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Autore: Nannaria    27/08/2011    6 recensioni
Mettiamo insieme i ragazzi del Glee e una piscina.
Vediamo cosa esce fuori.
La mia storia non tiene conto degli avvenimenti della puntata 2x22, dato che non l'ho ancora vista, tutto quello che c'è scritto è pura invenzione.
“Ragazzi, credo che dovreste calmarvi un attimo! Non ho finito di dire la cosa migliore!”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le parole non servono

 

 

 

 

L’immagine riflessa nello specchio rimandava la figura di una ragazza avvolta in un vestito bianco, lungo fino alle ginocchia, in vita un nastro nero era annodato dietro con un fiocco morbido.

I capelli carezzavano le spalle, lisci, leggeri, lucidi come la seta.

Ogni dettaglio era perfetto. Il vestito, l’acconciatura, la borsa, nera come le scarpe.

L’unica nota stonata era l’espressione corrucciata che la ragazza nello specchio aveva assunto. Il più delle volte Mercedes era sicura di sé. Si era sentita bella, quasi sempre. Aveva sempre dimostrato di avere carattere.

 

Quella sera l’aspettava da una vita. Un appuntamento vero, con un ragazzo non solo vero, ma anche bellissimo. Ogni dettaglio sarebbe stato perfetto se quella sera non si fosse sentita così insicura. Così poco bella. All’improvviso voleva il viso di Quinn e un fisico diverso. Voleva essere il tipo di ragazza che in un’occasione così non si scompone.

Ma era Mercedes Jones, ed era fiera di esserlo, e dopo un’ultima occhiata allo specchio si era voltata.

 

“Sei splendida. Perfetta.”

 

Kurt le stava sistemando per l’ennesima volta il fiocco del vestito, mentre Rachel continuava a fare un discorso (che nessuno stava seguendo) su quanto fosse fortunata.

 

“Grazie, Kurt.”

 

--

 

“Ah, Benji, sei bellissimo, ti sposerei.”

 

“Barney, falla finita e passami quella cravatta.”

 

“Quale, amore?”

 

“Quella blu.”

 

Ben aveva preso la cravatta blu scuro che Barney gli porgeva e se l’era sistemava sopra la camicia. Si era guardato brevemente allo specchio sperando sinceramente che Mercedes si presentasse.

Non era solito prendere appuntamento con chiunque, ma aveva voluto cogliere l’attimo, insomma, quella vacanza sarebbe finita e lei sarebbe andata via.

Non aveva molte occasioni di conoscerla. E l’unica cosa che sapeva è che voleva conoscerla.

 

“Ah, Benji innamorato. Bei tempi, bei tempi, quelli in cui mi eri fedele.”

 

Ben gli aveva dato uno schiaffo sulla nuca, prima di rispondere, con tutta l’eleganza possibile.

 

“Non ti sono mai stato fedele, amore.”

 

--

 

Ben si era presentato alle nove in punto all’entrata del ristorante.

Tutto quello che poteva offrire, in realtà, era un tavolo per due in una stanza piena di gente. Lontano da quello che avrebbe fatto se avesse avuto scelta.

Ma altra scelta non c’era, ragione per cui, doveva accontentarsi di portare Mercedes nel posto dove mangiava ogni santa sera da circa due settimane e sperare che le parole fossero sufficienti.

 

L’aveva vista arrivare da lontano, avvolta in quel vestito sembrava una stella, che si stagliava fiera nel cielo nero.

Ne aveva impresso nella mente ogni dettaglio.

L’aveva aspettata con le spalle dritte e un sorriso gentile, avvolto nel suo completo nero, con la camicia blu e la cravatta di una tonalità di blu leggermente più scura.

 

“Buonasera, Mercedes.”

 

Le aveva aperto la porta, permettendole di passare. Mercedes apprezzava tutte quello attenzioni, le aveva bramate così a lungo che non sembrava quasi vero.

Solamente che si chiedeva se Ben non fosse semplicemente gentile, ma più che altro distaccato.

Aveva immaginato le milioni di volte in cui Ben aveva aperto la porta ad una ragazza. Non aveva più molto appetito. Lei non aveva alcuna esperienza, e Ben sembrava essere l’esperienza fatta persona, con tanto di giacca e cravatta.

 

“Ti va di sederci lì? O preferisci un altro tavolo?”

 

Aveva indicato con la mano un tavolo vicino alla finestra, vuoto, che se non altro creava l’illusione di un po’ d’intimità.

 

“V-va benissimo lì.”

 

Accidenti, ma mi deve tremare la voce proprio adesso? A me non trema la voce, mai. Sicuramente vuole già tornare in camera!

 

Si erano seduti, uno di fronte all’altro. Con un cenno della mano, che Mercedes aveva classificato come un gesto raffinato, Ben aveva chiamato il cameriere.

 

“I menù, per favore.”

 

“Ma non fate parte di qualche scolaresca? Non mangiate la cena che serviamo a tutti?”

 

“Evidentemente. I menù, per favore.”

 

Il cameriere se ne era andato piuttosto seccato ed era riapparso pochi minuti dopo con due menù.

 

“Non ti sembra di esagerare, Ben? Possiamo anche mangiare quello che servono oggi.”

 

“Preferirei che scegliessi qualcosa che desideri. Ma se ti sembra troppo posso sempre richiamarlo in tempo.”

 

Che idiota! Voleva farmi un piacere! Ma perché parlo? Perché?

 

Aveva nascosto un minuto il viso dietro il menù, cercando di far diminuire il rossore delle guance. Ma perché Ben sembrava così composto, così a suo agio?

Si stava comportando da stupida, doveva smetterla.

Rischiava di rovinare la sua serata, in fondo non aveva sempre chiesto questo? Qualcuno che la trattasse come sentiva di meritare?

 

“No, non preoccuparti. Prendo il pollo fritto e le patatine. Tu?”

 

“Credo…sì, del pesce e un’insalata.”

 

Avevano richiamato il cameriere che si era segnato le ordinazioni e, sempre con l’aria scocciata, se n’era andato.

Dopo poco Mercedes aveva lasciato scivolare via l’imbarazzo e avevano cominciato a parlare un po’ di tutto.

Degli studi di Ben e del futuro di entrambi, di quello che avrebbero fatto ad agosto, e di come stava andando quella vacanza.

Avevano mangiato e se inizialmente Mercedes aveva visto Ben come una persona seria, addirittura fredda, si era dovuta ricredere quando lui aveva preso un pezzo di pollo dal suo piatto con le mani per assaggiarlo (ma sempre con eleganza) e si era sporcato le labbra d’olio.

Avevano riso entrambi mentre lui si ripuliva.

 

Dopo la cena avevano preso un dolce, del gelato, e avevano continuato a parlare, delle sorelle di Ben, degli amici di Mercedes.

Di ogni cosa che li riguardasse, avidi di scoprire di più.

Per concludere l’appuntamento in bellezza Ben aveva accompagnato Mercedes ai dormitori, come se non dormisse anche lui lì.

 

“Mercedes, è stata una serata stupenda.”

 

“Sono d’accordo, Ben, grazie.”

 

Erano vicinissimi, nel piccolo spazio che separava i loro visi soffiava l’aria fresca della notte.

 

“Mi sono scordato di dirti che sei bellissima.”

 

“Ma dai!”

 

Ben non aveva risposto, si era avvicinato di più.

Il braccio intorno alla vita, la mano sui capelli. In un attimo le labbra di Ben erano su quelle di lei. Tessuto bianco e tessuto nero si confondevano.

Stelle e cielo.

Si erano staccati, e non si erano detti nulla. Solo un sorriso.

A volte le parole non servono.

 

--

 

Erano più o meno le nove di sera, quando Brittany aveva chiesto insistentemente a Santana di passare un po’ di tempo da sole nella loro stanza.

Non che non passassero praticamente ogni attimo insieme, ma era difficile trovare intimità con una terza compagna di stanza.

Santana non aveva saputo rifiutare, anche perchè, il modo in cui Britt aveva ‘insistito’ non era del tutto corretto.

 

“Rachel, cara, cara, Rachel.”

 

“Santana. Cosa vuoi? E’ inutile che fai così, su.”

 

“Perché, non potrei solo voler stare con te?”

 

“Ehm…no?”

 

“In effetti no. Fammi questo piacere, sparisci da qualche parte stasera.”

 

“Cosa? Dove vuoi che vada? Già devo sparire per il resto del giorno, San! Per lo meno fammi dormire nel mio letto!”

 

“Ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego! Puoi andare un po’ da Puck, scommetto che non gli dispiace!”

 

“San, non se ne parla proprio!”

 

Cinque minuti dopo Rachel era fuori dalla stanza, maledicendo Santana.

 

“Allora, possiamo stare da sole, San?”

 

“Sì.”

 

Brittany non le aveva lasciato il tempo di pensare, le era direttamente saltata addosso, spingendola fino a farle incontrare lo spigolo della scrivania, mentre le lasciava un bacio tenero sulle labbra, che presto era diventato un bacio molto più profondo.

Sembrava quasi che ognuna respirasse l’altra.

Santana ci aveva messo poco a ricambiare, stringendo Brittany in un abbraccio così stretto che pareva quasi volesse fondere i loro corpi.

 

“Ti amo, San. Ti amo così tanto…”

 

Santana l’aveva presa per mano trascinandola sul letto, per dimostrarle quanto ricambiasse. Non aveva risposto. Un gesto vale più di mille parole.

 

--

 

Rachel si era trovata sbattuta fuori di camera sua alle nove di sera, senza avere la minima idea di dove dormire. Un’altra volta.

Era sicura che quelle due ne avrebbero avuto per un bel po’, e in fondo si sarebbe anche imposta di più se non avesse voluto vedere Santana felice.

Era così diversa da quando stava con Brittany, non caratterialmente, in quello era sempre la stessa. Era un cambiamento più sottile, qualcosa che si avvertiva nell’aria. Chissà, magari lo sentiva solo lei. Era certa, però, che fosse merito della felicità che provava in quel periodo.

Per questo non opponeva troppa resistenza, lei voleva che San fosse felice.

 

Rimaneva comunque il problema di trovare un letto.

Puck.

Era inevitabile pensare a lui, anche se sapeva che la cosa non era realmente fattibile. Prima di tutto perché c’era anche Artie in stanza, e ancora di loro due sapeva solo Santana.

Il secondo motivo era che Puck l’avrebbe vista…in un altro modo.

Di certo se fosse andata da lui e gli avesse detto ‘posso dormire nel tuo letto’, lui non avrebbe pensato affatto a dormire.

Ma cosa doveva fare, accontentarsi del corridoio?

 

Aveva sentito dei passi, e aveva capito chi era prima ancora di vederlo.

In fondo ci aveva passato insieme tutto il pomeriggio, anche se a debita distanza, e aveva ancora il suo odore addosso.

E poi stava canticchiando, e Rachel era sicura di saper riconoscere la sua voce.

Gli era andata incontro e, senza minimamente pensare che quel corridoio era pubblico, l’aveva abbracciato.

Lui era rimasto un attimo irrigidito, per il gesto inaspettato, ma dopo un secondo la stava già baciando sulle labbra, poi sul collo.

La stringeva forte, e Rachel si chiedeva se non fosse troppo desiderare che quel momento durasse una vita.

 

“Rachel, a cosa devo tutto questo entusiasmo?”

 

Lei era arrossita, e Puck aveva di nuovo pensato che fosse così…tenera.

Aveva ridacchiato, senza accennare a sciogliere l’abbraccio.

 

“Quale entusiasmo?”

 

Quindi si era alzata in punta di piedi per baciarlo, bacio che aveva trovato immediata risposta.

 

“Mi dici che ci fai qui? Mi aspettavi?”

 

Aveva sorriso, compiaciuto all’idea che Rachel lo stesse davvero aspettando.

 

“In un certo senso…sai, Santana mi ha gentilmente sbattuta fuori.”

 

“Oh, e quindi non sai dove andare.”

 

“Già.”

 

“Vieni in camera mia. Dormi con me.”

 

Il battito di Rachel era improvvisamente accelerato, mentre le guance si arrossavano. Perché doveva farle sempre quell’effetto? Come se il cuore potesse imploderle dalla felicità, o dai sentimenti troppo forti che provava.

Per un momento aveva pensato semplicemente di dire di sì, tornare a baciarlo e dormire con lui. Al diavolo i significati, che poi, anche se lui avesse voluto…voleva anche lei.

 

“M-ma, Artie?”

 

“Tesoro, non dormo mica con Artie, lui sta in altro letto.”

 

“Grazie, Noah, non ci sarei arrivata. Intendo, si chiederà qualcosa se dormo con te.”

 

“Mi stai dicendo di sì?”

 

Aveva chiesto, e l’espressione speranzosa che aveva era così dolce che aveva fatto sorridere Rachel, facendole tornare il batticuore.

 

“Ti sto dicendo: Artie si chiederà qualcosa se io dicessi di sì.”

 

“Cosa vuoi che mi importi? Può chiedere, se vuole, basta che non mi distrae troppo da te.”

 

“Uhm, e cosa pensi di rispondere?”

 

“Che io sono così fortunato da dormire con la ragazza più bella del Glee mentre lui dorme da solo?”

 

Le parole erano così sincere, che ancora una volta Rachel aveva dovuto farsi forza per non arrossire. Inutile dire che non era servito a nulla.

 

“Quindi…vuoi…vuoi dirgli di noi?”

 

Puck la trovava così dolce, la sua insicurezza, e allo stesso tempo non avrebbe fatto altro che rassicurarla per tutto il tempo.

 

“Certo che sì. Perché, tu no?”

 

“Che-che stiamo insieme?”

 

“E cos’altro? Rachel, ma che hai?”

 

“Possiamo dirlo a tutti?”

 

“Sì, ma non capisco…”

 

Rachel si era data della stupida per essersi fatta tutti quei problemi, potevano dirlo a tutti, poteva essere felice come Santana!

Non aveva dato il tempo a Puck di finire la frase, l’aveva baciato e poi, prendendolo per mano l’aveva portato verso la sua camera.

Lui sorrideva, soddisfatto e intenerito dalla reazione di Rachel.

Non avevano smesso un attimo di stringersi, una volta entrati in camera.

Era tutto così bello, da essere quasi irreale, un sogno. Un sogno che aveva luogo quell’estate, che cominciava in quegli edifici, in quelle strade.

Nessuno dei due l’avrebbe mai dimenticato, quel sogno.

Nessuno dei due avrebbe mai scordato quell’estate.

 

--

 

Il giorno dopo, Will aveva chiesto ai ragazzi di incontrarli, si erano quindi dati appuntamento verso le quattro del pomeriggio al bar.

Dopo aver preso qualcosa da bere tutti si erano sistemati.

Santana e Brittany avevano occupato una sola sedia, poiché la bionda si era accomodata sulle gambe dell’altra.

Puck e Rachel erano entrati mano nella mano, e, se qualcuno l’aveva notato e aveva cominciato a bisbigliare con qualcun altro, c’erano persone che prese da quello che Schuester aveva da dire non avevano fatto caso a nulla.

Persone come Finn, che stava seduto vicino ad Artie. Accanto a lui c’era Blaine, poi Lauren.

Tina e Mike erano seduti vicini e stavano parlando, dopo qualcosa che Mike aveva detto, Tina aveva sorriso e poi senza tanti complimenti l’aveva attirato in un bacio.

Mercedes era seduta accanto a Quinn, le stava raccontando la sua uscita con Ben, mentre la bionda le raccontava di come le cose andavano con Kyle. In fondo adesso avevano qualcosa ad unirle.

Kurt e Sam erano seduti nei posti più nascosti, dietro a tutti.

Si tenevano per mano, sotto al tavolino, ed erano così vicini che praticamente Kurt era appoggiato con tutto il peso sul braccio di Sam. Si sorridevano e si dicevano qualcosa all’orecchio. Qualcosa di estremamente dolce, dato il livello della tonalità di rosso che le guance di Kurt avevano raggiunto.

 

“Allora, ragazzi, sono qui per darvi una notizia stupenda.”

 

Tutti avevano interrotto le precedenti occupazioni per rivolgere l’attenzione al professore, che con una mano cingeva la vita di una Emma sorridente.

 

“Ho saputo in anticipo qualcosa che credo potrebbe interessarvi. Ecco, stasera, ci sarà una festa nella sala.”

 

Nessuno aveva reagito, in fondo le feste erano, se non giornaliere, per lo meno settimanali, quindi non c’era nulla che potesse davvero interessarli.

 

“E…ci sarà una serata Karaoke! Potrete cantare! Contenti? Mi raccomando, abbagliateli tutti.”

 

Rachel era scattata in piedi.

Kurt stava già supplicando Sam di fare un duetto con lui.

Finn si chiedeva se potesse chiedere a Rachel di cantare con lui.

Mercedes aveva già in mente una canzone che ancora non aveva fatto.

A Blaine, poi, sembrava una vita che non era al centro dell’attenzione, o al centro di un palco.

Artie pensava a qualcosa che potesse piacevolmente colpire Brittany e magari colpire spiacevolmente Santana. Gli sembrava di ricordare una canzone adatta.

Santana aveva solo stretto gli occhi, mentre Brittany le sussurrava all’orecchio che era da tanto che non la sentiva cantare…

 

Nessuno di loro aveva risposto, sebbene stessero tutti pensando alla stessa cosa.

A volte non c’è bisogno di parole.

Basta una canzone.

 

Salvee! :)

Spero che la fine vi sia piaciuta e vi abbia incuriosito: chi canterà? Quale canzoni?

Beh, lo scoprirete nel prossimo capitolo! :D

 

Lo dico subito e lo ripeterò nel prossimo capitolo, il duetto Sam-Kurt è dedicato a PooKie18 che tempo fa mi aveva suggerito di farli cantare. (Probabilmente non lo ricorderai xD)

Mi ha messo la pulce nell’orecchio e quindi eccoli qua! E poi non esiste una storia su Glee senza qualche canzone!

Baci. :D

  
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