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Autore: Pwhore    27/08/2011    1 recensioni
Arin ha 22 anni, è un batterista e suona con gli Avenged Sevenfold. Il suo migliore amico è Synyster Gates, chitarrista della stessa band.
Synyster ha problemi con la ragazza, Cassidy, e quando viene buttato fuori di casa per colpa di Arin, viene a stare da lui. All'inizio va tutto a gonfie vele, ma man mano che le ore passano, il giovane batterista si accorge che i suoi sentimenti per l'amico stanno cambiando. Spaventato, deve fare una scelta: sarebbe stato meglio confidare al ragazzo i suoi nuovi sentimenti e mettere a repentaglio la loro amicizia, o continuare a comportarsi come se niente fosse, sopprimendo i propri sentimenti, ma senza dover temere un distacco?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lungo la strada del ritorno, Syn fu inaspettatamente carino. Mi regalò un pezzo di dolce che aveva fregato alla festa, e continuò a parlare per un bel po' di tempo. Più che altro, mi raccontava di vecchi aneddoti e ricordi. Tutto quello che gli passava per la testa era destinato ad essere esposto, ma la cosa non faceva che rendermi più felice. Mi faceva piacere sapere cosa pensava Syn, quali erano le sue sensazioni, anche se spesso le sue erano solo storielle assurde. E poi, guidare con qualcuno che parlava sopra al motore mi faceva sentire in famiglia, anche se non ne capivo il perché.
Fermai l'auto in un largo spiazzo asfaltato, circa cinque minuti dopo che Synyster aveva smesso di parlare. Scesi dal veicolo e aprii lo sportello del moro, allungandogli la mano.
"Non sono ancora così ubriaco" borbottò lui, stringendo comunque la mia mano. Era buio, per essere in mezzo a una stazione di servizio. Le luci erano mezze fulminate, ma una scala appoggiata al muro dava l'idea che qualcuno le stesse riparando. Entrammo nel fast food e ci dirigemmo verso la cassa, con gli ordini già in mente. Dopo aver ordinato e pagato, prendemmo posto a un tavolo vicino alla finestra. Diedi un'occhiata fuori, ma era troppo scuro per vedere, quindi cominciai a osservare il locale. Era stato riverniciato di fresco, ma i colori scelti non erano esattamente meravigliosi. I tavoli erano circa sette o otto, di cui due uniti. Su ogni tavolino c'era un depliant che declamava la bontà di un nuovo panino con würstel, maionese e cipolla grossa, accompagnato da una valanga di patatine. Synyster parve leggermente attratto dal panino, anche se non disse niente al riguardo.
Ad ogni modo, il soffitto pareva cadere a pezzi, tanto era scrostato. Probabilmente quello che aveva dipinto i muri non si era preso la briga di pitturare pure là in alto. Il pavimento era piastrellato, ma i disegni formati dai piccoli quadrati non erano un granché. Onestamente, il posto lasciava un po' a desiderare, ma decisi di ignorarne i difetti. Syn mi lanciò un'occhiata preoccupata, e gli strinsi la mano. 'Speriamo che gli hamburger siano migliori di come questo posto appare' mi dissi alzando lo sguardo verso la cucina. Una cameriera alta e carina vi uscì, dirigendosi verso di noi e portando un vassoio con due panini. Ci servì con gentilezza, e ci indicò il portasalse. "Nel caso voleste qualcosa di diverso" precisò. Annuii e ringraziai, mentre lei si dileguava con un inchino. Alzai lo sguardo verso Syn, e notai che lui aveva già preso il mano il cibo, avvicinandoselo alla bocca. Seguii il suo esempio, e diedi un morso al mio cheeseburger.
"Buono" bofonchiai.
"Già" annuì il moro, con la bocca piena. "Molto meglio di quelle schifose tartine al caviale" aggiunse con aria disgustata. Risi, dandogli ragione. Quelle tartine erano ignobili; lo dicevo pure io, che di solito mangio tutto. Bevvi un sorso di Coca e continuai a mangiare, soddisfatto.
"Hai una macchia di formaggio qui" disse a un certo punto Syn, sporgendosi verso di me e togliendo col dito il formaggio dalla mia faccia. Poi si ficcò il dito in bocca e sorrise, tornando al suo panino.
Terminammo di mangiare con calma, chiacchierando del più e del meno, e ritornammo in macchina verso le undici. Mi allacciai la cintura e aspettai che Syn facesse lo stesso, poi ripartii. Guidai per una mezz'oretta, mentre il moro si godeva le stelle e il vento fra i capelli. Sorrisi e accellerai leggermente, in modo da risparmiare qualche minuto di viaggio. Arrivammo sotto il mio palazzo abbastanza tardi, quasi a mezzanotte. Scendemmo dalla macchina e ci avviammo verso casa facendo il meno rumore possibile, mano nella mano. Posai la testa sulla spalla di Syn, e lui sorrise, baciandomi la fronte. Sorrisi e mi fermai per accarezzargli il volto e baciarlo, quando qualcosa di stranamente morbido mi colpì.
"Ma che diavolo..?" sbottai, guardandomi intorno.
"Fate schifo!" disse il ciccione di prima con un urletto, tirandomi qualcosa di tondo che andò a spiaccicarsi accanto alle mie scarpe. L'uomo era paonazzo e continuava a tirarmi roba, aggiungendo qualche insulto ogni tanto. Essendo buio, potevo solo immaginare dove fosse e che cosa mi stesse tirando, ma riconobbi subito la sua voce. Feci per accendere il cellulare, ma mi accorsi di averlo lasciato in casa.
"Andatevene da questo palazzo!" urlò nuovamente l'ometto tirandomi un pomodoro, che andò a spiaccicarsi sulla schiena di Syn, che si era messo davanti a me. Il moro raccolse un resto di poltiglia rossa da terra e lo scagliò contro l'uomo, che si riparò con le mani.
"Sei tu quello che dovrebbe andarsene!" gli gridò contro Syn, incazzato. L'uomo avvampò di rabbia e si avvicinò, digrignando i denti.
"Brutti schifosi, dovreste solo chinare la testa di fronte alla vostra peccaminosa situazione e pregare Dio affinché vi curi da questa disgustosa malattia!" sbraitò il ciccione, avvicinandosi ulteriormente. Synyster ebbe uno scatto d'ira e colpì l'ometto in faccia, facendolo cadere all'indietro.
"Sei tu il malato, che non accetti gli altri come sono e cerchi di imporgli le tue sporche regole, mentre, schiavo della società come sei, non ti accorgi di ripetere quello che ti dicono gli altri di dire. Mi fai pena, anziché rabbia" sibilò. L'ometto rimase in silenzio, stizzito, in cerca di qualche insulto con cui ribattere. Non ne trovò nessuno di abbastanza 'bello', perché se ne strisciò via nell'ombra e ci lasciò in pace.
Mi voltai verso Syn, e cercai di focalizzare il suo volto. Era contratto, ma pallido come al solito. Un'espressione incazzata era dipinta su tutta la faccia, mentre il moro squadrava l'area circostante in cerca di eventuali nemici. Poi mi prese per mano e mi trascinò via, salendo velocemente le scale. Aprì la porta, mi fece entrare, e se la sbatté alle spalle, mentre un altro pomodoro ci si spiaccicava sopra.
   
 
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