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Autore: Baka_Saru    26/08/2011    3 recensioni
One-shot sulla morte di Haku e Zabuza durante la missione nel Paese delle Onde del Team 7.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haku, Naruto Uzumaki, Zabuza Momochi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Stavano combattendo, no, avevano combattuto, avevano combattuto e ora la lotta era finita perché non vi era più nulla per cui lottare. La realtà, spietata e crudele, si infranse su Zabuza come un’onda sulla sabbia, che trascina via tutto ciò che trova. Haku giaceva poco lontano da lui, riverso sulla schiena, con gli occhi chiusi e un lieve sorriso ad increspargli le labbra. Sembrava sereno, tranquillo. Ma era ricoperto di sangue.
Morto.
Zabuza avrebbe voluto continuare la sua battaglia, vincere e non avere sentimenti. Avrebbe voluto non sentire quel dolore che nulla aveva a che fare con le ferite e che, implacabile, incessante, da dentro lo opprimeva.
Eppure non ci riusciva. Il demone del Villaggio della Nebbia capì di aver perso. Non una guerra, non uno scontro, molto di più. Aveva perso tutto. E dire che fino a poco tempo prima avrebbe detto di non essere padrone di nulla. E invece in quel momento, in quell’attimo in cui Haku si era fermato, immobile, davanti a lui, pronto a morire al posto suo, aveva visto, compreso la sua cecità.
Non sarebbe dovuta andare così.
Tutto quello, non sarebbe mai dovuto succedere. Avrebbero dovuto vincere, lui e Haku, e poi andarsene, insieme, il più lontano possibile, in cerca di qualche altro lavoro. Haku gli avrebbe camminato a fianco, si sarebbe fermato in qualche bosco in cerca di erbe medicinali; poi, la sera, avrebbe preparato la cena, per poi addormentarsi vicino a lui, senza alcun timore, con la stessa espressione serena che ancora, ancora, si manteneva sul suo viso. Ma ormai, era troppo tardi. Haku non sarebbe più stato al suo fianco. Lui non avrebbe più potuto vincere.

Alla fine, aveva accettato la sconfitta. Era arrivato Gatoo, e con arroganza aveva sferrato un calcio al povero corpo inerme di Haku. Zabuza sentì montare la rabbia dentro di sé, eppure il dolore greve e opprimente che ancora persisteva gli impedì di muovere un solo passo. A ribellarsi fu il bambino, il ninja biondo della squadra di Kakashi: “Bastardo! Come osi? Dì qualcosa anche tu! Era un tuo amico!”.
E cosa avrebbe potuto dire? Il nodo che si era impadronito della sua gola gli impediva di formulare qualsiasi protesta. “Zitto, marmocchio! Haku ormai è morto”. Fu tutto quello che uscì dalle sue labbra.
“Vuoi dirmi che non ti importa se il suo corpo viene calpestato?! Voi due siete stati sempre insieme!”
E’ quello che Zabuza vorrebbe dire, che non gli importa. Alla fine, lo dice. Ma non ci crede, non riesce a crederci. Perché, si chiede, perché non ci riesce? Non aveva forse sempre considerato Haku un’arma, uno strumento da utilizzare nei momenti in cui lo riteneva necessario? No, si rese conto di no. E la consapevolezza che ormai fosse troppo tardi divenne ancora più pesante da sopportare.
“Lui… Lui ti voleva veramente bene!”
Haku. I suoi occhi grandi, il suo viso da bambino. Solo, nella neve, in cerca di conforto. Triste, quando lo aveva incontrato, felice, quando lo aveva preso con sé. Haku era morto. “Infinitamente bene!”
Era cresciuto al suo fianco, non lo aveva mai deluso. Aveva pianto, riso, sofferto, gioito. Il suo rammarico nel fare del male a qualcuno, la sua consolazione nel sapersi utile. Haku era morto.
“Davvero non provi niente?”
I suoi sorrisi, le sue lacrime. Lui nel bosco, e gli animali non avevano paura ad avvicinarsi. Lui buono, gentile, premuroso. Delicato e femmineo. Forte e risoluto. Haku era morto.
“Sei veramente sicuro di non provare niente?”
Lui che correva nella neve, spensierato. Lui che sul campo di battaglia non uccideva. Il suo viso di porcellana, i suoi tratti dolci, aggraziati. Ogni sua espressione, così significativa, annullata dalla maschera dietro la quale metteva da parte ogni sentimento, ogni dispiacere. Haku era morto.
“Diventando forte come te, si perdono davvero tutti i sentimenti?”
Lui che ogni sera si addormentava sempre per ultimo e al mattino si svegliava per primo. Lui che si preoccupava sempre di metterlo al corrente di ogni suo spostamento, quasi temesse di essere abbandonato, di nuovo. Haku era morto.
“Per te lui ha sacrificato la propria vita!”
Haku che gli aveva dato tutto e non aveva chiesto nulla, Haku che era stato disposto ad annullare qualsiasi emozione per lui. Non lo avrebbe mai più rivisto sorridere. Haku era morto. E capì che mai, nei lunghi anni in cui erano stati insieme, aveva avuto rimpianti.
“Vivere senza vedere realizzati i propri sogni e morire come uno strumento… Sarebbe troppo doloroso.”
Haku era morto, felice.

All’improvviso il dolore esplose. Zabuza pianse, come non piangeva da anni. E insieme alle lacrime si liberarono sensazioni vecchie, che credeva non avrebbe mai più provato. Follia, disperazione, rabbia, voglia di sfogare su qualcuno il proprio tormento. Con un kunai stretto fra i denti, si avventò sulla folla che attorniava Gatoo. Uccise molti uomini, ne ridusse altrettanti in fin di vita. Arrivò fino a Gatoo. E allora, piano, il suo animo si acquietò. Ora, la sua missione era conclusa.

“Kakashi, mi faresti un favore? Voglio… Vedere il suo viso”
“Ma certo”
La rabbia, la follia, il dolore di Zabuza erano scomparsi; gli rimaneva solo un'immensa, infinita, dilaniante tristezza. E stranamente sentiva un bizzarro senso di pace e tranquillità nel sapere vicina la sua morte e la fine di tutta quella sofferenza.
Lentamente, dal cielo, senza preavviso, cominciò a cadere la neve. Delicata e bianca, come lui.
Haku era di nuovo al suo fianco, per l’ultima volta. Zabusa guardò il suo viso, la sua espressione serena sporcata appena dal cremisi del sangue. Pensò a tutte le volte in cui aveva sofferto, e lui non lo aveva capito. Ogni battaglia gli procurava dolore; la sua natura buona, gentile rifiutava gli orrori della guerra.
Eppure era rimasto con lui, e nei suoi occhi non aveva mai intravisto l’ombra di un rimprovero; si chiese come avesse potuto meritare così tanta devozione, lui che era un Demone, da parte di quella creatura che era Haku. Aveva visto rinascere i suoi occhi vuoti e spenti durante il loro primo incontro, lo aveva visto crescere, dominare il suo potere innato, diventare forte. Era stato suo allievo, suo compagno… suo amico.
Davvero, non sarebbe dovuta finire così; Haku avrebbe dovuto vivere, ancora. Eppure Zabuza aveva come l’impressione che lui non sarebbe stato dello stesso parere. Haku non avrebbe voluto invecchiare. Lui era la neve, il vento, una nuvola, un uccello. Lui voleva correre per i boschi, giovane, bello, e poi gettarsi sull’erba e ridere, e rialzarsi, vedendo arrivare il suo compagno, e andargli incontro, con gli occhi grandi e quel viso da bambino. No, la vecchiaia non faceva per lui. Forse per quello, nella sua morte così crudele e spietata, aveva trovato la felicità.
Posò una mano sulla sua guancia morbida e fredda. Morire guardando il suo viso non era così male; sempre insieme, fino alla fine, anche se probabilmente era troppo sperare di poter restare con lui anche dopo la morte. Chissà se avrebbe potuto offrire ad Haku una vita migliore, amarlo come meritava. Ormai non aveva più importanza; Zabuza sentì di averlo compreso più in quegli ultimi attimi che in tutta una vita passata con lui. Piano, il suo corpo si intorpidì, sempre di più, e il Demone comprese che la vita lo stava abbandonando. Si stupì di quanto quella sensazione potesse essere dolce. Davvero, davvero sperò di poter incontrare Haku ancora, dopo. Un fiocco di neve cadde sulla guancia del ragazzo, scivolando poi sul suo volto come una lacrima. Si chiese se Haku stesse piangendo per lui, perché questa volta il loro addio sarebbe stato eterno.
Lo guardò, per l’ultima volta. Candido, come la neve.
“E’ arrivato il momento di dirci addio, Haku. Grazie di tutto e perdonami, se puoi”.









Note dell’autrice: ehm, ecco qui. Boh, non lo so. È la prima volta che scrivo qualcosa di triste, quindi non so come sia venuta; perciò, gradirei qualche commento, anche solo perché mi diciate di lasciar perdere tutto e darmi all’ippica :P Poi, chiedo perdono. Questa inizialmente avrebbe dovuto essere una long. Cioè, ero partita con l’intenzione di sviluppare una storia di più capitoli con diversi episodi tratti dalla vita di Haku e Zabuza. Solo che più andavo avanti, più faceva schifo. Quindi ho deciso di buttare tutto e iniziare dalla fine.
Un altro paio di cose e poi vi lascio. Dunque, perché Haku e Zabuza? Il motivo è che io non mi commuovo facilmente. A quanto ricordo, sono stati due i momenti in cui ho davvero pianto leggendo qualcosa. Il primo è stato grazie a “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar (libro davvero bellissimo che, tra l’altro, consiglio a tutti): la descrizione della morte di Antinoo, giovanissimo amante dell’imperatore Adriano, e quanto di più straziante abbia mai letto. E poi mi ci sono anche un po’ ispirata, per quanto riguarda la proposizione interposta “Haku (Antinoo nell’originale) era morto”. A me mette una gran tristezza.
Il mio secondo momento di profonda commozione è stato invece per la morte di Haku e Zabuza. Quindi, quale coppia migliore di questa?

P.S.: i dialoghi sono tratti dal volume quattro di Naruto, copiati pari pari.
GRAZIE PER AVER LETTO^^
  
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