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Autore: ephemere    24/08/2011    1 recensioni
Oh baby U make me cry yeah
Oh baby U make me cry yeah
Oh baby just tell me why yeah
Oh baby U make me cry yeah

Cry-Mblaq
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2.
 

 

I don’t make me cry (don’t make me cry)
Nunmuri apeul garyeo bol su eopsjanha
Sumi makhyeo ni ireumeul oechyeodo (Oh)
Neon deulliji anhnabwa nan deoisang
Mot chamgesseo I need you in my life
I nunmuri kkeutil su issge nareul gamssa anajullae
 
[I don’t make me cry (Don’t make me cry)
The tears block the front I can’t see
My breath is stuck even though I call your name (Oh)
You don’t seem to be able to hear me anymore
I can’t hold it in I need you in my life
Can you hug me so that these tears will stop]

 
Cry- MBLAQ
 

 
 
 
« La volevo gentilmente informare che sto tornando da Tokyo, tra un po’ saliamo sull’aereo! »
Saltò dal letto come se una scossa elettrica le avesse attraversato per intero il corpo e una vocina stridula dentro la sua testa che ripeteva Torna Joonie, torna Joonie!, aveva giusto voglia di vederlo e di riabbracciarlo. Era da troppo che non passavano un po’ di tempo assieme e sperava proprio che riuscisse a trovare anche soli due minuti per poterglieli dedicare.
« Contenta?»
« Ultra contenta! Non vedo l’ora di abbracciarti in stile Orso Bear!»
Sentì la sua risata attraverso l’altoparlante del telefono e si mise a ridere anche lei. Era contenta, dopo qualche ora sarebbe andata da Minjong e presto avrebbe riabbracciato il suo Chang-seon. Non chiedeva altro.
« Ora devo andare, ci sentiamo appena arrivo a Seoul! Un bacio.»
« Sì! Ci sentiamo dopo, un bacio anche a te!»
Quel sorriso che le si stampò sul viso fu difficile farlo andare via, sembrava quasi un sorriso da ebete. Quando finalmente si decise ad alzarsi, cominciò a cercare i vestiti da mettere quella sera per andare a casa di Minjong per poi andarsi a preparare. Era gasatissima, non vedeva l’ora. La sua vita, in quel momento, andava più che bene.
 
Uscì di casa che ancora i suoi genitori non erano tornati da lavoro. Tanto meglio: non avrebbe dovuto rispondere alle pressanti domande di suo padre che voleva sapere dove, come, quando, con chi, cosa doveva andare e fare. Li avrebbe chiamati più tardi dicendogli che era da un’amica, sarebbe stato più facile mentire via telefono che di presenza. Poi, dire che stava andando da un’amica non era poi tanto una bugia in fondo, molto in fondo.
Arrivò al luogo dell’incontro velocemente con impazienza e quando intravide la figura di Minjong cominciò a correre per poi saltare addosso all’amante, perdendo entrambi l’equilibrio per qualche attimo.
« Ehi, Jiyon, sta attenta! » sbuffò ridendo.
« Min, mi sei mancata! »
« Sì, anche tu. » rispose l’altra sovrappensiero.
Jiyon non fece molto caso al poco pathos con cui l’altra le avesse risposto e, prendendosi per mano cominciarono a camminare verso casa di Minjong.
 
La serata trascorse placida, nella serenità assoluta della casa della più grande. Stavano sedute sul divano, Jiyon con la testa poggiata sul ventre dell’altra, mentre si coccolavano teneramente. Jiyon non avrebbe mai voluto cambiare nemmeno una virgola di quel suo rapporto con Minjong, non avevano mai litigato seriamente, andavano d’accordo su tutto e per molte cose avevano gli stessi gusti. Il loro solo ostacolo erano i genitori della più piccola: oltre al problema dell’età, vi era il problema dell’omosessualità. Non sapeva come avrebbero potuto reagire i suoi genitori, non avevano mai preso il discorso nemmeno in generale. Eppure non se ne curava più di tanto, in quel momento la cosa andava bene entrambe.
« Jiyon?» Minjong fermò le mani che con delicatezza accarezzavano i capelli dell’altra che si girò per guardarla in viso.
« Dimmi.»
Le rispose con un sorriso smagliante, stava bene in quel momento, tra le sue braccia e la sua dolcezza, ignara di ciò che le passava per la testa.
« Forse è meglio se ci lasciamo.»
L’atmosfera si raggelò in men che non si dica. Il sorriso dalle labbra di Jiyon svanì immediatamente, incredula non voleva pensare che l’altra parlasse seriamente di lasciarla. Una risata nervosa risuonò nel suo petto. No, non poteva crederci.
« Dai, Min! Non scherzare!»
Quella risata le morì subito in gola quando notò l’espressione. No, non poteva crederci. Le era impossibile credere che tutto quello che sentiva e che pensava fin a quel momento del loro rapporto fosse solo un cumulo di nulla. Non poteva crederci. Il mondo cominciò a sgretolarsi sotto i suoi piedi.
« Jiyon, non sto scherzando. Credo veramente che dovremmo farla finita qui.»
« Ma perché?» le lacrime cominciarono a rigarle il viso senza che se ne rendesse conto. Un punto fermo della sua esistenza stava scivolando via velocemente, rompendosi in mille pezzi, facendola sentire come se la sua esistenza fino a quel momento fosse stata solo una bugia.
 
Un lungo silenzio cominciò a squarciare il suo cuore ancor prima di sentire la risposta alla sua domanda.
« Non ti amo più.»
Quelle piccole lacrime diventarono immediatamente un fiume in piena, come se fosse il suo cuore stesso a lacrimare.
Non ti amo più.
 
Quelle parole continuarono a girarle per la testa per molto tempo ancora. Aveva lasciato casa di Minjong immediatamente, non riuscendo a sopportare il suo viso e la possibilità che le dicesse ancora altro. Aveva qualcun’altra? L’aveva tradita? O forse era semplicemente stufa di stare con una bambina come lei? Quei pensieri le vagavano per la mente allo stesso modo con cui lei stava vagando per le vie della città cercando di smettere di piangere e di poter raggiungere casa sua.
 
Quando varcò la porta di casa notò un borsone messo accanto alla porta d’ingresso. Era senza senso quell’oggetto messo là: nessuno doveva partire. Eppure lasciò perdere e si avviò verso la sua stanza ignorando i suoi che l’attendevano in cucina. Non le andava di vederli, avrebbe detto a sua madre di non voler cenare perché aveva avuto una giornata faticosa e si sentiva molto stanca. Il suo cammino venne interrotto immediatamente dalla voce di suo padre.
« Jiyon! Dove stai andando?»
Voltandosi notò l’espressione iraconda di suo padre. Cosa era successo? Perché era così arrabbiato?
« Il tuo posto non è più in questa casa! Vattene!»
Non poteva credere alle sue orecchie: suo padre la stava mandando via di casa? Per quale motivo?
La sua mente già troppo confusa per gli avvenimenti di qualche ancora prima andò ancor più nel pallone in cerca di altre nuove risposte.
Restò immobile di fronte a suo padre e notò che dietro di lui c’era sua madre che piangeva sommessamente.



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Olè, nuovo capitolo finalmente. Ecco la prima cosa svelata. Minjong non è proprio un nome maschile!
Cosa sarà capitato con suo padre?
Prossimamente su questo scherzo! 
   
 
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