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Autore: Vitriolic Sheol    27/08/2011    1 recensioni
Tutti noi cerchiamo un porto sicuro nella tempesta... un amico, un amante, la nostra famiglia... ma cosa succede se è proprio la nostra famiglia la causa della tempesta? In una Tokyo terrorizzata dal fenomeno Kira, la vita di una giovane psicologa si intreccia a mille altre, trovando terrore, odio, amore, passione e gelosia.... prima long fic su Death Note, vi prego recensite!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 27
Appena dietro la pelle, e poco sotto.




Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome…

“Perdonami padre, perché ho peccato…”


*


Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà…

“Apri il tuo cuore, anima mia… cos’è successo?”


*

Come in cielo così in terra…

“La lussuria si è impadronita del mio corpo, la carne ha avuto il sopravvento”


*

Dacci oggi il nostro pane quotidiano…

“La lascivia è un cibo sontuoso per noi deboli che la assaggiamo…”


*

E rimetti a noi i nostri debiti, così come noi li rimettiamo ai nostri debitori..

“Io ho compiuto qualcosa di innominabile, un’ unione oscura..”


*

E non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male…

“Hai ceduto al peccato…. il tuo animo è pentito?”


*

Santa Maria, benedetta tu sei, prega per noi peccatori…

“…………..”


*

Benedetta tu sei e benedetto è il frutto del ventre tuo, Gesù…

“Il tuo animo è pentito?...rispondi.”


*

Santa Maria, madre di Dio prega per noi peccatori…

“No.”

“No?!”

“No. L’angelo Nero tornerà a prendermi. Ed io l’aspetterò.”


*

Adesso e nell’ora della nostra morte…

“Non dovrai aspettare molto, mio fiore cupo…. l’Angelo Nero è già qui….. per te.”


*

AMEN.




***


Le sue azioni mattutine erano talmente ripetitive, che avrebbe saputo indicare con precisione esasperata l’esatto arco di tempo che impiegava ad adempierle.
Sveglia sempre alla stessa ora, doccia, vestizione, caffè e uscita di casa. Per poi tornare a casa alla sera, sempre alla stessa ora.

Ma quel giorno, qualcosa era impercettibilmente variato. Impalpabile, come lo spostamento d’un filo aria, l’alterazione del marcatempo, il ritardo infinitesimale della lancetta dei secondi di un orologio. Benché la sveglia avesse già trillato sulle sette, niente si era mosso, lasciando ancora la casa nel silenzio intorpidito del primo mattino.

Si sentiva esausto, come se avesse la febbre alta, spossato, privo di forze, quasi un vampiro si fosse cibato del suo sangue per tutta la notte; aveva avuto incubi terribili durante il sonno, incubi violenti, sanguinosi…quasi scene di antiche battaglie passate…

Fuoco… sangue… un umano sfolgorante con ali gloriose…

…ed ora giaceva nel letto, tra il sonno e la veglia, prono sul materasso e la testa seminascosta dal guanciale; le lenzuola lo coprivano fino alle reni, la schiena nuda e tonica era scoperta come le braccia, che giacevano leggermente scomposte, i lembi delle lenzuola accarezzano le sue anche e le sue reni come amorevoli mani d’amante.

Ad un tratto, un piccolo raggio di sole tiepido filtrò attraverso uno stretto spiraglio delle tende scure tirate completamente, andando a cadere sul suo fianco illuminando una sottile, ma non per questo meno profonda, linea nera come la pece.

Trascorsero pochi secondi quando una sensazione di insopportabile bruciore, lo svegliò di colpo facendolo trasalire e scansarsi di colpo da quella, apparente inoffensiva, lama di luce. Appena si tolse, l’atroce dolore cominciò a scemare fino a scomparire, lasciandolo imbambolato,eretto di fronte al giaciglio con gli occhi fissi sul raggio che tagliava trasversalmente il materasso; seguendo poi il percorso di quello con lo sguardo, si diresse con passo incerto verso la finestra.

Afferrando deciso i due lembi della tenda, la spalancò di colpo, inondando se stesso e l’ambiente di candida luce solare…. ma con suo terrore, fu costretto a richiuderla immediatamente ed a ripararsi all’ombra, coprendosi il viso con le mani.

Il dolore che l’aveva pervaso quando la luce aveva avvolto il suo corpo, era paragonabile all’essere gettati vivi dentro un immenso rogo.

“Che… che mi sta succedendo?!”

Gettandosi a peso morto nell’angolo più buio del muro, attese che il suo cuore ed il respiro riacquistassero un andamento regolare… ma fu quando allungò le braccia davanti a se per osservarle, che sentì il cuore raggelarsi dall’orrore.

Le dita… i polsi… alcune parti dell’avambraccio… nei punti in cui il sole aveva battuto in maniera più forte, la pelle era rossa ed increspata come in un principio di ustioni…che si stavano autorimarginando in modo assolutamente diabolico ed innaturale.

Corse in bagno, accendendo a tastoni la luce della specchiera e guardò il proprio riflesso sconvolto, osservò le piccole ustione sul petto, sulle spalle e sulle braccia rimarginarsi fino a scomparire, lasciando nuovamente la pelle serica e morbida come al principio… e tremando, decise di voltarsi, per osservare la propria schiena.

Non era stato un sogno. Era ancora là. Nero, elaborato, inciso a sangue su tutto il centro della schiena… ma con orrore, si accorse che era “accresciuto”, raggiungendo le scapole ed entrambe le estremità dei reni.

Non era più possibile nasconderlo solo con il vestiario, sotto la stoffa della camicia sarebbe stato perfettamente visibile; occorreva coprirlo.

 E con mani tremanti andò ad aprire la cassetta del primo soccorso, prendendo rotoli e rotoli di bende che iniziò ad avvolgersi attorno al busto.

“Porta pazienza… verrà il momento in cui le tenebre oscureranno il sole…”

***


L’aveva vegliata per più di tredici ore, sottraendo momenti al proprio riposo, alle proprie esigenze… l’aveva vegliata senza sosta, osservandola nel suo sonno disturbato e febbricitante, nel suo respiro sibilante, nei brividi che l’attraversavano nella malattia…. e fissava le screziature rosso-bluastre delle vene e dei capillari spiccare nette sulla pelle diafana. La assisteva con l’amorevole devozione di una madre, seduta su un piccola poltroncina accanto al grande letto.

CA= (PENSANDO) Tutto quello che credevo una certezza non si è rivelato altro che una menzogna… fallace sembianza di verità che si sgretola come polvere, ricordi che vengono smossi dopo troppo tempo con crepitio di cenere spenta. Persone che gravitano attorno a me e che credevo di conoscere, rivelano angoli bui e corrosi, insondabili pienamente…. per quanto ancora durerà tutto questo? per quanto il mio cuore verrà solcato con questo stillicidio infernale? Ed io…. come uscirò da ciò? Vincitrice…o vinta?

Il filo di pensieri avrebbe potuto continuare all’infinito, in un’auto-flagellazione emotiva lancinante, se non che, illuminando la stanza semibuia con un flebile spiraglio di luce del corridoio, Janice entrò nella stanza.

JA= Tesoro sei qui da più di mezza giornata… devi riposarti…

Caroline sembrò non aver udito le parole della madre, o se lo aveva fatto, non vi aveva prestato troppa attenzione.

CA= La febbre non accenna a calare…ma le pulsazioni si sono un po’ acquietate…

Arrivando vicino a lei e carezzandole la nuca, Janice le parlò dolcemente.

JA= Christabel l’ha visitata, ora noi possiamo solo aspettare… va di sotto Linne, Mello ti sta aspettando… resto io qua.

CA= No, non posso… posso resistere ancora qualche ora, non sono così stanca…

JA= Caroline, una mente come la tua ci serve lucida e pronta; quindi ora va di sotto, siediti sul divano, stringiti a tuo marito e cerca di dormire un po’..

CA= Mello non è mio marito…

JA= (SORRIDENDO) E’ come se lo fosse… Su, vai.

Salutandola con un bacio sulla fronte, Janice osservò sua figlia uscire dalla stanza, talmente minuta che quasi non proiettava ombra al contatto con la luce. Si ritrovò involontariamente a pensare a Rachel, quella figlia maggiore che aveva donato alla terra sepolcrale di una chiesa divenuta dannata: Rachel… così diversa dalla sorella minore, così fragile, vulnerabile, ferita dagli urti della vita più di quanto ne fosse Caroline, che con il suo carattere forte era sempre riuscita, più o meno barcollante, a rialzarsi. La morte dell’amato padre, dell’adorata sorella, la malattia, un patto mortale ed un destino tutt’altro che ordinario non erano riuscita a farla cadere… e mai sarebbe caduta.

Sospirando, si sedette accanto alla nipote, elargendole una carezza alla fronte ardente, attendendo con animo forte qualsiasi cosa sarebbe arrivata.

***


Scendendo i gradini con passo stanco, Caroline arrivò alla sala della villa; lì vi trovò Halle, Mello e Matt in compagnia di Ezra, Diantha, Christabel Reiver e di due componenti della confraternita che riconobbe nelle persone del teologo italiano Michelangelo Orsini e dello psichiatra inglese Dorian McCarthy. In uno slancio di umorismo si chiese quanto tempo ancora avrebbe resistito prima di aver bisogno di lui.
Appena la vide, Mello si alzò in piedi andandola poi a ricevere ai piedi delle scale.

ME= Linne! Mio dio, sei stravolta!

CA= Non preoccuparti Mel, è solo un po’ di stanchezza…

Sedendosi nel morbido divano, avvolta dal confortante calore delle braccia del ragazzo,Caroline poggiò il capo sulla sua spalla.

CA= Dove sono Near, Gevanni e gli altri ospiti?

HA= Stephen sta riposando in camera… Near è nella sua, ma non ho idea di dove siano gli altri…

MA= Che razza di giornata…e dire che pensavo che una volta uscito dalla Wammy’s House tutti i miei problemi fossero finiti…

EZ= Capisco molto bene che questo è un giorno infernale per voi… ma la verità non poteva più essere celata, sta arrivando un tempo in cui c’è bisogno della triade… e questa deve essere preparata.

DI= Maestro, forse è meglio rimandare a domani, i ragazzi sono stremati…

EZ= Non possiamo più aspettare Diantha… non c’è più tempo.

CA= Prima che prendiate la parola, ho io qualcosa da dire… (RIVOLGENDOSI AL DOTTOR REIVER) Lei quindi sapeva tutto, sin da principio… sapeva chi io fossi, chi fosse Rachel… sapeva cosa poteva fare….mi ha condotto nel Memorarium già consapevole di cosa avrei incontrato… il primo giorno che mi ha contattato dall’ospedale sapeva già chi aveva davanti…

RE= Mi rincresce averti mentito per così tanto tempo Caroline… ma finché non avessi avuto conferme, non potevo mettere a rischio la mia posizione; e proprio per questo ho preso Rachel nella mia casa di cura, per poterla controllare e proteggere…

CA= Talmente bene che non ha fatto niente per impedire che volasse giù dal tetto dell’edificio.

RE= Ti chiedo perdono, tutto quello che dici è veritiero… tranne una cosa.

CA= Cosa?

RE= Il Memorarium… io non potevo avere nessuna idea riguardo quello che avresti vissuto là dentro… non si trattava della confraternita, di Nimue o di altro… si trattava della tua mente e dei tuoi ricordi… spero che un giorno potrai perdonarmi per così tante menzogne…

CA= La mia intera vita, da quando ho compiuto 16 anni, è stato un susseguirsi di menzogne… una in più non fa differenza.
Ad un tratto, Michelangelo Orsini prese la parola, parlando in un fluente inglese leggermente alterato dall’accento italiano.

OR= Signorina Seyrig, il compito che le è stato assegnato non è certamente una passeggiata, così come non lo è per i suoi compagni… ma Dio non vi avrebbe scelto senza un motivo, sin dall’età romana, la triade è sempre esistita, attraversando secoli, millenni ed epoche storiche, i tre guardiani di Cristo hanno sempre protetto la terra dall’avvento delle tenebre…

CA= Non lo metto in dubbio, ma quello che mi chiedo è…perché noi? se non ci fossimo mai incontrati come avremmo potuto sapere?

OR= Mia cara, voi eravate destinati ad incontrarvi… il vostro ritrovo era già scritto sin da prima della vostra nascita… e se non fosse successo qui, a Tokyo, sarebbe avvenuto in qualche altra parte del mondo… ma comunque,sarebbe accaduto.

MA= Vorrebbe dire che noi, in un modo o nell’altro, ci saremmo comunque conosciuti?

La parola passò quindi allo psichiatra, che parlò in tono pacato e conciliante.

DC= Esattamente… ma c’è qualcosa nella vostra alleanza che vi differenzia dalle altre triadi… e che vi rende più potenti di loro…

ME= Che cosa…?

A quel punto, Dorian allungò un braccio verso lui e Caroline, in un dolce sorriso.

DC= Voi… ed il vostro amore.

Istintivamente, Mello strinse Caroline più forte.

ME= N…noi?

Guardandolo fisso negli occhi, Diantha gli rispose.

DI= Si… mai,prima di voi, due dei componenti della triade erano stati legati da un sentimento d’amore; amicizia, fratellanza, affetto filiale, certo… ma non amore.

CA= Ed è un male?

EZ= No… è anzi un sommo dono. L’amore rende gli uomini più coraggiosi, più potenti, agguerriti nel difendere l’oggetto del loro sentimento dai pericoli che lo minano… ed il vostro amore, passionale, vivo, ardente e connubio sorprendente di terra e cielo, è una piccola, ma al contempo grande, rifrazione dell’amore di Dio.

ME=… sono sempre cresciuto sentendo che è l’amore di Dio che tiene lontano gli uomini dal male…

OR= Ed è così infatti… e voi, con il vostro legame, siete una luce abbagliante e letale per le creature dell’ombra. Seppur non infallibile, il sentimento che provate l’uno per l’altra vi renderà meno vulnerabili al traviamento…. ma più al dolore ed all’ira.

CA= Che intende dire?

DC= L’amore è un’arma a doppio taglio, cura e ferisce allo stesso modo; se dovesse accadere qualcosa ad uno di voi, l’altro rimarrebbe in balia del dolore e della disperazione, allontanandosi dal proprio compito… o ucciderebbe ferocemente per placare il sentimento di voler vendicare la persona perduta.

ME= Correremo questo rischio.

EZ= Tuttavia, la vostra rimane un’unione non consacrata… nessun sacramento o sigillo benedice la vostra unione.

ME= Rabbino, amo questa donna più della mia stessa vita, sono quasi morto per offrirle una possibilità di vita in un mondo migliore, sono risorto grazie alla sua intercessione, e sarei pronto a rifarlo… affronterei orde ed orde di demoni per salvarla, scenderei nell’Averno solo per dissetarla con le acque dello Stige e darei la mia vita, il mio cuore, il mio sangue se ne avesse bisogno. Amo questa donna, in quest’unione non consacrata, molto più di quanto un uomo sposato possa fare verso la donna che ha congiunto in matrimonio; sposalizio non significa per forza amore, ed ora mi dica…secondo lei serve un cerchietto d’oro al dito ed una preghiera per amare di più?

EZ= Le tue parole sono ardenti Mihael… i tuoi sentimenti ancora più brucianti di queste…ti ammiro per questo.

DI= Come l’amore di un…

Diantha non riuscì a terminare la frase, dato che tutti (lei compresa) volsero gli occhi attoniti verso la scala portante al piano superiore.

Un urlo acuto, infernale e squassante eruppe, inondando tutta la casa.

MA= Cosa diavolo….

CA= (ALZANDOSI E CORRENDO VERSO LE SCALE) AUDREY!!!

ME= ASPETTA, VENGO CON TE!

Mentre saliva le scale a due gradini alla volta, correndo,  le venne incontro sua madre con un espressione di  assoluto terrore nel viso.

JA= Caroline! Grazie a Dio, devi venire subito!

CA= Cos’è successo mamma?! CHE COS’HA AUDREY?!?!

JA= E’ meglio se entri…

Irrompendo sull’uscio della porta, Caroline si sentì gelare il sangue mentre i suoi proverbiali nervi saldi vacillarono per un istante. Nella paura, Janice aveva acceso la luce del grande lampadario, e l’orrore si stagliava ancora più nitido davanti a lei.

ME= Cristo santo…

MA= Non… non è possibile!

Audrey era sul letto, adesa alla parete dove teneva entrambe le mani poggiate, con le braccia tese mentre il resto del corpo era contratto come un felino in procinto di saltare, con le ginocchia piegate ed i piedi puntellati sul materasso. La testa pendeva in avanti, talmente piegata che i capelli le nascondevano completamente il viso. respirava forte, in profondi, rochi rantoli. Caroline si avvicinò lentamente al giaciglio.

ME= Che diavolo stai facendo?! Ferma!

Ma la ragazza non lo ascoltò. Continuo ad avanzare verso la cugina,tendendo lentamente un braccio verso di lei.

CA= Audrey… Audrey sono io, sono Caroline… parlami ti prego…

Arrivò talmente vicino a lei da poterle quasi poggiare la mano sul capo; ma prima di qualsiasi contatto, Audrey sollevò la testa di scatto, in un ringhio ferino che portò Caroline a ritrarre di scatto la mano.

Caroline rimase atterrita, quella non era Audrey… i suoi occhi avevano abbandonato il naturale verde giada per diventare di un intenso giallo bordato di rosso vivo, cromatura che si estendeva su tutta l’epidermide attorno le orbite, il reticolo di vene ora era molto più marcato, netto, di un terribile color porpora striato di nero; la bocca si era assottigliata ed era esangue, mortalmente livida. Ma fu quando parlò, che la paura si trasformò in orrore… la voce di Audrey ora, era una tonalità demoniaca che mescolava il roco al falsetto.

AU= LEVAMI LE MANI DI DOSSO, STUPIDA PUTTANA MORTALE!!!

Incapace di qualsiasi reazione, Caroline vide Audrey balzare verso di lei, tendendo una mano,dalle unghie affilate simili ad artigli, in direzione della sua gola; ma quando non mancarono che pochi centimetri al contatto tra la sua pelle e la mano dell’adolescente, vide quest’ultima essere scaraventata potentemente all’indietro ed atterrare con un tonfo sordo sul materasso, dove cominciò a dibattersi tra feroci strida.

Scattando più velocemente possibile, Mello e Matt erano corsi ai lati di Caroline, e nel voler proteggere la ragazza, afferrarono Audrey sotto le ascelle bloccandola con il busto e le braccia sul letto.

AU= LASCIATEMI, MALEDETTI! LASCIATEMI!

Caroline era impietrita. Il suo corpo sembrava incapace di qualsiasi reazione o movimento, limitandosi a guardare con occhi sgomenti, la cugina sul letto, tenuta ferma dai ragazzi!

ME= CAROLINE, FA QUALCOSA! ARGH!

Nel dibattersi, Audrey aveva graffiato Mello nel lato destro del collo, creando tre solchi paralleli e mediamente profondi nella pelle candida del ragazzo, che ora cominciava a tingersi di rosso vermiglio.

Nel contempo però, anche Matt venne colpito con un poderoso pugno sullo zigomo che lo sbalzò via.

Bastò quello per risvegliare il corpo intorpidito di Caroline; per istinto di protezione, scattò verso di loro e andò a cavalcioni sulla cugina, facendo pressione sull’inguine per bloccare  il movimento di quelle di Audrey con una gamba, ed immobilizzandole il braccio con l’altra; spingendole la fronte con una mano, le immobilizzò la testa, avendo paura di essere sbalzata via da un momento all’altro per i violenti spasmi del corpo sotto di lei.

CA= Audrey, fermati…fermati! IN NOME DI DIO, FERMATI!

Quella che parve essere stata gridata come una supplica, si rivelò invece un ordine estremamente efficace; quasi come una bambola automatica che finisce la carica, Audrey si immobilizzò, sembrando quasi non respirare. Caroline riuscì a spingerle senza sforzo la testa verso il cuscino, muovendola come se fosse un manichino inanimato… ad un tratto però, Audrey scattò nuovamente su ed in un urlo più orribile di tutti gli altri, vomitò addosso a Caroline la stessa sostanza nera e vischiosa che era uscita dalla sua bocca la notte della corsa in ospedale, e che andò a macchiare il ventre e le braccia della ragazza.

CA= PLACATI, DEMONIO!

Non ci fu bisogno d’altro. Audrey roteò gli occhi e svenne, cadendo di schianto sul materasso. In quel momento, Mello si lasciò cadere a terra, sedendosi ansante e portandosi una mano al collo, mentre Caroline rimase sopra la cugina, con le mani sul giaciglio ed il capo chino, respirando affannosamente. E tra l’orrore generale, il primo a riacquistare il dono della parola, fu proprio il ragazzo.

ME= Che… in che cazzo di lingua hai parlato?!!!

Volgendo appena il capo verso di lui, Caroline gli rispose.

CA= Cosa stai… dicendo?!

ME= Quando hai urlato ad Audrey non stavi parlando in inglese! Hai pronunciato parole in una lingua sconosciuta!!

CA= No! No… sono sicura, io ho sentito la mia voce parlare in inglese!

Tenendosi lo zigomo sinistro ed arrancando verso il lato sinistro del letto, dove si appoggiò a peso morto, Matt intervenne.

MA= No Linne, ti ho sentito anch’io… non era inglese… era una lingua diversa. (TOCCANDOSI LO ZIGOMO) AH! Però… non so cosa ci fosse dentro di lei, ma ha un gancio destro da far paura…

ME= Non è finita qui! Mentre parlavi quell’accidenti di lingua, i tuoi occhi sono diventati color del ghiaccio! Ed ora sono di nuovo normali!

Inorridita, Caroline si levò di scatto da sopra il corpo di Audrey, inginocchiandosi all’angolo del letto.

CA= Voi…. VOI STATE VANEGGIANDO!

“No Caroline. Quello che Matt e Mihael dicono è la verità.”

Voltandosi, la ragazza vide Ezra Levi stagliarsi su tutti i presenti, mentre Halle rinfrancava sua madre, quasi sull’orlo delle lacrime.

CA=…cosa?

EZ= Noi tutti ti abbiamo sentito pronunciare parole in una lingua diversa… la “lingua bianca”, l’idioma celeste…

CA= Cristo…

EZ= E ti sei mai chiesta perché i tuoi occhi, seppur verdi, hanno quelle vivide screziature d’azzurro?

CA= N..no…

EZ= Perché il ghiaccio, era il colore degli occhi di Nimue… e più quel colore diverrà vivido ed espanso nei tuoi, più la tua metamorfosi procederà. Quello che Mello ha visto, non è altro che l’anima di Nimue che ha preso per un attimo il sopravvento.

CA= Non…è possibile…

EZ= Rassegnati figliola… tu non sei più Caroline, o almeno, non interamente… tu stai diventando Nimue. L’istinto della Cacciatrice sta emergendo sempre più nel tuo cuore.

Spaventata come un animale catturato e catapultato in un ambiente sconosciuto che lo atterrisce, Caroline guardò tutti i presenti nella stanza, per poi chinare il capo in preda allo sconforto. Ezra Levi le arrivò alla schiena poggiando una mano sulla sua spalla e l’altra in prossimità della tempia destra.

EZ= Non c’è più tempo Caroline… non possiamo più aspettare.

Caroline guardò il corpo ancora privo di sensi della cugina, alzando a malapena gli occhi.

CA= Ci deve essere un modo per salvarla…

EZ= Quella non è più la Audrey che conoscevi, Caroline… ora è solo un demone, che si cela sotto il suo candido aspetto…

CA= Perché… perché lei?

EZ= Perché era scritto… lo stesso sangue è destinato a scendere in battaglia l’uno contro l’altro, uno nella luce e l’altro nelle tenebre… ed a lottare… perché uno non può vivere, se l’altro sopravvive.

CA= Io dovrei…. uccidere Audrey?

EZ= Se non oggi, domani… se non domani,molto presto… lei non può vivere.

CA= No! Non posso farlo! Non posso…

EZ= Per prendere decisioni forti, Caroline, bisogna essere forti. E tu lo sei. L’umanità si può usare solo nella vita privata. E chi non ha altezza d’animo non può prendere  serie decisioni.

Di scatto, la ragazza si alzò in piedi, ergendosi di fronte al rabbino.

CA= Lei è mia cugina! Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue! A parte mia madre, è l’unico famigliare che mi resta… non posso ucciderla.

EZ= Quando diventerà più potente, seminerà distruzione, ucciderà, torturerà… è questo che vuoi?! Se la lasci in vita, il mondo come lo hai sempre conosciuto non esisterà più!

CA= Non mi interessa! VOI NON POTETE CHIEDERMI DI FARLA MORIRE!

EZ= Caroline, arriverà un momento in cui Audrey non saprà nemmeno chi tu sia, e ti vedrà solo come un bersaglio da uccidere.

CA= Lei non saprà chi io sia… ma io so chi è lei. E la lama che trafiggerà il suo cuore lacerandone la carne, bevendo avida il suo sangue… non sarà impugnata dalla mia mano.

EZ= Figliola…

CA= Perciò la mia risposta è no, io non la ucciderò… ne ora, ne mai.

EZ= Sulla tua coscienza ricadranno migliaia di morti…

CA= Ne uccidi mille…e, magari, ne salvi uno; ma quella singola vita è talmente importante, da riassumere in sé le altre mille perdute.

E così dicendo, uscì dalla stanza, barcollando ed in completo silenzio.


***

-Sera…-

Era stremata. Sfiancata nel corpo e nello spirito, martoriata nella carne e nel cuore… troppe verità stavano cominciando ad emergere, troppe lame di lacerante luce, terribili nella loro cruda violenza, cominciavano a squarciare il suo buio, silenzioso, immobile, quasi accogliente nella sua ottundente cecità.

Aveva lasciato gli altri e Mello giù nella grande sala e si era diretta al piano superiore, nella propria stanza da letto; passando davanti al grande specchio accanto all’armadio, si rese conto di avere ancora indosso la maglia sporca della sostanza rigettatale addosso da Audrey; dirigendosi verso il bagno, si tolse la maglia ed aprì il getto caldo del rubinetto, appoggiandosi con le mani al bordo del lavabo, il capo chino quasi i mille pensieri che lo abitavano fossero indicibilmente pesanti da costringerla a piegare il collo sotto il loro peso. Si sciacquò la faccia ed il collo, si lavò tre volte le mani ed altrettante le braccia, dopodiché si terse con un morbido asciugamano di cotone… e fissò il proprio riflesso nello specchio, sentendo le lacrime cominciarle a pizzicarle negli occhi.

Ad un tratto però, uno spasmo la riscosse, spaventandola; era come una mano invisibile stretta attorno alla gola, una catena che riduceva al minimo le sue capacità respiratorie, una chiusa che teneva al minimo il passaggio del suo fiato.
La sua gola stava collassando, richiudendosi su se stessa e facendola respirare in rochi rantoli strozzati, offuscandole la vista, facendole formicolare gli arti;

CA= (PENSANDO) Non riesco… a ….respirare!

Con movimenti spezzati e tremanti, ebbe la prontezza d’animo di aggrapparsi al piccolo mobiletto accanto alla specchiera, aprirlo e tirare fuori una siringa dall’ago lungo e sottile, scintillante come un monile argenteo; brandendo la siringa nella mano destra a mo di pugnale, andò con la sinistra al costato, a tastarsi appena sotto il seno.

Con sangue freddo e fermezza chirurgica, Caroline si “trafisse” facendo penetrare l’intero ago tra la terza e la quarta costola, come aveva fatto mesi addietro con Near in crisi respiratoria, sfilandone lo stantuffo dalla struttura cilindrica e ricominciando lentamente a respirare.

Le girava la testa, davanti ai suoi occhi sfarfallavano mille lucine variopinte…ma nonostante fosse in jeans e reggiseno, non avvertiva il freddo; d’istinto si guardò nuovamente allo specchio, notando con orrore le proprie labbra esangui e di un malato biancore. Sporgendosi di più verso la superficie riflettente, delineò con le dita i contorni della bocca… finché una sensazione di liquido calore al ventre non la costrinse a controllare.

Il tubolare della siringa non era più ialino e trasparente, ma si era colorato di rosso cupo… del sangue, il suo sangue, stava uscendo a fiotti, riversandosi sul suo ventre, sulla coscia sinistra e sul pavimento. Voleva urlare, ma non aveva voce a sufficienza… muoversi, ma il corpo non rispondeva agli stimoli… mentre il sangue continuava a scorrere.

Arrancò verso la porta, barcollando ed aggrappandosi allo stipite della porta, sporcandola con profonde striature di sangue lasciate dalle sue dita nel vano tentativo di frenare il flusso ematico, con la schiena per non cadere… ma per quanto si sforzasse di non svenire, sentì le forze venirle meno e avvertendo la perdita del contatto corporeo con un sostegno, fece appena a tempo a sfilarsi la siringa dal costato.

Cadde a terra in un tonfo sordo, nella pozza del suo stesso sangue, avvertendo le braccia, i fianchi e le mani  bagnarsi del liquido vischioso… rimase immobile, con ancora la siringa stretta nella mano, respirando in sibili e guardando un punto vuoto davanti a se con occhi offuscati; stette così per tempo inquantificabile, mentre le pareva di sentire un vociare confuso ed uno scalpiccio sempre più vicino…

…Finché tutto non diventò buio.


***

Chiudo gli occhi come se un irresistibile torpore mi pervadesse, come se il mio corpo rispondesse alla dolce cetra di Morfeo.
Dopo un tempo per me impossibile da quantificare, potrebbero essere passati secondi e minuti come ore, mesi, anni, ridono ai miei occhi la facoltà di osservare ciò che mi circonda.

Sopra di me, una distesa aranciata e rosea, i tipici colori di un’alba…o di un tramonto; sono distesa supina in un morbido prato verde e rigoglioso, inframmezzato qua e là da superbi alberi: tutto attorno a me, è colorato della morbida luce del cielo, che conferisce atmosfere oniriche e metafisiche allo stesso tempo.

Tirandomi su con  il busto, rimango seduta ad osservare quello splendido posto, colmo di pace interiore, calma e dolcezza…beandomi dei suoi colori, inebriandomi dei suoi profumi e facendomi accarezzare dal suo vento caldo e vellutato.

Di colpo mi accorgo di non essere più sporca di sangue, non ho nemmeno più il buco della siringa nel costato, la mia pelle appare rosea e morbida come mai avevo più sperato di vederla; mi alzo in piedi serena, il mio cuore palpita con ritmo regolare, e tranquillamente comincio a camminare in quell’immenso prato.

Non so dove sono, ma non mi interessa. Vorrei restare qui per sempre.

Continuo a camminare, il terreno pare non avere fine, più avanzo, più sembra espandersi; non mi pongo il problema del perché ci sia solo io in questo luogo, non mi chiedo perché l’unico rumore che sento sia solo quello del soffiare ventoso.

Non sento caldo, né freddo. Non avverto paura,né tensione. Non percepisco dolore, né fatica… il mio corpo sembra essersi alienato dalle sensazioni umane.
Sembro una statua, un cristallo di ghiaccio, una screziatura del marmo. Sembro…

No, quello no. O almeno, non credo. Lo sono? Non penso… altrimenti perché respirare, sentire il vento sulla pelle, l’erba soffice e rugiadosa sotto i piedi nudi?

Ad un tratto vedo un punto tremolante poco lontano da me, fisso, immobile, pare aspettarmi. Oserei dire sia vestito di bianco, ma Aurora colora il mio corpo e tutto ciò che mi circonda di arancio,rosso e rosa, alterando la reale cromatura delle cose.

Camminando più veloce, mi avvicino al punto che, man a mano acquisto vicinanza, si amplia e delinea sempre più… credo di vedere due braccia ed un capo, ma non ne sono sicura; in compenso però mi rendo conto che non sta in posizione eretta, bensì seduto compostamente su una specie di trono scalpellato nella pietra viva.

Scanso una grande quercia, e gli sono infine vicino. Pare non essersi accorto della mia presenza di fronte a lui, del mio arrivo silenzioso, e continua a scrutare un punto lontano all’orizzonte voltando il viso verso sinistra.

E’ un uomo, all’incirca sui 50, 60 anni, dal naso leggermente aquilino, la fronte alta, elegante, contornata da lunghi capelli neri come l’ebano sfiorantigli la base del collo… vestito con un candida tunica a mo degli antichi romani, è anch’egli scalzo come me, le braccia compostamente poggiate sui duri braccioli della sua seduta, il petto non sembra muoversigli nell’atto dell’umano respiro, quasi non ne avesse bisogno; talmente immobile da sembrare essere un tutt’uno con la pietra che lo accoglie.

Poi, come se d’un tratto si fosse accorto di me silenziosa, immobile, incapace di compiere o pronunciare qualsiasi azione o parola, si volta lentamente verso di me, aprendosi in un dolce sorriso.

E’ quando incontro i suoi occhi, quando mi rispecchio nelle fattezze del suo viso e nelle sfumature opaline dei suoi occhi grigi, che mi sento mancare, realizzando finalmente cosa sia questo luogo al contempo così benevolo ed inquietante.

“Benvenuta, angelo mio… ti ho atteso, seduto in questo seggio, per più di dieci anni…ed ora sei qui…”

Il raziocinio abbandona il mio corpo, sciolgo le catene della costumanza, lasciandomi inondare dalla passione, dalle pulsioni e dai sentimenti mentre piangendo mi getto in ginocchio ai suoi piedi, poggiando la fronte nel suo grembo ed aggrappandomi alle sue braccia, intanto che lui mi accarezza dolcemente la nuca.

“Non  piangere… non devi piangere, oggi è giorno di gioia…Figliola, mia non piangere… si muore una volta sola, ed è per così tanto tempo…”

CA= (SORRIDENDO LIEVE) Molière… “Il Dispetto amoroso”…uno dei tuoi preferiti…

Le parole erompono dalla mia gola spontanee, senza filtro, non posso far niente per fermarle, mentre sono squassate dai miei singhiozzi.

“Sei davvero tu! Sei qui, davanti a me, posso toccarti, parlarti, baciarti! Oh, quanto mi sei mancato…papà!”

Adrian. Adrian Seyrig, che mi aveva lasciato all’età di dodici anni, è qui davanti a me. E’ sotto il tocco delle mie dite, davanti al raggio visivo dei miei occhi adoranti, nell’aria dolce che porta la sua voce immutata alle mie orecchie.

Mio padre si alza, e tenendo le mie braccia dolcemente, mi invita a fare lo stesso; lo guardo, nel volto e nel corpo che vidi per l’ultima volta dieci anni fa in una bara purpurea, lo guardo… e non lo trovo mutato. Anzi, ringiovanito, sereno, quasi più bello che da mortale. Sorridendo, mi porta una mano alla guancia, racchiudendola delicatamente.

AD= Come sei diventata bella Caroline…sei diventata una donna meravigliosa. Oh, ma tieni, forse sarà meglio…

Quasi creandolo dall’aria, mi avvolge le spalle con un largo scialle bianco dalla morbidezza di seta ed io, sistemandolo sulle spalle, arrossisco come una bambina; arrossisco nel mostrarmi davanti a mio padre con indosso solo un paio di jeans ed un reggiseno… lui non ha visto il mio corpo cambiare, non ha visto la mia natura lasciare l’acerba androginia della prima adolescenza ed assumere le forme della femminilità matura. Con una leggera fitta di dolore, ricordo che la vista con cui mio padre ha lasciato il mondo terreno, fu quella di me poco più che bambina mentre giocavo con Rachel attraverso il cancello dell’ospedale psichiatrico che la divideva da me.

AD= Figliola, che c’è?.... cosa ti turba?

CA= Dove siamo papà? Che posto è, questo?

AD= Questi sono i Campi Elisi, Caroline…un luogo di pace e serenità all’interno del Purgatorio…

Rimango spiazzata. Ero sempre stata convinta che mio padre riposasse beato nella candida pace del Paradiso… il Purgatorio, era un’idea che non si era mai affacciata alla mia mente.

CA= Il Purgatorio…?Perchè? Perché sei qui?

AD= Nella mia vita ho tralasciato molte cose… persone, uffizi, giuramenti…verità che avrei  dovuto svelare, sono rimaste occultate per la mia vigliaccheria… e da dieci lunghi anni io mi trovo qui…

CA= Non capisco…

AD= Vieni con me…

Prendendomi per mano, avanziamo in quel prato incantato per qualche momento…finché mio padre non mi porta al suo limitare, uno strapiombo profondissimo dove il verde rigoglioso dell’erba si interrompe bruscamente, per lasciare spazio a terreni brulli e neri, radici bitorzolute che erompono come mani infernali dal terriccio; sotto di me, sabbia… sabbia nera, fumante, intrisa di lacrime e sangue a far da contorno ad una grossa apertura, che si presenta come un’immensa e fonda gola altrettanto buia. Nel vedere quel luogo, con il vento che mi scompiglia leggero i capelli, sorge in me una domanda spontanea.

CA= Papà… Rachel è qua con te?

AD= No Liny, tua sorella non condivide la mia sorte...è lontano, molto lontano da qui…

Si limita a rispondermi così, essenziale, conciso, diretto. Ma io voglio sapere di più.

CA= E’ in un altro luogo del Purgatorio? O in Paradiso?

Mio padre scuote la testa, addolorato…capisce che non può tergiversare, che deve dirmi la verità effettuale delle cose.

AD= Rachel è all’Inferno, Caroline.

Sento il mio cuore arrestarsi, assieme al sangue che pare raggelarsi. No… non poteva essere così… Rachel.. in quel luogo? Rachel, la mia dolce, sognatrice, adorata sorella… negli inferi?

CA= No… perché…? Perché all’Inferno?!

Mio padre mi risponde nel tono lento ed amorevole che mi riservava quando ero bambina e doveva spiegarmi i fenomeni di cui non capivo la natura.

AD= Ha commesso il suicidio, Liny… si è tolta la vita e questo è un grave peccato per la nostra religione… la sua anima non poteva essere salvata.

Di colpo, quasi spezzando il sottile,armonico equilibrio di quel luogo, una rabbia violenta cieca erompe dentro di me; non vorrei arrabbiarmi con mio padre, ma i sentimenti mi trascinano in una nera spirale.

CA= Voleva solo smettere di soffrire!!! Se Dio è così misericordioso, perché l’ha gettata in quel luogo maledetto?! E’ questa la sua ricompensa?!!!

AD= Caroline, le vie e le decisioni del signore sono ignote alla nostra semplice natura mortale…

Ma sembra che le orecchie non percepiscano il suono giuntole, l’intelletto non assimila il significato intrinseco di quelle parole… la furia è cieca, violenta, dilania ad unghiate il mio cuore.

CA= E’ QUESTA LA MIA RICOMPENSA PER ADEMPIERE CIO’ CHE DIO VUOLE ATTRAVERSO ME?!?!?!?!

Scoppio a piangere per la seconda volta e sento mio padre abbracciarmi protettivo; mi stringo a lui spasmodica, come un naufrago all’unica tavola di legno superstite.

AD= Lo so che fa male Liny, io stesso ho versato lacrime di dolore quando l’ho saputo… ma se Dio ha deciso così, noi non siamo nessuno per opporci…

Non posso fermarmi. Tutta l’emotività che ho represso in quei giorni, sembra dirompere dal mio cuore come un fiume che valica gli argini in cui è rinchiuso… le lacrime sembrano bruciare come fuoco. Nel mentre mio padre mi scosta leggermente da lui, poggiandomi le mani sulle spalle e guardandomi fisso negli occhi; ed io non riesco a sostenere quello sguardo immortale, così saggio ed autorevole.

AD= Noi non siamo nessuno, né io…né tua madre, né Ezra e tutta la confraternita… ma tu Caroline, tu con Mihael e Matt, hai un grande destino…un destino che verrà ricordato anche dopo la tua morte, il cui ricordo non si sgretolerà come cenere, ma rimarrà vivido e luminoso.

CA= Io non so se sarò in grado di farlo… non lo so, papà... mi sembra di avere così tante tenebre attorno a me…

AD= La vita è fatta di ombre e luci… tu sei una delle luci, figlia mia, la luce di tutte le luci… e risplendi come la più fulgida di tutte le stelle.

Di colpo mio padre volge il viso verso il cielo, dove noto anch’io il principio della luna sorgente.

CA= Sta apparendo la luna…

AD= Devi andare Caroline… subito, se vuoi rivedere i tuoi cari sulla terra…ma prima di tornare al mondo terreno devi…vedere ancora una cosa..

CA= C…cosa?Cosa devo vedere ancora?

AD= Non posso dirtelo, non abbiamo abbastanza tempo…Sei arrivata in questo luogo al tramonto… quando la luna sorge in questo luogo, significa che un’anima ha lasciato il mondo terreno…

CA= (IMPAURITA) In questo caso…. l’anima per cui la luna sta sorgendo… è la mia.

AD= Presto, vai! Se la luna raggiunge il punto più alto  del cielo, il tuo corpo mortale morirà e sarai condannata a restare qui per l’eternità!!

Mi stringe forte a se, per poi baciarmi su entrambi gli occhi, secondo la nostra tradizione, ed appoggiare la sua fronte alla mia.

CA= Addio papà…ti voglio bene…

AD= Ci rincontreremo… addio, mia adorata figlia.

Poi, tutto accade in un attimo. In maniera talmente veloce da non riuscire a fermarlo, mio padre mi da una poderosa spinta verso l’indietro, per poi arretrare per qualche passo.

Ed io, colta di sorpresa, sento il mio corpo perdere contatto con il terreno e cadere nel vuoto, nero baratro mostratomi attimi prima.

Dove mi sta mandando mio padre? Quale luogo mi aspetta da visitare?

Grido, cerco di aggrapparmi a qualcosa, sicura di morire nello schianto con il terreno, ma le mie mani non hanno presa, la terra si sgretola nel mio pugno, le radici mi scivolano dalle dita….

…e continuo a precipitare, finché il buio non mi inghiotte completamente.


***


Il sangue è prezioso. Il sangue è il nutrimento per il corpo. Il sangue è sacro. Il sangue è colore.

Il sangue è vita.

Ma quell’inanimato, apparentemente inoffensivo quanto indispensabile liquido, pareva aver abbandonato tutte le sopradette qualità, per assumere quella di giaciglio di morte, nel momento in cui irrompendo nella loro camera, aveva trovato Caroline svenuta, riversa al suolo in una pozza di sangue.

Era entrato lui, accompagnato da Matt ed allarmato dal tonfo sordo e dal seguente silenzio  che aveva udito al piano di sotto, mentre Halle era corsa a chiamare il medico dell’ospedale che, a sua detta, stava seguendo Caroline nella tubercolosi e nel Trial per debellarla.
Era trascorsa un’ora dalla fine della visita, dall’innesto della flebo per la trasfusione nel suo sottile braccio già martoriato dalle iniezioni… ed ora era li, davanti a lui, sdraiata nel suo lato del letto, supina ed ancora priva di sensi; Era mortalmente pallida, talmente bianca ed immobile da sembrare intagliata nel gesso; le labbra erano esangui, ombre violacee dipingevano i suoi occhi chiusi in sembianze funeste… nel silenzio surreale di quella grande stanza, in cui i loro esili corpi sembravano perdersi, poteva quasi percepire, se vi si concentrava, il battito flebile del suo cuore…di quel cuore di donna così forte e deciso d’animo ma fragile ed indebolito per crudeli leggi naturali e biologiche.

Seduto accanto a lei, talmente immobile da credere che si sarebbe spezzato qualora avesse intentato un qualsiasi movimento, le prese dolcemente la mano inerte, abbandonata sul materasso con il palmo rivolto verso l’alto, e la chiuse delicatamente con la sua. Sentiva la ferita infertagli da Audrey, prontamente medicata e coperta con una fasciatura, pulsare terribilmente.

 D’un tratto, una voce arrivò alle sue spalle, ma non si curò di voltarsi verso la persona cui apparteneva, quasi temesse che nel risponderle, nel distogliere il suo sguardo ceruleo da lei, il corpo di Caroline sparisse dalla sua vista come nebbia evanescente.

Per sua fortuna, la persona entrata, aggirò il letto ponendosi al loro lato, vicino all’innesto delle flebo, controllandone il flusso ordinato e cadenzato delle gocce.

“Non si è ancora ripresa?”

ME= No… ce la farà dottore?

Il dottor Kishimoto si prese qualche istante per rispondere; regolò il flusso della flebo e poi sospirò.

KI= E’ difficile dirlo… la signorina ha perso quasi un litro di sangue, rischiando di morire dissanguata… e nonostante stia ricevendo una flebo con la linfa di tre uomini forti ed in salute come lei, il signor Jeevas ed il signor Gevanni, è ancora molto debole. Il fatto che l’abbiamo trovata viva, non vuol dire che lo rimarrà per forza… ma possiamo provare a mantenercela.

ME= Questo attacco è dato dalla tubercolosi?

KI= Non vedo per quale altro motivo… l’ultima volta che ho avuto occasione di visitare la signorina, i suoi polmoni erano già compromessi… ed ora, non ne dubito, lo saranno ancora di più.

ME= Ma il Trial che sta seguendo? Le terapie, i medicinali…possibile che non facciano nessun effetto, che non portino nessun miglioramento?

KI= I medicinali e gli antibiotici che sto somministrando alla sua compagna nel Trial, sono ancora in via sperimentale… e come tutte le malattie infettive, una considerevole metà della buona riuscita della terapia, sta nella ricettività e nella “forza” reattiva dell’organismo… portandole un esempio semplice, qualora anche lei soffrisse di tubercolosi ed affrontasse la stessa terapia, il suo organismo reagirebbe in modo diverso da quello della signorina; in meglio o in peggio questo non ci è dato saperlo in anticipo… ma sicuramente, in modo differente.

ME= Dottore… se non dovesse guarire…se il suo corpo non rispondesse alle terapie… quanto tempo le rimarrebbe?

KI= Questo è impossibile da definire con precisione… tutto sta nel grado in cui il suo corpo combatterà contro la malattia.

ME= Quindi non posso fare altro che aspettare….?

KI= Purtroppo si… e dovrà essere forte, qualsiasi cosa accada…

Ad un tratto però, un gemito sommesso li zittì: portando gli sguardi verso il letto, videro Caroline muoversi leggermente, ancora con gli occhi chiusi e priva di sensi.

ME= Si sta svegliando?

KI= No. Sta…. (SORRIDE STUPITO) sognando…

La spiegazione del sogno, era l’unica apparentemente credibile che al momento il dottor Kishimoto e Mello potessero accettare e formulare. Ma non avrebbero mai potuto concepire razionalmente ciò che stava veramente accadendo… Caroline non era immersa in un sogno, ma nemmeno permeava nella realtà…veleggiava in una sorta di dimensione parallela, in una sembianza di wonderland extraterrena… forse un angolo nascosto del proprio animo, un ricordo cristallizzato in meandri sperduti della mente.
Mello la osservava, vedendola muoversi leggermente, gemere e lamentarsi credette veramente che stesse vivendo un sogno estremamente realistico.

Finché non accadde qualcosa che gli fece correre un brivido gelido lungo la schiena.

ME= Ma cosa diavolo….?

Caroline, ancora priva di sensi, aveva cominciato ad emettere delle parole… in quella terribile lingua che Mello aveva già udito durante la crisi di Audrey. Ma lì era diverso… in quel momento Caroline sembrava conoscerla alla perfezione, parlava agilmente quell’idioma sconosciuto, creava discorsi che, anche se incomprensibili, mostravano un filo logico…talvolta si interrompeva, come se qualcuno parlasse con lei nascosto da qualche parte.

Il medico sembrava disorientato quanto lui.

KI= Signor Keehl… che sta succedendo?

ME= L’idioma celeste…

KI= Cosa?

ME= Questa è la lingua degli angeli… Cristo, Caroline!

Ciò che fece angosciare Mello, fu il fatto che la ragazza aveva cominciato a piangere; ma le lacrime che sgorgavano dagli angoli dei suoi occhi e che rigavano le sue guance… erano bianche come il latte.

KI= Che diavoleria è mai questa?!?!?

La voce di Caroline stava assumendo toni sempre più alti, finché un’ultima parola gridata non la risvegliò completamente, facendole inarcare la schiena e spalancare gli occhi; in quell’istante, nell’esatto momento in cui i suoi occhi si aprirono, le lampadine delle abat-jour che stavano sui comodini di entrambi i lati del letto, esplosero fragorosamente.

Dopo di quello, Caroline ricadde pesantemente con la schiena sul materasso, il respiro affannoso come se avesse corso per miglia e miglia ed il viso in preda al sudore freddo. Delicatamente, Mello le fu accanto, chiudendole la guancia destra con la mano, mentre la ragazza lo cercava disperatamente.

CA= Mello… Mello…?

ME= Sono qui Caroline, sono qui…

Il ragazzo, sebbene scosso, cercò di mostrarsi il più sicuro possibile; gli occhi di Caroline riflettevano puro terrore e lui sapeva che in quel momento aveva bisogno di lui più di ogni altra cosa.

CA= E’ stato orribile… orribile…tutto quel buio… quei lamenti, quei pianti…

ME= E’ tutto finito amore mio… sei qui, al sicuro… sei tornata da me…

Tirandosi su con il busto, Caroline si strinse forte a Mello, che la accarezzò dolcemente sul capo, lasciando che la ragazza poggiasse la fronte contro il suo collo.

CA= Non farmi tornare mai più laggiù… ti prego Mello… non farmici tornare mai più… mai più!

ME= Dove, Caroline? Di che posto stai parlando?

CA= NO! Non posso dirtelo, è troppo spaventoso! Promettimelo… promettimi che non mi farai più andare in quel posto! Non potrei sopportare il vedere e sentire nuovamente quelle… “cose”!!! No! Mai più!!

ME= Caroline, cos’hai visto?!?!?! Di quale posto stai parlando?!??!?!!? Dimmelo!

La ragazza parve calmarsi, attendendo che il respiro riprendesse un andamento regolare ed il cuore un battito tranquillo; stringendo più forte la presa delle dita sulla camicia di Mello, si decise a parlare.

CA= Mello, io… ho visto…

ME= Che cosa? Caroline, ti prego devi dirmelo… cos’hai visto?

CA=…..l’Inferno.

Al pronunciare quelle sette lettere, il tempo parve fermarsi, pervadendo con il ghiaccio la stanza, i movimenti ed i cuori delle persone che udirono le parole della ragazza.

Caroline aveva visto l’inferno… e, forse, aveva trovato qualcuno o qualcosa che la stava attendendo? o davanti ai suoi occhi si era profilata la risoluzione di quella domanda che tutti noi, prima o poi nella vita, ci poniamo con un brivido di umana paura?

***

Mello non poteva crederci… o almeno, non mettendo in dubbio le parole di Caroline ed avendo imparato che in quella dimensione tutto poteva essere possibile, faticava a conciliare la sua mente razionale con le parole che la ragazza aveva appena pronunciato. Volle provare a dire qualcosa, ma uscirono dalla sua bocca solo dei balbettii tra lo spaventato e l’afasico… fortunatamente, il dottor Kishimoto pose rimedio alla cosa, virando l’argomento su qualcos’altro.

KI= E’ stata fortunata signorina… ancora qualche istante ed avrebbe riposato in un bel letto ad una piazza in raso e zinco.

La ragazza parve accorgersi solo in quel momento del medico e voltò lentamente il capo verso di lui.

CA= Dottor Kishimoto… ma cosa… cosa è successo?

KI= Ha avuto una crisi respiratoria, il sangue è filtrato nei suoi polmoni e li ha portati al collasso… e la sua idea dell’infilzarsi con una siringa non ha fatto che peggiorare le cose.

CA= Si…ora ricordo… mi sono accasciata a terra e poi sono svenuta.

KI= Già… e se fossi in lei, la prossima volta ci penserei due volte ad immedesimarmi in un pezzo di carne per spiedino!

Caroline rise leggera, di una risata che da molto tempo non visitava più la sua gola, dopodiché cercò di alzarsi in piedi, aiutata da Mello, che le circondò le spalle con un  braccio e le fece poggiare la mano su quella libera dell’altro arto.

CA= Uh… mi gira la testa in modo impressionante…

KI= Dopo un litro di sangue perso e una trasfusione, mi stupisco che lei possa stare in posizione eretta senza avere l’impressione di essere su una giostra… venga qui, le levo l’ago dal braccio.

Dopo essersi avvicinata lentamente a lui, Caroline sollevò il braccio destro verso il medico, che con insospettata delicatezza, rimosse dall’incavo del gomito il piccolo quadratino di adesivo che fissava l’ago placidamente collocato nel suo giaciglio di carne morbida; una volta terminata questa operazione, tamponò la pelle con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante, per poi esaminare i lividi e le petecchie rossastre che spiccavano sull’incarnato latteo.

KI= Gli ematomi non si sono riassorbiti e nemmeno le petecchie… sembra che l’iniezione che le ho somministrato non abbia sortito alcun effetto.

CA= Per un certo periodo di tempo sono sembrati scomparire… ma poi sono ritornati quasi subito..

KI= Le fanno male?

CA= Sinceramente non molto… più che altro, è come un formicolio continuo…

Sempre parlando, il medico cominciò una breve visita, sotto lo sguardo attento di Mello; andando dietro la ragazza, le mise una mano sulla gola, tastando con le dita i muscoli attorno alla giugulare, ruotandole talvolta il collo a destra e sinistra, puntando il pollice sotto il mento di Caroline.

KI= Tenga d’occhio l’intensità di questo intorpidimento… qualora lo percepisse aumentato venga immediatamente da me, e NON tenti qualche suo rimedio nostrano… ogni volta fa sempre qualche danno in più rispetto a quelli che sono già presenti.
Pieghi la testa in avanti.

Obbedendo, Caroline tese il capo in avanti, tendendo i muscoli posteriori del collo; le mani del medico, andarono a toccarli per poi scendere a quelli delle spalle, per poi concludere con quelli delle braccia; Soffermandosi su queste, una dopo l’altra, le sollevò in verticale, per andare a controllare la funzionalità muscolare del tratto tra la spalla ed il gomito.

KI= La ricettività muscolare è buona… leggermente rallentata dallo shock del collasso, ma buona… tra qualche ora si sarà ripresa del tutto.

CA= Grazie mille dottor Kishimoto.

KI= Dovere. Bene, sembra che qui il mio lavoro sia terminato… ah, un’ultima cosa: signorina, lei è sempre interessata al Trial clinico?

CA= Si, certo… perché me lo chiede?

KI= Il prossimo ciclo di terapie è tra quattro giorni, alle 17.30.. pensa di venire?

CA= Oh, ehm… c’è molto da fare e…

ME= Ovvio che verrà. Tenga pure un posto libero per lei.

Nel tratto in cui Caroline si voltò verso Mello con aria interrogativa, il dottor Kishimoto stese le labbra in un sorriso sottile.

KI= Vedo che il suo compagno è molto più preoccupato per la sua salute di quanto non lo sia lei, signorina.. comunque, arrivederci.

CA+ME= Arrivederci.

Nel momento stesso in cui il medico uscì, Halle entrò come un turbine andando ad abbracciare l’amica, leggermente colta di sorpresa.

HA= Tesoro! Come stai?! Dio, quanto eravamo in pensiero!

CA= Halle,sto bene…davvero, ora è tutto a posto…

HA= Mio dio, quanta paura, quando ti ho visto in quel lago di sangue, così pallida, immobile…oh, Caroline!

CA= Sul serio, Halle, calmati… ora sto bene.

Sciogliendosi dall’abbraccio dell’amica, Caroline notò sull’uscio la figura di sua madre; sorridendole le tese una mano.

CA= Mamma…

Senza dire nulla, anche Janice abbracciò sua figlia, posandole una mano sul capo ed accarezzandola.

JA= Bambina mia… ho avuto così tanta paura, temevo potessi lasciarmi…

CA= Mamma, io non andrò da nessuna parte… sono qui, sono con te…

“Credo che tu debba dirci qualcosa, Caroline…”

Come ombre dal nulla, apparvero Diantha e Ezra Levi, dal volto serio e ieratico.

CA= Credo di sapere a cosa stiate alludendo… ma prima, ho una domanda. Audrey?

DI= Non ha ancora ripreso i sensi… Near non l’ha lasciata un secondo.

EZ= Ora… che cosa hai visto, ragazza?

Prima di rispondere, Caroline si prese qualche attimo per pensare… l’aveva visto davvero o la sua mente, quasi in una sorta di coma, l’aveva solo sognato? Ma ricordava bene quel calore asfissiante che le toglieva il respiro, il buio che la inghiottiva e le precludeva ogni possibile via di fuga…. e ricordava le geremiadi, i pianti, le urla di chi era attorno a lei. No… non poteva averlo solo sognato.

CA= Quando sono entrata nell’incoscienza, ho avuto una visione…

JA= Dicci, Caroline, nessuno metterà in dubbio le tue parole… cosa hai visto?

CA= All’inizio mi sono svegliata nel Purgatorio… dove ho incontrato mio padre.

A quelle parole, Janice soffocò un gemito; mentre Mello ed Halle erano attoniti, Ezra e Diantha parevano già consapevoli di quello che Caroline stava raccontando.

DI= Molti di noi si sono sempre chiesti se il Purgatorio esista davvero… tu, con le tue parole e con quello che hai visto, sei la conferma di anni ed anni di speculazione scientifica…

EZ= Già… ma non credo che la sua visione si sia ancora conclusa… (A CAROLINE) Vero figliola?

Inspirando profondamente, Caroline si collocò sulla sedia del mobile toeletta accanto al letto; con la mano, cercò la vicinanza di Mello che, rimasto in piedi, intrecciò le proprie dita con quelle femminili.

CA= Dopo aver parlato a lungo, mio padre mi ha comunicato un ultimo viaggio da compiere, prima di ritornare qua da voi… e portandomi al ciglio del Purgatorio, mi ha spinto giù, in un baratro nero e profondo. Non so dire con esattezza quanto è durata la mia discesa… ma all’arrivo, sono caduta contro delle pietre nere, avvolta dal buio e dal silenzio… riuscivo a vedere pochissimo di quello che mi stava attorno, camminavo a tentoni, poggiandomi contro le pareti… e poi, ad un tratto, il fuoco. Tanto fuoco, ardente…e grida…

EZ=… l’Inferno…

CA= Si…

Ad un tratto però, Janice arrivò davanti a Caroline, inginocchiandosi di fronte a lei e prendendo entrambe le mani della figlia tra le sue, stringendole forte.

JA= Caroline, io credo a tutto quello che dici, ci credo veramente… ma ora dimmi, hai incontrato tuo padre nei Campi Elisi del Purgatorio, hai parlato con lui… ma Rachel? Dov’era tua sorella? Ti amava talmente tanto che ti sarebbe apparsa…

CA= Mamma… ti prego, non pormi questa domanda…

JA= Dov’è Rachel, Caroline?! Devi dirmelo, ti prego! Dov’è mia figlia?

CA= (CON VOCE  FLEBILE) Mamma, Rachel… è all’Inferno.

Gli  occhi della donna si spalancarono, fissando attoniti quelli di Caroline.

JA= No… no…. Rachel… no…NOOO!

Eruppe in un pianto straziante, chinando il capo nel grembo della figlia che,trattenendo a stento le lacrime, l’accarezzava amorevolmente sulla nuca.

CA= Mi dispiace… mi dispiace tanto, mamma…

JA= C…come puoi essere sicura… che sia là?

CA= Mio padre, me l’ha comunicato… e laggiù io… io…

JA= Tu?... tu l’hai vista?

CA= Quel luogo è avvolto dalle tenebre, talmente fitte che nessun occhio potrebbe distinguere qualcosa… ho sentito la sua voce… piangeva, e mi chiamava…

JA= Rachel… la mia bambina… all’Inferno….

In quel momento, Ezra intervenne, prendendo tra le sue, le mani della donna.

EZ= Janice, la prego, venga via con me… Né lei, né Caroline avete colpa per il luogo in cui Rachel si trova… venga, coraggio…

CA= Il rabbino ha ragione mamma… vai, devi riposarti.... è stata una brutta giornata per tutti noi, e soprattutto per te… riposati…

Annuendo in silenzio, Janice seguì i consigli ricevuti e si alzò tremando; prima di andarsene, si avvicinò a Caroline per baciarla sulla fronte, gesto a cui la figlia rispose stringendo forte la mano della madre poggiata sulla sua nuca.

JA= Ti voglio bene Caroline… non mi lasciare, promettimelo…non potrei sopportare di perdere anche te oltre a Rachel…

CA= Non ti lascerò mai, mamma… ti voglio bene anch’io.

E Janice uscì, accompagnata dallo stesso Ezra Levi. Nel vederla andare via, commuovendosi Caroline si portò una mano alle labbra.

ME= Si riprenderà… è una donna forte.

CA= Lo spero tanto… anche se non vuole darlo a vedere, la morte di Rachel e ciò che sta accadendo ad Audrey, l’hanno sconvolta…

HA= Questi giorni sono stati densi di emozioni per tutti noi…ma chi più ne è stato avvolto, sei tu tesoro… come ti senti?

CA= Non lo so nemmeno io… Spaventata? No… Addolorata? Credo di si… anche se il mio dolore è più colmo di rassegnazione… rassegnazione ad un destino che non ho scelto, ad una maledizione che è nata con me… a sofferenze che sembrano voler provare la mia tempra…

HA= Noi saremo sempre con te, Linne… non ti lasceremo mai, qualunque cosa accada… io, Mello, Matt… saremo sempre al tuo fianco…

“Già, anche quando non ne potrai più e vorrai mandarci al diavolo!”

ME= Ehi, straniero! E tu da dove spunti?

Voltandosi verso la porta, il trio vide entrare Matt nella stanza, con un sorriso tra il dolce e il celiante sulle labbra.

MA= Ero stufo di gironzolare… Comunque… Caroline, Halle ha ragione; noi saremo sempre accanto a te… tu, Mello ed io siamo la Triade… e dovremo essere uniti.. me lo prometti?

CA= (SORRIDENDO) Si Matt… te lo prometto…

MA= (C. S.) Perfetto… ora abbracciami, ragazza e via quelle lacrime dagli occhi… dov’è finita la Caroline Seyrig che non ha paura di niente e di nessuno e che si getta nell’acqua da 14 metri di ponte pur di non dare ai seguaci di Kira la soddisfazione di catturarla?

Nell’abbraccio, la risata nacque spontanea, dolce e sincera come il tentativo di Matt nel risollevare il morale a terra dell’amica.

HA= Ormai è notte… coraggio, credo sia ora che ognuno rientri alla propria base e che tenti di dormire un poco…

ME= Sottoscrivo… sono stremato.

Auguratasi la buonanotte l’uni agli altri, finalmente Mello e Caroline rimasero soli; una volta a letto, con il buio rischiarato dalla luce argentea della luna, venne finalmente il loro momento. Mello era supino, le lenzuola che ne lasciavano il torso nudo scoperto,
con un braccio piegato sotto la testa e l’altro teso ad accarezzare la schiena seminuda di Caroline, prona accanto a lui e con i gomiti puntellati sul materasso.

La ragazza si prese qualche attimo per guardarlo… per osservare i lunghi e splendenti capelli sparsi sul cuscino, mentre alcuni fili d’oro sottile ne incorniciavano le tempie, accompagnando i due zaffiri che erano i suoi occhi, fissi sul suo viso, brillanti come le più splendenti gemme preziose; ne osservò il collo magro e levigato, le spalle sottili comunicanti con le braccia esili, tornite da muscoli tonici e guizzanti… per poi passare a quel torso magro e glabro, candido come la neve che ogni volta le provocava un brivido neanche troppo nascosto. Sentire le dita di Mello scivolare lente sulla propria schiena, era per lei il più efficace di tutti i tranquillanti.

ME= La tua schiena sembra essere una calamita per le mie mani…

CA= Tu , sei la calamita per il mio corpo… la ferita ti fa male?

Prima di rispondere, Mello toccò la fasciatura con la punta delle dita, avvertendo sotto i polpastrelli la trama sottile della garza.

ME= Ne ho prese di peggiori…Ti sento tesa… sei in ansia per Audrey?

CA= Già… vorrei fare qualcosa per lei, ma non so cosa... tutto mi sembra inutile, superfluo o stupido… e questo mi sconforta.

ME= Tu sei Nimue… la Cacciatrice, la Prescelta… ciò che fai è, e sarà, tutto fuorché inutile, superfluo e stupido… anche se (SORRIDE) devo dire che eri leggermente inquietante… :)

CA= Mi amerai ancora quando la mia metamorfosi in lei sarà completa? Quando i miei occhi perderanno quella sfumatura che tanto adori, per lasciare posto al ghiaccio?

ME= Ti amerò in qualsiasi modo il tuo corpo cambierà… anche se dovessi vederti con lunghi capelli viola e orecchie a punta! :)

CA= Ehi, mica diventerò un elfo! Vogliamo parlare di te, Arcangelo? Già ti vedo, con due ali spropositate di tutti colori dell’arcobaleno!

ME= Beh, senza dubbio potrò dire di essere affascinante! Le ragazze vanno matte per le piume!

Mello cominciò a ridere leggero, mentre Caroline spalancò gli occhi per un attimo, per poi assumere un espressione piccata.

CA= Signor Mihael Keehl, non mi costringa a prendere provvedimenti sgradevoli per ovviare ad un suo futuro comportamento scorretto!

ME= Ah ah ah, non essere così permalosa! Vieni qui…

Spingendola delicatamente verso di se attraverso la mano ancora sulla sua schiena, Mello fece accomodare Caroline accanto a se, facendole poggiare la testa appena sotto la propria clavicola; stringendola più forte, si compiacque nel sentire un braccio della ragazza, scivolare sul petto per poi andare ad avvolgerne i fianchi.

ME= E poi, scusa la curiosità… quali sarebbero questi provvedimenti?

CA= Non lo so, li devo ancora perfezionare…ma giuro che quando li avrò conclusi sarai il primo a sperimentarli.

A quelle parole, Mello prese dolcemente il mento della ragazza con due dita, sollevandole il capo fino a poter incontrare il suo sguardo.

ME= Uuh… tremate, tremate, le streghe son tornate…

CA= Si, si… ridi, ridi poi ce lo sapremo ridire…

Ancora con il sorriso sulle labbra, Mello la baciò leggero, lasciando che l’intensità del bacio (che non tardò a mostrarsi) accrescesse da sé.


***


Il luogo è arido. Zolle di terra che, come nel deserto, si dividono leggermente dalle altre con  sottili e profonde crepe. Un vento caldo, dall’odore di zolfo, porta ogni tanto con sé qualche mulinello di sabbia. Il cielo, ovattato e pesante, è nero e grigio.

Silenzio. Solitudine.

D’altronde, quale uomo potrebbe vivere in un luogo simile?

Aguzzando lo sguardo,  nell’estremità destra di questa landa, si può scorgere una struttura, alta poco meno di un metro, nera e circolare… c’è qualcosa che pende sopra questa compagine, ma data la distanza e la penombra, nessun umano sarebbe in grado di capire cosa sia.

D’altronde, quale uomo vorrebbe calcare quella terra?

Ad un tratto, dei passi. Cadenzati in un ritmo di qualcuno che non ha fretta, attutiti dal terreno…. e questi passi, si avvicinano alla struttura vista poc’anzi, poggiando le mani sul suo bordo di pietra nera.

E’ un pozzo, di almeno 60 centimetri di diametro… profondo, in apparenza, e colmo d’acqua cristallina. Il capo dell’avventore si alza ad osservare quello che è sospeso sopra al fontanile, aprendosi in un ghigno più di bestia che di persona.

Oscillante sulla struttura, vi è un corpo umano, un corpo di donna; E’ legata tramite una corda, con le mani dietro la schiena e le braccia sollevate all’indietro, nel richiamo macabro della tortura dell’Inquisizione seicentesca; la donna, manchevole di qualsiasi indumento, è priva di sensi: il capo abbandonato in avanti, lascia scivolare sulle sue spalle i lunghi capelli castano-biondi, precludendo la possibilità di scorgerne le fattezze del viso.

E’ sospesa sul pozzo, a distanza talmente ravvicinata che le dita dei piedi non sfiorano l’acqua di questo per soli pochi centimetri di scarto… il suo corpo nudo è martoriato in ogni angolo di carne da tagli più o meno profondi, spiccanti sulla sua pelle nivea come tanti stralci di rose sanguigne.

L’avventore, con i suoi gesti, espone chiaramente quale sia il suo compito. Estraendo un lungo e sottile pugnale dalla lama nera come l’erebo, incide la carne sul collo del piede sinistro della donna che non sembra essersene accorta, sembra non provare dolore… non un gemito, non un lamento fuoriesce dalle sue labbra; frattanto, un fiotto sottile di sangue sgorga dalla ferita, scivolando lungo il piede e riducendosi a grosse gocce vermiglie che stillano pigre dalle dita verso l’acqua del pozzo che, allargandosi in mille cerchi concentrici e tremolanti, si colora di porpora.

“Mostrami ciò che accade, mia diletta… presto il tuo compito sarà molto più alto del ricoprire l’umile ruolo di connettivo tra questo e l’altro mondo. Ma ora fa che io possa vedere…ah, perfetto… non potevo desiderare di meglio…”

Pervenuto il suo scopo, nel fissare le acque ormai rosseggianti della polla, si leva in un risata roca, malvagia…roboante come tuono.

Il suo divertimento, sta per avere inizio.

***

Voci che la chiamano… querule e quasi infantili, chiamano il suo nome, facendo reclamo della sua presenza. Il sentirne una più acuta, preponderante su tutte le altre, la costringe ad aprire gli occhi, tirandosi su a sedere; si guarda attorno, scoprendo di trovarsi in un luogo magnifico, subito riconosciuto dalla sua memoria: quello è il bosco dove andava sempre da bambina, in primavera! Il sole alto la costringe a farsi da schermo agli occhi con la mano, i suoi raggi roventi le scaldano piacevolmente la pelle… guardandosi attorno, vede di essere seduta nel magnifico prato dove tante volte ha giocato, rigoglioso di soffice erba verde, appena rugiadosa. Sembra non ci sia nessuno, e per questo rimane seduta sul prato, cingendosi le ginocchia con le braccia.

Ad un tratto però, il sentire gridare il suo nome, la costringe a cercarne la fonte: voltando il capo verso destra, vede arrivare dalle fronde un ragazzino di non più di dieci anni, dai capelli castano-ramati, che le arriva davanti con enfasi, esibendosi  in un sorriso che gli va da un orecchio all’altro.

“Dai, che ci fai ancora qui?!?!?” Ti stanno tutti aspettando, hanno mandato me a prenderti!!”

Jeremy… il figlio di zia Ophelia; l’ultima volta che l’aveva visto aveva quattro, forse cinque, anni. Il bimbo schizza via velocissimo, fermandosi poco più in la degli alberi.

“ALLORA?! DAI, VIENI, E’ BELLISSIMO LAGGIU’!!!!”

Sorridendo si alza dal prato, non senza un po’ di dispiacere, e si incammina verso il bambino che, vedendola appropinquarsi, riprende nella sua piccola corsa, fermandosi talvolta per aspettarla e poi ripartire al momento adatto.

Dopo pochi minuti, arrivano al luogo destinato; gli alberi cominciano ad allargarsi, mostrando similmente alle tende di un teatro, la meraviglia che precludevano… il lago.

Il lago della sua infanzia… uno specchio d’acqua cristallino ed immerso nella natura, dove la sua famiglia si rifugiava ogni qualvolta volesse sfuggire al caos di New York. Riusciva a scorgerli, seduti su una delle sue rive intenti a leggere, giocare o riposare.

Arriva dietro al piccolo Jeremy, che comincia a sventolare la manina in loro direzione.

“EHIIII, SIAMO ARRIVATI!!!”

Le persone accomodate nel pianoro, gli risposero altrettanto festose.

“ VENITE, DAI!! TESORO, CORAGGIO, VIENI ANCHE TU, SI STA BENISSIMO QUI!”

Il bambino si rivolge dolcemente verso di lei.

“Andiamo, dai!”

E comincia a correre lungo il pendio; nel vedere però che tutti gli altri si stanno dirigendo in acqua, grida.

“Ehi, avevate promesso di aspettarmi per fare il bagno!!”

Ridendo leggera, comincia a scendere il declivio, mentre ormai Jeremy si è tuffato in acqua, tra risate e schizzi. Ad un tratto però, una strana sensazione…


Il sole è alto nel cielo, ed è molto caldo… perché sente dei brividi di freddo lungo tutto il corpo?

Non se ne cura molto. Probabilmente lo attribuisce al fatto che indossi solo una camicia da notte in seta leggera.


Continua a scendere, ma un’altra cosa non la convince.


L’erba sotto i suoi piedi nudi, a differenza di quella del prato, è morbida ed asciutta…
perché avverte una sensazione di bagnato per nulla piacevole?

Anche su questo non ci si sofferma. Forse il terreno prima del prato, e poi del bosco, erano umidi.


Continua a scendere. E’ arrivata alla punta del declivio, dove il terreno forma una specie di trampolino naturale per i tuffi; arriva al suo limitare, osservando la sua famiglia nuotare e giocare felice.

“Avanti tesoro, tuffati!! L’acqua è meravigliosa, caldissima!! Sembra di essere al mare!!”

Veloce come una scheggia, Jeremy le sfreccia accanto, prendendo la rincorsa e lanciandosi in un piccolo tuffo a bomba, facendo divertire lei e gli altri.

Li osserva sorridendo, ridendo con loro… ma di colpo, arriva nuovamente quella sensazione.

Non c’è un alito di vento attorno a loro…
perché vede i lembi della sottoveste muoversi ondeggianti ed i capelli dietro la sua nuca, fremere?

Questa volta però, non ha tempo per riflettere. Sente un lembo della propria veste essere ghermita con una forza spaventosa; la visione che le si presenta una volta abbassato lo sguardo, è agghiacciante.

Ciò che le ha afferrato l’indumento non è una mano… ma un artiglio purpureo, con le unghie simili a quelle dei rapaci… ma ciò che la spaventa è che quella mano… appartiene al braccio di suo padre, che sotto i suoi occhi comincia a trasformarsi in una creatura raccapricciante, seguito a ruota da tutti gli altri componenti, che afferrano con lui l’estremità dell’abito della ragazza.

Nel parlarle, voci infernali si sostituiscono a quelle che ha sempre conosciuto.
Orbite nere e vuote appaiono laddove vi erano occhi che aveva imparato a riconoscere per forma e cromia.

E scheletri ricoperti solo dalla muscolatura vermiglia ormai avvizzita e decomposta, prendono il posto dei corpi caldi e morbidi dei suoi famigliari.

La loro forza è spaventosa, non può resistere tanto a lungo. Ma l’importante, si ripete, è rimanere in piedi e non cadere.

***

Se n’era accorto fortuitamente, quando nel muoversi non aveva percepito la sua presenza fisica. Puntellandosi con i gomiti, si era leggermente tirato su con il busto
e non trovandola accanto a lui, si precipitò fuori della stanza, vestendosi in fretta e furia con i pantaloni e le scarpe, e scendendo a rotta di collo le scale che collegavano il piano delle stanze da letto con il resto della casa. Spalancando il portone e piombando nello spiazzo esterno di arrivo, venne accolto da una pioggerellina leggera e da un vento altresì gelido. Gridando il suo nome, ma non ottenendo risposta, cominciò a correre verso il grande giardino.

***

Tirano sempre più forte, vigorosamente come il vento soffocante che ha cominciato a soffiare. La guardano con i loro occhi vuoti, con le labbra (labbra?) increspate in un ghigno folle che scopre le loro zanne. Anche il cielo s’è fatto vermiglio, le nubi sembrano talmente rigonfie che da un momento all’altro potrebbero far piovere sangue.

Un altro strattone. Un grido, con uno sbilanciamento in avanti evitato miracolosamente, mentre parte del terreno soffice frana sotto i suoi piedi.

***

Correva per quel giardino da un tempo che non sarebbe stato in grado di quantificare, l’aveva percorso per ogni direzione, gridando a pieni polmoni il suo nome… fermandosi un attimo per riprendere fiato, continuò a guardarsi attorno, portandosi una mano alla fronte per tirarsi indietro i capelli ormai pregni d’acqua… e lì, arrivò l’illuminazione.

Corse verso l’unica parte di giardino che non aveva ancora controllato… quella parte che, in quel frangente, poteva diventare anche la più pericolosa.

***

Le forze la stanno abbandonando, il vento incessante la sbilancia mentre la terra continua a franare sotto di lei lasciandole sempre meno appigli, le creature continuano a tirare la sua veste, ormai ridotta a brandelli, appigliandosi ora anche alla parte destra della stoffa. Sa che non deve cadere, sa che se allascherà la presa quelle creature la ghermiranno, trascinandola in chissà quale luogo maledetto per poi far scempio del suo corpo.

Leva un grido. Un urlo di disperato,nero terrore.

***

Il silenzio fu squarciato dal grido in cui lui ravvisò la voce; ne era sicuro, avrebbe potuto riconoscere quella voce anche se non l’avesse sentita per dieci anni. Chiamandola, si diresse verso il luogo di provenienza del clamore… con orrore si accorse che si stava avvicinando verso il punto più pericoloso di tutto il parco, dove la collina veniva tagliata da un ripido strapiombo. Ed infatti… lei era là, proprio sull’orlo più estremo. Fradicia, scossa dal vento, una figura inquietantemente bianca ed etera in mezzo a tutta quell’oscurità.

Chiamò a gran voce la sua attenzione, mentre si dirigeva verso di lei.

***

Quando qualcuno pronuncia il suo nome in un grido, tutto pare acquietarsi per un attimo; si guarda attorno ma non vede nessuno attorno a se… quasi come se la voce, maschile, calda, vibrante e che la sembra conoscere bene, arrivasse da un luogo nascosto o al di fuori di quella dimensione… ma tutto dura poco, perché approfittando della sua distrazione, tirano più violentemente…e lei,presa alla sprovvista, cade.

***

Attirò la sua attenzione, vedendola voltarsi verso di lui ebbe un fremito: i suoi occhi… erano completamente bianchi. Non vi era più il colore dell’iride, il nero inchiostro della pupilla… l’intero globo oculare era bianco, composto solo dalla cornea lattea.
Benché si fosse voltata verso di lui, parve non vederlo…era talmente tranquilla, che ritenne opportuno avvicinarsi pian piano, tendendo pacatamente una mano verso di lei.

Ma quando le loro dita furono lì lì per sfiorarsi… lei perse l’equilibrio e cadde.

Sarebbe senz’altro precipitata nel vuoto del burrone, se lui non si fosse prontamente gettato in avanti, afferrandone saldamente il braccio e stringendolo con quanta più forza avesse.
La ragazza, penzolante nel vuoto, gridò ancora, serrando ancora di più la presa attorno a quelle ancore di salvezza che le erano apparse, lisce e bianche come la neve appena caduta. Il vento la faceva ondeggiare, le sue gambe non riuscivano a trovare un appiglio adatto per potersi salvare.

***

Ce l’hanno fatta, sono riusciti a farla cadere. Le loro mani sono sulle sue gambe, sulla sua veste, e tirano…. tirano con forza diabolica, ridendo in un ringhio demoniaco e sguaiato.

“VIENI! VIENI CON NOI, NOSTRO UNICO AMORE! STAREMO INSIEME….PER SEMPRE!!!!!”

Voltando il capo all’indietro, vede che l’acqua che avvolge quelle creature si è mutata in sangue… un lago di sangue, increspato dai loro movimenti.

Stringe più forte l’appiglio a cui si è serrata, apparso dal nulla come un aiuto divino… e con grande smacco delle creature, riesce a liberarla dalla loro presa, mentre loro si levano in grida colme di ira.

***

La stava portando in salvo, con uno sforzo sovrumano rivelato anche dal tremito che aveva cominciato a pervaderlo per l’affaticamento muscolare, stava riuscendo a tirarla verso di sé; quando fu sicuro di riuscire a reggerla senza alcun pericolo, fece passare le proprie braccia sotto le sue ascelle, tirando per l’ultima volta e mettendola finalmente in salvo.

Ora erano lì, in balia del vento e della pioggia, seduti a terra… lei era rimasta tra le sue braccia, rannicchiata come un cucciolo tremante e ghermente la sua spalla sinistra convulsamente; la staccò di pochissimo da lui, quel tanto da riuscire a guardarla in viso. I suoi occhi erano ancora bianchi.

“Svegliati… svegliati ti prego! Era solo un sogno, un terribile sogno! Svegliati, torna da me… torna da me, ti scongiuro!”

Capì che era riuscito nel suo intento, quando vide riapparire nei suoi occhi la pupilla nera e l’iride dell’insolito colore che aveva sempre adorato. Nel suo bel volto, mentre si guardava attorno scoprendosi all’aperto, fradicia ed a terra nel bel mezzo del giardino, apparve lo stupore.

“Io… che ci faccio qui…? Cos’è successo..? Mello!”

Cercando di sorriderle dolcemente, malgrado la forte scarica di adrenalina che lo stava lasciando senza forze, Mello le rispose.

ME= Hai fatto un brutto sogno Caroline… sei diventata sonnambula e sei uscita in giardino…

CA= Si…si, ora ricordo… il lago, la mia famiglia, Jeremy…oh, è stato orribile! (ACCORGENDOSI D’ESSERE SUL CIGLIO DEL BURRONE) Mio dio… volevano che mi lanciassi nel vuoto….

ME= Fortunatamente non ci sono riusciti… è tutto finito ora, sei al sicuro… sei con me…

CA= Grazie….mi hai salvato la vita…. ti amo…

Mello provò a rispondere, ma le sue parole vennero troncate sul nascere da un secondo grido, estremamente acuto, e dal rumore di vetri infranti. Alzandosi in piedi, ma rimanendo comunque stretti l’uno all’altra, videro materializzarsi davanti a loro un essere agghiacciante, che teneva sotto un braccio…il corpo privo di sensi di Audrey.

CA= AUDREY! NO!

La creatura alata, nera, enorme e spaventosa, parlò a loro con una voce che avrebbe fatto arretrare Cerbero nell’Ade.

“Sei ancora viva, Cacciatrice, la mia trappola non ha avuto successo…. non avevo contemplato il ragazzo, d’altronde mi stupisce che l’Arcangelo possa provare… (CON TONO SPREZZANTE) amore…”

ME= Lascia subito la ragazza, maledetto! Lei non centra nulla con tutto questo!

“Ti sbagli, Arcangelo, lei centra in tutto questo molto più di quanto tu neanche immagini… Ho fallito e non ti ho ucciso, Cacciatrice, ma la prossima volta sarà l’ultima in cui potrai vedere questo mondo!”

E così dicendo, prima che i due ragazzi potessero fare o dire qualcosa, la creatura si alzò in volo, andandosene… ma ci fu qualcosa, come un lampo improvviso, che mosse la memoria di Caroline.

CA= Quella voce… si…. si, ora la riconosco!

ME= Caroline, ferma, è pericoloso!!!

Correndo fino al limitare del burrone, Caroline gridò a pieni polmoni verso la creatura ce si stava allontanando:

CA= ORA TI RICONOSCO, MALEDETTO!!!! UN GIORNO TI UCCIDERO’, LURIDO FIGLIO DI PUTTANA, PRENDILA COME UNA PROMESSA!!!! VERRO’ A RIPRENDERMI AUDREY, E PER TE SARA’ LA FINE!!!! SO CHI SEI, SHINIGAMI!!! MI HAI SENTITO?!?!?!?! NOI CI RIVEDREMO!!!

Ma ormai, lo shinigami non era che un punto lontano all’orizzonte…. Caroline aveva scoperto la vera identità del dio della morte, e con essa anche tutto quello che gli gravitava attorno. Ad un tratto, Mello fu nuovamente accanto a lei.

ME= Caroline…ora cosa facciamo?

CA= Mello, io….non lo so.

Ma ad un tratto, un altro lampo illuminò la sua memoria.

CA= Seguimi.

E prima che il ragazzo possa ribattere, cominciò a correre verso quel bosco che giorni addietro aveva visitato per la prima volta; non si curò della scarsa luce, non si curò degli aghi di pino che bucavano i suoi piedi scalzi, aveva cognizione di Mello dietro di se, si sentiva al sicuro.
Serpeggiava velocemente tra gli alberi, oltrepassava con passi rapidi le piccole discese, era talmente veloce che nel buio si poteva solo notare un lembo della sua sottoveste ondeggiare, come un piccolo frammento di luna impazzito.

Caroline portò Mello in un luogo strano, quasi surreale e del tutto fuori luogo in quel posto…un mausoleo gotico con angeli di marmo a sua guardia. Arrivata nel piccolo spiazzo, Caroline rallentò fino a fermarsi, così da farsi raggiungere da lui.

ME= Linne… che diavolo di posto è questo?

Ma la ragazza sembrò non averlo sentito, muovendo gli occhi sulla struttura e le mani febbrilmente sul portone ossidato.

CA= (TRA SE E SE) Ma dove sei…. dove sei? Ora ho capito…. che sciocca, perché non ci ho pensato prima…? (TROVANDO IL MANIGLIONE) SI! Eccolo…

Spingendo con tutte le sue forze, la ragazza aprì il portale che rispose in un cigolio… una sferzata di corrente fredda ed ammuffita arrivò contro ad entrambi.

CA= (VOLTANDOSI VERSO MELLO) Vieni… è meglio che lo veda anche tu.

Discesero lentamente, Mello facendosi guidare dalla compagna in una sorta di parodia di Virgilio e Dante… giunsero nella camera mortuaria che lei stessa aveva trovato, e si diressero accanto ad una tomba.

CA= Tsk… è ancora come l’ho lasciata io…

ME= Caroline, cristo santo, mi vuoi spiegare?! Mi spieghi perché in questa villa ci sia un mausoleo, e soprattutto perché noi siamo al suo interno?

CA= Capirai tra poco… aiutami a spingere questo coperchio.

ME= Perché?

CA= Le domande da scolaretto diligente a dopo, ora aiutami!

Con un sbuffo di rassegnazione, Mello afferrò l’estremità granitica del coperchio sepolcrale e lo spinse nella stessa direzione verso cui lo stava portando Caroline.

ME= Ex mafioso, delinquente, ricercato ed ora pure tombarolo… bella carriera Mihael!

CA= Potrai compiangerti dopo, ora ci serve un’ultima spinta… al mio tre. Uno… due… TRE!

Nell’ultimo slancio, il coperchio cadde a terra con un fragore infernale.

ME= CAZZO! Per la miseria, ci avranno sentito fino in città! Caroline… Caroline va tutto bene?

Caroline era immobile davanti alla bara, le braccia lungo i fianchi ed un ghigno sulle labbra.

CA= Io lo sapevo…

ME= Ma cosa… (AVVICINANDOSI) O cristo…. che cosa ci fa qui?

Era incredibile… se qualcuno glielo avesse raccontato, gli avrebbe come minimo riso in faccia… ma lo stava vedendo con i suoi stessi occhi…

Davanti a loro, perfettamente riconoscibile, intatto nel suo sonno di morte e con espressione serena….

ME= No… non è possibile… non può  essere vero…

CA= W…T…I…E….1…7…9…2…0…. ma certo…


…riposava il corpo di Ryuzaki.





  
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