Letters
to Giuliet
Il sole di
primavera illuminava le foglie novelle e il vento di marzo
scompigliava i capelli dei passanti, tra i vicoli di Verona.
All’ interno di una cortile, all’ ombra di una
statua, sedeva una
ragazza, i capelli come il grano maturo e gli occhi come il cielo del
mattino,
sedeva e , asciugandosi gli occhi con un delicato fazzoletto bianco,
scriveva…
Fallito miseramente,
non sono riuscita a tenerlo con me, l’ho perso per sempre.
Ho seguito il metodo “in
amor vince chi fugge”, e l’ho perso per sempre.
Sapevo che era pigro, lo
conosco da anni, avrei dovuto capire che non era la tattica giusta e
invece ho
voluto fare la brillante e ora il mio amato tiene tra le braccia
un’altra.
Mi sono umiliata
Giulietta,
Umiliata come una
stupida. Ho pianto,l’ho pregato, implorato e non ho servito.
Ho voluto giocare alla
preda, - Non ti aspetterò per sempre - diceva, ma io pensavo
mentisse e adesso
non è più con me.
Non mi stringe più
durante i temporali, non mi accarezza più i capelli, non
sbuffa più. E senza di
lui mi sembra di aver perso tutto.
Tra meno di 3 giorni
tornerò in Giappone ma laggiù non
c’è nulla che possa giovarmi, che possa farmi
sorridere di nuovo. Se solo potessi restare ancora…
O Giulietta, tu che sei
amica di tutte coloro che soffrono per amore, ti prego, dimmi cosa devi
fare…
Ora anche io ti appartengo,
la tua Ino Yamanaka “
Se Parigi era la città dell’ amore per le coppie ,
Verona era
sicuramente la città di tutti quegli amori che non avevano
avuto un lieto fine.
Ogni giorno decine di ragazze e donne dal cuore infranto andavano in
quello
stesso cortile e lasciavano una lettera. Una lettera a Giulietta
Capuleti.
Quando aveva detto ai suoi genitori che voleva andare a Verona
l’ultima
settimana d’estate, Ino aveva omesso questo dettaglio,
dicendo invece che era
la sua ultima vacanza prima di entrare all’
università di medicina che
sicuramente l’avrebbe molto impegnata.
I primi 3 giorni
aveva continuato a passare davanti a quel famoso
balcone senza il coraggio di scrivere, come spaventata all’
idea che, una volta
messe nero su bianco, quelle parole diventassero più vere di
quanto già non
fossero. Alla fine il peso di quei ricordi l’aveva sommersa e
senza neanche
accorgersene si era ritrovata a osservare la statua di quella giovane
donna a
cui sentiva di assomigliare. Aveva preso un foglio e aveva scritto,
aveva
scritto di se, della sua stupidità e superbia , aveva
scritto di Shikamaru,
della sua pigrizia e di come, dopo averla amata per anni, appena lei si
era
innamorata di lui , aveva preso tra le braccia Temari.
Aveva scritto di come aveva usato Sai per cercare di riprendersi e di
come non trovasse nessuno che la facesse sentire viva.
E ora che stava per uscire dal muro di cinta del cortile Ino si
chiedeva a cosa era servita tutta l’angoscia che aveva
provato in quei giorni,
in quei mesi e non riusciva a rassegnarsi all’ idea che
Giulietta non le
portasse nessun aiuto.
“ Vivi “ le sembrò di sentire qualcuno
che le sussurrava all’ orecchio
e si voltò continuando a camminare.
L’urto fu inevitabile come il capitombolo che ne
conseguì.
Cercò di rialzarsi dolorante e si sorprese sentendo che
qualcuno la
sollevava afferrandola saldamente per la vita.
“ Mi dispiace tanto, sono un vero imbranato! Ti senti bene?
“ le
chiese una voce maschile.
Ino sollevò gli occhi sul ragazzo che la stava aiutando,
alto e
abbastanza muscoloso, spalle larghe, occhi marroni scuro come i capelli
sorriso
dolce e selvaggio allo stesso tempo e due tatuaggi rossi sulle giance, qualcosa in lui le era
familiare.
“ Scusami tu, ero sovrappensiero “
Arrossì per la prima volta in vita
sua e lui rise.
“ Come tutte quelle che escono da quel posto “ La
scrutò per qualche
attimo “ Mi sembra di averti già visto…
dove studi? “
“ Mi sono iscritta all’ università di
medicina a Tokyo, ma sono di
Konoha “ rispose lei sorridendo
“ Anche io sono di lì, sono Kiba Inuzuka
“ Le porse la mano e lei l’afferrò
“ Ino Yamanaka “
“ Ti và di bere qualcosa ? Per scusarmi di averti
travolto “
Ino si blocco. Non
riusciva a
fidarsi di nessun ragazzo, l’avrebbero tutti abbandonata come
Shika, non poteva
permettersi di soffrire ancora.
Era sul punto si rifiutare quando lui le sorrise docemente “
Di me ti
puoi fidare “ sussurrò.
Ogni resistenza cadde e la ragazza gli afferò forte la mano.
“ Vivi “ di nuovo sentì quel sussurro e
sorrise .
Grazie Giulietta.