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Autore: stumpy    24/08/2011    1 recensioni
Prefazione
La natura crea esseri perfetti, nella loro imperfezione. Preziose macchine, complicati involucri studiati per ospitare le anime. Tutti completamente diversi, ognuno con le sue particolarità, con i suoi tratti distintivi: unici nella loro peculiarità, come uniche sono le anime con le quali li riempie.
A volte, però, decide di duplicare una particolare macchina, di scinderla, pur mantenendo la sua completezza.
Due corpi esattamente identici, se non per qualche minimo particolare, che, però, ospiteranno due anime completamente distinte, nella maggior parte dei casi, ma, a volte, addirittura opposte. Il bianco e il nero, il tutto e il nulla, la bontà e la crudeltà, l'amore e l'odio...
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun libro/film
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different brothers








Prologo



Ho tra le mani un vecchio libro dalle  pagine ingiallite. Non vi sono dei caratteri stampati, ma una scrittura precisa, piccola e elegante.
Su una pagina c’è il mio nome.
Alexander.
Un nome antico quasi quanto lo sono io.
Un nome che racchiude vecchie usanze, tradizioni. Un nome che non uso da tempo, un nome che nessuno pronuncia più.
Ora sono Alex.
Uso un nome più moderno, ma io sono sempre io.
Nell’aspetto giovane, nell’anima vecchio.
Imprigionato in un corpo che non mi rappresenta, costretto a cambiare luogo quando le persone iniziano a dubitare della mia natura.

Vedo la mia immagine riflessa allo specchio, identica da secoli. I capelli rossicci e perennemente spettinati, occhi neri, come la pece, con una sfumatura rossiccia, le labbra piccole e sollevate in un sorriso sghembo, il mio marchio di fabbrica.
Apro la porta, prendo uno zaino e mi avvio come ogni giorno verso il mondo pronto a recitare la mia parte, a trascorrere ore in quel luogo, che è il mio inferno: la scuola.
Al mio arrivo tutti si voltano osservandomi. E’ questo l’effetto che faccio alle mie prede, mi impongo di non pensare a quei ragazzi come a semplici spuntini, eppure non ho fatto altro per un secolo.
Si può cambiare ciò che si è? Si può reprimere la propria natura e il proprio essere?
No, non si può.
Eppure testardo come sono tento, già consapevole che non resisterò molto.
Sguardi sorpresi e stupiti si posano sulla mia persona, pensieri scorrono veloci e mille aggettivi sorgono ad etichettarmi, ma nessuno di essi mi rappresenta.
 
“Ciao sono Alyssia” una ragazza biondina e magrolina- troppo comune per suscitare la mia attenzione- mi si avvicina facendosi coraggio.
Sento la sua paura nell’aria e i suoi dubbi.
“Alex” rispondo calmo guardando altrove e cercando con lo sguardo qualcosa di interessante. Tuttavia questa è solo una piccola cittadina con un normalissimo liceo americano dove i giocatori della squadra di football prendono in giro il secchione di turno, i nerd si tengono ad estrema distanza da tutti, gli emo vestiti perennemente di nero assumono la loro espressione preferita da addolorati e tristi, come se non aspettassero altro che la morte… forse potrei aiutarli.
“ Sei nuovo?” mi chiede Alyssia balbettando. Una folata di vento mi fa giungere il suo odore risvegliando il mostro che è in me. La guardo lei appare contenta di aver finalmente suscitato la mia attenzione, ma non ha mai sbagliato così tanto.
“Si ma non per molto” rispondo mentre mille idee si susseguono nella mia mente.
Mi guarda stupita, gli occhi sbarrati e le mani che nervose giocano tra di loro. Dalla sua faccia e dai suoi pensieri capisco che non ha compreso le mie parole.
Sono sicuro che presto capirai piccola.
“ Ci vediamo alla prima ora in palestra” dico velocemente prima di avviarmi lì.




Pigramente mi guardo intorno. Il locale è poco illuminato, sporco e sudicio. Sulla destra vi sono degli oggetti ginnici vecchi di decenni, sulla sinistra piccoli tappetini da yoga raccatati l’uno sull’altro. Alle estremità due canastri dall’aria mal ridotta.
Questo posto avrebbe proprio bisogno di una sistemata.

La porta si apre, catturando immediatamente la mia attenzione.
Il terribile odore stagnante di questa palestra provinciale, viene sopperito da un odore celestiale.
Inspiro godendomi quel momento.
Lei, la mia preda, esitante mi raggiunge.
Ha paura, lo sento dai suoi pensieri. Dall’odore che emana il suo corpo e dai suoi passi sempre più incerti. Eppure richiamata dal mio aspetto non ha saputo resistere.
Mi avvicino lentamente a lei. Che ora si arresta, ogni parte del suo corpo le sta urlando di fuggire, si guarda intorno disorientata, come se solo ora si rendesse conto di essere dentro una palestra deserta con uno sconosciuto.
Mi fissa con uno sguardo implorante, non sa cosa succederà ma per istinto ha intuito che non sarà nulla di piacevole. Distoglie lo sguardo ed inizia ad indietreggiare mentre io lento e felino mi avvicino a lei. Si morde le labbra, apre la bocca come se volesse parlare, ma poi preferisce tacere, e anch’io preferisco che lei stia zitta, che questo momento non venga rovinato da nessuna voce di supplica.
Osservo la sua giugulare. Quella piccola vena che pompa; è come una droga per me. Mi incanto ad osservarla un attimo.
Il mio corpo si prepara a quello che sta per accadere, il veleno irrompe nella mia bocca, mentre i canini aumentano le loro dimensioni. I muscoli si tendono pronti a scattare.
In un attimo copro la distanza che ci separava e mi getto sulla sua gola.
Lei tenta di urlare ma una mia mano le copre la bocca, nessuno la sentirebbe ma è meglio non rischiare. I suoi pensieri urlano aiuto, ma nessuno potrà soccorrerla. Con la mano sposto il suo viso lateralmente in modo che il collo sia facilmente accessibile. Lei trema per la paura e per la scomoda posizione a cui la costringo. Con il pollice della mano che ho occupato a tapparle la bocca le faccio una rapida carezza. “Finirà presto” le prometto, ed avvicino le labbra alla sua gola.
Appena assaporo la prima goccia di sangue una frenesia si impossessa di me e mi spinge a volerne e  desiderarne sempre di più.
Nel giro di pochi minuti ho finito.
Getto il corpo della mia ormai ex preda lontano. Lo osservo un attimo, gli arti scomposti gli occhi vitrei e quell' immobilità innaturale.
Osservare il suo cadavere dovrebbe farmi provare qualcosa, ma io so quel che sono: un vampiro. Questa è la mia natura e questo sarò per sempre. Non c’è spazio per i rimpianti e i rimorsi, il destino ha scelto per me, o anzi meglio direi che è stato Carlisle a darmi questa vita.

Lo squillo di un telefono mi accompagna mentre risalgo in auto.
“Edward” mormoro rispondendo al mio interlocutore.
“Cosa hai fatto?” urla.
“Nulla” rispondo atono “ A ti riferisci al mio spuntino per caso?”
Sento il suo ringhio attraverso la cornetta.
 “Sei un mostro” sbraita.
“Grazie fratellino” ghigno.
“Alex era  una ragazza!!! Non pensi alla sua famiglia a…”
Ecco che ricomincia la sua paternale.
Riattacco il telefono stufato, possibile che sia mio fratello e per di più anche gemello? Siamo come i lati opposti di una medaglia.Lui è quello buono che tenta di soffocare la sua natura, che si è sposato un’umana e conduce una vita noiosa insieme a quegli altri vampiri vegetariani- una smorfia si dipinge sul mio viso a quella parola- Bleah. Io invece sono il cattivo o almeno mi considerano tale solo perché vivo la mia natura, non mi faccio problemi e paranoie.
Guido pensando a quale potrebbe essere la mia prossima destinazione, dato che la mia recita è già finita.
Dovrò trovarmi di nuovo una casa, odio stare nella foresta, non poter vedere la tv. Amo il confort.
Il cellulare squilla di nuovo, questa volta è però un messaggio.

-Ti aspetto a Forks, ti devo parlare. Edward.-

Forks, ecco la mia prossima meta.






Da tempo pensavo a questa storia ma non avevo il coraggio di pubblicarla, oggi ho deciso di farlo spronata da un amico; in fondo è meglio rischiare che non provarci pensando di sbagliare, no? Ora mi affido a voi, attendo le vostre opinioni sia positive che negative, consigli, tiratine d'orecchi e anche qualche vattene-a-pescare-.
stumpy.

  
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