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Autore: Vitriolic Sheol    24/08/2011    1 recensioni
Tutti noi cerchiamo un porto sicuro nella tempesta... un amico, un amante, la nostra famiglia... ma cosa succede se è proprio la nostra famiglia la causa della tempesta? In una Tokyo terrorizzata dal fenomeno Kira, la vita di una giovane psicologa si intreccia a mille altre, trovando terrore, odio, amore, passione e gelosia.... prima long fic su Death Note, vi prego recensite!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 25
Dubbi esterni, Minacce interiori


 


Due settimane. Quattordici giorni. 336 ore. 20.160 minuti.

La clessidra è immobile, perfetta nella sua oggettività, terribile nella sua inesorabilità.
Scende la sabbia azzurrina… scende e decreta nel suo rigore il tempo trascorso e che mai tornerà, nell’immenso silenzio dell’infinito.

Ma ad un tratto, sottili liste nere si levano dal nulla, strisciando mefitiche verso di lei.

La avvolgono come velenose spire di un serpente, coprono il suo rifulgente candore con la loro tenebra… e quasi mosse da mani invisibili, cominciano a stringere.

Il cristallo comincia ad incrinarsi, crepe di poco spessore cominciano a corrugarne la superficie… le spire stringono ancora, sempre di più, sempre più forte.

Ed in suono simile ad un gemito, il cristallo si infrange in mille frammenti mentre la sabbia azzurrina esplode tutt’attorno in una nuvola opalescente.

Quasi come se soddisfatte della loro opera di distruzione, le tenebre arretrano da lei fino a scomparire, mentre la clessidra rimane infranta come un cadavere umano,smembrata tra arena e schegge di cristallo, dalle cui sommità comincia a stillare una dolce linfa bianca come la neve.

Il tempo è finito.


***


09 gennaio 2009. Ore 23:16

Due settimane…. due semplici settimane aveva impiegato per innamorarsi di lui. L’aveva stregata, ammaliata, avvolta in un’invisibile catena e legata a sé come se lei fosse un marinaio impotente al dolce richiamo della sirena… ma ogni volta, ogni singola volta che lo guardava, una flebile vocina si faceva strada nella sua mente, un richiamo costante che non sapeva allontanare, un’evanescente immagine che diveniva ogni giorno più vivida, ed al contempo, sfocata.

Near…

Lo cercò con gli occhi, nell’affollata notte di Tokyo; era semplicemente bellissimo, alto, diafano, quasi un angelo nero, un’entità oscura discesa sulla terra. Le ricordava i poeti ottocenteschi, i “belli e dannati” che tanto affascinavano i cuori delle fanciulle di buona famiglia e che insinuavano nelle loro innocenti menti, pensieri impuri, progetti di fughe lontane.

Ma c’era qualcosa in lui che all’unisono la seduceva e la spaventava… quella sua sfuggevolezza inafferrabile, quell’ambiguità oscura… quella natura enigmatica che a volte le sembrava inquietante.

E gli occhi, di quel splendente colore dell’oro colato con quelle strane sfumature porpora che a volte parevano splendere nella notte, come appartenenti ad una creatura ultraterrena.

Si chiese cosa realmente sapeva di lui… nulla, tranne il nome ed un’età che non sembrava appartenergli… ma nel vederlo avanzare verso di lei, nel sottile sorriso sghembo che ogni volta la stregava, decise che non le importava.

JU= Ciao principessa…

AU= (SORRIDENDO) Ciao… credevo di averti perso…

Jude la baciò, alterandole leggermente il battito cardiaco che si riassestò solo quando lui allontanò le labbra dalle sue.

JU= Che ne dici, andiamo a casa?

AU= Oh, io ho una camera d’hotel con mia zia… dubito che ci farà restare lì… in più, per poter uscire con te, ho dovuto mentirle… e mi sento così in colpa.

JU= Cosa le hai detto?

AU= Le ho detto che avrei passato la serata a casa di mia cugina…

JU= Oh, hai una cugina…come si chiama?

AU= Caroline… ho mentito a mia zia, dicendole che sarei stata con lei e con il suo compagno…

JU= Interessante… come si chiama lui? magari lo conosco….

AU= Mello… ma dubito che si tratti del suo vero nome… forse è un nomignolo o un diminutivo…

Gli occhi di Jude si accesero di una luce che intimorì leggermente Audrey.

JU= Si… sono convinto anch’io che si tratti di un soprannome… anzi, ne sono convinto.

AU= Scusa, ma perché ti interessa tanto?

Assumendo un dolce sorriso, Jude le si rivolse.

JU= Così… semplice curiosità. Vieni, so io dove andare…

AU= Dove?

JU= A casa mia.


***

09 gennaio 2010. Ore 23:28

Caroline era seduta sul proprio letto, con la schiena contro la testiera e le gambe semi piegate sul materasso, illuminata soltanto dalla morbida luce del comodino che, illuminandole solo metà volto, la faceva sembrare un’apparizione dal mondo dell’oscuro;
accanto a lei Mello dormiva, in un sonno leggero inframmezzato da brevi risvegli.
Lo guardò, ancora incapace di credere pienamente che lui fosse realmente con lei… il pensiero del patto che aveva stretto con la Morte, e che gli aveva taciuto, la visitò nuovamente; aveva donato la propria anima all’Angelo Nero in cambio della rinascita del ragazzo,condannando se stessa a morte certa. Ma non aveva ripensamenti, non contemplava rimpianti riguardo alla propria decisione… aveva riportato in vita il suo angelo, gli aveva concesso una seconda occasione, una duplice opportunità per assestare la sua vita…ed in questo si sentiva felice.

Accarezzandogli dolcemente il viso, delineando teneramente con la punta delle dita il profilo del braccio, teso sul materasso, di Mello, tornò poi con l’attenzione sul quaderno cremisi che teneva sulle ginocchia, diario del padre defunto.

CA= (SOSPIRANDO) Coraggio… prima o poi dovrà essere letto…

Con la punta delle dita, aprì delicatamente la copertina avvertendo il crepitare della pergamena; dal primo foglio di un antico color seppia, cominciavano pagine e pagine di ricordi, sfoghi, pensieri scritti nella calligrafia elegante ed un po’ obliqua di suo padre.
Inspirando profondamente, cominciò a leggere le prime righe, che portavano la data del 16 aprile 1980.


***

Ore 23:30

La casa di Jude, o meglio il bilocale che  il ragazzo  possedeva, sembrava riflettere la personalità del ragazzo: muri dipinti di rosso e di nero, tendaggi di raso nero, tappeti indiani dai colori scuri, dipinti astratti e centinaia di simboli esoterici in ottone, argento o rame. Al centro della stanza, un grosso letto matrimoniale dalle lenzuola corvine, contornato da una dozzina di candele sia bianche che nere.

JU= Perdona il disordine… spero ti piaccia.

AU= Si, ma…

JU= Ma…?

AU= Non è un po’ buia?

JU= Una casa può essere chiara grazie ai suoi colori ma al contempo buia… la luminosità di una dimora, la fa chi vi abita al suo interno…

AU= Wow….

JU= E credimi, la mia non è stata più luminosa di adesso…

Suggellò la propria frase baciandola con passione.


***


16 aprile 1980.

Mi chiamo Adrian Seyrig ed ho 29 anni. Sembra stupido che a quest’età io mi metta a scrivere un diario, e sinceramente nemmeno io so con esattezza cosa mi abbia spinto a farlo… tra cinque giorni mi sposerò con la donna che amo più ogni altra, Janice Bennett, una splendida creatura di 22 anni con il sole dentro di sé. Non posso credere che veramente riuscirò a sposarla, specie se ripenso a tutte le peripezie che ho dovuto affrontare con mio padre…


***

Ore 23:40

Dal momento in cui Jude l’aveva baciata in poi, il cervello di Audrey divenne incapace di restare attinente allo spazio ed al tempo reale; si sentiva come elevata ad una dimensione trascendentale, ad una realtà astratta dove non esistevano luoghi e tempi terreni.
Sentiva le mani ardenti del ragazzo scorrere lungo tutto il suo corpo, e quando cominciò a spogliarla, lei non oppose resistenza.


***

… noi siamo ebrei, discendenti di un’antica famiglia giudea veneziana che fu costretta ad abbandonare l’Italia durante gli anni ’30, nel periodo delle leggi razziali. La nostra religione, il nostro credo, impone che il sangue ebreo debba rimanere puro, non contaminato da quello corrotto di altre religioni; avevo già una promessa sposa, una giovane della mia comunità di nome Magdalena… non l’amavo (e nemmeno lei amava me), ma aveva saputo presentarsi con tanta dolcezza e con così morbida discrezione che non potei non volerle bene, nell’affetto che si può provare per una sorella o per un’amica molto cara.

Ma poi, un giorno che non dimenticherò mai, incontrai lei…



***

Ore 23:56

Era sua. Completamente sua. Che Dio la perdonasse per la menzogna che aveva dovuto dire alla zia, per il piacere estatico che stava provando… per il lussurioso, indecente e magnifico peccato che stava commettendo sentendo il corpo magro del ragazzo muoversi sopra di lei.

Ma se avrebbe dovuto affrontare le fiamme infernali per quella divina, carnale e sanguigna parentesi in cui si era persa… beh, l’avrebbe sopportate con animo felice.

Fino a quel momento, in cui dall’estasi passò all’incertezza.


***



…La vidi un sabato pomeriggio del 1974 (lei aveva 16 anni, io 23), mentre uscivo dalla sinagoga; incedeva leggera tra le sue amiche nel suo abito di lino ed organza bianco che ne fasciava il corpo perfetto; nessun Romeo ha mai guardato Giulietta con tanto ardore come quando io vidi lei per la prima volta… aveva lunghi capelli biondi che alla luce del sole si coloravano d’oro ed occhi color del mogano che mi stregarono all’istante. Mi passò accanto leggiadra ed eterea come una nuvola, rivolgendomi una fugace occhiata ed un timido sorriso… quando passò oltre, capii che, come Adamo, avevo trovato la mia Eva.


***


Ore 00:32


Un baluginio non distinto…

Un sospiro….

Un liquido caldo e vischioso si avvicinò alla sua bocca…

AU= Che cos’è?!

JU= Non preoccuparti…

Le labbra cominciarono a ricevere il liquido sconosciuto, mentre un formicolio la pervase al braccio.


***


Ore 00:41

Vinta dal sonno, spense la luce sul comodino e si accoccolò vicino a Mello, che nel avvertire la sua vicinanza l’abbracciò; si addormentò con lui facendo aderire la schiena al suo petto e lasciando che il ragazzo incuneasse il viso nel proprio collo.

Cullata dal battito del cuore di Mello, chiuse gli occhi.


***


Ore 00:52

Si era addormentato, in un sonno talmente tranquillo che pareva vegliato dagli angeli; ma se per Jude ora vi era un fantomatico paradiso, segnato prima dal piacere ed ora dal torpore, dentro Audrey si agitava l’inferno più nero.

Seduta sul letto, raggomitolata con le ginocchia adese al petto, nuda e coperta solo da parte del serico lenzuolo nero, guardava fisso davanti a sé incapace di comprendere appieno quello che era appena accaduto… sentiva assolutamente il bisogno di confidarlo a qualcuno; “purtroppo” per lei, quel qualcuno era stato inconsapevolmente utilizzato per la buona riuscita della sua menzogna.

Guardò Jude dormiente accanto a lei, mentre si alzava dal letto, si rivestiva e nella più totale accortezza e silenziosità, lasciava la stanza.

Soltanto quando fu in strada,si rese conto che il tragitto da lì a casa di Caroline era piuttosto lungo.


***

Interlude:

Ed è il pensiero della morte che, infine,
aiuta a vivere.

Umberto Saba.



***


Il buio avvolge i loro corpi come una morbida, impalpabile coperta…

La tenebra si fa sempre più strada nel suo animo…

Custode dei loro sonni, protettore dei loro sogni…

Avvertiva uno strano malessere, ma non avrebbe
saputo dire se fosse fisico o psicologico…


La notte… la parte del giorno più gradita agli amanti…

Sentiva le gambe deboli, il passo farsi affaticato…

…ma che può rivelarsi un’arma a doppio taglio…

Il formicolio che già l’aveva pervasa, si ripresentò…

…in quanto può nascondere al suo interno estatici piaceri
e diaboliche insidie…

La testa cominciò a vorticare, le percezioni sempre più astratte…


***

Ore 01:16

Avendo il sonno piuttosto leggero, ogni minimo rumore appena un po’ più forte del normale bastava a svegliare Caroline; aprì gli occhi immediatamente, ma ancora leggermente offuscata dall’immediato dormiveglia, non riusciva a capire se l’incessante picchiettare sul legno del suo portone, fosse frutto di un realistico sogno o della realtà.
Volendo appurarlo, si sciolse delicatamente dall’abbraccio di Mello che, nel sentirla allontanarsi, si svegliò anch’egli.

ME= (ASSONNATO) Che succede?

Caroline, alzandosi in piedi e tendendo bene le orecchie, gli rispose.

CA= Non sembra anche a te che stiano bussando alla porta?

Attento a ciò che gli aveva detto la compagna, Mello si pose sull’attenti, fissando un punto qualsiasi del materasso quasi a volersi concentrare meglio sul suono avvertito; quando i suoi occhi azzurri si posarono nuovamente su di lei, il sonno era chiaramente sparito.

ME= Si… lo sento.

CA= Io vado a vedere.

E fece per muoversi verso il corridoio, incurante dell’indossare solo una canottiera ed un paio di culotte in cotone blu zaffiro.

A circa metà del percorso, la voce di Mello la fermò.

ME= Aspetta.

CA= Che c’è?... O mio Dio, Mel c’è proprio bisogno di quella?!

Forse per propria diffidenza, per pessimismo o per istinto  di protezione, Mello (avendo appena avuto il tempo di infilarsi solo i pantaloni) affiancò Caroline tenendo davanti a sé la pistola appena caricata e pronta a sparare se fosse capitato qualcosa di sgradito.

ME= Cinque anni vissuti per la strada ti segnano…. non è certo la normalità che qualcuno bussi alla tua porta in piena notte, in modo così insistente.

CA= Veramente qualcuno che l’ha già fatto lo conosco…

ME= Ah-ah, molto simpatica… la mia era una giusta causa.

CA= Il mio portone ancora ti odia…

ME= Vai pure avanti, io mi metto qui dietro.

Ad un cenno del capo di Mello, la ragazza aprì il piccolo portone, per rimanere impietrita dalla sorpresa.

CA= Audrey?!?!?!?

Nel sentire Caroline pronunciare quel nome in modo così famigliare, Mello ritenne opportuno abbassare e nascondere l’arma da fuoco. Rimase comunque nascosto, non riuscendo ancora a fidarsi completamente.

Un’Audrey spaventata, agitata e smarrita come un cucciolo allontanato dalla madre, stava davanti ad una Caroline altrettanto confusa.

CA= Che ci fai ancora in giro a quest’ora? Oh, tesoro stai tremando! Vieni dentro, così ti scaldi…

La ragazza allungò un braccio verso la cugina arrivando a cingerle le spalle; Audrey, a quel contatto che tra tanti le parve il primo protettivo, si abbandonò completamente, vacillando  in avanti e prontamente sorretta dalla cugina maggiore.

CA=  Audrey!! Ti senti bene?!

La ragazzina le rispose con voce debole.

AU= Linne… mi dispiace… non  avrei dovuto…

CA= Tranquilla tesoro, tranquilla….

AU= Non mi lasciare ti prego… almeno tu, non mi lasciare…

CA= Certo che non ti lascio! Tranquilla Audrey… va tutto bene… va tutto bene…

AU= Io….io non volevo… non volevo farlo… ma lui… lui mi ha convinta…

Ad un tratto però, Caroline tenendo sottobraccio Audrey si accorse di qualcosa… qualcosa di terribilmente sbagliato ed orrendo nella sua perversione; prendendo con una mano il mento della cugina, la ragazza ne portò la bocca vicino al proprio naso.

CA= Audrey… la tua bocca… sa di sangue!

AU= Mi dispiace…. non volevo farlo, giuro…

CA= AUDREY, COS’E’ SUCCESSO?!? CHE COSA HAI FATTO?!

In tutta risposta, Audrey eruppe in un pianto disperato e Caroline, per quanto desiderasse sapere la verità, non poté non stringerla a sé.

CA= Calmati… sei al sicuro ora… va tutto bene… stringimi, va tutto bene…sei con me ora.

Per cercare di calmarla, la accarezzò dolcemente lungo la schiena e sul braccio libero… ma quando arrivò all’altezza dell’incavo del gomito sinistro e sentì con le dita un qualcosa di vischioso, si staccò leggermente per guardare.

Un taglio di circa sei centimetri e piuttosto profondo, macchiava di sangue l’incavo del braccio della ragazzina, tingendo le dita di Caroline dello stesso vermiglio.

Guardandola atterrita negli occhi, Caroline le si rivolse.

CA= Audrey che è successo?! COSA CAZZO E’ SUCCESSO?!

Ma quando Audrey aprì bocca e provò a parlare, non uscirono parole…. ma una grossa bolla di liquido nero simile a pece, che si riversò a terra cominciando a ribollire. La diciassettenne, cadaverica in viso, fece appena a tempo a guardare ciò che era fuoriuscito dalla sua bocca, per poi roteare gli occhi ed accasciarsi tra le braccia di Caroline, in preda a feroci convulsioni.

Cadendo a terra sotto il peso inaspettato della cugina, Caroline fece appena a tempo ad invocare l’aiuto di Mello.

CA= AUDREY, NO! MELLO AIUTO!!!!

Il ragazzo si materializzò veloce come un fulmine, accucciandosi al suo fianco; guardò sconcertato il liquido nero ribollente, che macchiava anche gli angoli della bocca di Audrey in due diabolici rigagnoli.

ME= Cazzo! Cos’è successo?!?

CA= HA VOMITATO QUELLA ROBA ED E’ SVENUTA! HA LE
CONVULSIONI, DOBBIAMO PORTARLA IN OSPEDALE!!!!

ME= Vatti a vestire, la tengo io!

CA= Non posso lasciarla!!!!

ME= Caroline ho più forza di te, riesco a trattenerla meglio! Con delle convulsioni così violente farebbe del male a te ed a se stessa se non riuscissi a tenerla bene! La tengo io, ora va! SI PUO’ SAPERE CHI DIAVOLO E’?!?!?!

CA= E’ MIA CUGINA!

Dopo questo si alzò e corse in camera per infilarsi i primi pantaloni e le prime scarpe,
che le fossero capitati sotto mano. Mello, durante la sua assenza, pur tenendo ferma la ragazzina facendola aderire al proprio corpo e bloccandone le braccia avvolgendole con le proprie, non poté che dirsi spiazzato alla notizia che quella che in quel momento giaceva tra le sue braccia, fosse la cugina della compagna.
Nemmeno tre minuti dopo, Caroline fu di nuovo accanto a lui, indossante la canottiera con la quale aveva aperto, un giubbotto in denim sopra,un paio di jeans sdruciti e Converse allacciate alla bell’e meglio.

ME= Prendi le chiavi della macchina, dobbiamo andare di volata in ospedale! Per andare giù la tengo io, tu va avanti!

Prendendola tra le braccia, cercando di farla scontrare contro la minor quantità di oggetti possibili (faccenda ardua, dati i violenti spasmi che contraevano il corpo della ragazza), Mello seguì a rotta di collo Caroline; arrivati alla macchina, la ragazza balzò nei sedili posteriori.

CA= Dalla a me, la tengo io! Sono troppo sconvolta, è meglio se guidi tu!

ME= Ne sei sicura?!

CA= Si, passamela!!


Salito a bordo dell’auto, Mello mise in moto e guidando all’impazzata si diresse verso l’ospedale centrale.

La Gran Torino sfrecciò per le vie di Tokyo a velocità folle.

CA= Audrey ti prego resisti… tra poco sarai salva… resisti tesoro, ti prego.

ME= Avverti tua madre Caroline.

CA= Cosa?! Stai scherzando vero?!

ME= Avrà bisogno di qualcuno che stia con lei quando si sveglierà! Ed è pur sempre sua zia!


***


Ore 01:45

“Pronto?”

CA= Mamma, sono io.

“Caroline?! Perché mi chiami a quest’ora?! Che è successo?”

CA= Abbiamo dovuto portare Audrey in ospedale. Si è sentita male.

“COSA?! MA CHE COS’HA, CHE E’ SUCC…”

CA= Quando arrivi te lo spiego, ora non è il momento.

E chiuse la telefonata. Audrey era appena entrata in sala operatoria, mentre lei e Mello attendevano nel corridoio antistante la sala; il ragazzo era seduto su una delle piccole panche lungo il muro, mentre lei camminava inquieta avanti ed indietro.

ME= Caroline, ti prego calmati! Non serve a niente fare così!

CA= Se sto ferma l’angoscia sale anche di più… Mio dio, cosa diavolo è successo?!

ME= Non ne ho idea… quella roba sembrava pece. (RABBRIVIDENDO DAL FREDDO) Cavolo, che freddo! Ed io a gennaio esco a petto nudo.

CA= Oddio, scusami! Abbiamo fatto tutto così di fretta che quasi l’avevo dimenticata! Tieni…

Ed estrasse dalla borsa la felpa nera del ragazzo, che l’indossò velocemente.

ME= Oh… molto meglio… su, vieni qui…

La ragazza si sedette accanto a lui, che le cinse le spalle con un braccio e le fece poggiare il capo sulla spalla; la mano del braccio libero strinse quella di Caroline, intrecciandone le dita.

CA= Ho paura…

ME= Andrà tutto bene vedrai… lei è davvero tua cugina?

CA= Si… Audrey è l’unica figlia della sorella di mia madre…

ME= Perdonami se te lo chiedo… perché è qui a Tokyo?

CA= E’ una ballerina di danza classica.... sta facendo alcuni spettacoli in giro per il mondo con la sua compagnia di ballo…

Ad un tratto però, un violento attacco di tosse la scosse portando con sé anche una quantità di sangue notevolmente maggiore rispetto all’ordinario; nel vederlo, Mello si raggelò. Sapeva benissimo che Caroline aveva la tubercolosi, era al corrente dei Trial e dell’esercizio costante che doveva fare per impedire ai suoi nervi di degenerare… ma vederla tossire sangue, vederla sbiancare in volto fino ad assumere un aspetto cadaverico e sentirne il respiro sibilante, era una cosa che lo spaventava sempre.

ME= Come stai?

CA= E’ passato…

ME= E’ uscito più sangue stavolta…

CA= Sarà per il fatto che sono spaventata… vado un secondo in bagno a sciacquarmi, sentire in bocca il sapore del proprio sangue non è piacevole.

Lasciandola andare con occhi preoccupati, Caroline si diresse in bagno; si lavò la bocca sciacquandola ripetutamente, ne deterse gli angoli e le labbra, per poi tergersi le mani; dopo essersi asciugata, alzò gli occhi verso lo specchio.
Per un attimo, un fugace attimo nel quale credette di aver avuto un’allucinazione, all’immagine del suo viso riflesso parve sovrapporsi quella di un teschio, che la guardava ghignante… Caroline vide i suoi occhi incastrati in quelle orbite ossee e vuote, la propria pelle quasi della consistenza del velo,aderire perfettamente a quel volto scarnificato; poi la visione scomparve lasciando lo specchio di nuovo limpido, riportantele solo l’immagine del proprio viso.

La Morte la stava seguendo… osservava ogni suo movimento, sentiva ogni sua parola, percepiva i suoi pensieri…. il patto era stato siglato con la sua anima mortale… e “Lei” non se ne sarebbe dimenticata.

“Sei un’incosciente.”

Voltandosi lentamente, Caroline si accorse della presenza di Ryuzaki che stava guardandola con aria grave.

CA= Che vuoi dire?

RZ= Sai benissimo cosa intendo…

CA= Non ne sono pentita.

RZ= Hai stretto un patto con la Morte. Hai dato la tua anima in cambio di quella di Mello!

CA= Te l’ho appena detto… non sono pentita. Lo rifarei altre mille volte se fosse necessario.

RZ= Il punto non è questo… scendere a patti con la Morte è pericoloso…ed esige sempre qualcosa in cambio.

CA= Beh, l’ha ottenuto.

RZ= Ti rendi conto di quello che succederà sulla terra adesso?! Sangue, morte, distruzione macchieranno questa città! Le forze si stanno cominciando a muovere… e sono assetate.

CA= Dovevo lasciarlo morire quindi?! No… non l’avrei mai fatto.

RZ= La vita non può essere sempre come la vogliamo noi Caroline!

CA= Io ci sono riuscita! Ho desiderato che Mello tornasse in vita e così è stato!

RZ= CONDANNANDO A MORTE TE STESSA!

CA=…

RZ= La Morte non dimentica mai i debiti che le persone hanno con lei… tornerà a prenderti.

CA= Oh, che venga pure… l’accoglierò a braccia aperte. E se mi farà la cortesia di andare subito a fondo, pagherò il debito nello stesso istante in cui verrà a reclamarlo.

RZ= Tu vaneggi… non sai quello che dici, quello che hai fatto, quello a cui ti sei condannata!

CA= No Ryuzaki, ti sbagli… io ne sono pienamente consapevole… nessuna follia nelle mie parole, ma la consapevolezza di aver fatto qualcosa che mille altre donne, innamorate del loro compagno così come io sono innamorata di Mello, avrebbero fatto senza esitare.

RZ= Stai giocando con il fuoco Caroline…

CA= Me l’hanno già detto. Ma ti avverto… se dovesse succedere qualcosa a Mello, se anche un piccolo graffio dovesse alterare la sua pelle, giuro che ti farò provare l’esperienza di morire una seconda volta.

Interruppe la conversazione uscendo dalla toilette e lasciando Ryuzaki svanire nell’aria; quando tornò da Mello,vide il ragazzo cercarla con occhi pieni di disperato imbarazzo.

ME= Mio dio, dov’eri finita?

CA= Che c’è?

ME= Più che il cosa… dovresti chiedermi chi c’è!

CA= E?

ME= Tua madre è arrivata! Non ti dico la faccia che ha fatto quando mi ha visto e mentre le stavo raccontando cosa è successo!

CA= O santo cielo…

“Spero potrai darmi spiegazioni ragionevoli per tutto questo!”

Janice Seyrig fece la sua comparsa davanti alla figlia, che l’accolse con occhi freddi come il ghiaccio, mentre Mello assisteva sempre più imbarazzato.

CA= E’ sempre un piacere parlare con te mamma… sai sempre dire la frase giusta al momento giusto.

JA= Non perdi mai il tuo piglio,eh? (SQUADRANDO MELLO)Tu devi essere Mello… già la presentazione visiva è più che eloquente… se tuo padre vedesse a che razza di uomo ti sei legata, si rivolterebbe nella tomba Caroline…

CA= Credo che papà si sia gia rivoltato parecchie volte mamma, e non per me…

JA= Cosa avete fatto ad Audrey?!

CA= Come scusa?!

JA= Mi aveva detto che avrebbe trascorso la serata a casa tua… o farei meglio a dire “vostra”.

CA= Audrey non è mai stata da me… l’ho vista solo a l’una di notte, quando è venuta a bussare alla mia porta in stato confusionale.

Benché fossero come due estranee, per quanto i loro rapporti fossero deteriorati, Janice credette subito alle parole della figlia; sebbene Caroline le fosse cresciuta lontano, lei era pur sempre sua madre… e riconosceva subito ciò che albergava nell’animo della figlia attraverso i suoi occhi…. che in quel momento erano sinceri.

JA= Se non era con voi… allora chi è stato?

CA= Non lo so… ma giuro che quando lo troverò, non rimarranno nemmeno le ossa per riconoscerlo.

Dovettero interrompere il dialogo. Il primario di chirurgia era appena uscito dalla sala dove stavano tenendo Audrey, e stava avanzando verso di loro.

“Siete i parenti della signorina Audrey Dunham?”

JA= Si… io sono la zia, lei è la cugina e (INDICANDO CON GLI OCCHI MELLO) lui… lui…

CA=…lui è il mio compagno.

Janice fece un’espressione alquanto piccata, che riservò alla figlia ma che ebbe il decoro di nasconderla al medico, rimasto leggermente spiazzato da questa improvvisa afasia.

“Comunque, sono venuto ad informarvi che la signorina è fuori pericolo… è molto debole, ma non ci sono complicazioni…era con qualcuno di voi quando si è sentita male?”

CA= L’abbiamo portata noi all’ospedale… ma non è stata con noi tutta la sera…

“Che intende dire signorina?”

CA= A circa l’una di notte, mia cugina è arrivata da me, a casa… era in stato confusionale, vaneggiava… probabilmente aveva la febbre; aveva un profondo taglio nell’incavo del gomito sinistro e la sua bocca sapeva di sangue… ad un tratto, ha avuto un conato di vomito ed ha rigettato una sostanza nera e della consistenza della pece… altro non so.

“Non abbiamo trovato sangue estraneo nel corpo della signorina… ma residui della sostanza che lei ha menzionato…”

CA= Siete riusciti a scoprire che cosa sia?

“L’abbiamo analizzata… ed è risultato essere un composto di emoglobina e zolfo…”

CA= Zolfo?! Ne è sicuro?!

“Assolutamente si, la tavola periodica ed i macchinari non mentono… la signorina Dunham aveva una quantità di zolfo in circolo nel suo corpo estremamente elevata… interagendo con gli acidi gastrici, si è assimilato al resto dell’organismo creando un’intossicazione che l’ha portata ad avere le convulsioni.”

CA= Santo cielo… ma dove può averlo preso?

“E’ quello che stiamo cercando di capire… inoltre, scusate la crudezza ma è il mio dovere di medico, poco prima che venisse da lei signorina, sua cugina ha avuto un rapporto sessuale… ed a quanto abbiamo appurato, non protetto.”

A quelle parole, Janice si lasciò scivolare sulla panca, tenendosi la fronte con le mani.

JA= Mio dio…

Raccogliendo a piene mani il poco self-control che le rimaneva, Caroline decise di porre al medico la terribile domanda che stava sorgendo spontanea nella mente di tutti e tre, non essendo sicura di voler sentire la risposta.

CA= Crede sia stata… violentata?

“Oh, no questo nel caso più assoluto… non ci sono né lesioni né traumi… la signorina era consenziente.”

JA= Sia ringraziato il cielo…

“Ma con tutta probabilità, chi si è unito con lei è anche l’artefice del taglio e dell’intossicazione… sapete se f…”

JA= NO! AUDREY NON BEVE, NON FUMA E SOPRATTUTTO NON SI DROGA!!!

Con un’espressione snervata, Caroline pensò che la madre avrebbe aggiunto “non come mia figlia”… eccezion fatta per la droga.

“Ne sono sicuro signora… le analisi del sangue hanno confermato ciò che lei dice. Quello che volevo chiederle è se stesse frequentando qualcuno.”

JA= Oh… mi scusi.

CA= Pochi giorni fa mi aveva parlato di un ragazzo che aveva conosciuto… se non ricordo male credo si chiami Jude…

JA= (STIZZITA) Perché non me ne hai parlato?!

CA= Avrei dovuto?

JA= Come tuo padre… sempre a proteggere la privacy degli altri.

CA= (SOSPIRANDO E RIVOLGENDOSI AL MEDICO) Come sta Audrey ora?

“E’ uscita dalla sala operatoria… potete vederla, ma mi raccomando non affaticatela. Io vi lascio, il mio lavoro è terminato. Arrivederci.”

ME= Su, entra… è da quando il chirurgo ti ha detto che è fuori pericolo che vuoi vederla…

CA= Non entri con me?

ME= No, è un momento solo per voi… ti aspetto qui fuori, tranquilla.

Caroline entrò nella stanza di Audrey; vedere la ragazzina sdraiata a letto, macilenta e debole le fece sanguinare il cuore. Prendendo uno sgabello, lo pose accanto al letto e vi si sedette, prendendo la mano della cugina.

AU= Linne…

CA= Ciao tesoro…

AU= Mi… dispiace… sono… veramente una… stupida.

CA= Ognuno di noi commette degli sbagli Audrey….non siamo perfetti.

AU= Perdonami…. perdonami zia se ti ho… mentito.

JA= Di questo ne riparleremo quando ti sarai rimessa, signorina.

Irritata, Caroline si rivolse verso la madre.

CA= Potresti evitare i tuoi modi da Madre Superiora almeno in questo frangente? Dovremmo essere felici, visto che ora è salva.

JA= Audrey è sotto la mia tutela,a quanto mi risulta… non sotto la tua. Ed è mio dovere punirla per ciò che ha fatto.

CA= Allo scopo di ottenere gli stessi splendidi risultati che hai ottenuto con me? Tu non vuoi educare le persone mamma… tu vuoi ammaestrarle.

JA= Il tuo odio verso di me finirà per avvelenarti, Caroline.

Non rispondendole, Caroline si rivolse nuovamente verso la cugina, in un dolce sorriso.

CA= Non preoccuparti tesoro…

AU= Non… sei… arrabbiata?

CA= No… non potrei mai arrabbiarmi con te…l’importante ora è che sei qui con me.

AU= Ti voglio bene Linne… vorrei tanto… che fossi mia sorella.

Commossa da quelle parole, Caroline abbracciò dolcemente la cugina accarezzandole la testa con una mano.

CA= E’ come se lo fossi… ci sarò sempre per te.

Scioltesi dall’abbraccio, Audrey guardò la cugina maggiore.

AU= Grazie per tutto… quello che hai fatto…

CA= Non ero da sola… Mello mi ha aiutato… è stato lui a portarti in braccio qui in ospedale.

AU= Ringrazialo…infinitamente da… parte mia.

CA= (SORRIDENDO) Perché non lo fai di persona?

AU= Lui… è qui?

CA= Si…

AU= Dovrà odiarmi…

CA= Ma no… Mello l’odio lo riserva per ben altre persone…J Allora… vuoi che lo chiami?

AU= Si… ci terrei tanto… a ringraziarlo.

CA= Va bene…

Alzandosi dalla sedia, aprì leggermente la porta e lo cercò con lo sguardo per il corridoio; quando lo vide, era poggiato con la schiena contro il muro, le mani affondate nelle tasche e lo sguardo fisso a terra.

CA= Ehi, biondo… :)

ME= Si?

CA= C’è qualcuno che vuole vederti…

ME= Me? Qualcuno vuole vedere me?

CA= Esatto… è maleducazione farsi desiderare… :)

La ragazza tese il braccio verso di lui, che cominciò ad avvicinarsele; quando fu più vicino, afferrò la delicata mano femminile con la propria, stringendola forte e baciandone il palmo… dopodiché, i suoi magnifichi occhi turchesi la fissarono.

ME= Siano benedette queste mani… che mi hanno strappato alla morte…. non potrò mai ringraziarle abbastanza.

Caroline non riuscì a rispondere, accennando così solo un sorriso. Se Mello avesse saputo tutta la storia, se fosse venuto a conoscenza del patto che aveva stretto, avrebbe ancora adorato quelle mani o le avrebbe maledette assieme alla loro padrona?

Entrarono, mano nella mano, nella camera, trovando Audrey seduta sul letto, con le gambe ancora sotto le coperte… quando i suoi occhi si posarono dalla cugina al ragazzo che ne stringeva la mano, arrossì leggermente.

Caroline e Mello si avvicinarono al suo letto.

CA= Audrey, lui è Mello… Mello, mia cugina Audrey.

Per nulla imbarazzato, Mello sorrise ad Audrey… di un sorriso che Caroline si accorse essere velato di dolce accondiscendenza.

ME= Ciao Audrey…. sono contento di vedere che ti sei ripresa…

Audrey però non rispose, manifestando la propria gratitudine abbracciando di scatto il ragazzo; se Caroline rimase felicemente impressionata da quel gesto, Mello lì per lì fu dominato dall’imbarazzo leggermente spiazzato, che porta una dimostrazione d’affetto inattesa. Ma gli ci vollero solo pochi istanti per “sciogliersi”, riconoscendo la totale innocenza di quell’abbraccio… strinse leggermente Audrey,attento a non farle male, sotto lo sguardo benevolo della compagna e scandalizzato della madre di lei, che sentì chiaramente borbottare “che promiscuità!”.

AU= Grazie… grazie infinite… non potrò mai sdebitarmi del tutto con te, mi hai salvato la vita…

ME= L’importante è sapere che ora stai bene… avremo mille altre occasioni per incontrarci, dopo che sarai guarita…promesso!

Caroline non rimase indifferente a quella scena… sentì gli occhi cominciare a pizzicarle, mentre osservava il ragazzo che amava entrare a far parte di una piccola porzione della sua famiglia; il pensiero del patto si fece ancora più terribilmente nitido nella sua mente, l’incertezza di sapere quando la Morte sarebbe venuto a reclamarlo diveniva man mano un’angoscia sempre più difficile da sopportare ed occultare agli altri… ma in questo, poteva trovare un barlume di speranza, uno scintillio di speranza; quando sarebbe arrivato quel momento, Mello non sarebbe stato solo… qualcuno sarebbe stato con lui, l’avrebbe aiutato,sorretto, ascoltato… qualcuno che, oltre a lei, lo amava per ciò che era e per il solo,semplice fatto di essere umano. Quando se ne sarebbe andata, lo avrebbe fatto consapevole di non lasciare Mello solo, in balia delle emozioni… e di questo si sentiva felice.

Vedendo Mello e Audrey scioltisi dall’abbraccio, si avvicinò alla cugina, risiedendosi sullo sgabello accanto al letto.

AU= Siete veramente fortunati… entrambi… dico davvero! Tu (GUARDANDO MELLO) per aver trovato una ragazza meravigliosa come mia cugina, che ti ama più di stessa… e tu (A CAROLINE) per avere un uomo al tuo fianco protettivo e presente come Mello…

ME= Troppo buona Audrey…

CA= Ti voglio bene tesoro….

Ad un tratto Janice, rimasta in disparte, sbottò stizzita, calamitando su di sé sei occhi stupiti.

JA= Si, tutto questo è magnifico. Ma per il resto come ci comportiamo?

CA= Adesso è troppo stanca… sono le tre e mezzo del mattino e sia io che Mello siamo esausti… domani, quando Audrey verrà dimessa, ci incontreremo e ne riparleremo…

JA= Va bene.

CA= Audrey, tu sei d’accordo?

La ragazzina annuì.

CA= Bene… allora, buonanotte ed a domani.

Baciando sulla fronte la cugina e dandole la buonanotte, Caroline e Mello si congedarono dalle due donne; quando furono in ascensore, vedendola barcollare dalla stanchezza e dalla spossatezza che lascia l’adrenalina una volta scomparsa, la fece poggiare con la schiena al proprio petto, incrociando le proprie braccia sul suo ventre.

ME= Hai visto…? E’ andato tutto per il meglio…

CA= Già…ma lo spavento che mi sono presa, non lo vorrò mai più provare in tutta la mia vita…

ME= Già dalla morte di Rachel, avevi confidato a me, Halle e Matt che i rapporti con tua madre non sono mai stati ottimi…

CA= Si… ma deteriorati come ora, dopo quello che ho saputo a Venezia riguardo a me, mia sorella e la nostra famiglia…

ME= Che intendi dire?

CA= Quando saremo a casa, al sicuro in un comodo letto e tra le tue braccia, te lo spiegherò…

ME= Va bene….

Ed andò a baciarle delicatamente la guancia.

ME= Quando hai il prossimo appuntamento per il Trial?

CA= Venerdì alle 16:00, perché?

ME= Vengo con te….

CA= Davvero? Lo faresti?

ME= Com’è la formula? “nella buona e nella cattiva sorte”,giusto?

CA= (SORRIDENDO) Ma noi non siamo sposati….

ME= Tu non avere fretta… :)

CA= Che intendi dire?

ME= Mah… chissà… :)

Sorridendo, Caroline si voltò verso di lui e racchiudendone il viso tra le mani lo baciò, dolce ed appassionata allo stesso tempo; Mello l’avvolse completamente tra le sue braccia, tenendole la nuca con una mano e rispondendo ardente al bacio. Ad un tratto, il cellulare nella borsa della ragazza, tintinnò l’arrivo di un Sms.

ME= Per caso, al tuo telefonino sto particolarmente antipatico?

CA= Perché?

ME= Tutte le volte che abbia un momento “intimo” si mette in mezzo per romperlo….

Ridacchiando, Caroline estrasse il telefono e lesse il messaggio, proveniente dal numero di cellulare di Audrey.


Credo si giunto il momento
di dirvi tutta la verità.
Abbiamo pensato di
incontrarci domani
alle 11:30 al caffè
davanti al parco Harajuku.
Per te va bene?



Velocemente Caroline rispose:

Nessun problema, ci sarò.
Ora riposati, ci vediamo domani.
Un bacio.




La risposta di Audrey non si fece attendere:

Buonanotte anche a te Linne.
Non potrò mai ringraziarvi abbastanza,
saluta Mello da parte mia.
Ti voglio bene.



ME= Sei molto legata ad Audrey vero?

CA= Si… è l’unico legame con la mia famiglia che mi è rimasto…

ME= Ma.. nemmeno con i suoi genitori sei in buoni rapporti? Dopotutto sono tuoi zii…

CA= No, con loro va tutto bene… ma non abbiamo molte occasioni per vederci.

Una volta che l’ascensore ebbe terminato la sua corsa, i due giovani si diressero verso casa; arrivati, nonostante fossero le quattro del mattino e fossero stremati, Caroline chiese lo stesso a Mello se fosse ancora interessato a sapere quello che lei gli aveva anticipato.

ME= Ma certo… tanto dubito che ora riesca a prendere sonno… perciò, raggiungimi sul letto e raccontami…

E Caroline lo fece. Gli raccontò tutto, di lei, della verità su Rachel, di Venezia e della sua famiglia, della Confraternita, dell’episodio nella biblioteca (trovandolo già informato da Matt)… gli mostrò la traduzione dell’epigrafe trovata nella catacomba, gliela spiegò…. ma soprattutto, gli rivelò della terribile questione di Morgana… e di Nimue.

ME= Mio dio… e poi pensavo di essere il solo ad avere una vita complicata…

CA= Non sei per nulla divertente, sai?

ME= Dai, come te la prendi subito… ma parlando di cose più serie: come devo chiamarti ora?

CA= Che vuoi dire?

ME= Beh… Caroline o Nimue?

CA= Ti prego, non provare a chiamarmi con quel nome, mi fa venire i brividi! Io per te sarò sempre Caroline…. la Caroline che hai conosciuto esattamente quattro mesi fa…

ME= Quindi… il tuo vero cognome non è “Hale”…. ma “Seyrig”… Caroline Esther Magdalene Seyrig…

Lo sguardo della ragazza si fece triste.

CA= Mi dispiace, non avevo intenzione di mentirti… avrei voluto dirtelo, credimi…

ME= Ehi… io non sono arrabbiato, anzi… per quanto detesti Near, gli sono grato dell’averti dato un cognome falso… ti ha protetto, permettendoti di essere qui con me. Ma ora, in cambio di tanta sincerità…. anch’io ho una cosa da rivelarti.

CA= Cosa?

ME= Una cosa che non ho mai detto a nessuno… una cosa che nemmeno Near sa…

CA= Ossia?

ME= Il mio vero nome…

A quelle parole, Caroline si impaurì.

CA= Mel, non sei obbligato! Non lo fare, potrebbe essere pericoloso!

ME= Caroline io ti amo… non mi sentirei mai in pericolo, sapendo che il mio più grande segreto è custodito da te… tu mi hai rivelato tutto quello che ti riguarda, svelato nomi e segreti senza nessuna ritrosia… è il momento che io ripaghi questa onestà.

CA= Mello….

ME= Da questa notte in avanti, per te non ci sarà solo Mello… ma ci sarà anche… Mihael Keehl.

Dopo essere rimasta un attimo spiazzata, Caroline riparlò.

CA= Il tuo vero nome… è Mihael Keehl?

ME= Si…

CA= E’ bellissimo…

Si strinsero in un abbraccio serrato, in cui Mello parve cercare di riversare tutta la sua essenza in quella di Caroline, cercando di assorbire il più possibile quella della ragazza.

ME= Ora apparteniamo veramente l’uno all’altra… ora non ci sono più segreti tra noi… ti amo troppo per poterti nascondere qualcosa.

CA= Grazie… grazie davvero.

ME= Per tutto quello che mi hai raccontato… per qualsiasi cosa tu abbia bisogno… io per te ci sarò sempre.

CA= La prossima volta che dovrò andare a Venezia… tu verrai con me; non mi importa di quello che diranno, o di ciò che penseranno… io voglio averti accanto.


***


Io darò a colui che è assetato
la fontana dell’acqua
della vita libera.

Rivelazione, capitolo 21 versetto 4



***

Ore 11:15

Mancava esattamente un quarto d’ora all’incontro di Caroline con la cugina e la madre, e la ragazza risentiva leggermente inquieta; sapeva che Audrey le avrebbe rivelato tutto quello che era successo in quella maledetta notte appena svanita con le luci dell’alba , ma non era molto sicura di volerlo sentire. Forse rivedendo se stessa, forse ripensando a quanto la madre fosse stata prevaricatrice ed opprimente verso di lei, o forse semplicemente riguardando la sua vita passata con occhio più maturo, si sentiva l’ultima persona in grado di poter esporre sentenze riguardo a ciò che la cugina aveva fatto; Audrey aveva sbagliato, certo… aveva mentito e c’era mancato poco che andasse all’altro mondo… ma aveva fatto una scelta dettata dal proprio libero arbitrio, dettata forse dalla voglia di evadere dall’onnipresente, gerarchica presenza della zia.

ME= A cosa stai pensando?

Sobbalzando leggermente, interrompendo il filo delle sue riflessioni, Caroline si voltò verso Mello.

CA= Stavo riflettendo…. Mel, tu credi che l’innocenza e la purezza esistano ancora a questo mondo?

ME= Credo di si… io non sono un santo Caroline, ma ho una mente ed una coscienza… e nella mia efferatezza, ho conosciuto l’unico uomo veramente integro ed onesto che abbia mai incontrato nella mia vita…per poi ucciderlo.

CA= Stento a credere che uomini del genere attirino la tua attenzione…

ME= La attirano invece... quel tipo di uomini ha tutta la mia stima, per vari motivi. Il fatto che il mio stile di vita non si possa propriamente definire morale, non vuole affatto dire che io non possa apprezzarne uno decisamente più virtuoso.

CA= Oh andiamo, Mel... credi davvero che gli uomini, anche quelli la cui condotta appare più onesta, siano davvero così puri come si possa pensare? O che non nascondano segreti sporchi nella loro candida coscienza?
Tutti mentono Mihael… nessuno è mai completamente innocente.

ME= Non lo metto in dubbio, Caroline. Ma l'innocenza, la purezza, esistono ancora... e seppure non immacolato, il loro bianco sarà sempre più intenso e pulito della nostra anima nera.

CA= …pronto ad essere sporcato, Mel. Non c'è forse chi dice che noi nasciamo macchiati di peccato? Sai bene che non sono convinta che della semplice acqua possa mondarlo. Il peccato rimane dentro di noi. E questo decide le tre categorie di uomini che esistono a questo mondo. C'è chi cerca di nasconderlo e di vivere una vita onesta, di impegnarsi a rifuggirlo nonostante ne sia irrimediabilmente attratto, anche se poi cadere sotto quel richiamo, prima o poi, è nel destino di chiunque. Poi ci siamo noi, più coerenti, che vi ci abbandoniamo senza che esso ci domini, riuscendo a restare in contatto con la realtà e persino con la parte più pura di essa, anche se solo da spettatori. Infine c'è la feccia, coloro che predicano onestà e bontà, ma in realtà sono ipocriti schiavi del peccato stesso, menti troppo deboli persino per decidere della loro stessa vita.

Mello rimase leggermente spiazzato da quel terribile, ed al contempo veritiero, discorso
della compagna; agghiacciato da tanta freddezza, quasi non riusciva a riconoscervi Caroline, che sempre gli aveva dispensato dolcezza ed amore.

ME= La tua cinica analisi della realtà,a volte riesce a farmi rabbrividire…

CA= Io userei il termine lucida, al posto di cinica…ma so che condividi ogni mia parola; entrambi conosciamo il passato l’uno dell’altra, sappiamo quali sono state le nostre reciproche azioni… e cerchiamo di redimerci, di darvi un senso che le giustifichi almeno ai nostri occhi, per tentare di togliere qualche macchia dal nostro animo… di pulirlo affinché il bianco sia un poco più brillante… anche se sappiamo bene che fallace chimera stiamo rincorrendo, in una corsa ossessionante e senza fine.

ME= Sei convinta che io sia ossessionato dalla purezza?

CA= Da quella, dall'innocenza, dalla bellezza sublime che solo il candore di un anima virtuosa può mostrare, così come la sono io… Io e te siamo attratti dal candore, che è quanto di più lontano ci sia da noi, lo ammiriamo e non possiamo fare a meno di accorgerci quanto noi stessi siamo sporchi.

ME= Se trovassi quel candore di cui stai parlando da qualche parte, sta pur certa che non permetterei a me stesso di corromperlo in alcun modo...

CA= Anch’io ne ero convinta… ma guarda Audrey; non che le voglia meno bene, sarebbe sciocco da parte mia, ma è la prova che anche la più insospettabile delle persone, colei che credi di conoscere come le tue tasche, rivela pensieri nascosti, desideri occultati… la volontà di compiere azioni che nemmeno tu ti riterresti capace di fare.

ME= Tutti noi sbagliamo Caroline, almeno una volta nella vita… ma questo non ci rende meno onorevoli agli occhi di chi ci ama… non importa quante volte cadi, quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi.

CA= Io sono già caduta troppe volte…

ME= E ne ricadrai altrettante; ma se le altre volte ti sei rialzata da sola, stavolta incontrerai la mia mano ad aiutarti.

Si sorrisero e Caroline sembrò essere leggermente rinfrancata da quelle parole; Mello le stava offrendo una possibilità per ricomporre tutte le sue certezze, che nel corso di quei mesi erano andate irrimediabilmente distrutte.

ME= Su, ora è meglio che tu vada… mancano dieci minuti all’incontro.

CA= Si, forse hai ragione… allora, come sto?

Mello la osservò attentamente. Caroline indossava un completo giacca e pantalone nero estremamente seducente, in quanto ne fasciava le magre, delicate forme; sotto la giacca aveva messo una maglia maniche lunghe di cotone bianco, scollata a V ed ai piedi decolleté di pelle nera dal tacco alto e la cima leggermente appuntita.

ME= Sei splendida…

CA= Grazie…

E dopo averlo salutato con un bacio, uscì.


***


Arrivò all’appuntamento puntale, scorgendo sedute ai tavolini all’aperto, coperti in alto da una calda tettoia in legno scuro, che si affacciavano sullo splendido parco, Audrey e sua madre. Quando si avvicinò, la cugina le rivolse un gran sorriso.

AU= Linne!

JA= Ciao Caroline.

CA= Buon pomeriggio…

Inspirando profondamente, Audrey prese la parola.

AU= So che vi devo delle spiegazioni, ed io stessa sono ansiosa di darvele… ma prima di tutto questo, voglio chiedervi ancora perdono… quello che ho fatto è intollerabile, lo so, ma vi chiedo in nome del rapporto che ci lega e dell’amore che ho per voi, di cercare di capirmi…

CA= Audrey, io non sono arrabbiata con te… hai diciassette anni ed una promettente, quanto impegnativa, carriera di ballerina classica davanti a te. Capisco che ogni tanto tu voglia evadere.

JA= Evadere? Lanciandosi tra le braccia del primo sconosciuto che capita a tiro? Bel modo, interessante… pietà per il figlio che in un prossimo futuro metterai al mondo Caroline.

CA= Credimi, dopo quello che ho passato io, l’idea sta sempre più svanendo.
(AD AUDREY) Tesoro, io so quello che è successo ieri notte quindi non c’è bisogno che tu me lo racconti… ma ho bisogno di sapere chi è questo ragazzo e cosa è accaduto prima che tu venissi da me…te la senti?

JA= Deve sentirsela.

AU= Lui si chiama Jude… l’ho conosciuto due settimane fa, per caso, in un caffè del centro…

CA= Che aspetto ha?

AU= Oh, è molto bello… come modo di vestire mi ricorda molto Mello. E’ abbastanza alto, pallido… ha i capelli neri e gli occhi di un colore stranissimo…

CA= Che colore?

AU= I suoi occhi sono color miele… con delle sfumature porpora.

Alla descrizione di quegli occhi, Caroline si irrigidì di colpo immergendosi nei suoi pensieri… quei colori le sembravano famigliari, come se li avesse già visti da qualche parte… ma non riusciva a ricordare dove o quando.

AU= Linne, va tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?

CA= No, no assolutamente… dove ti ha portato?

AU= A casa sua… ma prima che tu me lo chieda, non so dove sia. All’andata mi aveva bendato gli occhi e quando sono scappata, ero in uno stato troppo confusionale per poter riconoscere in quale zona della città mi trovassi… ricordo solo che ho impiegato molto per venire da te.

CA= Quanto, più o meno?

AU= Circa venti minuti, mezz’ora…

CA= Ti ricordi da che parte sei venuta? Basta anche solo la direzione.

AU= Si, quello lo ricordo… sono arrivata da est.

CA= Bene… mi è sufficiente.

JA= Hai intenzione di passare in rassegna tutti i quartieri di Tokyo a est di casa tua?

CA= No… è sufficiente tenere a mente il fatto che Audrey è arrivata da me in direzione est ed aggiungere che vi ha impiegato dai venti ai trenta minuti.

JA= E?

CA= E con questo potrò benissimo trovare la zona in cui probabilmente abita questo ragazzo. (AD AUDREY) Ok, ora viene la parte più difficile, ma non devi sentirti in imbarazzo con me…

AU= Va bene… una volta arrivati, siamo stati insieme… “intimamente” .

CA= E fino a quel momento stavi bene, fisicamente?

AU= Si… quello che mi ha spaventato è quando, mentre stavamo arrivando al… ehm…

CA= (SORRIDENDO) Si, non preoccuparti, ho capito…

AU= Mentre stavamo arrivando a “quello”, ha tirato fuori una piccola lametta in argento e si è inciso un piccolo taglio sul petto… da cui ha cominciato a far uscire del sangue…

CA=… che tu hai ingerito…

AU= Si…

JA= O Gesù!

CA= Poi che è successo?

AU= Mentre lo stavo bevendo, ha preso il mio braccio, mi ha tagliato dove anche tu hai visto ed ha cominciato…. ha iniziato… o mio dio, non riesco nemmeno a dirlo!

CA=…ha cominciato a bere il tuo sangue. Quanto è andata avanti questa cosa?

AU= Due, forse tre minuti…

CA= E dopo come ti sei sentita?

AU= La testa ha cominciato a girarmi… la vista era offuscata e mi faceva un gran male il petto…

CA= Audrey, io non metto in dubbio ciò che mi hai appena detto… ma il medico mentre tu eri dentro alla sala operatoria sotto lavanda gastrica, mi ha fatto vedere le analisi…

AU= E…?

CA= Prima di dirtelo, ho bisogno di una conferma… quello che Jude ti ha fatto bere era veramente il suo sangue?

AU= Si… l’ho visto chiaramente tagliarsi!

CA= Sono tua cugina maggiore, ci conosciamo da sedici anni… ti ho cullato, vista crescere, ho giocato con te e ti ho fatto addormentare quando ti svegliavi dai brutti sogni… ora ti chiedo: mentiresti a me?

AU= No Caroline, non lo farei!!

CA= Io mi fido di te, tesoro… ma le analisi hanno rivelato che quello che ti ha fatto bere Jude, era una miscela di emoglobina e zolfo, che ti ha portato all’intossicazione.

A quelle parole, Audrey spalancò gli occhi ed impallidì.

AU= No… non è vero… io l’ho visto! Quello era sangue! Caldo, rosso e denso! Era sangue! Il suo sangue!

JA= (A CAROLINE) Tu credi davvero che le abbia fatto bere il proprio sangue?

CA= Si…

JA= E allora come spiegare quelle analisi? Le macchine non mentono…

CA= Le macchine no… ma forse Jude si…

JA= Il sangue umano non può contenere tutto quello zolfo!

CA= E chi ha parlato di umano?

Dicendo queste parole, Caroline si alzò dalla sedia.

AU= Dove vai?

CA= A controllare alcune cose… a presto tesoro.

Vedendola incamminarsi, Janice la raggiunse velocemente.

JA= Che hai intenzione di fare?

CA= Voglio scoprire qualcosa di più. Ma ho bisogno dell’aiuto di Ezra Levi.

JA= Non penserai di tirare in ballo la Confraternita…

CA= Se hai paura puoi tirartene fuori in qualsiasi momento… io non ti fermerò di certo.

Congedandosi dalla madre, si allontanò. La sua mente aveva cominciato a formulare migliaia di ipotesi, dalla più pragmatica alla più surreale, che in quel frangente le sembravano tutte formalmente valide.


***


Tornando verso la macchina, che aveva parcheggiato a notevole distanza dal locale nel quale si era incontrata con la cugina e la madre, la sua mente aveva continuato a creare ipotesi su ipotesi; arrivata all’auto, fece appena a tempo ad in infilare la chiave della serratura della portiera quando una voce la fece sobbalzare.

“Lei è la signorina Caroline Hale dell’SPK?”

Voltandosi di scatto, si trovò davanti l’ultima persona che si sarebbe aspettata di incontrare; lo riconobbe immediatamente: capelli lunghi neri, occhi come la notte… occhiali ed un portamento distinto. Ma benché sapesse chi aveva davanti, ritenne opportuno fare finta di niente.

CA= Si… sono io.

“Mi permetta di presentarmi… sono Teru Mikami, magistrato di Tokyo.”

Tese una mano verso di lei, che la strinse diffidente.

CA= Posso sapere a cosa devo questo incontro?

MI= Oh, non si preoccupi, nulla era pianificato… passavo di qui per caso e l’ho riconosciuta.

CA= Ah…

MI= In quanto magistrato, mi hanno affidato il caso Kira..

CA= (PENSANDO) E ti pareva… tutto casuale eh?

MI= Sono rimasto favorevolmente impressionato dalla relazione che ha tenuto all’ICPO e…

CA= Lei era là?

MI= Si, certo…relazione veramente interessante…e mi chiedevo se in futuro non potremo avere qualche occasione per lavorarci assieme..

CA= Che intende dire?

MI= Beh, so che è in stretti rapporti con L… magari potremmo trovare qualche modo per incastrare Kira.

CA= Forse… anche se non credo ci riusciremmo. I miei metodi di lavoro sono un po’ “diversi” dai vostri.

MI= Capisco.

CA= Bene… ora, mi perdoni signor Mikami, ma vado di fretta.

MI= Nessun problema… arrivederci signorina Hale.

CA= Arrivederci a lei, signor Mikami.


Silenzioso com’era arrivato, Mikami si allontanò lasciando Caroline leggermente sbigottita; che motivo aveva, a circa quattro mesi dal suo arrivo a Tokyo, di desiderare la sua collaborazione proprio ora? Che cosa aveva spinto l’imperturbabile, abitudinario, magistrato Teru Mikami a volerla avvicinare?

Questa cosa, vuoi per la diffidenza innata o per la situazione che stava vivendo, le sembrò troppo strana per trattarsi di una banale collaborazione lavorativa…

… salendo in  macchina, rimuginò per tutto il tragitto da lì all’SPK. Ancora non sapeva (come avrebbe potuto?) che ben presto, qualcosa di più inquietante avrebbe distolto i suoi pensieri da quel colloquio imprevisto.


***
Ore 16:25

Secondi… minuti… ore… una girandola lenta da riempire con mansioni, studi, ragionamenti e quant’altro. In un momento di tranquillità, Caroline era riuscita a raccontare ad Halle ciò che era successo la notte appena trascorsa.

HA= Santo dio, Linne è terribile!

CA= Già… Audrey ne è rimasta sconvolta.

HA= Come sta ora?

CA= E’ uscita dall’ospedale questa mattina; sta cercando di riprendersi,ma è molto provata…

HA= Cavolo, è così giovane!

CA= E’ solo una ragazzina… ma la capisco…

HA= E tua madre?

CA= Mia madre? Più acida di un limone acerbo con me, e un incrocio tra un SS e una Madre Superiora con Audrey.

A quell’osservazione di umorismo nero, Halle non poté non ridacchiare; ad un tratto però, la voce di Near, diventata urgente, attirò la loro attenzione.

NE= Caroline, Halle… venite qua.

Le due donne si diressero verso il ragazzo, il quale aveva già al suo fianco Rester e Gevanni, con gli occhi pensierosi e seri incollati allo schermo del televisore, sintonizzato sul telegiornale; posando lo sguardo sulle immagini che scorrevano sullo schermo, un senso di inquietudine la pervase.

CA= Cosa diavolo… sta succedendo?

NE= E’ quello che vorrei sapere anch’io.

RE= Le immagini sono in diretta e la città è proprio Tokyo!

HA= Santo cielo…

Nel fissare quello schermo, dall’inquietudine iniziale si sovrappose in Caroline un’agghiacciante certezza. Di colpo si ricordò delle parole… di quelle parole.

CA= (MORMORANDO) E’ iniziata… l’aveva detto… lei l’aveva detto.

Vedendo l’amica così sconvolta, Halle le si rivolse, agitata quasi quanto lei…forse aveva intuito ciò che l’amica voleva dirle.

HA= Che cosa vuoi dire Linne? Cosa intendi?!

Tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, la ragazza le rispose come un automa… la bionda non riuscì a capire se le stesse rispondendo o se stesse riflettendo tra sé e sé.

CA= L’aveva detto… Lei l’aveva annunciato che sarebbe successo….

HA= Ma cosa, Caroline, chi aveva annunciato cosa?!?!?!?

CA= La Morte… la Morte aveva detto che sarebbe iniziata…

Halle ricordò subito, tutto improvvisamente le fu chiaro… l’uccisione di Mello… il patto… l’incontro con la Morte.

HA= Cosa…?

CA= La Ribellione.

HA= La ribell… EHI, CAROLINE! FERMATI, DOVE VAI??!?!?!

Caroline si catapultò, correndo a perdifiato, fuori dall’SPK, lasciando Halle imbambolata a guardarla correre via.

NE= Halle…

HA= Si?

NE= Caroline ha ragione… la Ribellione sta iniziando…

HA= E tu come fai a saperlo?!

NE= Non curarti di come io lo sappia… preoccupati solo del fatto che è cominciata.


***


Era arrivata in strada, correndo e scendendo le scale esterne a rotta di collo; un vento caldo e terribilmente potente aveva cominciato a soffiare, scompigliandole i capelli e facendole aderire i vestiti al corpo, piegando gli alberi e formando mulinelli di polvere nella strada… da lontano, poteva scorgere l’acqua del fiume Tama incresparsi.
La città attorno a lei sembrava impazzita: le strade ostruite per le macchine abbandonate dai proprietari in fuga, gente che urlava e correva da ogni parte in cerca di un riparo, terrorizzata da ciò che stava accadendo.

Alzando lo sguardo e sollevando il braccio davanti al viso per riuscire ad aprire meglio gli occhi, vide con orrore che il cielo era cambiato… assumendo colori infernali.

La volta celeste era completamente nera, le nubi si tinteggiavano del colore del sangue; lampi abbaglianti fendevano il cielo mentre una parte di nuvole si diradava velocemente, schiudendo quasi un’apertura.

HA= CAROLINE! CAROLINE VIENI VIA, E’ TROPPO PERICOLOSO!

In piedi sulle scale dell’SPK, Halle chiamava a gran voce l’amica, dovendo urlare con tutto il fiato che aveva in gola per farsi sentire; ma vedendo che l’amica non pareva intenzionata a muoversi, rimanendo ferma nella strada in mezzo alle macchine abbandonate, si diresse verso di lei, afferrandola poi per un braccio.

HA= ANDIAMO VIA CAROLINE! SEGUIMI!

CA= Halle…

Seguendo lo sguardo di Caroline, Halle alzò gli occhi al cielo, non potendo credere che sto che stava vedendo potesse realmente accadere.

Dal buco formato dalle nuvole, uno sciame nero di dimensioni gigantesche, cominciava a fare capolino emettendo sibili raggelanti, resi ancora più forti dalle dimensioni del nugolo.

HA= Che diavolo di uccelli sono?!

CA= Quelli non sono uccelli… sono… Shinigami!

Decine, centinaia, migliaia, se non addirittura milioni di Dei della Morte si riversarono su Tokyo, volando a velocità supersonica e lanciando feroci grida sataniche; cominciarono a gettarsi a capofitto sulla popolazione ancora in fuga, artigliandola a caso, uccidendola e poi gettandola a terra da un’altezza di dieci metri… al loro passaggio, una scia di cadaveri disseminati ovunque ne marcava il sentiero.

HA= CHE COSA FACCIAMO?!?!?

CA= VAI DENTRO ALL’SPK CON NEAR E GLI ALTRI, IO TI RAGGIUNGO!

HA= DOVE HAI INTENZIONE DI ANDARE, E’ TROPPO PERICOLOSO, GLI SHINIGAMI POTREBBERO PRENDERTI!

CA= DEVO ANDARE A CERCARE AUDREY E MELLO!!!!

HA= MA SEI IMPAZZITA?!?!? NON PUOI USARE L’AUTO!!

CA= E CHI HA PARLATO DI USARL…AAAAAH!

Prese alla sprovvista, ma ringraziando la prontezza di riflessi che le accomunava, si abbassarono a terra di scatto, evitando così una piccola Smart lanciata in aria da uno shinigami; rialzandosi lentamente, videro l’automobile esplodere nell’esatto momento in cui toccò terra, per poi ridursi ad un ammasso di lamiere fiammeggianti.
Nel frattempo, l’infernale sciame proseguiva nella sua invasione di morte… il cielo nero stava assumendo sempre più le tinte purpuree del sangue, in cui baluginavano senza sosta migliaia di lampi.

Urla di disperato terrore, pianti e la stridula risata degli Dei della morte riempivano l’aria.

CA= DEVO ANDARE!

HA= IO VENGO CON TE! NON TI LASCIO SOLA!

CA= HALLE NON POSS…

HA= CAROLINE, PIANTALA DI DIRE CAZZATE E COMINCIA A CORRERE!

E così fecero. Correndo velocemente, evitando gli ostacoli ed i corpi senza vita che qua e là si presentavano, cercavano un posto sicuro in cui potersi rifugiare per contattare Mello, Matt ed Audrey; in volo sopra di loro, gli shinigami parevano non curarsi della loro presenza.

Ad un tratto, nella freneticità della corsa Halle cadde a terra inciampando in qualcosa su cui cadde riversa; sollevandosi con le braccia per vedere su cosa era caduta, lanciò un grido di terrore, ritraendosi di scatto e portandosi le mani alla bocca spalancata.

Era caduta sui tre corpi senza vita di una famiglia. Padre,madre ed il figlio di circa dieci anni…. morti, insanguinati per i feroci morsi che gli shinigami avevano inflitto loro sulla gola, sul petto e sulle braccia.

HA= Sono morti…. il bambino… era solo… un bambino… un… bambino.

Veloce Caroline le fu accanto, mettendole un braccio attorno alle spalle ed aiutandola ad alzarsi con l’altra mano; rimase anch’ella sconvolta ed addolorata da quella visione, ma razionalmente capì che non era il momento di perdere il sangue freddo.

CA= Vieni Halle, andiamo via! Non possiamo fermarci… non potevamo fare nulla per loro.

Ricominciarono a correre, stavolta dovendosi anche proteggere dalle vampe degli incendi scaturiti dalle macchine ai lati delle strade; non trovando nessun posto che potesse proteggerle, Caroline estrasse dalla tasca dei jeans il cellulare, cominciando a comporre, per quanto chiaramente potesse fare, il numero di Mello.

Dopo solo uno squillo d’attesa, il ragazzo le rispose.

ME= CAROLINE! Dove sei?!

CA= Sono lungo la strada del centro, c’è anche Halle con me!

ME= Io sto andando a prendere Matt, dobbiamo incontrarci!

CA= AUDREY! Io devo andare da mia cugina!

ME= Audrey è qui con me Linne! C’è anche tua madre.

Nel sapere che l’adorata cugina era in salvo, protetta da Mello e, quando li avrebbe raggiunti, anche da Matt la rincuorò.

CA= Sia ringraziato il cielo.

ME= Linne ora ti passo Audrey, io non riesco a guidare bene con una mano impegnata! Mettiti d’accordo con lei per il luogo d’incontro!

CA= Va bene!

Celermente, Mello passò il cellulare ad Audrey.

AU= Linne? Linne mi senti?!

CA= Si tesoro, ti sento! Stai bene?!

AU= Diciamo che ho passato giornate più piacevoli!

Mentre parlava con Audrey, Caroline riuscì comunque a sentire in sottofondo, lo stridio di una frenata brusca, la voce di Mello urlare il nome dell’amico ed una portiera aprirsi per poi richiudersi velocemente.

CA= E’ arrivato Matt?!

AU= Si! Linne, ci incontriamo all’Harajuku va bene?! Cercheremo di arrivare il prima possibile!

CA= Va bene! Ci vediamo là!

E chiuse la telefonata riportando ad Halle il luogo dell’incontro. Svoltando bruscamente verso destra, cominciarono  a dirigervisi con tutta la potenza di cui erano capace le loro gambe.


***

Una nuova sensazione,ignota, inusuale e per questo terribile, si stava affacciando nell’animo di Near.

L’ansia.

Sia lui che Caroline erano perfettamente consapevoli di quello che stava accadendo, frutto di una guerra oscura di millenni e millenni prima della loro nascita, ma benché ne fosse al corrente, l’ansia di averla lasciata là fuori, in balia di migliaia di shinigami senza scrupoli e fuori controllo, lo stava divorando.

Si rese conto, che per quanto avesse cercato di cancellarla, eluderla o mascherarla, stava venendo fuori.

La verità stava cominciando ad emergere…ed in lui sorse spontanea la domanda di quanto sarebbe stato capace ad arginarla.


***


Arrivarono trafelate allo splendido parco Harajuku e guardandosi attorno febbrilmente, riuscirono a scorgere l’auto rossa di Mello appostata sotto un albero.

HA= Eccola laggiù, la vedo!

Vi corsero incontro. Quando Mello le vide arrivare, uscì dalla macchina alla velocità di un razzo per andare ad abbracciare Caroline.

ME= Linne, grazie a Dio stai bene! Halle?

HA= Sto bene Mel, grazie…

CA= Voi? E’ tutto a posto?

Ad un tratto, Matt si alzò in piedi sporgendo il busto fuori dalla portiera aperta, poggiando un braccio su quella e l’altro sul tettuccio, per mantenere meglio l’equilibrio.

MA= Ragazzi presto, dobbiamo andarcene da qui!

ME= Coraggio, salite in macchina…

CA= Mel, siamo in sei, non ci staremo mai nell’auto!

HA= Caroline ha ragione, siamo troppi!

ME= Ci stringeremo un po’! Linne, dove hai lasciato la Gran Torino?!

CA= All’SPK!

HA= Ok, saliremo in macchina con loro, andremo all’SPK e prenderemo la tua auto!

CA= Le strade sono bloccate, non potremmo mai arrivarci con la macchina!

ME= (GHIGNANDO) E chi ha parlato di usare la strada normale? Forza, andiamo!

Le giovani donne seguirono Mello e salirono nei sedili posteriori della macchina, dove Audrey e la madre di Caroline si strinsero per far loro spazio; dopodiché, con una sgommata , Mello rimise in moto la vettura.

AU= Linne! Stai bene?!?!

CA= Si tesoro, non preoccuparti.. va tutto bene…

Di colpo, la madre si rivolse a lei in tono grave.

JA= Sarai contenta Caroline… adesso la Confraternita deve per forza intervenire…

CA= Credimi mamma… non aspettavo altro.

Passando attraverso vie non convenzionali, dalle parti dei terminal portuali e dalle viuzze più impensabili, riuscirono ad arrivare quasi davanti all’SPK; portando il busto in avanti, Caroline si avvicinò a Mello.

ME= Più in là non riesco ad andare. le strade principali sono tutte bloccate.

CA= Aspettaci qua…. io ed Halle saliremo sulla nostra auto e poi andremo tutti da me…

JA= No.

La ragazza si voltò verso la madre, con un sopracciglio inarcato che palesava l’irritato sconcerto.

CA= No?

JA= Casa tua è troppo vicino al centro, ed è pericolosa…

CA= Benissimo, hai altre idee?

JA= La Confraternita ha una villa nelle colline sopra Tokyo… andremo là, è più sicuro.

CA= Bene. C’è da dire che per essere una Confraternita che lavora nell’ombra si tratta piuttosto con i guanti… indicherai tu la strada, noi staremo dietro la vostra auto.

MA= Aspetta!

CA= Che c’è?

MA= Vengo anch’io con voi…. un uomo può sempre servire, e Mello è già con Audrey e tua madre.

CA= Grazie Matt… beh, allora andiamo! Halle?

HA= Ti seguo.

ME= Fate attenzione…

Spinta dall’istinto, o dal volerlo tranquillizzare, Caroline prima di scendere si sporse una seconda volta verso di lui, e vedendolo con il viso voltato verso di loro, lo baciò leggera ed appassionata al tempo stesso.

ME= Lo prendo come una garanzia…

Caroline, Matt ed Halle, una volta scesi dall’automobile scarlatta, si diressero velocemente verso la Gran Torino; ma appena vi arrivarono davanti, videro Gevanni correre verso di loro. Dimenticando ogni procedura di protezione personale e copertura, Halle corse incontro al compagno.

HA= Stephen! Che è successo?!

Stringendola tra le braccia, l’uomo parlò a lei ed, indirettamente,anche agli altri due.

GE= Halle dobbiamo andarcene da qui, è troppo pericoloso!

HA= Ma Near? E Rester?

RE= Rester è corso subito dalla sua famiglia, io sono rimasto con Near… anche a me ha detto che potevo andarmene, ma non volevo lasciarlo da solo!

CA= Cosa?! Da solo all’SPK?! Gevanni, presto, salta in macchina!

Dopo aver detto questo, cominciò a salire velocemente le scale.

MA= Caroline, dove diavolo vai?!

L’amica gli rispose correndo.

CA= AD IMPEDIRE AD UN PAZZO, VIZIATO ED IMMATURO DI AMMAZZARSI! ASPETTATEMI IN AUTO!

Arrivò in un lampo nella base sotterranea del grattacielo,laddove vi erano gli uffici dell’SPK; trovò Near seduto a terra, intento nei suoi ludi… e questa cosa la irritò maggiormente.

CA= Dì, per caso sei completamente impazzito?!

Il ragazzo le rispose con la sua solita flemma.

NE= Che intendi dire?!

CA= Ci sono milioni di shinigami svolazzanti per il cielo della città e tu te ne stai qui?! E’ troppo pericoloso, vieni via!

NE= Non vedo perché dovrei…

CA=PERCHE’ DOBBIAMO LASCIARE MOMENTANEAMENTE LA CITTA’, E IO NON VOGLIO ALTRO SANGUE SULLA COSCIENZA!!

NE= So badare a me stesso Caroline…

CA= Oh no mio caro, tu non sai assolutamente badare a te stesso! ALTRIMENTI NON STARESTI QUI!

NE= Và Caroline… mettetevi in salvo…

CA= Mettetevi ?!

NE= Tu, Mello, Matt, Halle…. Audrey. Portala al sicuro.

CA= Porterò entrambi al sicuro… perché con le buone o con le cattive, tu verrai con me.

NE= E come pensi di…(SOLLEVANDO LO SGUARDO) Oh, avanti Caroline… non ne avresti mai il coraggio.

Portata all’esasperazione, Caroline, agguantata una pistola, la puntò contro Near.

CA= Non ti credere… ho convinto Mello con questo sistema, posso convincere anche te.

Nel vedere i suoi occhi fiammeggianti di risolutezza, Near ritenne opportuno alzarsi, seppur lentamente… forse davvero a qualcuno importava della sua salvezza?

CA= Bravo… vedo che abbiamo trovato un punto d’intesa alla fine…

NE= Non cantare vittoria… odio il rumore degli spari e l’odore di bruciato…

CA= Soprattutto se l’odore viene dalla tua maglia o dai tuoi capelli vero?

NE= Avanti, non avresti mai potuto sparare a…

Mordendosi la lingua, si rese conto di aver detto troppo; per la prima volta in diciannove anni non riuscì a guardare negli occhi il suo interlocutore. Annaspando, cercò di creare un proseguo di frase che suonasse abbastanza credibile.

CA= “A” chi?

NE=…al tuo datore di lavoro.

CA= Coraggio… andiamo.

E si avviarono verso l’uscita. Uscirono tenendosi l’uno alle braccia dell’altra a causa del vento che ancora soffiava terribile; quando scesero le scale, è impossibile descrivere appieno le espressioni che si dipinsero sul volto di Halle, Gevanni… e Matt.


***


Non ci poteva credere… non lo vedeva da molti, troppi anni e la sua mente di conseguenza, si era abituata a ricordarlo con l’ausilio della sua memoria di bambino. Ma non era cambiato, né nel viso né nell’animo, ed ora stava davanti a lui, algido ed immobile come una statua inanimata nel suo candore.

NE= Ciao Matt.

MA= Near…

HA= Non ci credo, l’ha convinto ad uscire…

GE= Ragazzi, è meglio salire in macchina,ogni secondo che passiamo qui è sempre più pericoloso!

CA= Gevanni ha ragione! Su, coraggio.

Salirono in macchina, Caroline al posto di guida, Matt accanto a lei e nel sedile posteriore, in ordine: Halle,Gevanni e Near; mettendo in moto, sfanalò a Mello a segnale della possibile partenza, ed in breve la Gran Torino della ragazza si accodò a quella del compagno.

Per tutto il viaggio, tra le morbide curve su per le colline sopra Tokyo, Matt stette in completo silenzio, irrigidito,con lo sguardo fisso davanti a sé. Se per lui era stato di tremendo impatto rivedere Near, pensò cosa sarebbe stato per Mello… che aveva improntato tutta la sua vita al volerlo superare, che aveva versato lacrime cocenti di rabbia e frustrazione nel vedersi sempre fallire… e che aveva visto il suo sogno di diventare L svanirgli miseramente tra le mani in favore di quel diciannovenne albino ed enigmatico.

Aveva solo un anno in più rispetto a Near,ma quel ragazzo dimostrava una qualsivoglia saggezza ed una lucida conoscenza della realtà pari quasi al triplo della sua età attuale.

Era talmente immerso nei suoi pensieri, che sussultò leggermente quando sentì la piccola mano di Caroline posarsi sulla propria, poggiata sul ginocchio; voltandosi verso di lei, i loro occhi si incontrarono,rispecchiando il superbo verde smeraldo di lui nell’insolito e magnetico verde-azzurro di lei.

Caroline aveva capito… aveva compreso quello che stava passando per la sua testa e in un leggero, appena percettibile sorriso parve volesse dirgli “tranquillo amico mio… andrà tutto bene.”

Rincuorato, Matt rispose al sorriso ed andò a stringere la mano della ragazza tra le sue, lasciando poi che gli occhi tornassero alle proprie occupazioni, sia di controllare la strada per una sia vagare tra le ombre ed i valichi delle colline per l’altro.
Voleva bene a Caroline, la considerava come una sorella, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, sicuro di essere ricambiato.

“Si, amica mia” pensò “forse andrà davvero tutto bene.”


***

Viaggiarono per altri dieci minuti, salendo sempre più su, lasciandosi alle spalle la città martoriata, mentre un cielo nero e cremisi li avvolgeva; ad un tratto, in prossimità di un viale alberato, la macchina di Mello rallentò per poi procedere quasi a passo d’uomo. La Gran Torino si adeguò velocemente.

HA= Santo dio…

Tra il fitto fogliame, un muro color crema inframmezzato da alcune finestre, cominciava ad intravedersi; ma fu solo quando uscirono dal viale, che la magnificenza della villa apparve ai loro occhi; scendendo dalle auto tutti, tranne Janice ormai avvezza a quel luogo, rimasero con il volto verso l’alto e con il fiato mozzato per lo splendore che si presentava loro.

HA= E’ stupenda…

MA= Mai visto niente del genere…

GE= Non pensavo esistessero posti simili… e dire che sono a Tokyo da un bel po’…


La villa, immensa, si sviluppava su due piani, attorniata da uno splendido giardino verdeggiante dai sentieri tracciati in ghiaia. Era in stile tipicamente vittoriano (segno che prima Watari ed ora Roger ne avevano finanziato la costruzione) con il classico tetto in tegole di cotto e le finestre alte dalla sommità arrotondata; tre scalini di granito grezzo, affiancati da entrambi i lati da due colonne di media circonferenza reggenti un piccolo tettuccio, portavano ad un magnifico portone di legno intarsiato, cui spiccavano su ambedue le ante dei battenti in ottone dalle sembianze leonine.

Avvicinandosi lentamente al portone, Caroline fece scorrere le punte delle dita sugli intarsi, sentendone i rilievi, percependo le imperfezioni del legno, avvertendo il profumo di  incenso, resina e ricordi lontani; ad un tratto un intarsio attirò la sua attenzione: due cherubini, paffuti ed alati, recavano tra le mani un drappo su cui erano incise quattro parole.

CA= “Cor ad Cor loquitur”…

JA= “Il  cuore parla al cuore”… quanto mai prima d’oggi questa frase è appropriata.

CA= Questa… è la villa della Confraternita?

JA= Si…

CA= Quindi presumo ci siano stanze di uso ben differente da quello del ristoro…

JA= Avrai occasione di vederle più avanti… ora dobbiamo sistemare i nostri ospiti.

CA= “Nostri”?!

JA= Questa casa è tua Caroline… Ezra Levi l’ha lasciata a te come eredità…sin dalla tua nascita.

CA= Cosa?! Ma… perché?

JA= Ad ogni membro della Confraternita viene dato qualcosa…

CA= Ed a te cosa è stato dato?

Nel risponderle, Janice alzò lo sguardo per andare a carezzare ogni angolo del maniero.

JA= Mi fu offerta questa villa… ma io preferii tenerla sotto custodia fino al compimento della tua maggiore età… se vorrai mettere su famiglia con Mello, il tuo appartamento sarà troppo piccolo per un piccolo turbine sgambettante.

A quelle parole, sgorgate così spontanee, così materne per la prima volta in tutti quegli anni passati tra litigi, scontri, porte sbattute e rancori mai sopiti, Caroline spalancò gli occhi toccata.

CA= Mamma…

“E TU COSA CAZZO CI FAI QUI?!?!?”

Nel sentire quella voce roboante di furia, madre e figlia si voltarono all’unisono.
Mello stava procedendo verso Near con incedere collerico, arrivando poi a meno di dieci centimetri dal viso dell’albino.

NE= Mello…

ME= Che sei venuto a fare?! Ad osservarmi bene per poi scrivere il mio nome su quel fottutissimo quaderno nero del cazzo?!

NE= Sei paranoico Mello… Caroline mi ha portato qua.

Sentendo quelle parole, Mello portò indietro il gomito ed alzando il braccio sinistro, si preparava a tirare un pugno a Near, rimasto impassibile ad osservarlo.

NE= Vuoi tirarmi un pugno? Fallo…ne avresti il diritto dopotutto.

ME= Brutto figlio di puttana, io…

MA+CA= MELLO NO, FERMO!

Prima che potesse muovere anche solo un muscolo, Matt e Caroline gli piombarono addosso; Matt gli arrivò da dietro, piegandogli il braccio destro indietro, incastrandolo fra il proprio petto e la sua schiena e tenendolo per le spalle… la ragazza gli andò davanti avvolgendosi il suo braccio sinistro attorno ai fianchi, prendendogli il viso tra le mani ed unendo le loro fronti. Quando gli parlò, sembrava stesse ammansendo una bestia feroce pronta ad azzannare.

CA= Calmati amore mio, calmati… Near dice la verità, sono stata io a portarlo con qui… ti prego, calmati… torna da me Mihael… torna da me.

A quelle parole, sospirate, quasi implorate, Mello parve acquietarsi… rilassò il corpo teso, abbandonando ogni tentativo di movimento che stavano facendo fare sforzi sovrumani a Matt; con uno scatto si liberò delle loro strette, guardando poi intensamente prima Near e poi Caroline.

ME= Tu… tu l’hai portato qui?

CA= Si…

ME= Fantastico.

Passò loro oltre, tirandosi sul capo il cappuccio della felpa, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e sparendo nel verde rigoglioso dell’immenso giardino.

CA= MELLO!

MA= (POSANDOLE UNA MANO SULLA SPALLA) Lascialo andare Linne… è meglio così.

Caroline posò la propria mano su quella di Matt, continuando a guardare la direzione percorsa da Mello; ad un tratto, con la silenziosità e la grazia che l’essere ballerina le conferivano, Audrey arrivò accanto a loro.

AU= Ragazzi, la zia dice che è meglio entrare… tra poco sarà più buio ed è meglio stare al riparo.

CA= Che ore sono? Ho perso la nozione del tempo…

AU= Sono le 17:45… poi dobbiamo ancora decidere le stanze in cui dormire.

MA= Beh, non sarà difficile!

Il quartetto si avviò verso l’entrata, quando ad un tratto Near afferrò il polso di Caroline.

CA= Che c’è Near?

NE= Io te l’ho detto che non dovevo venire….

CA= Non dirlo nemmeno per scherzo, non ti avrei mai lasciato là.

NE= Tu lo ami?

CA= Più di me stessa…

NE= Glielo dirai?

CA= Cosa?

NE= Del patto.

CA= E tu come lo sai?!

NE= Un giorno te lo dirò… ora è meglio di no .

Erano giunti dal portone, dove Gevanni, Halle e sua madre li stavano attendendo.

CA= Prima di entrare credo di dover fare delle presentazioni. Mamma, loro sono Matt, Gevanni e Near.

Nel vedere Near, anche Janice si irrigidì per un brevissimo lasso di tempo; lei ed il ragazzo si scambiarono un’intensa occhiata.

JA= Bene… a presentazioni fatte, direi che possiamo entrare.

Tirando fuori dalla borsetta un grande mazzo di chiavi, si apprestò ad aprire la serratura del portone; appena entrarono nell’atrio, furono accolti dalla semioscurità.

JA= Aprite le persiane delle finestre, io intanto vado ad attivare i contatori elettrici, il gas ed il riscaldamento.

Obbedendo alle direttive di Janice, Caroline, Audrey, Matt ed Halle cominciarono ad aprire le imposte delle finestre; nel contempo, la luce arrivò talmente all’improvviso da lasciarli abbagliati.

MA= Ehi, ma questo è un atrio o una sala da ballo? E’ enorme!

Quasi a voler conferma all’esclamazione di Matt, le tre donne si voltarono verso l’ambiente: un immenso ingresso, dal parquet di lucido legno scuro disseminato qua e là da tappeti d’antiquariato, ospitava circa sei o sette poltrone e due divani in pelle marron bruciato, che costituivano due nuclei di seduta. Ai muri quadri seicenteschi con cornici in stucchi dorati, librerie in legno lucido colmi di volumi più o meno antichi e vari suppellettili, tra abat-jour, vasi e soprammobili; dirimpetto al portone, iniziava una scala costruita con lo stesso materiale della pavimentazione, portante sicuramente al piano superiore ed alle stanze da letto. Infine, sul soffitto, un grande lampadario in ottone illuminava l’ambiente.

CA= Mio dio… ci staranno duecento persone qui…

MA= Duecento “mila” vorrai dire!

AU= Io la trovo stupenda… è così romantica…

CA+MA+HA= Romantica?!

Tornando su dalle scale che portavano allo scantinato e sbattendo tra loro le mani per liberarle dalla polvere, Janice rispose ridacchiando.

JA= “Romantica” forse non è l’aggettivo giusto per questa villa… ma forse “caratteristica” potrebbe calzarle meglio…

Quasi ricomparso dal nulla, anche Gevanni si affiancò al quintetto.

HA= Ehi, e tu da dove spunti?

GE= Sono andato in giro per il primo piano… questa villa è spettacolare! Da là (INDICO’ A DESTRA) si va alla cucina ed alla sala da pranzo… invece di là (INDICO’ A SINISTRA) ci sono una sala ed uno studio!

CA= Entusiasmante… poi un giorno andremo in esplorazione stile giovani marmotte, con tanto di cappello peloso.

GE= Sempre simpaticissima la signorina…

MA= Beh,  appurato tutto questo?

AU= Appurato tutto questo, andiamo di sopra a disporre le camere per la notte!

CA= Ehi, ma dov’è sparito Near?!

Tutti quanti si guardarono attorno: Near sembrava scomparso.

MA= (A CAROLINE) Non preoccuparti… prima o poi rispunterà fuori…

Salendo le scale, raggiunsero il lungo ballatoio del secondo piano, delimitato da un sottile corrimano di legno; arrivando dalla rampa ci si poteva chiaramente accorgere della dislocazione,a forma di ferro di cavallo,del piano.

JA= Allora… ci sono in tutto sei camere; le prime tre potete vederle qui, due sono nella parte sinistra in fondo al corridoio e le altre, ovviamente, a destra… beh, direi che possiate scegliervi quella che più vi aggrada.

In meno di cinque minuti le camere furono assegnate: le prime tre davanti alle scale, furono assegnate, in ordine partendo da destra a: Near, Janice e Matt.
Le due sul lato sinistro del corridoio ad Audrey e Caroline con Mello, mentre Halle e Gevanni optarono per la stanza sul lato destro.

JA= Ogni stanza ha un proprio bagno, dotato di tutto quello che serve… ora possiamo scendere al piano di sotto.

Camminando compostamente ed in silenzio, le otto persone scesero al piano inferiore e stazionarono nell’ingresso, accomodandosi sulle poltrone e sui divani.

MA= Io non vorrei essere il solito rompiballe guastafeste… ma siamo qui, praticamente isolati tra le colline di Tokyo, senza abiti di ricambio, cibo, acqua e senza tutto quello che potrebbe servirci in caso di emergenza… come intendiamo organizzarci?

JA= Ragazzo, questa villa è stata abitata fino ad un mese fa… e la Confraternita non ha mai fatto mancare nulla a coloro che si recavano qua… qualsiasi fosse la lunghezza del loro soggiorno, vi era sempre tutto il necessario. Vogliamo fare una prova?

MA= Ci sto… mi dica signora Bennett.

JA= Scommetto che se ora tu andassi in cucina, troveresti tutto il necessario per mangiare e per cucinare… stessa cosa se andassi in una delle camere e guardassi dentro gli armadi… ci sono decine e decine di abiti puliti,scarpe e quant’altro, sia per uomo che per donna.

MA= Essendo diffidente per natura…. andrò a controllare!

JA= Va pure Matt.

Il ragazzo si alzò ed andò, alla velocità del fulmine, prima in cucina e poi in una delle camere; quando tornò dagli altri, un sorriso a trentadue denti illuminava il suo bel volto.

JA= Allora?

MA= Signora Bennett, mi scuso profondamente per non aver creduto ciecamente alle sue parole… confermo tutto quello che ha detto.

Ad un tratto il portone della casa si aprì di colpo, lasciando entrare Mello; da sotto il cappuccio della felpa, ancora calato sul suo capo, il ragazzo riservò loro uno sguardo torvo, per poi accennare ad incamminarsi verso la scala.

MA= Ehi, Mel…

ME= Si?

MA= Com’è la situazione fuori?

ME= Uguale a quella con cui siamo partiti dalla città ed arrivati qui… cielo nero, lampi, nuvole rosse e uno sciame di shinigami allegramente svolazzante di qua e di là.

MA= Ok…

ME= (A CAROLINE) Dov’è la nostra camera?

Caroline si rincuorò leggermente… se per cercare la camera aveva utilizzato il termine “nostra” significava che, per quanto potesse essere infuriato con lei, c’era ancora un margine di recupero più ampio… se avesse detto “mia”, la situazione sarebbe stata un tantino più complessa.
Guardandolo dritto negli occhi, la ragazza si alzò per poi oltrepassarlo e fargli strada.

CA= Seguimi… così potrò cambiarmi anch’io. Sto cominciando ad odiare questo vestito e queste scarpe.

Mentre Caroline e Mello sparivano al piano di sopra, Halle si rivolse ad Audrey.

HA= Tesoro perché non vai a cercare Near? Forse sei la più adatta…

AU= Va bene… vado!


***


Una volta giunti nella loro stanza, dominata da un armadio, mobili a specchiera, comodini, una panca in stile barocco ed un grande letto a baldacchino, Mello si sedette sul limitare del letto mentre Caroline aprì le ante dell’armadio, alla ricerca di qualcosa da poter indossare e, soprattutto, calzare.
CA= (TRA SE E SE) Caspita, Matt aveva veramente ragione, c’è di tutto qua! Intimo, pantaloni, maglie, scarpe… sembra inverosimile… vabbè, a questo punto mi resta solo da scegliere!

Si distese sul letto, incrociando le braccia dietro la schiena e fissando le pieghe del sottile velo bianco del baldacchino sopra di sé; ma troppe domande gli si agitavano in petto, troppi interrogativi affollavano la sua mente… soprattutto uno che, meditato ed accresciuto in quella lunga ora passata poco prima in solitudine, martellava il suo cervello con insistenza esasperante.

Continuando a tenere lo sguardo fisso verso l’alto, si decise a parlare.

ME= Caroline.

Cercando nell’armadio, la ragazza gli rispose.

CA= Si?

ME= Posso farti una domanda?

CA= Già questa sembrava tutto fuorché una domanda che ne prelude un’altra…

ME= E’ importante.

CA= Si tratta di Near?

ME= No… si tratta di me. E di un giorno. Dove qualcosa che sembrava impossibile potesse accadere è accaduto.

Caroline intuì immediatamente quello che Mello voleva intendere e fermandosi di colpo, sollevando il viso, fu pervasa da un’ansiosa paura; cercando di assumere un tono ed un’espressione disinvolta, che non tradisse il suo stato d’animo, si voltò lentamente verso di lui, tiratosi su a sedere e completamente girato verso di lei.

CA= A cosa ti riferisci?

ME= Caroline non sei stupida… sai benissimo a cosa mi sto riferendo.

Così dicendo, estrasse dalla tasca dei pantaloni un rettangolo cartaceo che Caroline scoprì provenire da un quotidiano; istintivamente la ragazza posò gli abiti, andando poi in piedi davanti a lui, seduto sul letto.

ME= (LEGGENDO) “26 dicembre 2009. Alle ore 19:40 all’uscita ovest dell’autostrada per Nagano, è stato trovato il corpo senza vita della celebre conduttrice televisiva Kyiomi Takada. Il cadavere, quasi del tutto carbonizzato, è stato ritrovato all’interno di un camion parcheggiato dentro le rovine di una chiesa romanica; come per il corpo della vittima, anche il mezzo presentava tracce di incendio. Non è stato però rinvenuto alcun particolare od indizio che possa ricondurre agli autori del gesto; la polizia, con l’aiuto del magistrato Teru Mikami, ha aperto un fascicolo d’indagine.”


Terminato che ebbe di leggere, il ragazzo incatenò gli occhi della compagna ai suoi.

CA= Dove vuoi arrivare Mihael?

ME= Quel giorno, a quell’ora, su quell’autostrada e soprattutto in quel camion, avrebbero dovuto trovare due cadaveri, non uno… con Kyiomi Takada avrei dovuto esserci anch’io, morto e riverso al posto di guida. Perché non c’ero Caroline? Che cosa è successo?

CA= Sono arrivata in tempo per riuscire a salvarti. Tutto qui.

ME= Caroline, Takada aveva scritto il mio nome sul quaderno, la mia morte era certa come il sole che sorge ogni mattina… il Death Note è infallibile.

CA= Il quaderno lo è… gli uomini no .

ME= Ho sentito il mio cuore smettere di battere! Ho capito subito che stavo morendo! E poi, dopo chissà quanto tempo, riapro gli occhi e mi ritrovo vivo al tuo fianco… non solo io, ma anche Matt!

CA= Matt indossava due giubbotti antiproiettile…

ME= Quando ti vengono scaricati contro venti caricatori di pistola, per un totale di 120 pallottole, anche con due giubbotti antiproiettile è difficile sopravvivere!
Che cosa è successo Caroline? Che cosa hai fatto per far sì che due persone destinate a fine certa tornassero miracolosamente in vita? Rispondimi.

CA= La notte che abbiamo portato Audrey in ospedale, quando sono venuta a chiamarti per portarti da lei, mi hai preso le mani e hai detto: “Siano benedette queste mani… che mi hanno strappato alla morte.”  Da quel giorno io non ho fatto che chiedermi sempre la stessa cosa… se sapessi tutta la storia, se io ora ti dicessi la verità riguardo a quel giorno, adoreresti ancora queste mani, o le malediresti assieme al resto del mio corpo e di me stessa?

ME= Ci eravamo fatti una promessa… qualsiasi fosse, bella, brutta, terribile, straziante od anche ininfluente, ci saremmo sempre dovuti dire la verità…

CA= Si… certo. E tutt’ora mantengo la mia parola.

ME= Allora voglio la verità… e voglio sentirla da te, che sei la cosa più cara che ho al mondo.


Scacco matto.



Non poteva più nascondere nulla… quella sera avrebbe dovuto raccontare a Mello tutto quanto; chiuse gli occhi ed inspirò profondamente.

CA= Sin dal tuo agguato alla NHN, Halle mi ha tenuto informata di ogni tuo movimento, compresa la decisione di imboccare l’autostrada… quando il GPS del tuo furgone si è fermato, Halle ti ha raggiunto; dopo qualche minuto sono arrivata io, ma…

Dovette fermarsi un secondo; il groppo alla gola che le stava nascendo le impediva di parlare.

ME= Ma…?

CA=… ma quando sono arrivata era troppo tardi. Tu eri già morto.

Nel ricordare quegli eventi terribili, ancora nitidamente impressi nella sua memoria come su una pellicola fotografica, le si gonfiò il cuore di pianto. No… non poteva dirglielo, non poteva distruggerlo così… lo amava troppo per fargli una cosa del genere.

ME= Continua… non fermarti.

Richiuse gli occhi, e nel farlo una lacrima rotolò pigra sulla sua guancia; quando li riaprì, scintillavano come gemme.

CA= Sono arrivata ad incendio già divampato… le fiamme avevano avvolto il camion e la chiesa, sembrava impossibile avvicinarsi; ma io l’ho fatto… sono corsa da te, ho spalancato la portiera rovente e ti ho tirato fuori, portandoti in salvo dal fuoco. Eri freddo amore mio… gelido… le tue labbra erano esangui, i tuoi occhi avvolti da nere occhiaie; ma più di ogni altra cosa, non riuscivo a rassegnarmi a quella pelle così fredda, così rigida… non riuscivo ad unire quella glacialità al calore del tuo essere…

ME= Che cosa è successo dopo?

CA= Ti ho tenuto stretto a me… ho pianto, gridato il mio dolore… ti ho baciato, carezzato… e poi, ad un tratto, tutto è diventato buio… c ‘eravamo solo io e te.

ME= E?

CA= E poi… poi… NO, NON POSSO FARLO! NON POSSO DIRTELO, NE MORIRESTI!

Caroline cadde a terra in ginocchio, cominciando a piangere a dirotto e nascondendosi il viso tra le mani; Mello le fu subito accanto, genuflettendosi davanti a lei e prendendole le mani, per allontanargliele dal volto rigato di lacrime.

ME= Caroline ti prego… ti prego angelo mio…

CA= Se ti dirò tutto, non sarò più il tuo angelo, non sarò più niente per te! Mi odierai, mi rinnegherai ed il nostro amore finirà in cenere! Ed io non posso farlo, perché ti amo! Ti amo…ti amo…

ME= Non dirle neanche per scherzo queste cose… ti amerò per sempre, qualsiasi cosa succeda…

In preda al pianto più disperato, Caroline affondò le dita tra i capelli scotendo la testa in segno di diniego.

CA= No, non posso, non posso farlo!! Mello non chiedermi di andare avanti, ti prego!
Il rimorso per avertelo detto, mi divorerà per tutta la vita!

A quelle parole, Mello l’afferrò energicamente per le spalle, costringendola a guardarlo in viso.

ME= Perché parli di rimorso Caroline?! Che cosa è successo!?!?!!!! DIMMELO! DEVI DIRMELO!


Era arrivato il momento…. non poteva più scappare. La clessidra del suo indugio si era spezzata, poteva avvertire la sabbia iridescente scivolare via dal suo corpo.

Smettendo di piangere e guardandolo negli occhi, Caroline parlò.

CA= Io ti ho riportato in vita… e per farlo, ho stretto un patto con la Morte.

ME= Tu… cosa?

CA= Quando eri tra le mie braccia, l’angelo della Morte mi è apparso… e mi ha offerto la possibilità di riportarti in vita…in cambio della mia anima.

ME= Tu stai… scherzando, vero?

CA= No…
Le mani di Mello scivolarono via dalle spalle di Caroline; mentre il ragazzo si alzava lentamente in piedi osservandola con occhi tra l’inorridito e lo sconvolto, lei rimase inginocchiata a terra in silenzio, le mani in grembo e lo sguardo a terra.

ME= No… tu non… non puoi aver fatto una cosa del genere…. no…

CA= E’ la verità Mihael… mi dispiace.

ME= Perché…? Perché l’hai fatto…?

CA= Perché ti amo…

Mello cominciò a camminare lentamente per la stanza, una mano sul fianco e l’altra a tenersi la fronte, contemporaneamente Caroline si era alzata in piedi; con le braccia lungo i fianchi, in silenzio e con la testa china incapace di incontrare lo sguardo del ragazzo, assomigliava ad una bimba in castigo.

ME= (TRA SE E SE) Cristo… non è possibile, non può essere vero… no, no, no… PORCA PUTTANA!

A quell’esclamazione di furia, Mello tirò un terribile calcio al piccolo sgabello ligneo posto davanti alla toletta; dopodiché si rivolse alla compagna.

ME= COME HAI POTUTO FARE UNA COSA DEL GENERE?!?! DIMMELO, PERCHE’ NON RIESCO A TROVARE NIENTE DI MINIMAMENTE PLAUSIBILE PER GIUSTIFICARE QUESTO GESTO!

CA= L’ho fatto perché ti amo! Ti avevo appena ritrovato, ero felice e non sarei riuscita a sopportare una vita intera senza di te!

ME= L’AVEVI GIA’ FATTO! PER TUTTO IL PERIODO CHE SIAMO STATI DIVISI TI SEI SVAGATA PER BENE!

CA= Ma sapevo che eri vivo! Sapevo che, anche se non ti vedevo, eri là fuori da qualche parte! Questa volta avevo la certezza, la prova tangibile che non saresti mai tornato!

ME= QUESTO NON TI GIUSTIFICA!

CA= IO TI HO VISTO MORTO MELLO! STRINGEVO IL TUO CADAVERE, BACIAVO LA TUA FRONTE GELIDA! COME PENSI MI SAREI DOVUTA COMPORTARE?!

ME= DI CERTO NON COSI’!!! CRISTO CAROLINE, A VOLTE SEI DIABOLICA!!

CA= Che… intendi dire?

ME= HAI UN PASSATO ALLE SPALLE TUTT’ALTRO CHE NORMALE, UN FUTURO CHE SICURAMENTE LO SARA’ ANCORA MENO!!! UNA FAMIGLIA DI CUI NON SAI NEMMENO TU TUTTA LA VERITA’ ED UNA MALATTIA DEGENERATIVA COME LA TUBERCOLOSI CHE, IN QUESTO MOMENTO, MI SEMBRA TUTTO TRANNE CHE SOTTO CONTROLLO!!

CA= CHE COSA CENTRA TUTTO QUESTO?!

ME= CENTRA PERCHE’ SE PRIMA, CON LA MALATTIA, AVEVAMO LA SPERANZA CHE POTESSI SALVARTI, CON QUESTO PATTO TI SEI CONDANNATA A MORTE TU STESSA!!!

CA= COSA AVREI DOVUTO FARE, LASCIARTI MORIRE?!

ME= SI! PERCHE’ QUEL DANNATO GIORNO IO SAREI DOVUTO MORIRE E NE’ TU NE’ TUTTI I SANTI DEL PARADISO AVREBBERO DOVUTO METTERCI MANO!

CA= Tu stai delirando…

ME= CAROLINE TU MI HAI FATTO TORNARE DALL’INFERNO PER GETTARMI IN UNO ANCORA PIU’ PROFONDO DEL PRIMO!

A quelle parole la donna si raggelò; di tutte le cose che si era preparata a sentire, questa era l’unica che non si aspettava di ricevere. Avere la consapevolezza che Mello considerasse quello che lei aveva fatto per lui, l’anima che aveva sacrificato per la sua vita, niente di più di una maledizione…. la uccideva.

Rimasero a debita distanza, in piedi, occhi negli occhi, anima a scrutare anima, in completo silenzio… il petto di Mello si alzava e si abbassava in una furia ritmica, i due turchesi fiammanti quasi a voler avvolgere la figura della compagna in lingue ardenti; ad un tratto però, Caroline si mosse verso la porta… appena lo oltrepassò, lui l’afferrò per il braccio fermandola di scatto. La sua voce era dura e pareva non disposta ad ammettere repliche.

ME= Dove vai?

CA= Esco.

ME= Non fare la bambina, è gennaio e siamo in collina.

CA= Meglio. Ora lasciami, non vorrai che la tua coscienza si macchi stando vicino a questa stupida, innamorata, maledetta donna…

Con uno strattone si liberò dalla presa di Mello ed uscì, sbattendo dietro di sé la porta; quasi con le lacrime agli occhi scese le scale, aprì il portone ed uscì nella fredda sera.

L’aria gelida l’accolse mentre passeggiava per il giardino illuminato da fiaccole e candele a terra.


***

Sono io
io son di tutti voi

Sono io la morte e porto corona,
io Son di tutti voi signora e padrona
e così sono crudele, così forte sono e dura
che non mi fermeranno le tue mura...

Sono io la morte e porto corona,
io son di tutti voi signora e padrona
e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare
e dell'oscura morte al passo andare…

Sei l'ospite d'onore del ballo che per te suoniamo,
posa la falce e danza tondo a tondo
il giro di una danza e poi un altro ancora
e tu del tempo non sei più signora.

Ballo in Fa Diesis Minore
Angelo Branduardi



***


Da quanto tempo era lì? Da quanto tempo stava camminando senza sosta per il rigoglioso prato della villa? Non lo avrebbe saputo dire… così come non avrebbe saputo dire ciò che in quel momento attraversava il suo cuore.

Sentiva il ghiaino crepitare leggermente sotto i suoi passi… ma era il crepitio dei sassi o del suo cuore che andava sfagliandosi?... percepiva ogni cosa: il vento gelido attorno a se, il fuoco delle candele ardere, l’erba verde piegata dalle folate…. ma dentro di lei sentiva il ghiaccio… il bruciante ghiaccio della delusione, della sofferenza…dell’amore che ora le sembrava un fallace sogno non corrisposto.

“Voi mortali… che credete nell’illusione dell’amore senza rendervi conto di che effimera chimera state inseguendo…”

Le parole della Morte risuonarono nella sua testa come un trillo infernale mentre, quasi senza accorgersene, arrivò al punto più alto del parco, da cui Tokyo era visibile in ogni suo angolo; sotto quel cielo nero e quelle nubi sanguigne, tagliate talvolta da abbacinanti lampi, pareva una città in procinto di guerra, un mostro feroce al momento dormiente.
Sedendosi sulla piccola panca in pietra ed osservando il panorama sotto di sé, notò che gli shinigami erano scomparsi, forse insoddisfatti del cacciare esseri umani inermi, troppo terrorizzati per poter dare loro qualche divertimento; nel pensiero di quante vite umane erano state interrotte quel giorno, di quanti corpi che forse giacevano ancora per le strade, un brivido di freddo misto a terrore la pervase.

“Copriti… prenderai freddo.”

Caroline si voltò e vide sua madre in piedi dietro di lei, nell’atto di metterle sulle spalle un grosso scialle di lana nera; rinfrancata dal tepore, se lo strinse addosso un po’ di più, mentre Janice si sedette accanto a lei.

CA= Grazie… ma non dovresti essere dentro? Sono le nove di sera…

JA= Sarà la stanchezza o la paura, ma la fame sembra essere sparita a tutti… in compenso Matt dorme già come un ghiro!

CA= Povero Matt…  Audrey ha trovato Near?

JA= Si, non preoccuparti… l’ha portato in casa.

CA= Bene…

JA= L’ha presa male eh?

CA= Chi?

JA= Mello… il fatto che Near si trovi sotto il suo stesso tetto.

CA= Diciamo che non gli ha fatto molto piacere…

JA= Sbaglio o c’è della rivalità tra loro?

CA= Non da parte di Near… Mello ha sempre avuto dell’acredine nei suoi confronti … sin dalla Wammy’s House.

JA= Vengono dallo stesso orfanotrofio?

CA= Si… Mello è più grande di due anni; anche Matt è vissuto nello stesso istituto.

JA= Poveri ragazzi…

CA= Io non so cosa devo fare… a volte mi sembra di conoscerlo come me stessa, a volte ho uno sconosciuto davanti ai miei occhi…

JA= Voi vi amate… è solo questo quello che conta…l’amore è turbini, tempeste e paradiso…

Guardando davanti a sé, Caroline rispose con voce flebile.

CA= Sai, sin da piccolina mi sono sempre chiesta perché in inglese, “innamorarsi” si dica “fall in love”… “cadere in amore”.

JA= Perché cadi nella sua prigione dorata… ti lasci andare, senza freni, senza inibizioni… cadi nella sua magia…

CA= No… cadi in un baratro buio e profondo, e ti fai male… precipiti verso il basso, vieni inghiottita dall’oscurità… e non ne riesci più.

JA= Figlia mia… come puoi essere così cinica a ventidue anni? Alla tua età si dovrebbe piangere solo al vedere una rosa appassire…

CA= Mamma… io ho ventidue anni, in soli tre mesi ho visto morire Rachel… ho scoperto cose che nemmeno immaginavo su di me e sulla nostra famiglia, so di appartenere ad un mondo tutt’altro che ordinario…

JA=…hai contratto la tubercolosi e stretto un patto con la morte per salvare l’uomo che ami.

Caroline spalancò gli occhi, incredula.

CA= Tu… tu lo sai??!!?!

JA= So molte cose… alcune che nemmeno immagini e che presto scoprirai da sola…

CA= Bene….

JA= Ho cercato di farlo anch’io…

CA= Cosa?

JA= Il patto… per salvare tuo padre dal tumore… ma la mia richiesta non è stata ascoltata. Non sai quanto mi manca, Linne… non sai quanto ancora lo amo… a volte prego di andare in cielo il più presto possibile solo per poterlo rivedere…

La madre tenne gli occhi bassi, mentre Caroline le rispondeva.

CA= Ho cominciato a leggere i suoi diari… ti ha amato sin dal primo giorno che ti ha vista, ti ha sposato, ha avuto due figlie da te… ed era innamorato fino all’ultima ora che gli restava da vivere… la vostra è stata la storia d’amore perfetta… quella che io non potrò mai avere.

Quando la guardò in viso, gli occhi di Janice erano lucidi.

JA= Caroline… ho commesso molti sbagli, alcuni imperdonabili,con te… ma tu sei mia figlia… l’unica che mi resta, e volendo odiarmi mi fai soffrire ancor più se ti sapessi morta.

CA= Mamma….

Accadde tutto in un attimo…. un abbraccio, un sentimento ritrovato, lacrime mescolate alle altre; stettero abbracciate per lunghi attimi, mentre il vento attorno a loro ululava ed una pioggerellina fine stava cominciando a cadere.

CA= Quanto tempo abbiamo perso…

JA= Non è ancora del tutto perduto… abbiamo tanti altri giorni davanti. Mi sei mancata Caroline…

CA= Anche tu mi sei mancata mamma….

JA= Prometto che questa volta non me ne andrò, non ti lascerò da sola… ti aiuterò, sia con la malattia, che con la Confraternita; avevi ragione… tu non sei Nimue… sei Caroline… sei mia figlia.

Sorridendosi, guardarono poi all’unisono il cielo.

JA= Credo sia meglio rientrare… sta cominciando a piovere..

CA= Va pure avanti… io ti raggiungo tra poco.

Per istinto di madre, che dona ad una donna l’onniscenza dell’amore filiale, Janice capì subito il senso delle parole di Caroline.

JA= Sin da bambina hai sempre amato la pioggia… quando pioveva stavi ore e ore sotto l’acqua a giocare…

Rispondendole con un leggero sorriso Caroline la vide avviarsi al portone, mentre la pioggia cominciava a scendere più fitta; liberando le spalle dallo scialle, si alzò in piedi ed alzando il viso verso il cielo, rimase sotto l’acqua immobile, le braccia allargate e gli occhi chiuse. Avvertiva le gelide gocce di cristallo cadere vellutate sulla sua pelle, sui suoi palmi, scivolare sul suo viso e sul suo collo, provocarle brividi leggeri, irrorarle i capelli e gli abiti.

Rimase lì per un tempo illimitato, in armonia con la terra ed il cielo, quasi sospesa in una dimensione astratta… poi, si decise a tornare in casa.


***


Era rimasto seduto su quel letto a gambe incrociate ed a guardare il vuoto da quando era uscita dalla stanza. La sua mente, in antitesi all’immobilità corporea, era un turbinio di pensieri inframmezzati ad immagini sconnesse… stava ripensando ai suoi giorni dopo che Caroline l’aveva riportato in vita, rivivendo ogni singola sensazione nella sua devastante intensità; riusciva ad avvertire il calore dell’incendio divampato, il gelo che l’aveva pervaso mentre stava morendo… e la luce bianca, pura e brillante che aveva contemplato per un brevissimo istante prima di tornare alla realtà.

Poi, ad un tratto, la porta  si aprì lentamente… e la vide entrare. Intrisa d’acqua, pallida, fresca, sembrava quasi un’entità magica dei boschi; lo guardò per un attimo senza rivolgergli la parola e poi si diresse in bagno, dove afferrò un asciugamano.
Tornata nella stanza principale, continuò ad asciugarsi senza neanche degnarlo di uno sguardo o di una parola, scossa talvolta da qualche piccolo brivido che le accapponava leggermente la pelle.

Ad un tratto, in perfetto silenzio, Mello si alzò e le andò di fronte; prese delicatamente l’asciugamano dalle sue mani e cominciò ad asciugarla lui stesso. Passò un lembo dell’oggetto sulla sua fronte, sugli zigomi e sulle guance…andò al collo, alle clavicole
ed all’incavo dei seni lasciato scoperto dalla maglia. Dolcemente, la spogliò della giacca e della maglia sentendo sotto le proprie dita l’incarnato di lei reso freddo dall’acqua e riprese ad asciugarla sulle braccia e sul ventre; ad un tratto le andò dietro la schiena per toglierle l’acqua di dosso, e nel mentre dell’azione posò le labbra sulla pelle tra le scapole, mentre le mani andavano ad accarezzarle  i fianchi.

Mello, ancora dietro di lei e con le mani sui suoi fianchi, si inginocchiò a terra per poi voltarla verso di lui. Le tolse le scarpe, la spogliò dei pantaloni e dopo averla asciugata, si soffermò a guardarla… era inginocchiato davanti a lei come un fedele in adorazione del suo santo protettore, inginocchiato davanti ad una donna che seppur in intimo ed inerme, lo metteva più in soggezione di qualsiasi guerriero.

Risalendo,con le labbra e con le mani, il ginocchio e la coscia femminile, arrivò poi al ventre piatto, appena mosso dal respiro di lei e riscaldato dal suo fiato, dove vi posò la fronte; le sue mani andarono a ghermire i fianchi di Caroline, rimasta immobile e in silenzio per tutto quel tempo.

ME= Perdonami… perdonami, ti prego…

Un detto popolare, chissà quanto credibile, afferma che se la parola è d’argento, il silenzio è oro puro… ciò che può comunicare un gesto, uno sguardo a volte non ha bisogno delle parole per essere intensificato, di nessun giuramento verbale per essere reso più vero.

Caroline infatti non parlò… ma si limitò a prendere il mento di Mello tra le dita e rivolgerlo lentamente verso il suo viso; quasi a voler prevenire ogni eventuale discorso, pose il pollice sulle sue labbra, mentre lo faceva alzare ed arrivare ad incatenare i suoi occhi con i propri… e poi, nel morbido silenzio che li avvolgeva, lo baciò.


***
E nonostante tutto credo, talvolta:
se si può perire di felicità, ciò deve capitare a me.
E se uno destinato a morire può ritornare in vita grazie alla felicità,
io rimarrò in vita.

Franz Kafka
“Lettere a Milena”








  
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