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Autore: roxy92    24/08/2011    1 recensioni
Dal prologo "Un oggetto pesante cadde in acqua. Lo udì sbattere con un tonfo sordo ai piedi del fiume. Un mugolare sommesso gli permise di identificare qualcosa di vivo. Ne avvertì l’aura e non era umana. Sospirò seccato volando nella giusta direzione. Era sicuro solo di una cosa a quel punto: rogne."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era già da mezz’ora che circolavano per quella radura, lei davanti e lui dietro. Piccolo si preoccupò che, se qualcuno avesse potuto vederlo in quella situazione, probabilmente ci avrebbe rimesso la faccia.

Aveva detto che non l’avrebbe protetta in alcun modo. Invece, la seguiva come un cane da guardia. Si sentì ribollire dentro a quel pensiero.

“Senti un po’, per quanto ancora andrà avanti questa scenetta? Tu non hai idea di dove cercare e io meno di te. Perdiamo solo tempo.”

Leara continuò a muovere pochi passi, poi si fermò e smise di giocare con la ciocca di capelli che attorcigliava tra le dita.

“Puoi ripetere? Ero assorta ad ascoltare il fiume.”

Si accorse allora di una vena che pulsava pericolosamente sulla tempia del guerriero.

“Beh? Sei per caso arrabbiato?”

Il chiamato in causa si impose di trattenersi. Si limitò ad alzare il tono di voce di più di un’ottava.”

“Stiamo perdendo tempo! Quel tuo maledetto medaglione è perduto!”

Per tutta risposta, la ragazza si girò e indicò una direzione precisa.

“Non manca molto. Da quella parte.”

“Te l’ha detto il fiume?”

Sbottò l’altro, sarcastico.

“Esatto.”

In dubbio per qualche istante se fosse stato preso in giro o meno, le impose di fermarsi afferrandole la spalla.

“Che significa che puoi parlare col fiume? Chi accidenti sei tu?”

Lei sbattè le palpebre più volte, stupita.

“Te l’ho detto. Sono Leara.”

Gli fu risposto con ovvietà. Piccolo storse la bocca, conscio ormai che doveva fare attenzione a quel che diceva, per essere capito a pieno.

“Che creatura sei? A quale razza appartieni?”

Aveva l’impressione di doverle cavare le parole di bocca. Non era a suo agio con qualcuno più silenzioso di lui. “Gli esseri umani ci chiamano spiriti dell’acqua.”

“Da dove vieni? Qual è il tuo pianeta?”

In quel momento si ricordò che secondo Balzar quella straniera non proveniva da tanto lontano.

“Io?”

Gli parve incerta.

“Io vengo dalla terra. Perché, cosa credi?” Sbigottito, le fece notare che pareva tutto, tranne una terrestre. La vide calciare via con il piede un sassolino che le era capitato davanti. Non c’era bisogno di essere geni per capire che quel discorso la metteva a disagio.

“Giriamo poco sulla terra. Per questo gli esseri umani non sono abituati a noi. I miei fratelli raccontavano spesso che ci scambiavate per alieni.”

A quel punto avrebbe voluto svelare a pieno quel mistero e non si sarebbe fermato di fronte al mutismo della ragazza. Non si aspettava però che lei avrebbe indicato un luccicare su un prato poco distante, ne che si sarebbe messa a saltare e battere le mani come una mocciosa.

Ancora non sapeva che dietro un sorriso si può nascondere tanto dolore e l’aveva lasciata fare come se si fosse stata un fenomeno da baraccone. Se le emozioni umane, per lui, erano un enigma, molto peggio si rapportava con lei, che cambiava umore spesso come le maree.

Aveva sbuffato e incrociato le braccia, tranquillizzato solo del fatto che col famoso medaglione, presto quella assurda storia sarebbe finita. Appoggiata la schiena al tronco dell’albero più vicino, incrociate le braccia al petto, aveva chiuso gli occhi per godere dei raggi del sole che filtravano fra le foglie.

Non se l’aspettava proprio che lei gli stampasse un bacio sulla guancia prima di correre a raccogliere quello stupido monile. Quando si rese conto dell’accaduto, diventò più rosso che verde.

Gli insulti peggiori che stava formulando gli morirono in gola. Il sorriso che si ritrovò a combattere in quell’istante era diverso da qualsiasi gli fosse stato rivolto prima, semplicemente disarmante.

Balbettò solo di aver a che fare con una matta e iniziò a pulirsi la guancia neanche fosse stato toccato da un mortale veleno.

“Non mi hai solo permesso di sopravvivere ma addirittura di continuare a lottare.”

Urlò abbastanza forte da mascherare l’incertezza nella propria voce.

“Mi interessa solo del desiderio che puoi esaudire!”

Leara, ormai, gli aveva dato le spalle ed era più lontana. Si arrestò solo un attimo per rispondergli, ma non tornò indietro.

“E’ inutile che fai tanto il duro! L’ho capito subito che non c’è male nel tuo cuore. Altrimenti neppure sotto minaccia di morte avrei promesso di renderti più forte!”

Il namecciano, offeso, le aveva dato le spalle. Mai avrebbe ammesso di aver davvero apprezzato quelle parole.

Terribilmente teso, si era rimesso ad osservare il sole: come se avesse voluto a tutti i costi tenere gli occhi aperti, a sfidare la luce dell’astro ad accecarlo. Era tornato subito calmo, rassicurato dalla propria intima forza.

Ormai di nuovo attento a ciò che lo circondava, avvertì subito quella vibrazione. Una goccia di sudore freddo gli colò giù dalla tempia. Individuò il nemico in un lampo. Si voltò deciso e, con orrore, lo percepì proprio alle spalle della ragazza.

“Spostati di lì! Ce l’hai alle spalle!”

Leara fu via in un battito di coglia con una capriola. In mano, vittoriosa, stringeva il suo medaglione. Si portò vicino a Piccolo e aprì le dita, pregustando già la sua ritrovata forza.

“Cerchi questo?”

Il nuovo arrivato mostrò un oggetto del tutto uguale al suo.

“Cavolo!” Solo allora, la ragazza si rese conto di avere recuperato un falso.

Perdonatemi, l’azione ancora scarseggia. Sono alle prime armi come writer. Se potete, portate un po’ di pazienza. Ciao! ;)

  
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