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Autore: Vitriolic Sheol    24/08/2011    1 recensioni
Tutti noi cerchiamo un porto sicuro nella tempesta... un amico, un amante, la nostra famiglia... ma cosa succede se è proprio la nostra famiglia la causa della tempesta? In una Tokyo terrorizzata dal fenomeno Kira, la vita di una giovane psicologa si intreccia a mille altre, trovando terrore, odio, amore, passione e gelosia.... prima long fic su Death Note, vi prego recensite!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 26
Legge Umana e Legge Divina




Il temporale… l’aveva svegliata la pioggia con il suo impertinente scrosciare sul vetro della finestra, interrompendo il suo placido vagare nelle acque buie del sonno. Si alzò lentamente, sentendo il parquet gemere sommessamente sotto i suoi piedi nudi e si diresse verso la finestra, illuminata dalla luce lunare resa quasi argento liquido dalla precipitazione.

La casa era avvolta dal silenzio che il sonno porta con sé, dalla tranquilla dolcezza con cui i sogni ammantano le case… dopo quello che era successo, era il primo sonno tranquillo che era riuscita ad avere; ma ormai quasi completamente sveglia, decise di scendere in cucina per farsi un the, una camomilla o qualsiasi cosa il convento passasse.
Prima di uscire, si diede un’occhiata allo specchio: canottiera bianca e pantaloni morbidi grigi… si, poteva andare.

Dopo cinque anni passati a danzare brani di Chopin, Schumann, Mozart e tanti altri, la delicatezza e la lievità erano ormai insite nei suoi movimenti come fossero parte di un innato patrimonio genetico; scese lentamente le scale, dove Janice aveva lasciato le abat-jour accese, quasi avesse previsto qualche passeggiata notturna, meravigliandosi del calore che la villa aveva acquistato dopo sole poche ore di abitazione. Arrivata all’ingresso, girò a destra dirigendosi verso la porta in laccato legno bianco che dava sulla cucina; accendendo l’interruttore, scoprì attorno a se una splendida cucina in legno trattato allo stesso modo della porta, con suppellettili in ceramica, strumenti per preparare da mangiare, pentole in lucido rame attaccate ad una parete ed una grande finestra a vetrata vittoriana dai rinforzi in legno bianco.

Andando davanti ai fornelli si tese verso l’alto per cercare di prendere una piccola cuccuma in cui poter bollire l’acqua per il the; quando riuscì a prenderla, ed accese il fornello sotto di essa, andò poi alla ricerca di una tazza e dello zucchero.

“La tazza è nella vetrinetta della piattaia, lo zucchero nel mobiletto in alto a destra, assieme al caffè ed ai filtri del the…”

Ritto in piedi sulla soglia della cucina, Near la osservava da chissà quanto… non aveva perso nessun suo movimento, stupendosi di quanto il più piccolo gesto quotidiano potesse diventare meraviglioso se fatto dalla persona giusta. La scattante agilità delle sue mani simili a libellule guizzanti, i suoi lunghi capelli castano biondi fluttuanti come onde… e quegli occhi, simili alla giada per purezza e colore, lo frastornavano.

Audrey gli sorrise… nessuno, a parte Caroline, gli aveva mai regalato un sorriso, si era quasi dimenticato cosa si provasse a riceverne uno; ma nel rimembrare il nome della ragazza, non poté non notare quanto Audrey le somigliasse fisicamente.
Audrey gli faceva intuire quali potessero essere state le fattezze di Caroline a diciasette anni.

AU= Ciao… anche tu non riesci a dormire?

NE= Sono poche le volte in cui riesco a dormire…

AU= Intendi dire che non dormi mai?

NE= Mi capita raramente… la mia mente è più attiva durante la notte.

AU= Accidenti… ti va una tazza di the?

NE= No, grazie… anzi, forse è meglio che torni in camera mia…

Si voltò per andarsene, ma solo due passi dopo, la voce di Audrey lo costrinse a fermarsi.

AU= Perché non mi fai compagnia?

Voltandosi lentamente e guardandola con occhi basiti, Near non riuscì a credere che quelle parole fossero uscite dalla sua bocca e che fossero veramente dirette a lui.

NE= Io? Farti compagnia?

AU= (RIDENDO) Si… perché, ho detto una cosa così assurda?

NE= Tutti dicono che non sono proprio la persona più adatta a fare compagnia…

AU= A me non interessa cosa dicono gli altri… e poi non posso mica andare a svegliare qualcuno alle tre e un quarto di notte! Avanti… siediti qua con me… :)

NE= (TORNANDO INDIETRO) Va bene… ma occhio all’acqua, sta bollendo…

Ridendo, Audrey spense il fuoco da sotto il pentolino e si preparò il the… dopodiché si sedette al piccolo tavolo, davanti a Near, soffiando delicata sulla bevanda fumante.

AU= Sicuro che non ne vuoi un goccino?

NE= No, davvero, grazie… non amo molto il the…

AU= Un inglese che non ama il the… strano.

NE= Come fai a sapere che sono inglese?

AU= Me l’ha detto Linne…

NE= Ah… Ti ha detto anche il perché del fatto che non lo amo?

AU= No, non credo lo sappia… c’è un motivo particolare?

NE= Il giorno che venni a sapere che i miei genitori erano morti, fui convocato nell’ufficio del direttore dell’orfanotrofio in cui ero… e quell’uomo, mentre me lo comunicava, teneva una tazza di the tra le mani.

AU= Oh…

NE= L’odore di quella bevanda si spandeva per tutto l’ambiente mentre mi diceva quelle parole orribili… da quel giorno non ho più bevuto un sorso di the. Ne odio persino il colore, la parola…

AU= Mio dio, Near mi dispiace… non volevo essere inopportuna… scusami tanto.

NE= Figurati… come potevi saperlo? Del resto, chi conosce qualcosa di me?

AU= Io… se me lo permetterai… mi piacerebbe davvero tanto conoscerti, sentirti più vicino…

NE= Audrey, io sono cresciuto in un orfanotrofio per diciannove anni, stesso luogo dove hanno vissuto Mello e Matt… come per loro, anche nel mio animo alberga il freddo ed il buio… il mio cuore non sa provare emozioni, il mio carattere è stato scolpito nel ghiaccio e nella pietra, levigato con una lama dura e aspra… ma tu, tu sei così dolce, così piena di vita che perderesti il tuo tempo con me… io sono un pezzo di carne marcia, uno scarto da buttare. Non potrò mai conoscere l’amicizia, l’amore… sono doni che non mi sono destinati.

AU= Ma Matt ora sembra sereno… e Mello ha Caroline…

NE= Loro sono sempre stati più forti di me… Matt ha volto a suo favore il proprio istrionismo, Mello il suo orgoglio… e se ne sono tirati fuori. Io non ho niente, nessuna qualità a cui aggrapparmi per riemergere…

Audrey si sentì il cuore gonfio di tristezza mista ad amorevolezza, nel sentire quelle parole così terribili uscire dalle labbra di un ragazzo di appena diciannove anni… nessuna dolcezza doveva aver mitigato la vita di Near, nessuna figura doveva aver vissuto accanto a lui tanto da farlo sentire amato… si chiese cosa si dovesse provare nel sentirsi così soli, e mentre lo fece si perdette nei lineamenti del suo viso… che trovò incantevoli, complici quei singolari capelli platino. Ma quasi avvertendo il suo sguardo, anche Near posò i suoi occhi su di lei… “forse si” ripeteva nella sua mente “forse stavolta posso fidarmi… voglio fidarmi.”

NE= (ALZANDOSI) Vieni… voglio farti vedere una cosa…

AU= Dove?

NE= Aspetta e vedrai… vieni con me…

Sorridendo Audrey lo seguì fuori dalla cucina; attenti a non far rumore salirono le scale, attraversarono tutto il corridoio destro del secondo piano, per poi arrivare ad una piccola porticina, dal legno leggermente più scuro e rovinato rispetto alle altre, perfette dal legno scuro e lucido e dallo scintillante pomello in ottone bronzato.

AU= Uuuh… fa molto “Non Aprite Quella Porta”…

NE= Cosa?

AU= E’ un horror… un film….

NE= Non vado al cinema…

AU= Perché non mi stupisce la cosa?  :)


Sorridendo Near aprì la porticina lentamente, per emettere i meno cigolii possibili… e comparve davanti a loro una piccola scala in legno, stretta e piuttosto ripida.

NE= Prego… prima le signorine; fa attenzione ai gradini, c’è poca luce e sono stretti…

AU= Che gentiluomo…

Salirono la rampa, prestando attenzione a dove mettevano i piedi… ma quando arrivarono in cima, Audrey rimase senza fiato.

Erano arrivati a quella che doveva essere la soffitta della villa… ma quella non era una semplice mansarda, era un capolavoro.

L’ambiente non era molto grande e si sviluppava in tondo, dove a terra, come pavimento, vi era un parquet in legno grezzo in cui quasi al centro della stanza, giaceva un vecchio materasso in disuso; come muri, tranne quello portante su cui era stata costruita la scala, una struttura simile a quella di un gazebo in legno scuro, inframmezzata da ampie finestre formanti una vetrata a 180 gradi.

AU= Near… è meraviglioso…

NE= Non hai ancora visto la parte migliore… guarda su.

Obbedendo alle parole del ragazzo, Audrey alzò lo sguardo: il tetto della soffitta aveva la forma di una piccola cupola, rinforzata anch’essa dalla struttura lignea… ma a differenza delle finestre, era formata da vetro a mosaico, dipinto di verde, blu, arancio scuro e violetto, secondo lo stile Liberty. Illuminata dalla luce della luna e resa morbida dalla pioggia che cadeva sui vetri, delineante ombre astratte, era quasi un luogo fuori dallo spazio e dal tempo, che accarezzava la pelle di Audrey in magiche sfumature dai colori autunnali.

AU= Non ho mai visto una cosa del genere… è mozzafiato.

NE= Già… è bellissimo…

AU= Ehi, ma che ci fai lì impalato al muro? avanti, vieni vicino a me…

Staccando la schiena dal muro portante della soffitta e sciogliendo le braccia da incrociate che erano sul ventre, Near si avvicinò ad Audrey; la ragazza aveva un buon profumo, la sua pelle, i suoi capelli sapevano di pulito… di dolcezza… di segreti ancora da svelare… di donna. La guardò dritta nelle giade che abitavano le sue iridi, lasciando che anch’ella si riflettesse nei suoi grigi che, grazie alla luce, le parvero assumere iridescenze perlacee.

Un pensiero, irriverente nella sua innocenza, a scanso d’equivoci nella sua sincerità, balenò nella sua mente… “E’ bellissimo…” pensò “veramente bellissimo…”

Accadde tutto in una manciata di secondi, troppo veloci da rivivere ma al contempo troppo lenti per poterli dimenticare. Audrey avvicinò il suo viso a quello di Near, e pose le proprie labbra, morbide e rosee, su quelle pallide e sottili del ragazzo.
L'inesperta controparte fu scossa e stremata dall'affetto che dalle labbra gli giungeva diretto. Era una farfalla nel suo stomaco che disegnava ricami, era il pavimento che sotto di lui tremava, era il suo cuore che fingeva d'aver corso per miglia e miglia, erano i suoi occhi che stanchi si chiudevano d'istinto, erano i rami a stornire; finché non lasciò che l'azzardo del momento lo coinvolgesse pienamente rispondendo a pieno tono. Le lunghe e sottili dita, andavano scavalcando i lunghi capelli sciolti, fino ad arrivare a contatto con collo e nuca, l'altro braccio insidiò il fianco destro di Audrey avvicinandola a se ed imponendo la sua identità virile nel primo, vero, intenso bacio di tutta la sua vita.

***

Non posso, non so come, scrivere altro se non ciò
che riguarda noi, noi nell’affollamento di questo mondo,
soltanto noi.
Tutto il resto mi è estraneo.
Ingiusto! Ingiusto!
Ma le labbra balbettano ed il viso posa nel tuo grembo.

Franz Kafka
“Lettere a Milena”


***

Un bacio… decine, centinaia, migliaia i baci che lei gli regalò… e che lui ricambiò…

Carezze sempre represse, che ora sgorgavano spontanee dalle sue mani…

Sospiri mescolati… inusuali per qualcuno che ha sempre sentito
il proprio cuore piangere in solitario…

Brividi….non di freddo, non di paura…


Silenzioso e graduale il loro momento arrivò in una notte di pioggia, in una magica soffitta che avrebbe portato il loro sigillo per migliaia di giorni e notti, fino alla fine dei loro giorni. Near mise insieme il mosaico di conoscenze assemblato nelle precedenti occasioni, come ventagli le sue mani instaurarono un delicato contatto con la pelle di Audrey, con precisione millimetrica spostava i suoi capelli, attraverso un coscienzioso sapere...Del tempo speso nell'atto premuroso, esordì la loro concreta compatibilità.
Entrambi si ritrovarono in caduta libera, padroni soltanto delle loro emozioni; quasi assomigliando a due minuscoli e candidi granelli di zucchero, dei quali l'unico scopo è volteggiare nella discesa per poi, nel fondo, sciogliersi nella materia.
Caddero… e caddero sul coltrice del pavimento, come una persona sola, come un anima ansiosa di scoprire nuove dimensioni.
Near andò dolcemente sopra di lei, lasciando che Audrey lo privasse della semplice,anonima maglia bianca che cadde, come un grosso fiocco di neve, sul pavimento. Era la prima volta che qualcuno lo vedeva spogliato… così indifeso, così vulnerabile, privo della corazza che indossava quotidianamente.
Le labbra di Audrey sulle sue, succhiavano via tutto il suo autocontrollo e la sua freddezza, le sue mani sulla propria schiena infrangevano diciannove anni di ferrea razionalità.
E furono proprio le mani, quelle mani, che lo istruirono su come muoversi, che tracciarono sentieri di seta sul corpo e sul suo essere, che lo spogliarono e lasciarono spogliare il resto del corpo, come delicati petali che mettevano a nudo la loro vera essenza.
Si unirono…. con il rumore della pioggia sui vetri e la dolce musica dei loro cuori, colonna sonora dei loro sospiri, dei gemiti, dei loro baci senza fine.

AU= (DOLCEMENTE) Near… tu stai tremando...

Ed era così... piccoli, ma continui tremiti stavano attraversando il corpo di Near, diramandosi dalle braccia, alle spalle ed alla schiena; ma quasi per mantenere un contegno virile, cercò di dissimularlo, seppur con scarsi risultati.

NE= E’ solo la tensione dei muscoli… non preoccuparti…

AU= Sicuro?

NE= No….

A quelle parole, Audrey sorrise dolcemente, facendolo adagiare sopra di sé, quasi assorbendo i suoi brividi e sussultando assieme a lui; lasciando che incuneasse il suo viso tra il collo e la propria spalla, gli accarezzò la nuca, stringendolo più forte a lei ed intrecciando le dita delle loro mani sinistre.

AU= Va tutto bene… io sono qui con te… non ti abbandonerò mai.

NE= Promettimelo…

AU= Lo giuro…

Suggellarono questa promessa con un nuovo bacio, più deciso, più forte, più passionale degli altri… e lasciarono che la luna, argentea vestale della dea Venere, benedisse e custodisse la loro unione.

***
Considerò dapprima il dialogo muto che aveva appena esplorato, considerò che non solo la mente offre  grandiose sensazioni al corpo ma che anche quest'ultimo, in sintonia con l'attimo in cui la prima cessa di camminare, può offrire grandiose vittorie.

"il piacere è il primo movente delle azioni umane? Come può uno stimolo, una semplice emozione, un contatto, fermare il cammino della mente? Che il corpo sia l'assassino del pensiero? Posso usare questo stimolo per giungere a nuove conclusioni? Ed Audrey? Che ruolo condivide in questa ruota? Identico al mio? opposto?..."


"La cosa più bella che abbia mai visto. Hai dato tutto ciò che potevi. Innocente e fiduciosa, come mai non ti ho mai vista da quest'ottica? Cos'è cambiato? Ora mi appartieni e io appartengo a te ? che significa quanto è appena stato? Cosa comporterà nella tua mente e in ciò che condividiamo? La generosità che mi hai appena provato è una tua caratteristica o è il mio il caso particolare? Cosa vedi? Cosa senti? Perché io la tua scelta? E perché ora questa scoperta, questa risposta? Cos'è che hai voluto trasmettermi? Una richiesta? Un dono? perché quest'unione è più forte di quella intellettuale?..."


"La tenerezza che ho per te è la radice dell'amore? Amore. Un altro amore oltre alla giustizia, un amore che non conosco, un amore bisognoso di attenzioni e cortesie. Forse questa situazione, per me surreale, potrà essermi d'aiuto per sviscerare con più precisione le matrici della vita? Cosa mi chiederai? Cambierai come sono cambiato io? mi vedrai come ora ti guardo io?..."


Per un osservatore esterno, più esperto, queste considerazioni sono poco più che normali, consuete domande che si sopprimono sicuri che il corso degli eventi offrirà delle più affidabili risposte; ma è proprio in questo esatto punto, che si rivela l'incanto della prima volta; la mente s'addentra celere in viottoli e percorsi  nei quali non è ancora capace di muoversi; è nel mistero di quei pensieri, nell'ignoto accadere prossimo,  nascosta l'impalpabile magia, l'unicità di un unica speculazione che si moltiplica esponenzialmente, per ogni speranza ed ogni timore.
"Mi modellerai. Ogni cosa che si ama ci modella.
 L'idea di vendetta ha formato il mio carattere, quella di solitudine il mio atteggiamento.”


***
Audrey si svegliò abbracciata a Near,come si erano visti la notte appena trascorsa, prima di chiudere gli occhi, prima di considerare tutto quello che era appena passato come uno splendido sogno; non volendolo disturbare, in quanto ancora assopito, si sciolse delicatamente dall’intreccio delle sue braccia, si vestì e silenziosamente uscì dalla soffitta… non prima di averlo baciato un’ultima volta sulla fronte.
Una volta arrivata in cucina, guardò l’ora sull’orologio a muro: erano le sette e un quarto del mattino, decisamente troppo presto per tutti gli altri inquilini della casa; la sensazione di torpore e sonnolenza era incrementata anche dal cielo plumbeo e dalla pioggia che cadeva fine ed incessante… infilandosi una felpa bianca, cominciò ad armeggiare tra i fornelli e le credenze, cercando di fare il meno rumore possibile, per prepararsi un pochino di caffè.
Dopo circa un quarto d’ora, avvertì dei passi leggeri scendere le scale ed in seguito, una minuta figura fare il suo ingresso nella cucina.

AU= (SORRIDENDO) Ehi, buongiorno cugina….

CA= Buongiorno anche a te… credevo di essere la prima, ma a quanto pare mi hai preceduto.. che ci fai già in piedi?

AU= Mi sono svegliata e non riuscivo a riprendere sonno… ti va del caffè?

Rispondendo affermativamente, Caroline si andò a sedere al tavolo, rannicchiando le gambe lateralmente; quando Audrey la raggiunse, sedendosi accanto a lei e porgendole una grossa tazza di bevanda fumante, la guardò sorridendo beffarda.

AU= Che c’è? Perché mi guardi così? Oddio, no, il tuo quinto senso e tre quarti di psicologa sta già partendo! :)

CA= Visto? Ti sei ingabbiata da sola… sai come dicono i latini?

AU= Come? O.o

CA= “Excusatio non petita, accusatio manifesta”… che hai combinato stanotte?

AU= Ehm…. no… niente.

CA= Audrey sono tua cugina, lo sai che mi puoi dire qualsiasi cosa… ma forse qui non è il luogo più adatto; tra poco voglio andare giù in città a prendere qualcosa a casa, perché non mi accompagni?

AU= Ok, prometto che ti dirò tutto!

CA= Bene… allora vai a lavarti e vestirti! :)

AU= Ma gli altri dormono ancora ed a Mello prenderà un colpo nello svegliarsi e non vederti vicino a lui!

CA= Tranquilla.. secondo te perché hanno inventato i post-it?

AU= Vuoi appiccicargliene uno sulla fronte?

CA= Mmh, no, credo che per stavolta mi accontenterò di metterlo sul mio cuscino!

In una bassa risata, Audrey si diresse in camera, stessa destinazione di Caroline una volta terminato il caffè.

***

Mello ha il volto affilato; la mascella forma una curva precisa e ben delineata ma leggermente morbida, il mento è appena spigoloso.


Mello ha i capelli biondi; porta un taglio strano, netto, appena sopra le spalle, eternamente spettinato, con una spessa frangia tutta scompigliata che gli cade spesso davanti agli occhi e ne adombra lo splendore.

Mello ha occhi seri e inquieti, mai fermi.
Grandi finestre cerulee aperte brillanti sul mondo, zaffiri blu più profondi dell’oceano protetti ora dalle placide palpebre nel sonno.

Mello non sorride molto.
Qualche volta, quando lo aveva appena conosciuto, quando parlava con Matt,sul suo volto aleggiava un ghigno obliquo, maligno e scanzonato assieme.

Ma per la gran parte del tempo ha un' espressione cupa, ieratica.

Mello ha la voce roca, calda e vibrante. Una voce che tocca nel profondo, che rivela ogni tuo minimo dettaglio nascosto; una voce che riesce a far fremere il tuo cuore come le corde di una chitarra.

Mello ha delle belle mani.
Dita sottili, agili, diafane,con le quali brandisce con insospettabile delicatezza gli oggetti che utilizza, dal fiore più fragile alla violenta pistola sempre al suo fianco.  
Mani che possono spaventarti, ma che sanno anche proteggerti.

Mello non è mai seduto.
Mello è sempre stravaccato. Non c'è parola migliore per definire la sua posizione.
Forse per questo adora divani e poltrone.


Mello si muove in modo nervoso, ma sa essere estremamente elegante ed altrettanto incredibilmente seducente.

Mello è magro.
Molto magro per la sua altezza. Muove il corpo esile e tonico con la scioltezza di un flessuoso giunco oscillante al vento. Il suo corpo è segnato da cicatrici più o meno grandi, a cui non ha mai prestato molta attenzione… tranne una, estesa, netta, che divide il suo volto in angelo e guerriero. Che le ricorda sempre, come un memento, chi è la persona a cui ha donato il cuore.

Mello veste sempre di nero. O di grigio. O di qualsiasi colore scuro che forse riflette il colore della sua anima.

Ma forse…. se provasse a scendere un po’ di più? Se scavasse oltre quella figura angelica,oltre la perfezione corporea che cela il tesoro all’interno con un altrettanto magnifico bocciolo?

Mello non crede in se stesso.
È arrogante, impulsivo e cinico. Scalpellato nel ferro. Levigato nel ghiaccio.

Mello sa essere molto umano.
Se si impegna.

Nei rari momenti di tranquillità, emerge dai suoi occhi una delicata dolcezza…ed i suoi assumono la profondità del mare a cui hanno rubato il colore.

Ed è allora, in quel momento, attraverso quegli occhi, che comprende di non avere più Mello davanti…. ma Mihael.

Ogni volta, guardare Mello dormire era una piccola letizia alla quale Caroline non poteva, e non voleva, resistere… vederlo così tranquillo, cullato da un sonno placido e forse, dalla consapevolezza di aprire gli occhi e vederla accanto a lui, era una delle cose che più amava. Si sedette sulla piccola poltrona vicino alla finestra che le conferiva una perfetta visuale del ragazzo, adagiandosi sul bordo della seduta, poggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendosi il viso con le mani… per poi perdersi in lui.
Ne ammirò il volto angelico, coperto talvolta da lunghi fili d’oro, le fini sopracciglia leggermente più scure rispetto ai capelli… la cicatrice sul lato mancino del volto, terribile contrassegno di quello che era stato disposto a rischiare per orgoglio, il naso dritto e minuto… e quella bocca, di cui non era mai abbastanza sazia, sottile ed appena rosata, distesa e placida. I flebili raggi del sole che riuscivano a filtrare dalle nubi grigie, accarezzavano il suo corpo costruendovi sopra morbidi giochi di chiaroscuro, esaltando le curve dei muscoli magri e tonici, ondeggiando sul torso al ritmo del suo respiro tranquillo, inanellando le dita lunghe e sottili con metaforici cerchi d’ombra… credendo quasi di sognare, le sembrò che un’ombra sul suo anulare sinistro richiamasse un anello nuziale.

CA= (PENSANDO) Ok, mi sto lasciando trasportare troppo dalla fantasia… meglio che mi vesta.

Il più silenziosamente possibile, Caroline agguantò un paio di jeans, un maglione bianco a trama larga e dallo scollo a ciambella e dei bassi stivali in cuoio scuro; dandosi una veloce spazzolata ai capelli, che in quanto corti necessitavano la metà del tempo che prima vi dedicava, ed una spruzzata di profumo, uscì dalla stanza.. ma non prima di aver lasciato il fantomatico biglietto accanto al corpo del compagno ed averlo baciato, con dolcezza di sposa e madre, sull’angolo della fronte.
Ed infine, nelle rare volte in cui affiora,e che lo rendono per questo un dono inconsueto e preziosissimo…

Mello ha un bellissimo sorriso.

***

Quando raggiunse le scale, trovò Audrey ad attenderla davanti al portone.

AU= Per la prima volta ti ho battuto in tempistica! Da scrivere sul calendario!

CA= Simpatica… :) dai, andiamo!

***

Arrivarono in città che erano appena scoccate le otto; la pioggia era finita, ma qualcosa di ben più lugubre le attendeva, quando scesero dalla macchina e si guardarono attorno.

AU= Santo cielo… non sembra neanche più la Tokyo che ho visto al mio arrivo…

CA= E’… terribile.

Il grigiore di quel giorno non si era limitato solo al cielo… ma aveva permeato tutta la città, trasudando stanchezza, sgomento e terrore di un’eventuale secondo attacco.
Macerie giacenti per terra, automobili ancora abbandonate qua e là, persone che camminavano come spettri per le vie, chiazze di sangue secco e scuro sull’asfalto la facevano rassomigliare ad un enorme cadavere dilaniato.
Ed il silenzio…. il roboante, squassante, inumano silenzio che faceva tremare tutta la città, dalle fondamenta alle cime dei grattacieli.

CA= Vieni Audrey… saliamo da me…

“Andatevene signorine… andatevene finché siete in tempo.”

Al suono di quella voce le ragazze si voltarono all’unisono: dietro di loro era comparso un uomo anziano, sui settant’anni circa, macilento e dal volto talmente indurito dalla sofferenza da sembrare intagliato nel legno.

CA= Che cosa?

“Andatevene… due giovani ragazze come voi non sono al sicuro qui…”

CA= Gli shinigami… non se ne sono andati?

“NON LI CHIAMI! NON PRONUNCI QUELLA PAROLA DANNATA, O LORO RISPONDERANNO! Si sono rifugiati nella cattedrale… quello è il loro rifugio… ed escono solo di notte, per cibarsi e uccidere chi è così sventurato da capitare sul loro cammino…”

AU= Linne ti prego andiamo via… ho paura.

CA= (TRA SE E SE) La cattedrale… il cimitero.. là c’è la tomba di Rachel! Non posso lasciarla in mezzo agli shinigami!

“Non si avvicini a quel luogo signorina! E’ maledetto ormai… di notte le vetrate si tingono di rosso… del sangue delle loro prede!”

AU= Linne ti prego… è inutile, Rachel non è più là, non le faranno del male… vieni, andiamo in casa.

Tirata via a forza dalla cugina, Caroline mantenne lo sguardo fisso sulla sagoma della cattedrale, le cui guglie grigie si stagliavano oltre le cime delle palazzine, osservata a sua volta intensamente dall’anziano sconosciuto, che una volta vistala sparire dietro il portone, sembrò svanire come aria.
Solo una volta raggiunto l’appartamento della ragazza, Audrey si sentì al sicuro.

AU= Ok… cosa dobbiamo prendere?

CA= Nel ripostiglio ci sono due borsoni… mettici dentro tutti i vestiti e le scarpe che ci riesci ad infilare… io vado un attimo nel soppalco.

Audrey obbedì prontamente alle parole della cugina, sparendo oltre il corridoio; Caroline invece, una volta salite le scalette, cominciò a mettere in una borsa rigida il computer portatile, alcuni libri che le sarebbero stati utili, il piccolo cofanetto del defunto L…

“Stai attenta Caroline…”

Sobbalzando leggermente, Caroline si voltò, per poi rispondere a bassa voce.

CA= Ryuzaki… dov’eri finito?

RZ= Questo non è importante… sono qui per dirti una cosa…

CA= Se è riguardo al patto non voglio sentirla…

RZ= No, il patto non centra nulla… è molto più importante!

CA= Addirittura?! Di che si tratta allora?

RZ= Riguarda ciò che è capitato ad Audrey…

A quelle parole, la ragazza si bloccò, voltandosi completamente verso di lui.

CA= Parla.

RZ= Audrey è div…

Ma quasi come per scherzo del destino, non poté proseguire oltre: il campanello aveva
suonato. Caroline volse la testa verso la porta, senza muovere un solo muscolo; dopodiché, con sguardo duro ed interrogativo, osservò Ryuzaki che per la prima volta pareva impietrito.
Il campanello suonò una seconda volta, più a lungo; in contemporanea, Audrey si affacciò dalla porta del corridoio.

AU= Linne, il campanello! Mi spiace, ma ancora non sei in grado di aprire la porta con la forza del pensiero…

Scendendo lentamente le scale, la voce della ragazza parve acquisire la lentezza dei movimenti.

CA= Vado, vado…

Una volta arrivata alla sala, lanciò un’ultima occhiata a Ryuzaki, teso quasi all’inverosimile, consapevole che per la cugina era come se stesse guardando il vuoto.

CA= (PENSANDO) Tu lo sai chi c’è oltre quella porta… tu lo sai.

Andò ad aprire… ma le sue convinzioni si infransero miseramente, trascinandola nel freddo alveo dell’insicurezza. Non c’era chi si aspettava di vedere di fronte a lei.

Davanti ai suoi occhi, si stagliava la sua nemesi.

“La dea Fortuna volge decisamente a mio favore oggi…”

***

Dopo un lungo sonno ristoratore, Mello si svegliò aprendo lentamente gli occhi; quando si accorse che Caroline non era al suo fianco, scattò a sedere guardandosi intorno quasi angosciato; poi, dopo qualche istante, notò la presenza del piccolo foglietto giallo poggiato sul cuscino della compagna.

Non andare nel panico quando ti
sveglierai e non mi vedrai vicino a te.
Sono andata in città, a casa nostra,
 con Audrey a prendere alcune cose.
Un bacio, Linne.


Lesse il biglietto due volte, ancora leggermente intontito dal sonno appena svanito… e tra sé e sé, sorrise leggermente; lui e Caroline stavano cominciando a parlare della vita usando il plurale, non più il freddo,asettico “io” ma il caldo, avvolgente, rassicurante “noi”. Erano giunti ad un punto in cui uno non poteva fare a meno dell’altra, dei consigli, delle indicazioni e degli aiuti che si dispensavano a vicenda; Caroline lo conosceva come lei stessa, e lui di rimando, come in un magico gioco di specchi dove uno si rifletteva nell’altra…. malgrado i loro problemi, l’indagine ed il caso Kira, la malattia di lei e tutto il resto, Mello sentiva che Caroline gli stava pian piano regalando quello che aveva sempre desiderato, sin dal primo giorno che aveva preso conoscenza di chi e di cosa ci si aspettasse da lui alla Wammy’s House….
Una vita normale.

***

Se era la normalità quello a cui Mello stava pensando, in contemporanea Caroline ponderava un qualsiasi modo per poter evitare quell’incontro; si sentiva impietrita, come se i suoi occhi stessero contemplando quelli mefitici della Gorgone, incapace di pronunciare una qualsiasi sillaba, quasi le parole le fossero morte in gola.
Lo osservava… lo scrutava… con il cuore martellante nel petto, le mani quasi tremanti, mentre la controparte si limitava ad uno sguardo glaciale e bramoso allo stesso tempo.

“Beh? Il gatto ti ha mangiato la lingua? O Mello ti ha proibito di rivolgermi la parola?”

Riscossasi leggermente, la ragazza annaspò un poco prima di riuscire ad articolare un discorso di senso compiuto.

CA= Che… che ci fai qui?

“Devo prendere qualcosa che mi appartiene…qualcosa che hai deciso di abbandonare.”

CA= Io… non so cosa dire… mi dispiace.

“Non dire nulla allora.”

AU= (SPUNTANDO DAL CORRIDOIO) Linne, devo prendere anche ques…

Forse per provvidenza, o per curiosità, Audrey comparve sulla soglia della porta che collega la sala con la camera ed il bagno; anche lei come la cugina, nel vedere il misterioso visitatore, fu presa dall’imbarazzo.

“Audrey…è un piacere rivederti.”

AU= Oh, lo è… anche per me… Light.

Light. Cinque lettere, cinque segni grafici dell’alfabeto, inoffensivi se singoli… ma se messi insieme, uno dei tanti grandi demoni di Caroline. Il ragazzo, bellissimo come la sua natura gli permetteva di essere, la guardava impassibile, il magnifico volto trasformato in una muta maschera di ieraticità sembrava aver preso il pallore e l’austerità del marmo più pregiato.
Dopo qualche secondo di interminabile, snervante silenzio, Light posò gli occhi di liquido bronzo su Caroline; sembrava che nulla trasparisse, salvo la glacialità con la quale si trincerava contro di lei.

LI= Credo tu sappia di cosa sto parlando…

CA= Si… certo.

LI= Bene… aspetto qui.

Con passo traballante, ed il cuore che non aveva smesso un secondo di palpitare nel suo fragile torace, Caroline si avviò verso la camera da letto, incrociando lo sguardo solidale ed ugualmente sofferente di Audrey, quasi volesse comunicarle un “io sono con te, andrà tutto bene.”
Una volta arrivata in camera, prese dall’armadio e con mani tremanti l’abito che Light le aveva regalato, per poi piegarlo accuratamente sul letto… non capiva perché, non riusciva a spiegarsi perché i suoi occhi cominciassero a pizzicarle in modo così insistente e fastidioso. Poi si avvicinò alla specchiera, e quando sollevò il coperchietto del portagioie in avorio, il suo viso parve essere inondato dalla rifulgente luce dello smeraldo, superbo su tutti gli altri monili per il suo fulgido splendore. Quando lo prese tra le dita, sentendone per l’ultima volta la sericità della gemma, le scanalature sottili e perfette della lavorazione, ammirandone il limpido colore verde, una piccola perla trasparente scivolò lungo la sua gota.
Non era il dispiacere fisico nel separarsi da quegli oggetti che la faceva soffrire… ma era la consapevolezza di aver perso, come fossero il dazio da pagare per le scelte che aveva fatto, una persona… controversa, ambigua, con molti lati oscuri, certo… ma una persona con cui aveva condiviso un bel periodo della sua vita, una persona che aveva probabilmente amato, e che forse non le era ancora del tutto indifferente… Lo avrebbe perso, una volta uscito da quella porta avrebbe fatto lo stesso nella vita…
E questo le faceva male.
Sollevò il viso verso lo specchio, scrutando l’immagine riflessa del proprio busto e del proprio volto alla ricerca di qualcosa che ricordasse la ragazza che era all’inizio di quell’avventura.
E vide il proprio corpo cominciare a bruciare.
Fiamme impalpabili, evanescenti ed aranciate cominciarono a sorgere ed avvolgere le sue mani, i polsi, le spalle… fasciarono il suo collo, lambirono le sue gote e continuarono a bruciarla, a consumarla finché la pelle non diventò cenere.
Si decise a tornare nella sala, tenendo tra le braccia l’abito, con poggiato sopra il monile, quasi si trattasse di qualcosa di antichissimo e di inestimabile valore; una volta giunta davanti al ragazzo, rimase a testa china mentre glieli porgeva tendendo le braccia.

CA= Ecco… è tutto qui.

Ma stupendola, Light prese solo la preziosa collana, legandola tra le dita come un ricordo caro, guardandola e poi stringendola nel pugno all’altezza del cuore.

LI= Il vestito non mi interessa, puoi tenerlo… ma questo, questo è molto più importante; non si dona uno smeraldo alla prima donna che ti capita di frequentare.

CA= Mi dispiace Light… mi dispiace tanto…

Il ragazzo si avviò verso il portone, ma appena toccata la maniglia, parve ripensarci e si voltò nuovamente verso di lei. Sebbene il suo viso fosse ieratico, la voce tradì le sue vere emozioni.

LI= Dio solo sa quanto ti ho amata Caroline…. pochi uomini hanno amato una donna nel modo in cui ti ho amato io…

CA= Light…

LI= Ed anche ora, anche in questo momento, per quanto lo desideri e per quanto ci provi… io non riesco ad odiarti. E forse non potrò mai riuscirci.

CA= Ti capirei se tu nutrissi dell’odio verso di me…

LI= E invece no… io non odio te, ma l’uomo che ti ha portata via da me, quello che ti ha fatto cadere nella sua malia… ora i ruoli tra noi si sono scambiati Caroline; tu sei in paradiso, io all’inferno.

CA= No Light… se c’è una cosa che ho imparato è che quando l’uomo tenta di pensare il paradiso sulla terra, il risultato è un rispettabile inferno.

LI= Addio Caroline… non credo che le nostre strade si incroceranno nuovamente… per lo meno, le vite sentimentali. Nello stesso momento in cui io varcherò questa soglia, uscirò anche dalla tua vita.

CA= Addio Light…

Quieto e discreto come era arrivato, con la stessa morbida silenziosità con  cui era entrato nella sua vita e con cui ne stava uscendo,Light Yagami se ne andò dall’appartamento, lasciando una Caroline distrutta ad accasciarsi tra le braccia della cugina, ed a macerarsi nel bruciante senso di colpa.
Una legge base della Wicca, religione pagana precristiana fondata sul connubio tra uomo e natura, recita: “Ad ogni azione che compi, buona o malvagia che sia, il suo effetto ti tornerà indietro tre volte più potente di come tu la compisti in principio.”
E tutto questo sarebbe arrivato; non in quel momento… non il giorno successivo, o quello dopo ancora….
Ma sarebbe arrivato. E molto presto.
E poi, ad un tratto, la paura.

***

Due ore dopo…

Fecero ritorno alla villa dopo due ore, trovando tutti svegli e indaffarati a fare qualcosa; Caroline ed Audrey poggiarono i due borsoni sul pavimento all’unisono, e subito la ragazza si rivolse premurosa alla  cugina maggiore.

AU= Tesoro come stai?

CA= Bene… credo. Audrey, ti prego, non dire a nessuno di quest’incontro… te ne prego.

AU= Va bene, certo… ma non lo dirai nemmeno a Mello?

CA= No… non farebbe che farlo infuriare ulteriormente e..

“Cosa mi dovrebbe fare infuriare?”

Voltandosi al suono della voce, lo vide scendere le scale dell’ingresso ed avanzare verso di lei, regalandole un dolce sorriso a cui non poté esimersi dal rispondere; aveva indossato i suoi classici jeans neri con sopra un maglioncino di lana sottilissima a collo alto e grigio antracite. Era di una bellezza devastante.
Quando lo vide più vicino a lei, Caroline agì d’istinto non riuscendo più a trattenere quello che erompeva dal suo cuore; gli corse incontro, schiantandoglisi quasi addosso, e lo abbracciò più stretto che poté, cominciando a piangere affondando il viso nell’incavo della sua spalla. Mello, dapprima leggermente spiazzato e colto di sorpresa, sgranò leggermente gli occhi per poi addolcirsi e cingere il corpo di Caroline con le braccia. Nel parlarle, la sua voce era dolce ed amorevole.

ME= Caroline, che c’è? Che succede, perché piangi?

Tra i singhiozzi Caroline mormorò flebili parole, mentre veniva man mano calmata dalla morbida carezza della mano di Mello sulla propria nuca.

CA= Sei qui… tu sei qui…sei qui…

ME= Certo che sono qui amore mio, dove dovrei essere?

CA= Ho avuto così paura…

ME= Caroline, che cosa c’è? Avanti, parlami…

CA= Niente… ti amo Mello… ti amo, ti amo, ti amo…

ME= Anch’io ti amo Caroline…

E così dicendo, la strinse più forte a sé; ad un tratto però due colpetti di tosse imbarazzati interruppero il momento; Caroline si sciolse leggermente dall’abbraccio del compagno ed asciugandosi le lacrime si voltò verso un imbarazzatissimo Matt.

MA= Ehm, scusatemi, sono veramente mortificato per l’interruzione… ma, Caroline, forse c’è qualcosa che dovresti vedere…

CA= Cosa…?

MA= Fuori, nello spiazzo d’arrivo… tua madre è già uscita, ed anche Near, Halle e Gevanni sono là… manchiamo solo noi.

AU= Io intanto mi avvio…

E così, il terzetto si avviò verso il portone ligneo dell’ingresso; quando uscì all’aria aperta, fermandosi sull’ultimo gradino affiancata dai due ragazzi, il suo cuore si fermò per un secondo.
Quattro macchine nere erano parcheggiate nello spiazzo, mentre due le stavano raggiungendo; dalle vetture uscirono due, quattro, sei persone, tra uomini e donne, di tutte le età e nazionalità. Quando la quinta macchina si arrestò, altre due persone, un uomo ed una donna, ne scesero.
Ultima ad arrivare, una Alfa Romeo Giulietta con targa italiana.
Caroline era agghiacciata. Quelle persone facevano saettare lo sguardo da sua madre a lei, concentrandosi però maggiormente sulla propria figura… non si poteva più aspettare, era iniziata.
Loro, erano arrivati.

MA= (SOTTOVOCE) Caroline, perché queste persone ti e ci stanno fissando?

Ma la ragazza non poteva rispondere… i suoi occhi erano fissi sulla Giulietta ora parcheggiata e da cui stavano uscendo….

“NIMUE!”

Caroline scese lentamente il gradino su cui sostava e si diresse verso colui che l’aveva chiamata.

CA= Rabbino Levi… quanto tempo.

L’anziano rabbino l’abbracciò delicatamente.

EZ= Figliola mia! Sembra passata un’eternità dall’ultima volta che ci siamo visti…

CA= Già… ciao Eljiah.

Il nero le rivolse un amichevole sorriso.

EL= Ciao Caroline… Signora Bennett, è un piacere rivederla.

Solo alle parole di Eljiah Caroline si accorse della presenza di Janice al suo fianco, che
strinse elegantemente la mano al moro per poi baciare le mani del rabbino.

JA= Maestro Levi… è un onore averla qui.

EZ= L’onore è mio Janice… non tornavo in Giappone da più di trent’anni… venite,
avviamoci verso il resto della nostra compagnia.

Una volta raggiunti gli altri nuovi arrivati, Caroline cercò con lo sguardo Mello, disorientato quanto lei, per poi soffermarsi sulle persone che aveva davanti: undici individui, sette uomini e quattro donne, provenienti forse da ogni parte del mondo.

EZ= Caroline, hai davanti ai tuoi occhi la Confraternita della Croce Nera al completo…vieni, avvicinati con me. Loro sono i fratelli Nicolaj (NB) e Dimitri Bulgakov (DB) da San Pietroburgo.

Due uomini alti, pallidi e magri, sui quarantacinque anni, la salutarono con un galante baciamano; quando le si rivolsero, il loro inglese era marcato da un forte accento russo.

DB= Incantato signorina Seyrig.

NB= E’ un piacere conoscerla per me.

CA= I-il piacere è mio…

EZ= Nicolaj è un valente informatico, Dimitri invece ha scelto con successo la strada della biologia… oh, loro sono la signorina Scarlett Holmes (HO), frenologa ed  il signor Dorian McCarthy (DC), eccellente psichiatra, dalle città di Liverpool e Manchester…
Caroline salutò cortesemente una giovane donna di trent’anni dai corti capelli ramati e un uomo di circa dieci anni più vecchio, brizzolato.

EZ= Etienne Verlain (VE) e Dominique Baudelaire (BA), discendente del celeberrimo poeta Charles Baudelaire… dalle magnifiche cittadine francesi di Lione e Saint Malo…

BA= C’est un plaisir…

VE= Enchantè...

EZ= Etienne è un famoso antropologo, Dominique invece, contrariamente alla vena poetica della sua discendenza, ha preferito diventare uno dei più stimati genetisti…

CA= Molto piacere…

Si spostarono verso un’altra coppia, composta da un uomo ed una donna sui quarant’anni.

EZ= Figliola, ti presento la signora Annalisa Orsini (OR), filosofa, ed il teologo Michelangelo Dani (DA), nonché suo marito… vengono da Torino, grande centro di studi esoterici, e vertice del triangolo di magia nera con Praga e Lione.

OR= E’ un piacere conoscerla signorina Seyrig… ho sentito molto parlare della sua bisnonna Rowena.

CA= G-grazie… il piacere è mio.

EZ= E per ultimi, il fisico Kyosuke Asahi (AS), il matematico Masamoto Sashimi (SA)….

La ragazza strinse la mano a due uomini di circa cinquant’anni dai colori e dai tratti somatici tipici di quella terra; ma Ezra non aveva ancora finito, e la portò innanzi ad un’altra persona… una donna dell’età forse di trentotto anni.

EZ= E Diantha, la filologa della Confraternita… (DI)

Quella donna la colpì nel profondo, muovendole come la sottile convinzione di averla già vista; era minuta, di altezza poco più bassa di lei, talmente pallida da sembrare alabastrina e con un viso che frastornò la memoria visiva di Caroline.
Grandi occhi castano chiarissimo dal taglio allungato… il naso piccolo e armonioso, capelli castano biondi raccolti in una morbida treccia… perché…? perché l’impressione di averla già vista non l’abbandonava?

DI= Signorina Seyrig, sono onorata… siete ancora più bella di come il maestro vi descriveva.

CA= E’ un onore anche per me fare la vostra conoscenza,Diantha…

Ad un tratto, la donna oltrepassò la spalla di Caroline con gli occhi, per guardare Matt e Mello poco lontani, ancora impietriti davanti all’entrata; e quando i suoi occhi si posarono su uno dei due ragazzi, i suoi occhi si allargarono sgomenti.

CA= Signora… va tutto bene?

Diantha ci mise qualche secondo a registrare la domanda pervenutale dall’esile ragazza che le stava di fronte, e quando rispose la sua voce velava incertezza.

DI= Oh… si, si certo va tutto bene! Non preoccuparti cara!

D’un tratto, la donna si voltò verso Ezra Levi cercandone lo sguardo.

DI= Ezra…

In seguito Diantha mormorò al rabbino parole in yiddish, incomprensibili alla ragazza; il rabbino, prima di rispondere, le sorrise.

EZ= Si, mia cara… (RIVOLGENDOSI A CAROLINE E PRENDENDOLA SOTTOBRACCIO) Vieni figliola, entriamo in casa… dobbiamo parlare di molte cose.

Si mossero verso il portone d’entrata, accompagnati come in un corteo, da Diantha, Janice ed il resto della Confraternita… fino ad arrivare a Matt e Mello, ancora immobili sui gradini dell’uscio; quando gli fu innanzi, Ezra Levi li guardò con occhi paterni.

EZ= Caroline, loro devono essere Matt e Mello… vero?

CA= Esatto signor Levi… sono loro.

EZ= (SORRIDENDO) Perfetto…assolutamente perfetto. Ragazzi, vorreste farmi l’onore di seguirmi?

In silenzio e leggermente spiazzati, i due giovani si limitarono ad annuire e ad aggregarsi al “corteo”; Mello, andando accanto alla compagna, la prese delicatamente per mano, accarezzandone lievemente il dorso con il pollice… ed a Caroline quello fu sufficiente per sentirsi meno sperduta.

***

Arrivarono nello studio della villa, ma le sorprese non erano destinate a concludersi; avvicinandosi alla libreria, Ezra tirò leggermente verso di sé un volume, tra i tanti che riempivano lo scaffale, ed a quel gesto il mobile si incassò nel muro per circa trenta centimetri… finché non scorse di lato, rivelando un’apertura che dava su delle scale illuminate da file e file di fiaccole.

EZ= Figliola, non tremare… cheta la tua paura, perché nulla tra queste persone,potrà danneggiarti…

CA= Grazie rabbino Levi… ma mi sembra quasi di vivere un sogno… che sta assumendo i contorni dell’incubo.

EZ= Scendiamo dabbasso Nimue… e vedrai che ciò che vi è da temere ha tutt’altra forma.

Cominciarono a scendere le scale lentamente, Ezra e Caroline davanti ed a seguire Mello e Matt, Diantha e Janice, Eljiah e tutti gli altri. Halle e gli altri ritennero opportuno non intromettersi.
Giunsero poi ad una sala ovale, costruita interamente nella pietra grezza, illuminata da candelabri e torce, costruita alla maniera di un tempio greco; al centro della sala, vi era una specie di ara di medie dimensioni, intagliata a motivi gotici, giacente su un piccolo rialzo collegato al pavimento da uno scalino. In fondo, parallelo a dove si trovavano loro, scolpito nella pietra viva, un piccolo altare realizzato come un piccolo tempietto romano in cui venivano adorate le divinità domestiche dei Lari, racchiudente tre scrigni d’ebano intagliati d’oro smaltato, recanti ognuno un nome. Avanzando di un passo, Ezra Levi si voltò verso di loro.

EZ= Nimue…. Mihael…. Mail…. venite qui ragazzi, davanti a me.

Una volta che i ragazzi esaudirono la richiesta dell’anziano, questi si diresse verso il piccolo altare, prendendo uno alla volta gli scrigni e collocandoli in fila orizzontale davanti a loro, secondo le posizioni delle persone… Mello, Caroline ed infine Matt.
In seguito, salì il gradino dell’ara ponendosi come un ministro di Dio in procinto di eseguire la sacra funzione.

EZ= Venite… avvicinatevi ed aprite gli scrigni.

Erano forzieri di una bellezza immane, complice la lucidità del legno ed il superbo lavoro d’intarsio dorato; sul coperchio, incisi in una placchetta rettangolare aurea, i loro nomi.

“Mihael”…. “Nimue”… “Mail”. Erano talmente perfetti da incutere timore.

Inspirando profondamente e guardandosi un’ultima volta, li aprirono lentamente ed in simultanea, avvertendo il crepitio del legno antico sotto le dita. Quando furono completamente dischiusi, osservarono ciò che vi era custodito, cullato da morbide onde di velluto color del sangue.
Nel suo scrigno, Mello trovò una sottile catenina d’oro avente come ciondolo una “K” e una “M” intrecciate assieme, accompagnato da una lunga, superba piuma dai colori dell’arcobaleno… tenendo entrambi gli oggetti tra le mani e accarezzandoli con lo sguardo, i ricordi gli arrivarono come una scarica elettrica, improvvisi e lancinanti: gli ritornò alla mente quando riposava tra le braccia di sua madre, divertendosi a giocherellare con il ciondolo che portava al collo… quel ninnolo.
Alzò lo sguardo cristallino verso l’anziano rabbino che stava di fronte a lui.

ME= Questi oggetti…. erano… di mia madre…?

EZ= Si, Mihael…. e li ha lasciati a te…

Mentre Mello scambiava queste parole con il rabbino, anche Matt e Caroline afferrarono la coppia di oggetti racchiusa nei loro scrigni: il ragazzo vi trovò un fermaglio per capelli in avorio, appartenuto a sua madre, ed una pergamena di medie dimensioni che, una volta srotolatala, svelò una scrittura fitta ed indecifrabile.

MA= Mio dio… questa pergamena deve avere più di settecento anni…

EZ= E’ proprio così figliolo… questa pergamena porta la data del 56 a.C…

MA= Ma non riesco a…. non so leggerla.

EZ= Tranquillo… arriverà il giorno in cui ti sarà chiarissima…

Caroline non aveva ancora parlato… immobile, silenziosa, con gli occhi fissi sugli oggetti che aveva trovato, non riusciva a scacciare via dalle proprie ossa un senso pervadente di gelo, un angosciante freddo all’interno del corpo, che le cristallizzava il sangue e le raggelava le viscere.

ME= Linne… tesoro, va tutto bene?

La ragazza parve non averlo sentito, continuando a parlare tra se e se.

CA= …. credevo fosse andato distrutto…

Tra le mani di Caroline vi erano una lunga catena d’oro bianco a maglia sottile, portante come medaglione una chiave di medie dimensioni, simili a quelle medievali per forma e scanalature dei denti, dello stesso materiale prezioso….ed un piccolo carillon tondo di madreperla e legno bianco; quando ne sollevò il coperchietto, una bambolina vestita da ballerina classica apparve, cominciando a ruotare sulle dolcissime note di una delicata melodia.

Al suono di quella canzone, al riscoprire quella melodia, il tempo parve fermarsi, cristallizzarsi in una dimensione parallela e lontana… il suono si alzava limpido, pulito, come se fosse sempre stato utilizzato in quegli anni di abbandono. Nell’ascoltarla, Caroline chiuse gli occhi, avvertendo una piccola lacrima scivolarle lungo lo zigomo ed andarle a circondarle il mento; si ricordò del natale di quindici  anni fa, lei aveva sette anni, Rachel dieci ed insieme aspettavano trepidanti l’arrivo del padre con i loro regali… quanto avevano giocato con quel carillon cercando di imitare la ballerina che lo abitava,  quante volte si erano addormentate al suono di quella melodia caricandolo all’infinito… quella canzone pareva trasportarle nel loro posto segreto, quel luogo nascosto dove solo i bambini possono andare, popolato di strane creature, farfalle, elfi e fate che giocavano con loro e le portavano in giro per il loro magico mondo, regalandole meravigliose e profumate rose…
Quel mondo Caroline e Rachel lo conobbero per altri cinque anni; quando la maggiore venne portata via, tutto divenne grigio e spento, le farfalle persero le loro ali, gli elfi se ne andarono, le fate perdettero il loro scintillio, i fiori appassirono…Caroline, da sola, non riuscì mai più a tornare in quel luogo incantato, sembrava che solo la presenza di Rachel riuscisse ad evocarlo… e non ci furono più rose per le due sorelle.

EZ= Figliola cara… questo è il lascito che Rachel e Rowena hanno voluto donarti…

CA= La chiave… è di Rowena?

EZ= Si… la tua bisnonna la portava sempre al collo, questa chiave d’oro bianco, per quanto insignificante ed inutile possa sembrarti, nasconde al suo interno un grande potere…. un potere che solo Nimue può risvegliare.

CA= Che genere di potere?

EZ= Questo nessuno lo sa… a parte la prescelta.

I tre ragazzi, vicini l’uno all’altro quasi a volersi reciprocamente proteggere da quei paurosi e sconosciuti ricordi, erano increduli… e nel vedere i loro occhi spaesati e quasi impauriti, Ezra parlò di nuovo.

EZ= Vedo dai vostri occhi che tutto questo vi sfugge… non preoccupatevi, vi spiegherò tutto.

Dirigendosi nuovamente verso il piccolo tabernacolo, scostò dal muro una piccola tenda di velluto purpureo, particolare che prima era sfuggito ai tre; tornando indietro, notarono che reggeva tra le mani una cornice rettangolare di legno scuro molto vecchia e consunta dal tempo.

EZ= Ecco… guardate, e vi sarà tutto molto più chiaro…

Svelandola davanti ai loro occhi, i ragazzi videro che la cornice racchiudeva una fotografia color seppia, ritraente una ragazza seduta di circa diciannove anni dai lunghi capelli biondi, con a lato due ragazzi in piedi di qualche anno più grandi, uno moro e l’altro con una fluente coda ramata di media lunghezza. Tutti e tre i bei volti erano fissi in un’espressione grave e matura.

CA= Chi… chi sono?

EZ= Loro furono…. ciò che voi sarete dopo questa notte…

Osservando meglio, Caroline notò che la ragazza portava al collo lo stesso medaglione che ora giaceva nel palmo della sua mano sinistra e teneva in grembo una lunga spada bianca… il giovane moro brandiva nella mano destra una lunga lancia dove sulla sommità, appena sotto la congiunzione con la lama, vi era annodata con un laccetto di cuoio la stessa piuma che era tra le dita di Mello…. mentre l’ultimo ragazzo, dallo sguardo scanzonato malgrado la compostezza di quell’immagine, teneva tra le braccia un grosso libro tenuto semiaperto e tra le dita della mano sinistra una penna stilografica, quasi fosse stato immortalato proprio nel momento in cui si accingeva a scrivere qualcosa.

ME= Dio mio… ma tengono in mano gli stessi oggetti che abbiamo noi ora…

MA= Che cosa significa tutto questo? Chi sono loro, che ora siamo noi?

EZ= Loro sono… la Cacciatrice, l’Arcangelo e l’Evangelista. La sacra,prescelta triade della Profezia dei Sette Tempi.

CA= Che cosa?! Quindi…. noi…

EZ= Eccezion fatta per te, Caroline… voi, ragazzi, vi siete mai chiesti quale fosse… il vero significato dei vostri nomi?

Alterato, Mello sbottò:

ME= Un nome è solo un nome! Un insieme di lettere che identificano un individuo da un altro.

EZ= No figliolo… un nome è molto di più… è un messaggio, un codice nascosto… un vaticinio… un augurio od una maledizione…. un nome è tutto questo…

ME= Il mio nome è Mihael… che significa?

EZ= Mihael… dall’antico ebraico “Mi- ka- El”…. “chi è come Dio”…

ME= Ossia?

EZ= Ossia uno dei tre arcangeli… e tu, mio caro Mello, sei la reincarnazione dell’arcangelo Michele.

Il gelò si impadronì di Mello, che impallidì sgranando i grandi occhi color del cielo, seguito per emozioni simili da Caroline e da Matt; per un attimo, un palpabile, opprimente silenzio abitò quella stanza sotterranea. Mello sembrava incapace di qualsiasi reazione.

ME= Io… io sono…cosa?

EZ= In te, ragazzo mio, rivive l’antica forza dell’arcangelo Michele, colui che sconfisse Satana in persona… se ti sei salvato dalle fiamme la prima volta, portando sul tuo viso il simbolo di quell’azione, e dalla morte la seconda, non è stato solo per interposizione della donna che ami… ma anche della fibra e del sangue che risiede nel tuo corpo…

A quelle parole, istintivamente Mello andò a toccare con la punta delle dita la cicatrice del lato sinistro del volto.

ME= Ma se io sono l’arcangelo… Matt che cos’è?

Incuriosito e spaventato allo stesso tempo, Matt fece un passo in avanti raggiungendo così il fianco dell’amico.

EZ= (GUARDANDO MATT) Oh…beh, per te la situazione è un poco differente… benché il tuo vero nome sia “Mail”, conosci per quale ragione il tuo ex tutore Watari avesse scelto per te il nome di “Matt”?

MA= No… non mi sono mai posto il problema; Watari sceglieva personalmente il nome per ognuno di noi, quindi ho sempre pensato che non vi fosse una particolare ragione.

EZ= Ed invece sbagli, perché c’è una logica… molto più alta di quanto tu non creda. Watari scelse per te il nome “Matt” poiché non era altro che la trasposizione inglese del nome “Matteo”…

MA= Marco…Luca…Giovanni…Matteo. Io sarei…l’Evangelista?!

Matt pronunciò le ultime parole con il groppo alla gola di chi sa già la risposta che verrà data alla sua domanda; il rabbino annuì lentamente.

EZ= Si…

Preso dallo scoramento, appoggiò la schiena contro il muro e con occhi fissi davanti a se, si lasciò scivolare a terra portandosi una mano a coprire gli occhi, toccando con pollice ed indice le tempie.

MA= Cristo santo…

Matt era accovacciato a terra, Mello in piedi con i pugni stretti e lo sguardo fisso al pavimento, mentre il resto della Confraternita li fissava in silenzio; ma ad un tratto, l’unica persona rimasta indietro, l’unica che ancora non aveva proferito parola, parlò con voce simile al ghiaccio che si incrina.

CA= (GUARDANDO LA FOTO) L’Arcangelo… l’Evangelista… vi sono tre persone e due ruoli sono già stati “assegnati”,per così dire… quindi presumo che per me sia riservato il ruolo… (VOLTANDOSI VERSO EZRA) della Cacciatrice.

EZ= Ed è così Caroline… tu sei Nimue, la prescelta, la Cacciatrice di Dio… assieme all’Arcangelo ed all’Evangelista, componente la triade della profezia, i guerrieri della luce.

CA= (IN TONO DI SFIDA) E se noi non volessimo?

EZ= Nessuno può rifiutarsi…ogni uomo ha scritto il proprio destino ed è chiamato a svolgere il compito assegnatogli; voi, siete stati chiamati a compiere il volere di Dio.

CA= Perché Dio non se lo svolge da solo?

EZ= Non bestemmiare! Nessuno ha il diritto di mettere in discussione la volontà divina, nemmeno chi come te, è chiamato ad un fine più alto!

Se Mello e Matt si abbandonarono ad una muta angoscia, Caroline fu quella che reagì più vigorosamente… conformemente alla sua natura, una rabbia ostile la pervase.

CA= Voi… voi che scagliate fredde e secche sentenze senza curarvi dell’angoscia che suscitate nel cuore di chi vi ascolta…. voi,che vi definite indegni di speculare sulla giustizia della volontà divina ma che pretendete di disporre degli uomini come si fa con un pugno di foglie passite… voi, che vi definite semplici tramiti di Dio, ma che vi arrogate il diritto di muovere chi vi sta attorno come sciocche marionette senza nerbo, gettandole in pasto ai leoni per sentirvi appagate… osate definirvi servi di Dio? Siete solo servi della vostra smania di potere e del sordido appagamento che provate nel sentirvi in grado superiore a qualcuno, parandovi dietro a preghiere confabulate, a dogmi atavici… a moralismi ormai inutili ed instabili come sabbia del mare...

Non curandosi del mormorio indignato che ebbe sollevato tra i membri della Confraternita, Caroline stesse per un attimo in silenzio, fissando con occhi duri e rifulgenti di collera l’anziano rabbino… nel suo campo visivo, offuscato e limitato dall’ira, non vedeva più né sua madre, né Diantha, Eljiah o Mello e Matt; aveva come la percezione che come una cortina teatrale fosse calata su lei ed Ezra Levi, dividendoli dal resto dei presenti.

EZ= Nessuno più di te potrebbe essere Nimue… porti nel cuore e nel sangue la stessa ardimentosa passione che la fece diventare la leggendaria guerriera che fu…

CA= Gliel’ho già detto, e glielo ripeterò finché avrò fiato per respirare… io non sono Nimue.

EZ= E’ giunta l’ora che tu smetta di fuggire da ciò che sei, ragazza… affronta la tua natura, ineluttabile ed ultima; insisti nel volere che gli altri ti chiamino “Caroline”, ma giorno dopo giorno tu stessa avverti che questo nome ormai più non ti appartiene… la metamorfosi è iniziata.

A quelle ultime quattro parole, un flash colpì la memoria della ragazza: Ryuzaki, nel condurla presso il dottor Reiver per sottoporsi all’esperimento del Memorarium… le aveva detto la stessa cosa.

“La metamorfosi da Caroline in Nimue sta avendo inizio…”

Fece per controbattere, quando fu bloccata all’improvviso dalla mano di Mello, che le calò dolcemente risoluta sulla spalla; al contatto, si voltò per guardarlo: immobile come una statua marmorea, eccezion fatta per la mano ancora poggiata sull’omero femminile, teneva il capo leggermente chino nascondendo i bellissimi occhi dello zaffiro.

ME= Basta amore mio… non ha più senso adirarsi.

CA= Mello, cosa….

ME= Io, contrariamente a te Caroline, ho fede… e credo alle parole del rabbino. Se Dio ha veramente voluto così, noi non siamo nessuno per opporci.

CA= Mello… non posso crederci…

MA= (AFFIANCANDO CAROLINE) Io sono d’accordo con lui. Rassegniamoci Linne, il nostro destino è stato scritto così.

ME= (ALZANDO LO SGUARDO VERSO EZRA) Signore… qualunque cosa noi saremo chiamati a fare, come Arcangelo, Evangelista e Cacciatrice… la faremo.

La discussione forse sarebbe potuta andare avanti, assecondando quello che era il desiderio occulto di Caroline…. se non fosse stato per il fatto che una Halle  sconvolta e molto agitata fece la sua comparsa trafelata nella stanza.

HA= Caroline! Caroline per l’amor del cielo, devi venire subito!

La ragazza le si avvicinò velocemente, poggiando le mani sulle braccia dell’altra.

CA= Halle, tesoro calmati… che c’è, che succede?

HA= Audrey! Sta male!

CA= Cosa?!

HA= Ha cominciato a sentirsi debole, le girava la testa e poi è crollata a terra!

CA= Ora dov’è?!

HA= In camera sua, con Near! Presto, devi venire immediatamente!

Senza rivolgere la parola ad Ezra e seguita poi a ruota da Matt e da Mello, Caroline tenne dietro ad Halle, salendo le scale a due a due e correndo.
Arrivò in camera di Audrey quasi sbattendo la porta e nel vederla, si fermò: la cugina giaceva nel grande letto che pareva enorme a confronto della sua esigua figura; il suo viso presentava un pallore spaventoso, quasi tendente al grigio, gli occhi erano lucidissimi e bordati di violaceo che li rendeva inquietanti e inumani…respirava a fatica, il petto si alzava e si abbassava in un ansimo convulso e sibilante. Le si accostò lentamente, inginocchiandosile accanto e parlandole dolcemente.

CA= Audrey…

La ragazzina voltò piano la testa verso di lei e le parlò faticosamente, con voce flebile e annaspante per il poco respiro.


AU= Linne…che mi sta…succedendo?

CA= Non lo so,tesoro, mi dispiace… (POGGIANDOLE UNA MANO SULLA
FRONTE) Bruci di febbre… (A NEAR) Si è sentita male all’improvviso?

NE= Si… è sbiancata ed a cominciato a dire che la testa le girava vorticosamente… mi è svenuta tra le braccia.

CA= Non può essere il morbo dell’epidemia… Audrey non era qui durante lo scoppio virale, e se l’hanno fatta passare alla frontiera vuol dire che le sue condizioni fisiche ed immunitarie erano a posto.

Ma vagando sul corpo della cugina, Caroline comprese che non era il morbo ad aver infettato Audrey… ma qualcosa di peggio, che le procurò un lungo e freddo brivido nella schiena. L’epidermide del collo, dello sterno e delle mani di Audrey (gli unici punti non coperti dalla stoffa degli abiti) era talmente pallida da sembrare trasparente… e sotto di questa, vene e capillari erano perfettamente visibili, formando un intricato reticolo rosso-bluastro.
Alzando leggermente lo sguardo, notò che le labbra erano mortalmente esangui, le gengive, dal rosso vivo di una persona in salute, erano divenute dello stesso colore delle labbra, ritirandosi di almeno un centimetro scoprendo ancor più i denti, quasi a guisa di zanne.

NE= Hai qualche idea su quale possa essere la causa?

CA= Io… io credo di si. Ma ora non è il momento di parlarne, dobbiamo metterla sotto le coperte, sta tremando di freddo.

Facendosi aiutare dal ragazzo, Caroline coprì la cugina con le calde e pesanti coltri del letto, accomodandole al meglio la testa sul morbido cuscino ed accarezzandola dolcemente su una guancia.

HA= Dovremmo chiamare un medico…

Mello, intuendo a cosa si stesse riferendo la compagna nell’affermare d’avere un’idea riguardo, intervenne nel discorso.

ME= Un medico non servirebbe a nulla, anzi potrebbe renderci più vulnerabili…

MA= Mel, Audrey è grave, non possiamo lasciarla così!

“Forse io so a chi possiamo rivolgerci…”

Silenziosamente, Janice,comparve sull’uscio della camera della nipote, guardandola con occhi colmi di triste consapevolezza.

CA= Chi?

JA= La confraternita vanta tra i suoi adepti un ottimo medico… lo chiamo immediatamente.

CA= Non hai risposto alla mia domanda, mamma… chi è?

JA= Meglio che tu lo scopra quando arriverà… renderà le cose molto più facili.

E girando sui suoi tacchi, andò a scendere le scale mentre Near si rivolse a Caroline.

NE= Resto io con lei, non preoccuparti.

In silenzio, Caroline baciò sulla fronte Audrey ed uscì dalla camera; scendendo la rampa
di scale, Mello le si affiancò.

ME= La notte che Audrey si è sentita male, c’eravamo sia io che te a portarla all’ospedale… e se ti conosco abbastanza bene, so che quello a cui stai pensando è proprio lo stesso motivo del malessere di quella notte.

CA= Non lo escludo… ma per quanto in cuor mio provi a non considerare quell’ipotesi, si fa sempre più spazio tra le altre.

Tacendolo a Mello, Caroline si ricordò delle parole,lasciate in sospeso,che Ryuzaki aveva tentato di rivolgerle il giorno che Light aveva bussato alla sua porta.

“Caroline, Audrey è div…”

“Diventata… cosa?” pensò tra se e se. Dopo quel giorno Ryuzaki era scomparso, come la sua natura di spirito gli consentiva di fare, e non aveva più terminato la frase che, in quel frangente, lasciata in sospeso assumeva contorni allarmanti.

***

-    Mezz’ora dopo-

Il medico che avrebbe dovuto visitare Audrey era arrivato, trovandosi ora nella camera della ragazza; nell’attesa, Matt e Mello erano stati convocati dal rabbino, mentre Caroline era uscita nel grande giardino, non potendo (o non volendo?) così scoprire l’identità del terapeuta decantato da sua madre.

MA= Io non posso crederci…. l’idea di essere l’Evangelista mi terrorizza a morte… ma nel contempo, esercita in me un fascino non indifferente.

EZ= E’ una reazione comprensibile figliolo…molti prima di voi hanno creduto che tutto questo fosse solo un sogno…

MA= Ma come…cioè, perché noi? Chi ci ha scelto, con quale logica?

EZ= Tante domande affollano il tuo cuore, Matt… siete stati scelti da Dio per compiere la sua missione e la logica di questa scelta, divina e per questo perfetta, non può essere sondata dalle nostre menti mortali..

MA= Qual è il mio compito? Che cosa deve fare un Evangelista?

EZ= Nel tempo che fu, i quattro evangelisti Marco, Luca, Matteo e Giovanni, riportarono le cronache della discesa del figlio di Dio sulla terra… ciò che ci hanno lasciato, ha donato agli uomini il conforto della fede. Ma tu, reincarnazione dell’evangelista Matteo, prima di essere un testimone della battaglia che verrà, sei un guerriero…

MA= Un guerriero?

EZ= Si… dovrai affiancare gli altri due membri della triade non solo con la testimonianza dei tuoi occhi, ma anche con la forza del tuo corpo e della tua mente…

A quelle parole, Matt abbassò il capo, sconcertato.

MA= Sant’Iddio…

“Noi non siamo guerrieri…”

A pronunciare quelle parole cariche d’amarezza, fu Mello, rimasto in piedi accanto alla finestra con le braccia incrociate sul ventre; il suo sguardo limpido vagava oltre il vetro ialino.

EZ= Che intendi dire Mihael?

ME= Arcangelo… Evangelista… sono ruoli onerosi, importanti, spaventosi nella loro sacralità. E più adatti a dei servi di Dio che a due sbandati, orfani dall’età di due e tre anni…

EZ= Non è una ragione sufficiente per rendervi meno onorevoli agli occhi del Signore…

ME= Rabbino Levi, sono entrato alla Wammy’s House a due anni, ne sono uscito a quindici e per i successivi cinque anni fino ad ora, ho condotto una vita tutt’altro che onorevole! Ho stretto alleanze con le persone più turpi, ho distrutto, spaventato, corrotto, persino ucciso chi si metteva contro di me o intralciava il mio scopo. Le mie mani sono macchiate del sangue di innumerevoli vittime… come può Dio scegliere come suo massimo araldo, come arcangelo e come suo servo… un assassino?

EZ= Figliolo, non c’è uomo più o meno degno della grazia divina… essa scende dal cielo, sotto forma di pioggerellina dorata; è due volte benedetta, per chi da… e per chi riceve.

ME= Belle parole…

EZ= Non sono mie.. ma di uno dei più grandi maestri della letteratura, di qualcuno che con i suoi scritti ha celebrato la gloria di Dio anche nei vincoli d’amore e d’amicizia.

ME= William Shakespeare… l’autore preferito di Watari…

Il rabbino annuì sorridendo dolcemente.

ME= Mi parli dell’Arcangelo, padre… mi spieghi cosa Dio si aspetti che faccia…

EZ= Michele, primo dei principi e custode del popolo d’Israele, è ricordato per aver difeso la fede contro le orde di Satana…nell’Apocalisse è riconosciuto come colui che guidò l’esercito celeste nella battaglia contro il drago e gli angeli caduti del Paradiso, messaggero divino,guerriero armato di spada e lancia, dalle ali maestose e policrome…

ME= Ecco il perché della piuma…

Parlarono per molto tempo ancora… mentre un destino tutt’altro che umano dipanava le sue trame di fronte a coloro che avrebbero dovuto adempiere a qualcosa che andava di gran lunga oltre le umane capacità.

***

Era là fuori da chissà quanto… ma non si curava di aver perso la nozione del tempo, avvertiva che era una cosa che giorno dopo giorno l’abbandonava sempre di più; seduta a gambe incrociate su una delle panchine di pietra, osservava l’orizzonte che cominciava a colorarsi dei morbidi toni del vespro… finché i suoi occhi non furono catturati da qualcosa che nei giorni precedenti le era sfuggito. Dalla scalinata in pietra grezza che portava alla terrazza della seconda parte di giardino, a circa metà del percorso partiva un sentiero sottile in terra battuta, che si snodava all’interno del piccolo boschetto; senza indugiare oltre, Caroline si alzò in piedi e scendendo celermente gli scalini, si immise nel sentiero.
Guardandosi intorno, avvolta nel morbido e resinoso silenzio della vegetazione, comprese che il viottolo iniziante nel giardino della villa, sfociava all’interno di un piccolo bosco; seguire il tracciato si faceva sempre più impegnativo, gli aghi di pino secchi e caduti a terra formavano un soffice tappeto scricchiolante sotto i suoi passi leggeri, le fronde degli alberi si facevano sempre più intricate tanto da arrivare a nascondere il cielo agli occhi della ragazza, che ogni tanto doveva farsi strada con le mani, scostando i rami orizzontali più bassi.
Era talmente affascinata dalla naturale magia di quel posto così silenzioso che camminava tenendo lo sguardo alto, ad ammirare i colori del bosco in inverno.

CA= (SORRIDENDO) Mio dio, sembra il bosco di “Alice nel paese delle meraviglie”… chissà se sbucherà da qualche cespuglio il Bianconiglio o lo Stregatto….

Ad un tratto, sotto il suo sguardo attento, il sentiero cominciò a curvarsi verso il basso, in un arco quasi perfetto; mettendo i piedi trasversali per aver miglior presa sul terreno, prese a scendere… finché non sentì che la terra sotto il suo piede sinistro aveva cominciato a franare.


CA= Merd…AAAAH!

La zolla dove sostava si staccò impietosamente dal resto dell’humus e cadde sul terriccio di schiena; data la pendenza del terreno, la forza inerziale la portò a rotolare lungo il declivio. Avendo preso velocità, non riusciva ad agganciarsi a nulla né a fermarsi e ripiegò sul raggomitolarsi in posizione fetale, a voler proteggere la testa ed il collo da eventuali urti.
Si fermò soltanto quando andò a sbattere con la schiena contro il tronco massiccio di un albero; il contraccolpo, oltre ad aver arrestato il suo rotolamento, la sbalzò leggermente in avanti, facendola cadere a bocconi; l’urto la lasciò per qualche istante senza fiato e, puntellandosi sui gomiti, si prese un momento per riprendersi.

CA= Complimenti Caroline… se c’è un modo in cui per fermarti devi farti male o incrinarti qualche costola, tu lo trovi sicuro…. cavolo, che botta…

Alzandosi in piedi traballante, aiutandosi con le mani lungo il tronco dell’albero, guardò davanti a sé…. e rimase spiazzata nel vedere il luogo in cui era arrivata.

CA= Mio dio… questo ha tutta l’aria d’essere… un mausoleo.

Su uno spiazzo di terra perfettamente tondo, si innalzava una cappella in stile gotico, dalle pietre grigie ormai consunte dal tempo; su entrambi i lati, a custodia del sonno sepolcrale degli abitanti della struttura, del portone in bronzo opaco e striato del color verde che porta l’ossidazione, vi erano due magnifiche statue di angeli, simili a quelle del Bernini su Ponte Sant’Angelo a Roma.
Forzando leggermente i maniglioni del portale e facendo saltare con un calcio la serratura ormai arrugginita, aprì entrambe le ante che rivelarono una scalinata verso il basso; sporgendo la testa verso l’interno, vide che tutti i muri erano affrescati con scene del giudizio universale e di martiri dei vari santi della religione cattolica.

CA= Beh, sono arrivata fin qui… tanto vale andare fino in fondo.

Attenta a non scivolare, prese a scendere i gradini ripidi e resi lisci dall’usura di chi prima
di lei aveva transitato per quei luoghi; cercando di lottare contro la nausea che l’odore di muffa le provocava ed appoggiandosi con la mano contro la parete umida e ricoperta in alcuni punti da muschi e licheni, scese tutta la gradinata, per giungere a quella che doveva essere la cripta della cappella.
Contrariamente a quanto si aspettava, la stanza era costituita solo da due enormi cassoni di granito, delle dimensioni di una grande vasca da giardino, posizionate parallele l’una all’altra con un distacco di circa mezzo metro, in modo da formare uno stretto passaggio. Vi diresse risoluta, e quando si trovò a circa metà altezza del piccolo “corridoio” un brivido di terrore la pervase.
Entrambe le vasche, rivelavano quattro bare di legno, due per ciascuna struttura. Il primo cassone racchiudeva le bare dove erano custodite le salme di Julian e Selene River, mentre il secondo  proteggeva quella di suo padre, Adrian Seyrig, ed quella di un altro individuo di cui non riusciva a leggere chiaramente il nome, data la consunzione della placca rameosa che aveva perso alcune lettere. Tuttavia, ci si accanì decisa a scoprire chi fosse l’individuo riposante del sarcofago.

CA= (STRINGENDO GLI OCCHI PER VEDERE MEGLIO) Le lettere sono talmente consunte che alcune sono illeggibili! Vediamo…. W… T… I…E… ah, accidenti! Le date sono più comprensibili: 1...7…9 – 2…0…

Ad un tratto, si bloccò; poggiandosi con la mano sul coperchio della bara per avvicinarsi di più alla scritta, questo si era smosso leggermente.

CA= Non è stato sigillato… forse posso aprirlo!

Cominciò a spingere con tutte le sue forze, riuscendo a poco a poco a smuovere il rigido cofano; si cominciava già ad intravedere il profilo della spalla e del muscolo di congiunzione tra questa ed il collo, avvolti in quello che probabilmente era un sudario bianco…la sagoma del mento iniziava a svelarsi, quando…

“CHE STAI FACENDO?!”

Caroline sobbalzò, lanciando un piccolo grido nel sentire quella voce irritata così all’improvviso; nel riconoscerne il proprietario, si portò una mano al cuore ansando.

CA= Cazzo, Ryuzaki un giorno o l’altro mi farai morire se continui a sbucarmi dietro nei momenti più impensabili! Hai un po’ di gusto del macabro o sei un amante spassionato di Halloween se ti decidi a ricomparirmi davanti di soppiatto e all’interno di una cripta!

Il volto di Ryuzaki era serio e tirato: l’afferrò deciso per un polso e la guardò con occhi fiammeggianti, mentre la sua voce tradiva nervosismo ed ansia.

RZ= Vieni via da qui.

CA= Ma cosa…

RZ= SUBITO!

***

Sabbia. Polvere. Oscurità. Questo era il suo mondo, questo era il suo regno. Osservava la massa umana brulicante,spaventata ed inutile da molto lontano, da una dimensione superiore, scissa dall’universo… e molto più spaventevole di qualsiasi inferno. La quotidianità si dispiega innanzi ai suoi occhi come un sconfinato atlante dove muove a piacimento le sue pedine, facendolo rassomigliare ad un’immensa scacchiera.
Esercito bianco contro Esercito nero.
Con un ghigno osservò la mossa dell’avversario, gli occhi aurei scintillanti di folle smodatezza…. e passò al contrattacco.

“Siate tranquilli, vivete le vostre vite…. la morte, è solo l’inizio.”

***

Sedeva composto sul divano, le gambe elegantemente accavallate, il gomito destro posato sul bracciolo con la punta delle dita poggiata sul mento, l’altro poggiato compostamente sulle gambe.
Gli occhi attenti, acuti, fissi su un solo punto, su un solo oggetto posato nel centro del tavolino di fronte a lui.
Pensava…. le sue riflessioni,già da qualche giorno, erano fisse su un unico punto… punto,strettamente collegato all’oggetto che aveva innanzi.
Aveva previsto tutto questo. Lo aveva previsto da quel giorno, sapeva benissimo che non sarebbe riuscito a distogliersici. Avrebbe dato qualsiasi cosa per far si che il suo desiderio si avverasse, tutto…. anche l’anima.
Di colpo, le luci delle abat-jour attorno a lui cominciarono a sfarfallare perdendo tensione, fino a spegnersi del tutto avvolgendolo nel buio più totale.
Deciso ad andare presso l’impianto per azionare quelle di sicurezza, fece però solo a tempo ad alzarsi in piedi.
Due occhi simili all’ambra, accompagnati dal bianco lucente di quelle che sembravano zanne, iniziarono a crearsi dal nulla davanti ai suoi occhi.


“Chi sei…?”

La creatura, parlando in un lungo ed infernale ringhio, si espresse.

“Io sono la chiave…. la chiave per quello che desideri.”

“Sei uno shinigami?”

“Oh no, io sono molto, molto di più… sono colui che può aiutarti a raggiungere il tuo ideale… quello che nascondi nel tuo cuore, celato a tutti… tranne che a me.”

“C…cosa?”

“Fidati di me ragazzo… la morte, è solo l’inizio.”

Il buio divenne più fitto. Il tempo si fermò, gli istanti si bloccarono….
…mentre una risata ringhiosa si univa ad uno straziante grido di dolore.

***

Ryuzaki la trascinò via da quel posto, per poi condurla davanti al portone d’entrata della villa.

CA= Chi c’è sepolto laggiù?!!!!!

RZ= Questo non ti riguarda.

CA= Come sarebbe a dire che “non mi riguarda”?! Se mi hai trascinato via con la forza, ci sarà un motivo!

RZ= Ora non è il momento Caroline, presto lo scop..

CA= NO! IO NE HO ABBASTANZA DI SENTIRE PERSONE DIRMI CHE NON E’ IL MOMENTO, CHE LO SCOPRIRO’ DA SOLA! VOGLIO SAPERLO ORA, SUBITO!!!

RZ= Io non te lo dirò Caroline.

CA= CHI E’ SEPOLTO LAGGIU’?!!!!

RZ= ORA BASTA!

Di colpo, all’eruzione di quella voce, Caroline si immobilizzò acquietandosi; Ryuzaki la guardava con occhi fiammanti.

RZ= Non è il momento che tu lo scopra, ora entra in casa e va’ da tua cugina. Ci saranno più occasioni di quante tu possa immaginare, per noi.

E detto questo, l’esile figura di Ryuzaki cominciò a diventare sempre più evanescente, tremolando come una fiammella scossa dal vento.

CA= Ryuzaki giuro che se sparisci, te ne pentirai… Ryuzaki? RYUZAKIIIIII! TORNA QUI!

Ma le parole della ragazza furono vane, lo spettro era oramai scomparso; Caroline batté un pugno contro la facciata dell’edificio per la frustrazione, lanciando un grido di onta. Dopo essersi calmata, avendo riacquistato una respirazione normale, si decise ad entrare.
Fece appena a tempo a muovere qualche passo nell’androne, le cui poltrone erano occupate da Gevanni, Matt e Mello, quando Halle le andò incontro.

HA= Caroline, santo dio credevamo di averti persa, sei stata fuori un sacco di tempo! Mio dio, ma che ti è successo ai vestiti?! La tua fronte ha un livido!

CA= Halle non preoccuparti, non è successo nulla, sono solo inciampata…

ME= Tesoro, dove sei stata? Siamo stati in pensiero…

CA= Ero qui in giro, per i giardini… Audrey? Come sta?

Mello non poté pronunciare nemmeno una parola, che la loro attenzione venne catturata da due figure che stavano scendendo le scale, discutendo fittamente.
In una delle due, Caroline riconobbe sua madre e nell’altra…

JA= Caroline, si tornata, finalmente! Il medico ha finito ora di visitare Audrey!

Fu come uno shock, una veloce trasmissione di scariche elettriche al suo cervello, un assemblarsi di ricordi, colori ed immagini confuse e ridondanti che man mano che si assestavano assumevano contorni più nitidi.
Lui l’aveva riconosciuta. Lei lo aveva riconosciuto.

CA= Cosa… lei qui?

Il medico si esibì in un sorriso gentile, mentre i presenti facevano saettare gli occhi basiti dall’uno all’altra. L’uomo innanzi a Caroline si esibì in un accennato inchino con il capo.

“Permetta di presentarmi in modo completo signorina Seyrig… Mi chiamo Christabel Reiver, primario dell’ospedale psichiatrico di Tokyo. Ma forse lei mi ha conosciuto con il nome di “Hideki”…”

***

L’urlo si è spento. Il dolore cessato. Ora c’è spazio solo per il buio, che lo sommerge soffocante e per il suo respiro affannoso che spezza il silenzio circondante. Non ha il coraggio di riaccendere la luce, non ha il coraggio di controllare se la creatura se n’è andata.
Ha paura. Paura di rivedere quell’essere ripiombargli addosso, paura di sentire nuovamente quel dolore lancinante alla schiena…. paura di sentire di nuovo quelle parole.
Facendosi forza, si alza in piedi arrancando faticosamente verso il bagno; una volta arrivato, la luce della lampadina che si accende quasi lo acceca nel suo abbacinante biancore. Si guarda allo specchio per qualche istante, per poi iniziare a sbottonarsi la camicia con dita tremanti, scosso da brividi di freddo e di angoscia.
Una volta liberato il torso dall’indumento, si voltò di schiena per poi torcere il volto verso di questa, osservandone il riflesso nello specchio.
Eccolo. Esteso su tutta l’epidermide, nero, mostruoso nel suo diabolico significato, spaventoso a vedersi. Eccolo, il segno della sua colpa.
Uno sbaglio irrecuperabile…. una macchia incancellabile marchiata a fuoco sulla sua pelle.
La sua schiena era la sua confessione, la sua schiena era il memento delle sue azioni.
Scivolando in ginocchio a terra dallo sconforto, chiudendosi il viso con le mani, gli risuonarono nella mente le parole della creatura.

“Avrai ciò che desideri… ciò che il tuo cuore lussurioso e mortale anela più di ogni altra cosa. Ed io, avrò il mio araldo nero.”








 






  
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