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Autore: Daequan    26/08/2011    2 recensioni
"A volte mi chiedo se non abbiamo sbagliato tutto: non dovremmo dimenticare i dati e ricordare i sentimenti? E' così importante segnare il minuto di una marcatura e non l'immensa gioia che l'ha seguita e il duro lavoro che l'ha preceduta?"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cosa che fa più ridere quando lanci il pallone ai tuoi ragazzi per curarne i fondamentali tecnici (controllo di palla, tiro, passaggio, colpo di testa) è sapere che c'è almeno un'occasione per ogni gesto tecnico in cui sbagliare è stato fondamentale.

E io lo so bene.

Non son più un ragazzo, anche se vedere quelle maglie azzurre ogni tanto mi riporta a quei tempi, alla pipa del Mister, ai baffetti dei compagni.

Alle nottate in camera con l'odore di tabacco, in compagnia.

Dormivo quattro ore a notte. Poi giocavo.

Sono stato un calciatore anche io.

Però quando vedo i ragazzi stoppare la palla mi giro, faccio finta di niente e mi viene da ridere: un calciatore!

Poi mi torna in mente tutto come prima.

 

Avanzo a seguire le maglie azzurre come un pesce nella corrente d'un fiume fino a metà campo, poi mi getto nel cuore dell'area avversaria. Zona bianca, come bianche son le loro maglie, come bianche son le nostre facce. E loro non stan meglio, stanno perdendo. Ecco, vedo tutto nitido nella mia testa: i fili d'erba, il limite dell'area, il movimento della criniera del mediano avversario sotto il leggero vento.

Sono chiusi, e i miei compagni se la giocano tra loro.

Dall'esterno dev'essere tutto più semplice e dozzinale: un uomo baffuto servito da un altro uomo col numero 7 che riceve di nuovo la palla.

Ma i bianchi stan dietro e non c'è spazio.

Ecco, da qua vedo tutto più lento, vedo scorrere con più potenza il flusso dei ricordi, anche quelli più insignificanti: palla che non torna al baffuto, dove va, a chi l'ha passata, il numero 7?

A me.

La palla arriva e più si avvicina più la mia consapevolezza cresce. Mi preparo al contatto col piede come la base al contatto con l'astronave che torna sulla Terra: passo passo, e in un crescendo angosciante.

Vicina, sempre più vicina, vicinissima, toccata!

Ma l'astronave si va schiantando!

Palla che rimbalza male, lentissima, va a sinistra, a sinistra, a sinistra!

L'ho controllata male.

 

Ecco, io so che tutto questo negli archivi, nei tabellini, nei bugiardini che i giornali di settore elargiscono prima di ogni mondiale per la gioia di chi si avvicina a questo strano circo la prima volta e necessita di un breve ripasso storico, non c'è.

C'è il tabellino, le formazioni, gli allenatori, i gol...

le emozioni no.

E' l'archiviazione della realtà.

A volte mi chiedo se non abbiamo sbagliato tutto: non dovremmo dimenticare i dati e ricordare i sentimenti? E' così importante segnare il minuto di una marcatura e non l'immensa gioia che l'ha seguita e il duro lavoro che l'ha preceduta?

Certo, tabellini a parte, tutti si ricordano di me. Però è poco ricordarsi un'immagine. Anche perché io non me la ricordo, ricordo tutto quello che ha preceduto il momento clou. Il dopo è follia, impossibile da rimettere a fuoco.

 

Mi importa di più ricordare come l'ho controllata, quella palla del numero 7.

Male, mi è arrivata sul limite dell'area da destra e mi è partita verso sinistra, imprevedibile.

I bianchi, nostri avversari, erano assiepati in area, non c'era spazio.

Ma quando la palla si allontana non pensi al muro che hai davanti, pensi a riprenderla, non fartela fregare e farne qualcosa.

Magari calciarla, perché no, verso la porta.

Impatto la sfera di cuoio sudata quasi in scivolata.

La palla parte, schizza verso il palo più lontano e...

...ed entra.

 

Ecco, qui è dove tutti mi ricordano: il dopo. Io corro e comincio ad urlare, nemmeno fossi Hulk.

Poi, è chiaro, quando quelli incollati al televisore quell'11 luglio 1982 non ci saranno più non ricorderà più nessuno nemmeno il mio urlo.

Un po' mi spiace anche per i bianchi, in fondo la loro strada per la finale non era stata facile: ai supplementari della semifinale sono andati sotto di due gol contro Platini e compagni. Però hanno recuperato e vinto ai rigori.

Eroici anche loro. Ma nessuno li ricorderà. Nessuno ricorderà nulla, ci saranno solo dati e tabellini, e l'uomo del futuro dovrà impegnarsi per leggere la fatica, il sudore, il sangue, le lacrime.

Ma, in mancanza d'altro, che faccio, mi accontento: alleno i ragazzi dell'Under 21 e nel tabellino della finale se leggi bene c'è scritto:

 

Tardelli 69’.

 

Meglio che niente.

   
 
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