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Autore: sotl    25/08/2011    4 recensioni
Un Hermione che all'improvviso si ritrova ad essere la protagonista di un circolo vizioso comandato da un ragazzo senza volto e senza nome. Un ragazzo che la tormenta dall'inizio dell'anno, un ragazzo che non ha nulla a che fare con Ron ed Harry, un ragazzo che ha il potere di farla rabbrividire.
Dalla trama: “E lui rideva dei suoi tentativi, sapeva quanto la sgomentasse l'idea di essere scoperta da loro, si prendeva gioco della sua vittima mentre se la godeva.”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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C a t c h i n g   h e r


 


And I've lost who I am And I can't understand
Why my heart is so broken...

Shattered-Trading Yesterday

 

 

Mesi, erano mesi che quella storia andava avanti.

Hermione non ne poteva più: non lasciava spazio allo studio, ai suoi amici... non la lasciava pensare liberamente. Deturpava la purezza di quello che era la sua mente. Nonostante tutte le cose che avesse visto o fatto, quello era l'unico luogo che le era rimasto intatto. Ed ora, anch'essa, le veniva brutalmente strappata via. Il suo ultimo appiglio a quella che, si supponeva, dovesse essere la sua razionalità: ciò che l'aveva sempre caratterizzata e lei non riusciva a capire. Non comprendeva quanto la sua figura, a detta di tutti insignificante, potesse apparire degna di nota, perfino attraente ad una voce così sensuale, ad un corpo così forte... Perché erano quelle le uniche due cose che conosceva di lui: il tono basso con cui pronunciava ogni singola sillaba e la forza con cui la prendeva da parte per sbatterla contro al muro più vicino.

I tuoi capelli ispirano sesso”

Si era sentita dire, improvvisamente, una volta. Non sapeva chi era, ma non aveva potuto far altra cosa che non fosse quella di lasciarsi trasportare via dalla salda presa delle sue mani. Era stata sospinta con un misto di irruenza e delicatezza verso un'aula che si sarebbe riempita di lì a poco. Era preoccupata più per la lezione che sarebbe dovuta incominciare entro pochi minuti che spaventata da lui, inoltre il ragazzo sembrava non interessarsene nemmeno. Non le aveva dato il tempo di potersi girare per vederlo in viso: era accaduto tutto così velocemente, al solo ricordo le venivano i brividi.

Sentiva il sospiro caldo della sua voce vicino all'orecchio. Il tocco delle sue mani -che salivano sempre di più sul suo corpo- per quanto avesse dovuto disgustarla, non le aveva procurato nessun'altra reazione se non quella di farla rabbrividire pericolosamente. In risposta ai suoi patetici tentativi di allontanarlo, lui continuava ad incalzarla con rozze spinte, cercando di farla scontrare con qualcosa che riuscisse a tenerla ferma. E lei cercava di divincolarsi come meglio poteva, ma intanto pensava ad altro, cosa che sicuramente non avrebbe fatto piacere al ragazzo chino su di lei. Lontana in minima parte da quello che stava accadendo, al fuoco del suo corpo che si accendeva ad una velocità impressionante grazie al tocco delle sue dita sulla pelle nuda, la sua mente rimaneva calma. Separata da parole che, dette ad un'altra, non avrebbero suscitato alcun scalpore. Quella frase, però, l'aveva lasciata di stucco: si era ormai abituata a considerare la massa informe dei suoi ricci per quella che era e non come oggetto di attrazione, come i capelli lo erano per la maggior parte delle ragazze. Lui, al contrario di ogni aspettativa, le passava sornione una mano sulla nuca, sfiorando con leggerezza ogni boccolo. Arricciando, di tanto in tanto, una ciocca alle sue dita, per poi intrufolarvisi con più irruenza, fin quasi a farle male. Grazie a quella stretta, realizzò finalmente di essere nei guai. Non poteva essere Ron che cercava di riconquistarla: il suo tocco non era mai stato così, sempre impacciato e confuso. Ma, chiunque fosse, le stava facendo provare sensazioni terribilmente nuove e lei, incapace di trattenersi, aveva emesso un gemito strozzato dalla gola, quando una mano di lui le si era insinuata sotto la camicia della divisa. In quel momento, aveva aperto gli occhi di colpo e, afferrata miracolosamente la bacchetta, aveva stordito il suo aggressore. Era scappata ancora prima di poterlo guardare in volto e, una volta al sicuro, un sospiro di sollievo aveva fatto capolino dalle sue labbra, mentre il battito del suo cuore non accennava a diminuire.

E da quel preciso istante, era entrata in un circolo vizioso da cui sapeva di non poter uscire facilmente. Ci sperava forse, ma si era preclusa al mondo troppo presto per riuscire a non cedere alle carezze del suo persecutore. Per lei non era diventato altri che questo: nient'altro che un'ombra che la scrutava da lontano, per poterla avere ad ogni ora del giorno. Non aspettava nemmeno il momento in cui era sola, si avventava su di lei anche quando era scortata dalle sue guardie del corpo, i suoi migliori amici. Succedeva tutto alla velocità di un battito di ciglia e loro non si accorgevano mai di nulla. Semplicemente, spariva senza lasciare tracce di sé.

Tutto lasciava loro pensare che si fosse diretta nella biblioteca, dato che quando la vedevano riapparire era sempre piena di libri, trasportati a fatica dalle sue braccia, per colpa del poco spazio che aveva nella cartella. Infondo non avevano alcun motivo di insospettirsi, era un comportamento tipico di Hermione, ma non si immaginavano nemmeno quanto si sbagliassero. Quei libri erano una copertura messa in atto da lei, due comunissimi manuali a cui sostituiva spesso la copertina, niente di più facile per ingannare chi non ammirava i libri come avrebbe dovuto. Harry e Ron erano praticamente fuori gioco, ma si sentiva così tanto colpevole per quello che faceva alle loro spalle.

E lui rideva dei suoi tentativi, sapeva quanto la sgomentasse l'idea di essere scoperta da loro, si prendeva gioco della sua vittima mentre se la godeva. Lo detestava, odiava quella sua ironia malata, il fatto che trovasse divertente tutto quello di cui lei si preoccupava.

Chi molesta nascondendosi non è altro che un viscido verme”

Urlò con esasperazione lei un giorno, come in risposta alle sue carezze mute, ma lui sembrava essere già troppo lontano per poterla sentire. Eppure se lo vedeva sempre attorno. Doveva averla stregata, non c'era nessun'altra soluzione possibile ed era come se la sua presenza aleggiasse sulla sua testa, dietro la sua schiena. Pronto ad afferrarla alle spalle non appena si fosse rilassata, non appena avesse abbassato la guardia. E lei non aveva mai smesso di tenere gli occhi aperti: ogni volta che camminava da sola o entrava in un'aula per poter vedere se qualcuno fosse anche solo vagamente interessato alla sua presenza, ma -com'era prevedibile- non aveva mai scorto nessun segno utile, nessun cenno, nessun sorriso equivoco che potesse corrispondere a quello del ragazzo sconosciuto. Tutte le volte in cui riposava gli occhi o tirava un sospiro sollevato, lui era lì, pronto ad aspettarla e coglierla di sorpresa ancora una volta. Come se fosse lui a prevedere tutte le sue mosse, come se fosse lui ad avere il controllo del suo corpo, a muovere tutte le sue articolazioni nella direzione voluta, non lei.

Ormai non riusciva più a toglierselo dalla testa: conosceva a memoria il suo odore, il profumo delle sue dita, della sua pelle. Si svegliava nel cuore della notte ansimando, con la sua voce che le sussurrava roca alla base del collo, il suo alito caldo che le solleticava la pelle sudata. Ed era tutto all'interno della sua mente, alla fine era riuscito nella sua impresa: l'aveva fatta completamente impazzire, capitolare irrimediabilmente contro di lui.

***

Era riuscita a passare indenne la prima parte della giornata. Le lezioni erano scivolate come acqua e non aveva dovuto compiere enormi sforzi per prendere tutti gli appunti che le occorrevano. Era corsa istantaneamente nella sala comune di Grifondoro e non lo aveva incontrato, non aveva nemmeno avuto il sospetto che la stesse seguendo. Andava tutto a meraviglia, ma forse lo aveva pensato troppo presto.

Hermione, aspetta! Dove stai andando?!”

Era la voce di Harry che la stava richiamando, non le piaceva il modo in cui aveva urlato, non lo faceva quasi mai... non con lei. Si girò lentamente verso di lui, come se fosse stata colta alla sprovvista. Lo guardò con aria confusa, in attesa del resto delle sue parole.

Ieri hai saltato la lezione di ripasso che avevi promesso a Ron, cos'è successo?”

Lo sguardo con cui la teneva imprigionata al suo posto la faceva raggelare, lui sapeva che qualcosa non andava, eppure voleva farla confessare ugualmente. Il labbro le tremò, incapace di trattenersi ed Harry ne approfittò per continuare, conosceva il modo per farla cedere.

Devi dirmelo Hermione, mi hai sempre detto tutto!”

Scosse la testa, cosa avrebbe mai potuto dirgli? Che non era andata perché prigioniera di qualcuno senza un volto? Avrebbe sollevato e ribaltato la scuola intera per scoprire chi fosse, era da lui, ma non era da lei. Lei non voleva questo. L'amico aprì la bocca per incalzarla ancora, ma alle sue spalle giunse la voce di Ron.

Lascia perdere Harry, non ne vale la pena. Avrà trovato qualcuno che capisce quello che dice. Non è forse così Hermione? Credi che non ti abbia vista mentre un ragazzo ti trascinava via?”

L'orrore nei suoi occhi fece capire ai suoi due amici che Ron aveva ragione, con tutto ciò che ne conseguiva. Hermione rimase lì per tutto il tempo, ascoltando le ingiurie che non smettevano di uscire dalle loro bocche, mai le avevano detto simili cose, ma probabilmente le pensavano da tempo, ne avevano raccolto una bella collezione prima di riversarle su di lei. Ma Hermione non tradì il suo orgoglio, impassibile mentre li ascoltava con orecchie quasi sanguinanti, finché non smisero per riprendere fiato, arrossati dalla rabbia con cui le si erano rivolti. Non li riconosceva più, soprattutto non capiva. Da molto tempo non si sentiva più colpevole nei confronti di nessuno e loro non avevano il diritto di insultarla come stavano facendo.

Allora, a testa alta, li guardò uno alla volta, sapendo che ogni cosa che avevano detto la consideravano vera. Per un attimo i suoi occhi si velarono di lacrime, ma riuscì ad andarsene prima di scoprirsi. Una volta fuori dalla sala comune iniziò a correre, inconsapevole di dove potesse andare. Bastava scappare il più lontano possibile da loro. Mostri, mostri, erano dei mostri. E più lo ripeteva, più si convinceva di esserlo anche lei. Per tutto quello che era successo e che aveva fatto accadere, perché sapeva di non essere innocente in quella storia. Non completamente, ma la colpa l'aveva sempre data a lui, non si era mai immaginata il contrario. Rendersene conto era come essere pugnalata da mille lame, trafitta dalla sua stessa colpa. E continuò a vagare in cerca di un luogo buio, dove nascondersi da tutti.

***

Era rimasta lì, accucciata in un angolo buio del castello, con la testa stretta saldamente nelle ginocchia, cercando di non trasformare la sua ira in lacrime amare che l'avrebbero fatta star male più di quanto non si sentisse in quel momento. Odiava piangere: la faceva sentire debole, inferiore. Disprezzava le ragazzine che piangevano davanti agli altri, come se avessero bisogno di essere salvate da un destino crudele, erano sciocche, infantili. Ma farlo con se stessa, come se avesse qualcosa da nascondere a loro: i suoi due amici che l'avevano sempre accolta a braccia aperte, la faceva sentire male; si era ritrovata ad essere come quelle stupide ragazzine. Non era da lei, non era più lei da moltissimo tempo. La maggior parte delle cose che le avevano urlato, ora capiva, erano realmente vere. Ed era stata lei a renderle vere, tenendo nascosto quello che avrebbe dovuto rivelare fin dall'inizio. Con il dorso della mano cercò di asciugarsi la pelle bagnata appena sopra lo zigomo. Il gesto, però, risultò spezzato a metà da un ultimo singhiozzo che non era riuscita a trattenere.

Sarò anche un molestatore, ma so essere un gentiluomo”

Si sentì dire dalla stessa voce profonda che l'assillava continuamente. Chi se non lui sarebbe stato in grado di trovarla? Pareva essere l'unico a sapere sempre ed esattamente dove andava a cacciarsi. Ed era sempre lì, prima o dopo di lei non importava... c'era. Alzò gli occhi ancora bagnati ed arrossati a causa del pianto e vide la sua figura nera svettare sopra il suo volto. Non poteva vederlo o intravederne i dettagli per colpa dell'angolo stra maledettamente buio che aveva scelto. Ma lo conosceva, sapeva di conoscerlo, sentiva di conoscerlo. Ora anche la sua stessa voce, quella che aveva sentito per tutti quei mesi, le suonava famigliare, ma ancora era confusa. Finché una mano pallida non ruppe lo strato oscuro per venirle incontro. Il palmo aperto nella sua direzione, la invitava dolcemente a stringerla per tirarla in salvo.

Ora, la sua stessa mente la malediva dall'interno, si sentiva esattamente come quelle ragazzine isteriche, ma non poteva far altro che afferrare quella mano. Inconsapevolmente, era diventata la sua ancora di salvezza. Nonostante fosse sbagliato, nonostante fosse riprovevole. Perché lei sapeva il motivo per cui aveva pianto, ne era fin troppo consapevole e non voleva ammetterlo e forse anche lui lo sapeva e non gli interessava rivelarglielo. Ma come avrebbe potuto fidarsi? Dopo tutto quello che le aveva fatto, dopo tutto quello che era stata costretta a subire. Non che avesse molte possibilità di scelta, il danno era stato fatto, l'aveva vista sull'orlo di un crollo e non poteva più riparare.

Afferrò quindi quella mano pallida che subito la strinse forte, era più grande della sua che in confronto sembrava quella di una bambina. La tirò su delicatamente, con la stessa dolcezza con cui si era intrufolato nel suo segreto. Poi la spinse con sé contro l'oscurità in cui si era nascosta. Trattenendo la sua forza come, solitamente, non si premurava di fare, in modo che non si facesse del male. Quasi involontariamente, il petto di lei cozzò contro il suo ed alzando gli occhi sul suo volto, il suo cuore perse un battito. Riconosceva i lineamenti duri del suo viso, anche se il buio intorno a loro non gli permetteva di vedere il colore dei suoi occhi. Non importava: sapeva perfettamente qual'era la loro sfumatura, perché si era ritrovata innumerevoli volte a fissarli con odio. Così, constatò con orrore mascherato a stento, di essere stretta nella morsa di Draco Malfoy. Lo stesso Malfoy che per anni non aveva fatto altro che tormentarla, lo stesso Malfoy che per quell'anno aveva fatto di tutto pur di farla uscire di senno, lo stesso Malfoy che ora le sorrideva preoccupato.

Con una forza che non sapeva di avere, lo spinse via inorridita. Fra tutti quelli che avrebbero potuto essere, persino Serpeverde, mai avrebbe potuto immaginare che proprio lui avesse deciso di intraprendere quel gioco pericoloso.

No...”

In altri momenti il suo cervello, di cui tanto si vantava, avrebbe messo insieme parole migliori per dimostrare tutto il suo disappunto, se di questo si parlava. Ma i suoi occhi non avevano fatto altro che spalancarsi e guardarlo terrorizzati. Non sarebbe mai stata pronta ad una simile rivelazione, nemmeno in condizioni del tutto normali. Nemmeno se di punto in bianco si fosse presentato davanti a lei come suo molestatore personale. Gli avrebbe riso in faccia senza cercare di trattenersi. Ma con tutto quello che era successo, con quello sguardo preoccupato con cui aveva scandagliato il suo corpo in cerca di qualcosa che solamente lui poteva sapere... No, non poteva essere tutto un suo scherzo, neanche Draco Malfoy in persona avrebbe potuto arrivare a tanto. Perché vedeva dai suoi occhi che quella preoccupazione era del tutto reale, sebbene ora fosse celata dal suo migliore sguardo di disprezzo che le rivolgeva quotidianamente.

Per un momento, Hermione pensò di aver avuto un'allucinazione. Ma non avrebbe potuto negare l'evidenza a lungo: sotto quella nuova luce, riconosceva tutto del suo aggressore. Voce, corpo, anche le mani, tutto quello portava solamente a Malfoy ora.

Che c'è? Non mi dirai che non ti ho fatto divertire abbastanza per questo anno, Hermione?!”

Il suo nome pronunciato con quella vena di disgusto nel tono della sua voce, le fece salire un veloce conato dalla gola che, fortunatamente, riuscì a trattenere. Poteva sentire ogni cellula del suo corpo impegnata nel risolvere il mistero che era Malfoy e, al contempo, ogni muscolo che, a differenza di corpi ben più miti, si metteva automaticamente in tensione per respingere ogni sua mossa, per scattare come meglio poteva se ce ne fosse stato il bisogno. Scosse freneticamente la testa, pentendosi di avere ancora qualche lacrima a solcarle le guance rigate. Lui non l'aveva mai vista debole, non prima di allora.

Cercò di tirare fuori la bacchetta, ma contro di lei c'era la totale assenza di lucidità che, invece, sembrava aiutare palesemente il suo avversario. Draco, infatti fu più veloce, estrasse dalla tasca posteriore la sua e gliela puntò contro, in corrispondenza del suo petto che si alzava e si abbassava troppo velocemente per potersi controllare. Cercò di negare ancora la sua presenza lì, ma ne venne fuori un solo singulto strozzato. Aveva dimenticato le sensazione che era capace di farle provare, aveva dimenticato come ormai conoscesse a memoria ogni singola curva del suo corpo. Ma lui evidentemente non lo aveva fatto. Nonostante avesse ancora la sua arma alzata, guardava nella stessa direzione in cui l'aveva mirata, sorridendo ad una battuta che Hermione non poteva sentire. Si sentì scoperta ai suoi occhi, nuda. Lui sapeva tutto, capiva ogni cosa essendo partita da egli stesso, ma lei non comprendeva affatto. E avrebbe voluto scappare, ma l'idea di voltargli le spalle la terrorizzava.

Furetto che diavolo stai facendo?! Allontanati subito da lei!”

Un incantesimo non verbale doveva aver spinto Malfoy contro il muro del corridoio opposto, perché lei non se lo vide più di fronte. La ragazza non si girò a vedere chi era arrivato, lo aveva riconosciuto dalla voce e non poteva che esserne riconoscente. Sentì un suo braccio cingerle la vita e si lasciò sorreggere, completamente priva di forze. Osservò il suo aguzzino massaggiarsi la base della nuca, che doveva aver sbattuto violentemente durante la caduta, ma non se ne rallegrò. Malfoy stava ancora dalla parte di chi aveva vinto tutto, per questo non aveva ancora imprecato contro il suo aggressore. Si alzò in piedi con un'agilità felina, degna del suo corpo flessuoso e, con un'ultima occhiata di ammonimento ai danni di Hermione, se ne andò come se non fosse successo nulla che valesse la pena di essere raccontato ai suoi compagni di casata. Vedendolo sparire, Harry si girò completamente verso la sua amica, abbracciandola forte. Lei poggiò il viso tra l'incavo del suo collo e tornò a piangere.

***

Harry, vedendola in quello stato, si pentiva di tutto quello che le aveva detto: se non lo avesse fatto, lei non sarebbe scappata così da loro e non avrebbe incontrato Malfoy pronto a cogliere l'occasione giusta per sopraffarla. Occasione che, era sicuro, aspettava da anni. La strinse agitato contro di lui, cercando di farle capire che l'unico ad essere colpevole in quella brutta storia era lui.

È colpa mia... colpa mia... colpa mia”

Quelle parole venivano ripetute come una cantilena d'altri tempi, con una melodia che sembrava essere fatta di morte. Non aveva mai visto Hermione ridotta così e sapere di esserne la causa lo straziava, lo tormentava più di quanto potesse arrivare a credere. Non si scusò con lei, sapendo che non erano delle scuse quelle che voleva sentirsi dire in quel momento. Ma non sapeva come tenerla, cosa dirle. Aveva la tremenda paura che se avesse sbagliato anche una sola mossa, lei avrebbe potuto spezzarsi definitivamente. All'improvviso, sentì diminuire la pressione delle sua mani sulle spalle. Aveva smesso di piangere e lo stava guardando come se avesse avuto davanti un fantasma. Si scostò leggermente da lui, che continuò a tenerla per gli avambracci con il terrore di vederla cadere da un momento all'altro.

Harry... Ho così tante colpe, avevate ragione. Io non lo sapevo, ma avevate ragione...”

I suoi occhi saettavano spaventati dal suo viso al corridoio. Se non l'avesse portata subito in sala comune, davanti al camino, temeva che sarebbe svenuta su di lui. Quelli di lui così verdi, nonostante velati dalle lenti dei suoi occhiali, le si posarono diretti sui suoi, offuscati dalle lacrime e da una consapevolezza di cui non voleva venire a conoscenza.

Abbiamo tutti delle colpe Hermione, non avremmo dovuto dirti delle cose tanto orribili”

Non c'era gratitudine in lei, ed Harry la capiva. Nonostante fosse sconvolta, sapeva bene perché se n'era andata così di corsa da loro due, lo rammentava fin troppo accuratamente e ancora non aveva deciso come comportarsi nei loro confronti. In ogni caso, il suo compito era quello di riportarla sana e, soprattutto salva, indietro. Non la prese in braccio, era incredibilmente goffo per non pensare di farla cadere, si limitò a passarle un braccio intorno alle spalle ed aiutarla così.

Per tutto il tempo, nessuno dei due parlò più. Hermione sembrava essersi ricomposta: aveva asciugato ogni traccia che avrebbe potuto destare qualche pettegolezzo, non rimaneva nulla della sua crisi, se non due occhi arrossati dal pianto. Nel suo caso, gli studenti che li avessero visti, avrebbero subito pensato che fosse dovuto al poco sonno. Normale per lei, anche lui e Ron c'erano cascati all'inizio. Con tutti quei libri e le corse in biblioteca, ma vedendola ridotta così, aveva cambiato idea. Se lei non avesse voluto, nessuno dei due le avrebbe più chiesto alcuna spiegazione sul suo strano comportamento.

Era giusto che decidesse da sola cosa fare della sua vita, loro non potevano controllarla a quel modo. Finalmente aveva capito che il loro compito era unicamente quello di starle vicino e di non biasimarla se decideva di sparire per un paio d'ore. Avrebbe davvero voluto sapere cosa l'aveva turbata tanto, non aveva la presunzione di pensare che solamente le sue parole l'avessero ridotta in quello stato, anche se non negava che in buona misura la colpa era sua.

La portò all'interno della sala, sulla sua poltrona preferita -vecchia e sgualcita- ma la più comoda lì dentro. Lei, senza dire una sola parola, si sistemò sopra di essa, portando le gambe al petto e cingendole con le braccia. Diede una veloce occhiata nella sua direzione, ma non gli fece capire nessuna delle sue intenzioni. Così, pazientemente, Harry si mise nella poltrona affianco alla sua, con il preciso intento di fare il suo compito di pozioni per dimostrarle che non avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Come, invece, le aveva chiesto un giorno prima. Il minimo che poteva fare, era quello di non sforzarla a parlare, voleva darle tutto il tempo che le serviva. Non aveva ancora smarrito tutti i suoi sensi di colpa, quando Hermione si alzò così improvvisamente da farlo sussultare nella sua scomoda posizione. Aveva passato gli ultimi venti minuti a guardarlo studiare, se aveva fatto errori nello scrivere il tema, non glielo aveva fatto notare. Ma era stata attenta a tutti i suoi passi. Hermione, continuando nel suo ostinato silenzio, gli rivolse un lieve sorriso. Appena accennato, ma per lui era già un enorme passo avanti. Non la seguì con gli occhi mentre usciva dalla sala e incontrava Ron, lui non l'aveva ancora vista... dopo le grida.

Vai da Harry, ti aiuterà lui con pozioni per questa volta”

La sua voce era mite, la solita che usava sempre con loro due. Non era più arrabbiata e questo faceva sentire Harry ancora più in colpa. Avrebbe dovuto prenderli a pugni, sfogarsi su di loro e, invece, aveva lasciato tutto dentro o dietro di lei. Avvertì Ron sprofondare sulla poltrona lasciata ancora calda dal corpo della loro amica. Una volta sistematosi, gli disse con aria affranta che gli aveva posato una mano sulla spalla, prima di andarsene. Le nocche di Harry divennero bianche. Avrebbe voluto inseguirla, sapere cos'era capace di tormentarla più di quanto non avessero fatto loro due. Ma rimase al suo posto, trattenendo l'istinto protettivo che era tornato prepotente nei suoi confronti.

Abbiamo sbagliato tutto con lei oggi”

Incredibilmente, anche Ron parve d'accordo con lui sulla sua affermazione. Lui che era solito portare rancore anche per una minima cosa.

***

Non camminava da molto per i corridoi deserti della scuola. Non si capacitava di come potessero esserlo, nonostante fosse inverno e il freddo iniziasse a farsi sentire, lei trovava piacevole passeggiare tra quelle mura confortanti. Loro, almeno, non erano mai cadute. Non tutte, anche se i tanti attentati degli studenti le avevano messe a dura prova. Quel pensiero la fece sorridere, per la prima volta dopo che quel disastroso pomeriggio aveva avuto inizio. Con Harry e Ron aveva sistemato tutto. Loro, infondo, non avevano bisogno di molte parole per riappacificarsi con lei. Aveva visto lo sguardo di Harry, gli occhi leggermente più scuri del normale, ma presto sarebbe passato. Era abituato a sopportare molto di più che le scene isteriche di una ragazza. Si era arrovellata al meglio per trovare un modo di riprendere anche con Ron, alla fine le era venuto spontaneo. Inoltre, Harry stava facendo davvero un ottimo lavoro con quel tema, avrebbe spiegato l'argomento anche a lui. Magari sarebbe riuscito a capire meglio di quando le cose gliele spiegava lei, ma sapeva già che Ron sarebbe ritornato a chiederle di poter copiare i suoi appunti, non se ne sarebbe stupita. Harry si sarebbe stancato presto di quel successo accademico, in particolar modo dopo che Piton gli avesse regalato il suo consueto troll.

La sua direzione le era ben chiara nella mente. Ora che sapeva -quasi- tutto, non ci aveva messo molto a capire come ragionava Malfoy. Subito dopo che Harry era accorso da lei, non aveva fatto altro se non cercare di tornare lucida. Ma era stato terribilmente difficile anche solo provarci con lui che la stringeva con fare così protettivo. Era così diverso il suo modo di toccarla da quello di Malfoy. Lui non era mai stato delicato, tranne quando si era rivelato a lei con quell'aria preoccupata. Era sconvolgente, inquietante la facilità con cui aveva cambiato espressione non appena Hermione si era allontanata da lui. Il repentino cambio di sguardo e tono di voce, sembrava due persone diverse e, allo stesso tempo, lei lo riconosceva in tutte e due.

Non fu difficile sapere di essere seguita, fin da quando era uscita dalla sua confortevole sala di Grifondoro, era stata attenta ad ogni dettaglio. Nel corridoio c'era stato un singolo cambiamento, appena percettibile ed inudibile per chiunque non l'avesse aspettato: un riecheggio di passi in più e lei seppe chiaramente che lui si trovava esattamente dietro la sua schiena. Non si voltò per accertarsene, semplicemente, entrò in una delle tante stanze vuote a portata di mano nel castello, aspettando che lui la seguisse anche lì. Non fece quasi in tempo ad appoggiarsi ad uno dei banchi davanti alla cattedra che lui entrò velocemente, richiudendo alle sue spalle la porta. Non girò la chiave e non cercò di sbarrarla con la magia, era fin troppo orgoglioso per farlo. Dopotutto sapeva che sarebbe rimasta: per la prima volta era stata lei ad organizzare un loro incontro. Con un leggero movimento della mano, accese la luce tra le quattro mura. Illuminando, così, il volto inespressivo della ragazza che lo guardava, incurante del fatto che lui avesse messo sul viso uno dei migliori sorrisi sprezzanti che era riuscito a trovare.

Non credi che sia ormai tardi per nascondersi, Hermione? Ora le luci sono accese, niente più segreti!”

La malcelata ironia di quel discorso, venne colta dalle orecchie della ragazza come una colossale presa in giro. Non sapeva cosa aspettarsi da lui e questo la turbava non poco, ma si trattava pur sempre di Draco Malfoy. Si era rivelato solamente più astuto di quello che si sarebbe aspettata da lui. Lo vide avvicinarsi lentamente, come se avesse dovuto aggirare un animale selvatico impaurito. Purtroppo per lui, Hermione non aveva affatto paura. Sopportò i suoi passi lenti che le si facevano sempre più vicini, avrebbe dovuto essere tutto così naturale: la stava tormentando da quasi un anno. La sua vicinanza era una delle poche cose di cui avrebbe dovuto essere sicura, ma ora che conosceva il viso di colui che l'aveva fatta gemere così tante volte, non era più sicura di nulla. Sentì le gambe tremarle impercettibilmente, quando una sua mano le si posò vicina al fianco, appoggiandosi contro il legno ruvido del banco.

Voglio sapere il perché”

Nel dirlo aveva girato il volto verso il suo, scoprendo che il sorriso di scherno si era trasformato in un leggero piegamento di labbra. Solo allora si rese conto di non averle mai baciate, ci erano andati moltissime volte così vicini, ma nessuno dei due aveva mai fatto nulla per portare a termine il tutto. Draco non l'aveva mai toccata più in là di dove lei non avesse voluto, questo doveva concederglielo. Ciò non toglieva nulla al fatto che l'avesse trascinata via troppe volte contro la sua volontà, solamente per sentire che aveva del potere su di lei. Potere che lei sapeva di esercitare su di lui, ma era ancora troppo restia a credere a tutto quello, troppo restia a capire come comportarsi con lui che, in fin dei conti, sembrava già capitolato per metà.

Prima di risponderle, avvicinò le labbra alle sue -come se le avesse letto nel pensiero- e ci soffiò sopra lentamente. Hermione dovette reprimere l'impulso di leccarle per farle tornare umide. Non era mai riuscita a provare disgusto per il suo aggressore, iniziava a capire che non ci sarebbe riuscita neanche chiamandolo con il suo nome.

Il perché? Mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro, non credevo ti servisse anche che te ne parlassi ad alta voce”

Un guizzo negli occhi di lei, gli fece capire che anche il suo tono ironico si era perso. Non poteva farci niente, non quando le era così vicino. Non quando sentiva il suo odore così intenso attraversargli le narici, per sprofondare fin nelle sue vene. Non quando lei sembrava così sconcertata da quello che vedeva; mai aveva potuto godere di quell'espressione sul suo volto. Non quando si rivolgeva a lui. E sempre aveva desiderato vederla. I suoi occhi troppo grandi, accentuati maggiormente dal suo stupore. Un colore così normale, così dannatamente attraente.

Ma non credere che non mi sia rimasta impressa la tua scenata, hai quasi rischiato di spezzarmi il cuore Hermione...”

Ed era la verità, anche se lei non gli avrebbe mai creduto. Una mano riuscì quasi a lasciargli un'impronta sulla sua guancia, era riuscito ad afferrarle il polso appena in tempo: prima che lei lo schiaffeggiasse malamente. Strinse di poco le dita attorno a quel braccio così sottile. Era talmente tanto esile presa tra le mani, non dimostrava per niente tutta la forza che, al contrario, possedeva.

Non osare ancora chiamarmi per nome!”

Come se non lo avesse ripetuto innumerevoli volte nella sua mente, come se non avesse mai pensato a lei. Dalle sue labbra, così vicine alle sue, uscì un sibilo minaccioso. A Draco ricordava il soffio che usavano i gatti prima di attaccare. Constatò con piacere che aveva riacquistato il pieno controllo di sé, nonostante avrebbe desiderato vedere altro che l'ira nei suoi occhi ambrati. Per un solo terribile istante, pensò di poterla baciare. Non aveva mai osato farlo, convinto che ancora prevalesse il suo disprezzo per lei, ma non era quel sentimento idiota a trattenerlo, era la possibilità di farsi disprezzare da lei. Più di quanto già non fosse disprezzato. Spendendo poca fatica, al suo inutile tentativo di ribellione, riportò la sua mano lungo il suo fianco, continuando a tenerla tra la sua. La ragazza, appena sotto di lui, boccheggiò in cerca di un'aria che non riusciva a trovare. E Draco rimase ancora una volta ammaliato dalle sue labbra.

Un anno. Era un anno che non riusciva a fare a meno di lei. Un anno e non aveva mai toccato quelle labbra. Le dita della mano libera le si poggiarono sul viso roseo e sconvolto. Con una delicatezza che non sapeva di avere, tastò con i polpastrelli la morbidezza di quella carne. Rossa come una mela che non avrebbe mai dovuto aspirare a cogliere. Gli occhi di lei -atterriti- non si perdevano nemmeno un suo gesto. Ma lui era altrove: rapito da quelle labbra tremanti da cui usciva, soffocante, un'aria che gli passava intorno al collo. Le si era fatto più vicino, inconsapevolmente più vicino, fino a far scontrare le gambe con le sue.

Tu hai la capacità di uccidermi... Hermione”

E senza più una parola, si spinse completamente contro di lei, sovrastandola dolcemente, pericolosamente. Senza un sospiro sollevato, così poco consono a quello che era lui. Prese finalmente quelle labbra con le sue, che -tremando- non cercarono di opporsi.


_______ =) 
Questo è quello che mi sono sentita di fare, di esprimere, di scrivere. Diciamo che è la prima vera one-shot che pubblico, ma il mio pc è "quasi" intasato da tutti i tentativi che ho fatto e che faccio su storie di ogni genere. Amo scrivere, e sono riuscita anche a trasmettere questa passione ad una mia amica che, anche se non l'ammetto mai, mi ha aiutato più di quanto volessi. Lei mi sprona sempre a buttarmi, ma per un motivo o per un altro non mi decido mai. Ora però l'ho fatto e ne sono felice.
Questo è quello che sono, che penso e che amo. Voi dite che può bastare?

 

                                                     Erica                   

 

  
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