Forse erano davvero più abituati al silenzio.
 
- Non si tratta di testardaggine.. Sai che se fosse per me io e te torneremmo a vivere insieme. Ma nonostante ciò.. Non tornerò a Berlino –
 
Vivere insieme”.. Quanti anni erano passati? Otto.
Otto anni vedendosi solo un paio di volte all’anno.
Ludwig compiva tredici anni il giorno che Gilbert se ne andò.
Aveva aspettato il giorno dei propri diciotto anni e lo aveva lasciato.
 
Tutto è meglio di casa” aveva detto.
 
- Posso farti una domanda? – chiese infine, aprendo una camera che era chiusa  a chiave.
 
Se avesse voluto fare una domanda qualsiasi non avrebbe chiesto il permesso.
 
- Spara – rispose Gilbert, preparandosi mentalmente a dare una risposta d’effetto come soleva fare.
 
- Sei mai andato a trovare il nonno da quel giorno? –
 
Ludwig sapeva bene che quelli non erano fatti suoi. Ma era dannatamente e inconsciamente curioso di sapere se tutto quell’interesse, quella dolcezza e quelle visite, se pure rare, fossero parte di un trattamenti riservato solo a lui.
 
Gilbert scoppiò a ridere, forse deluso da quella domanda poco interessante.
 
- Potevi anche fare a meno di chiedere – ammiccò.
 
Anche se rassicurato, non batté ciglio, lasciando che la sua solita espressione seria rimanesse al suo posto.
Anche se felice, non avrebbe ammesso di avere l’egoistico desiderio di non voler condividere suo fratello nemmeno con il resto della sua famiglia.
 
Non avrebbe ammesso di volere suo fratello solo per sé. 
   
 
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