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Autore: Kirarhal    24/08/2011    1 recensioni
Una creazione breve, che forse farà riflettere sulle tante ambizioni e contraddizioni che segnano i nosti desideri.
E' nata come storia breve da pubblicare, anni fa, sul giornalino d'istituto del mio liceo... ma che rileggendo ho rivalutato.
Spero possiate farlo anche voi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente non fu una cosa lunga, ma in quei momenti tutto sembra andare al rallentatore.
Ogni attimo è impresso nella mia memoria... se così posso ancora definirla.
Tanto per avere un termine di paragone, direi che è come svegliarsi. Nel momento in cui torni cosciente dopo il sonno,
c’è una frazione di secondo in cui sei consapevole sia del sogno, sia della luce del giorno che t’accoglie. Poi dimentichi
cosa stavi sognando, ma nella tua mente rimane impressa l’ultima emozione che hai provato.
Ecco, qui è stato simile: del prima, non ricordo praticamente nulla, ma gli ultimi istanti sono stati scolpiti in me, e non
credo proprio ci sarà mai qualcosa che potrà cancellarli.
Il ‘mai’... l’ho sempre considerato un concetto strano, che tentava di sfuggire a una definizione esatta, ma ora... Ora
tutto, tutto è più chiaro.
Ma sto divagando, mi capita spesso. Sì, ero ferma, immobile. Consapevole del mio respiro, dei battiti del mio cuore e del
vento.
Oh, il vento! Mi è sempre piaciuto, mi faceva sentire così... così... così viva.
Scusate, sto andando di nuovo fuori rotta. Ero lì, col mio vento, l’aria senza alcun odore mi schiaffeggiava il viso e il sole
mi costringeva a tenere gli occhi chiusi, ma non mi dispiaceva: non c’era più niente che volessi vedere.
Fu davvero facile, facile quanto mai possa credere uno, finché non lo fa. Nessun dubbio, nessun ripensamento. La cosa
più strana è che credo di averlo fatto perché ero felice. Dannatamente, immensamente felice. Lo so, è pazzesco, però...
Sì, ne sono sicura, è andata proprio così: avevo semplicemente tutto ciò che potevo desiderare e, di conseguenza, non
desideravo più niente.
Solo una pecca: provavo paura. Una paura pazzesca.
Perché? Perché prima o poi qualcosa sarebbe andato storto e il mio mondo incantato si sarebbe infranto, avrei sofferto e
io non volevo soffrire mai più.
Allora, se lo scopo della vita è ricercare la felicità e io l’avevo trovata, nel pieno del suo significato, era giusto che
continuassi a vivere solo in attesa che tutto ciò sfumasse?
Tutto presto o tardi sfuma, già...
Così me ne sono semplicemente andata. Non rimembro precisamente ciò che mi faceva sentire tanto completa però so
che era così.
E così sempre sarà.
In fondo sono morta, per me il ‘mai’ è un concetto davvero, davvero molto relativo...
  
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