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Autore: Cheonefer86    27/08/2011    3 recensioni
"Sei l’odio che nasce dal profondo dell’anima, sei l’amore che cresce dal buio del cuore."
Questa storia è il seguito di “Vorrei solo guardarti, ma…”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Ti ho amato per lungo tempo, anche quando era più facile odiarti

Storia che partecipa al primo turno del concorso “La poesia ispira la prosa” del Magie Sinister Forum.

 

Questa storia la dedico a Cri (Marpy) e alla sua richiesta “in ginocchio”, con la speranza di essere riuscita a scrivere una degna evoluzione :)

 

 

 

 

 

Vorrei solo che mi guardassi

 

Odi et amo (Gaio Valerio Catullo)

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

[Traduzione di Salvatore Quasimodo]
Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così, e mi tormento

 

 

Ti ho amato per lungo tempo, anche quando era più facile odiarti.

Quando il mostro che era in te era uscito prepotente, una bestia assetata di sangue che ti strappa il cuore prima di uscirti dal petto.

Hai mai avuto un cuore o ne possedevi soltanto una copia mal funzionante?

Ti ho odiato a lungo sapendoti un assassino, il suo assassino, ma più di ogni altra cosa ti ho odiato perché ti amavo e dovevo fingere di provare lo stesso forte sentimento per un altro.

Più di te odiavo me stessa.

Più di lui amavo te.

Ma dovevo tenermelo dentro, come un veleno che ti corrode facendosi strada tra il tuo sangue, lo senti che brucia, che scorre infuocandoti le vene.

Tu sei il mio veleno, ma non potevo fare a meno di prenderti ogni giorno, i tuoi occhi erano la mia droga quotidiana, il tuo volto sofferente il mio alcolico preferito.

Non c’era giorno in cui non camminavo per il castello con il solo desiderio di vederti, di vedere quel bagliore nel tuo sguardo che divampava come un fuoco in me.

Tu mi guardavi con disprezzo, per questo ti odiavo.

Perché non ero nulla per te, ti ero indifferente, e l’indifferenza è il peggior sentimento che si possa provare, e per questo ti ho odiato.

Per te ero il nulla.

Dicono che nel cuore di ognuno di noi c’è una persona che amiamo e odiamo al contempo: tu sei quella persona per me.

Sei l’odio che nasce dal profondo dell’anima, sei l’amore che cresce dal buio del cuore.

 

Un improvviso temporale risuona in questa calda notte estiva, l’acqua scivola copiosa sul mio viso mischiandosi alle lacrime.

La pioggia fresca mi dona un insperato sollievo che dura l’attimo di un istante, lenendo brevemente il dolore e l’angoscia, l’attimo in cui il tuo volto mi appare di nuovo così nitido davanti agli occhi.

Ti odio perché continui a prenderti gioco di me, non t’importa nulla, sono solo un corpo con cui divertirti.

Io non mi oppongo.

Come posso resistere ai tuoi occhi?

Il nostro è solo sesso senza amore.

Mi accontento anche solo di quello pur di starti vicino, mi piace accarezzare la tua pelle morbida, avere i tuoi capelli nerissimi tra le dita, le tue labbra così dannatamente sensuali che chiedono solo di essere baciate con amore e passione.

Io le bacio con passione e avidità perché non c’è spazio per l’amore.

Solo sesso.

Dannato Severus Piton.

Io ti amo come non ho mai amato nessuno e per questo sono soddisfatta di essere il tuo giocattolo ben sapendo di non poter essere altro.

 

Adoro i temporali.

Adesso più che mai perché accompagnano il mio stato di angoscia e agitazione.

Tuoni rimbombano nell’aria rompendo il silenzio che circonda ogni cosa.

Lampi squarciano la notte ed illuminano la foresta in cui sono rifugiata da ore, senza vedere niente e nessuno, cercando di togliermi ogni immagine della notte precedente, cercando di togliermi il tuo respiro sulla pelle.

In questo posto solitario e buio posso piangere liberamente.

Non avrei mai pianto davanti a nessuno.

Vorrei sprofondare il viso nel cuscino bagnandolo per le mie lacrime salate e amare, ma il mio letto ancora sa di te, c’è ancora il tuo profumo in quella stanza ed io non voglio perdermi nuovamente tra il tuo respiro che ancora sento su di me.

Ogni sensazione è svanita, solo la pioggia continua a scivolare sulla mia pelle.

Ti odio, ti odio con tutta me stessa, sono solo un burattino tra le tue mani e pur di starti vicino mi basta, sono malata, il mio è il male peggiore, incurabile, sono malata d’amore per ciò che nascondono i tuoi occhi neri. Ho conosciuto la tua vera essenza e me ne sono innamorata, ho amato la tua anima scura e crudele, e lo sono ancora.

Sono stata una pazza, come potevo non definirmi tale in quel momento.

La mia anima si stava via via lacerando, ero stata di nuovo tua, non riuscivo a resistere a quegli occhi oscuri, come potevo sperare di fare a meno dei tuoi baci.

Il desiderio di averti sempre vicino mi stava distruggendo, il tuo profumo inebriava i miei sensi e mi faceva a pezzi.

Mio angelo nero mi stavi portando in paradiso dopo interminabili ere passate nel caldo e lussurioso baratro dell’inferno.

Come potevo riuscire a starti lontano se il mio corpo ti voleva?

Come potevo amarti se tu non amavi me?

Le tue parole erano solo polvere al vento, scivolavano come sabbia tra le dita.

Ti amo, ti amo con tutta me stessa, amo la gioia che hai saputo darmi, la vita che hai saputo regalarmi senza chiedere nient’altro che essere abbracciato.

Ad un tratto avverto una presenza accanto a me.

Non alzo gli occhi per guardare chi è, ma il tuo profumo è così inconfondibile che ti avrei riconosciuto tra mille persone.

Che cosa vuoi adesso?

Questa sera non sarò il tuo trastullo.

Sono stata già abbastanza il tuo giocattolo.

- Vai a casa – mi dice aspro, non rispondo.

- Non è un consiglio.

Non lo degno di uno sguardo.

So che se incrociassi le sue nere iridi mi perderei.

Ed io non voglio perdermi.

Ho bisogno di tutta la lucidità per resistere all’uomo che ho davanti.

Si avvicina e mi fa alzare di forza da terra.

- Lasciami stare. Non ho voglia di starti a sentire e non sopporto la tua presenza.

- Ah no? Strano, nel mio letto la sopporti la mia presenza. - mi risponde con quel ghigno stampato in volto.

Vorrei prenderlo a schiaffi, vorrei urlargli conto, vorrei… vorrei baciarlo con amore, vorrei stringerlo a me.

“Allontana questi pensieri malsani, ti farai solo del male”.

- Vai al diavolo, Severus Piton!

I suoi occhi si riducono a fessure, mi stringe i polsi e mi sbatte con violenza addosso all’albero che poco prima mi stava consolando.

Sono completamente fradicia, l’acqua continua a scendere copiosa sulla foresta ed io non ho nemmeno un mantello per ripararmi, ma non me ne curo perché la mia preoccupazione è ben altra, la mia preoccupazione sono due occhi neri ai quali non riuscirei a resistere.

Ci devo provare ad ogni costo, non posso lasciarti ancora qui a prenderti gioco di me, devo riuscire ad allontanarti da me, a dimenticarti per sempre.

Com’è difficile dimenticare l’amore che si ha dentro. Ti odio per questo.

Prende le mie mani e le stringe tra le sue con delicatezza.

Sono piccole in confronto alle sue, si avvicina a me lentamente, e le poggia sul suo petto.

Posso sentire il battito del suo cuore.

E’ regolare, rilassato.

Il mio ora va velocissimo.

Quel contatto mi scuote e diversi brividi attraversano il mio corpo già colpito dall’aria gelida circostante.

Mi stringe forte a se e mi avvolge nel suo nero mantello.

Leggere sensazioni di calore cominciano a divampare in me.

- Va meglio? – mi dice.

Alzo il viso per far incontrare i miei occhi con i suoi e annuisco appena, incapace di dire qualsiasi cosa.

Il tuo respiro è di nuovo sulla mia pelle e il tuo profumo è di nuovo in me, inebriante da farmi cadere, una sensazione che conosco, una sensazione che mi fa tornare in me.

Ti rivedo vestirti e lasciarmi da sola nella mia stanza, e ti allontano violentemente da me.

- Perché? Perché dopo tutto quello che ti ho fatto, ancora insisti a volermi con te? Tu mi odi e non si desidera chi si odia. – le sue domande risuonano prepotenti nella mia testa.

Per quale motivo mi stai chiedendo questo?

- No. È vero, non si desidera chi si odia. Ignorarti sarebbe più semplice, l’ignorare è un sentimento semplice, ma come puoi far finta che qualcuno cui sei legato non esista. Come puoi anche solo pensare di ignorare qualcuno cui hai donato tutto te stesso.

Non puoi. Non ci riesci. Ed io ti odio. Ti odio perché ti amo, nonostante tutti i miei sentimenti sono rimasti immutati da quel giorno sulla riva del lago. Il mio amore è aumentato quando sono stata ore ed ore ad abbracciare il tuo sangue e a piangere ogni lacrima che avevo in corpo. Tu mi hai usata, di nuovo l’altra sera per appagare le tue voglie ed io ti odio per questo. Quel “come stai” sussurrato appena è stato del dolce miele su quest’amara vita, ed io ti amo per questo.

Sono io la stupida che si lascia usare senza battere ciglio, perché pur di stare tra le tue braccia, sarei disposta anche a tutto questo. Ma non ce la faccio più, non riesco a sopportare più tutto questo e ti odio, ma odio di più me stessa che ti ha permesso di trattarmi come un giocattolo, ma adesso si è rotto ed io non sarò più niente per te.

Sei stato la cosa più bella che questa vita potesse darmi, e in quest’odio ti amerò per sempre.

Parole che risuonano tra gli alberi perdendosi tra i sospiri di un vento fresco che ti getta l’acqua sulla pelle, evaporando in un istante per il fuoco che ti brucia dentro.

Lo vedo abbassare lo sguardo e allontanarsi appena.

- Odiami. Odiami più che puoi perché sarà più facile per te dimenticarmi.

Non incontrare il mio sguardo perché so che poi non riuscirei a starti lontano, il desiderio di stringerti sarebbe troppo e la voglia di averti, insopportabile.

Odiami. Odiami e dimentica ciò che siamo stati. – sussurra tra i respiri del vento.

- Perché devo continuare ad odiarti se ti amo? Perché continui ancora a negarti un briciolo di felicità che hai diritto di provare? Perché continui ad allontanarmi, anche se mi vuoi tra le tue braccia?

- Perché non sono degno di averti accanto. – mi dice senza guardarmi.

- Sei piuttosto ripetitivo, lo sai? È una scusa che non regge, Severus Piton. È una scusa che non esiste, lascia decidere me se sei degno di avermi accanto. E non c’è nessun uomo al mondo che lo sia più di te. Io ti amo e tu ami me, come fai a dire ancora simili assurdità.

Ti vedo stringere i pugni fino a farti sbiancare le nocche, ti vedo sofferente anche se i miei occhi non scorgono i tuoi, ormai ho imparato a riconoscere ogni tua emozione, davanti a me la tua maschera crolla e ti osservo per quello che sei.

- Ricordo ancora quello sguardo che mi aveva ucciso definitivamente, avevi conficcato maggiormente in me la consapevolezza di essere un assassino.

Avevo visto odio nei tuoi occhi, e per quanto ormai ero abituato ad essere guardato in quel modo, mi avevi ferito, ero morto nuovamente dopo essere rinato grazie al tuo amore.

Sapevo che mi amavi, come io amavo te, in silenzio, segretamente, in un angolo buio della mia anima avevo nascosto questo sentimento per rischiarare il male che avevo dentro.

Avrei voluto saziarmi delle tue labbra, del tuo sapore, del profumo che emanavano i tuoi boccoli scuri.

Ti vedo vacillare a queste parole. Non ti ho mai guardato con odio, la mia era incredulità, non potevo credere che tu fossi l’assassino di Albus, non volevo crederci, ho sempre pensato che nascondessi qualcosa, nessuno mi credeva, io ero pur sempre la tua amante e nessuno avrebbe creduto alle mie parole.

- Non capisco cosa tu voglia esattamente da me, non riesco proprio a capirti. Sei un libro aperto dalle pagine bianche che non vuoi scrivere e non permetti a nessuno di porvi una parola. – sospiro appena.

- Vorrei solo vederti felice lontano da me, dal mostro che è stato capace solo di portare sofferenza nella tua vita. Non fidarti ancora dei miei occhi, sono pur sempre un assassino che non merita alcuna felicità, non merita di averti accanto e ti starò lontano per sempre.

Muove un passo come per andarsene, ma lo afferro per un braccio costringendolo a guardarmi negli occhi.

- Come puoi dire che la mia felicità sia starti lontano, come fai anche solo a pensarlo. Vuoi stare lontano da me, ma vieni a cercarmi, desideri il mio sguardo come io desidero il tuo, ma tu continui a prenderti gioco di me.

Non risponde, non parla, non si muove, respira appena. La pioggia continua a scendere insieme alle mie lacrime che non arrestano il loro lento fluire.

- Domani mattina partirò per lavoro. Per sempre. Non tornerò più, troppi ricordi che mi fanno male nonostante siano felici, troppe ferite aperte da richiudere. – le mie parole escono flebili ma decise.

Rimane immobile, i capelli fradici attaccati al viso a coprire quegli occhi che non sopporterei di guardare ancora senza perdermi in questo triste amore.

Nessuna parola fuoriesce dalle sue labbra carezzate da una goccia di pioggia che vorrei toccare, stringere, per portare con me per sempre il sapore della sua bocca.

Getto a terra il suo mantello e mi allontano da lì, lasciandolo solo con i suoi silenzi.

 

È mattina, il sole si sta alzando alto nel cielo e non c’è traccia del temporale della notte, ma ancora persiste un po’ di fresco che rende questa partenza meno amara.

I bagagli sono ormai pronti, guardo per l’ultima volta questa casa vuota prima di andarmene per sempre da qui.

Apro la porta e a terra scorgo un fiore di loto nero, mi ricorda i tuoi occhi e al pensiero sorrido, un sorriso amaro il mio.

Lo raccolgo e nelle mie mani si trasforma in una pergamena nera con delle scritte argentate:

“Vorrei solo che mi guardassi, ma… so che non ne sono degno.

Vorrei solo che mi guardassi come facevi un tempo, con il candore di una giovane donna, senza giudicarmi, hai legato la mia anima a te con un solo sguardo e non riesco a fare a meno del tuo sorriso che accende la speranza in me.

Amami. Amami come e più di quel giorno al lago, quando per la prima volta l’ho gridato al vento che ti carezzava e lo invidiavo perché poteva toccarti mentre io non avevo alcun diritto su di te, potevo solo amarti nel silenzio di un cuore che batte e soffre di un amore malato per te.”.

Vorrei solo che mi guardassi per tutta l’eternità.

   
 
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