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Autore: Darik    27/08/2011    0 recensioni
Una coppia di amiche con già molti problemi, sta per averne un altro, assai più letale. Avranno bisogno di un aiuto, che arriverà da qualcuno che non è quello che sembra.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 11
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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4° Capitolo

Sul ponte di comando della gigantesca nave aliena, stava il suo comandante, il Collezionista: aveva un aspetto umanoide, sembrava anzi una persona terrestre, molto anziana, con tutti i capelli bianchi e il volto pieno di rughe. Ma la sua fierezza di portamento era pari a quella di un giovane condottiero.

Una volta lo era stato davvero giovane, tanti secoli fa, sul suo pianeta: era un generale che aveva combattuto valorosamente nella guerra delle Triplici Lune, con la quale il suo pianeta fu finalmente unificato. E già allora aveva l’abitudine del collezionismo, poiché raccoglieva le armi e tutti gli oggetti degli avversari.

Quando poi ci fu la catastrofe, decise di espandere grandiosamente la sua abitudine, che ora stava per raccogliere dei nuovi trofei: i suoi droidi erano già stati posti per impadronirsi dei tesori artistici di quel pianeta azzurro, la Terra. Così com’erano già stati prelevati campioni di umanità varia e della natura di quel mondo.

Ora stavano provvedendo a scaricare sulla nave, da vari punti del globo, coloro che, avvantaggiati da particolari somiglianze fisiche/caratteriali, sarebbero stati esempi viventi di due speciali forme di comunicazione artistica dei terrestri.

Fatto questo, restava da prelevare l’estrattore ionizzato di flusso, che unito a quello non ionizzato preso su Ertrinux, avrebbe arricchito ancora di più la sua incalcolabile collezione. La quale aveva anche ricevuto due pezzi pregiati e inaspettati.

Accarezzò il medaglione che portava al collo.

Sì, c’era davvero di che essere soddisfatti.


“Santo cielo! E’ mostruoso! Bisogna fermarli!” esclamò Margareth in preda ad un’ansia crescente.

Il Dottore le mise una mano sulla bocca. “E lo faremo. Per fermare il Collezionista, bisogna bloccare il suo esercito di droidi. Il modello SNMY3u5 è comandato telepaticamente tramite un amuleto, che di solito si porta al collo, e certamente il Collezionista l’ha con sé. Se lo prendiamo, siamo a posto. Andrà tutto bene e non avere paura”.

Margareth annuì. “Va bene, ma lo dica anche a se stesso. La sua mano trema assai”.

“Ah sì?” Il Dottore si guardò le mani aprendole e chiudendole nuovamente, per poi volgere lo sguardo verso qualcuno sul fondo del corridoio.

Anche Margareth guardò e non vide nessuno.

Si rese conto che aveva cominciato a dare del lei al Dottore, ma dopo quanto aveva visto e sentito, non poteva più considerarlo un semplice ragazzino.

“Andiamo a cercare il ponte di comando. Il Collezionista sarà lì!” ordinò quest’ultimo.

La nave era davvero deserta e seguendo il bip, sempre più forte, arrivarono davanti ad una porta più grande delle altre.

“Dunque, vediamo, questa porta automatica, come si apre?” domandò a se stesso il Dottore.

Tirò fuori il suo cacciavite e lo puntò su quello che sembrava il quadro comando, senza che succedesse qualcosa.

“Uffa, fai il difficile, eh? Vediamo che succede se do una mano”.

Con fare esperto scassinò il quadro e iniziò a trafficare con i fili, o almeno quello sembravano, unito all’azione del cacciavite.

“Andiamo, andiamo!” incalzò il Dottore, sempre più madido di sudore.

Finalmente la porta si aprì, e Margareth rimase, nuovamente, senza fiato: davanti a lei si parava uno spazio immenso, pieno di pareti in metallo contenenti a loro volta una sorta di celle, chiuse da una specie di vetro semi-invisibile.

Nelle celle c’erano creature e oggetti di ogni tipo, non di rado impossibili da descrivere per la mente umana della ragazza, che entrò e si guardò intorno, intimidita e stupefatta: sembrava quasi il magazzino che si vedeva alla fine dei Predatori dell’Arca Perduta, con oggetti alieni al posto delle casse di legno; ogni oggetto, chissà quale storia nascondeva.

Scrutando tra quel deposito dell’immaginabile, Margareth vide qualcosa che la fece rabbrividire e vi corse intorno.

“Louise! Louise!” gridò sbattendo i pugni contro il vetro, oltre il quale c’era la sua amica, diventata una sosia perfetta di Asuna Kagurazaka e immobilizzata in una posa plastica, insieme con altre persone tutte sosia dei personaggi di Magister Negi Magi: ecco la capoclasse Ayaka che con un gesto elegante della mano si aggiustava i capelli, Hasegawa, tutta seriosa, impegnata al suo computer, Konoka teneramente abbracciata ad una imbarazzata Setsuna…

Per una fan sarebbe stato un sogno ad occhi aperti.

Ma vedendo lo stato in cui era ridotta la sua amica, per Margareth era solo un incubo.

“Louise…”, mormorò sentendo gli occhi inumidirsi.

“Sbrighiamoci!” la incalzò il Dottore, sempre più bagnato dal sudore. “Il Collezionista è qui vicino. Questo è un magazzino, e qua vicino ci deve essere anche il raggio tele-trasportatore col suo padrone”.

Per un attimo si fermò, come se avesse visto qualcosa di conosciuto tra tutti quei reperti.

Da un’altra sala arrivò un forte sibilo fin troppo familiare per lui, e gli diede la precedenza.

Infatti, affianco al magazzino, c’erano diverse porte, ne aprirono una e trovarono un hangar, e lì c’era il terribile raggio: una sorta di enorme cannone, la cui estremità era a forma di antenna parabolica. Era quello lo strumento che il Collezionista usava per gli oggetti davvero grossi, ed era piantato davanti ad uno spazio aperto dal quale si vedeva perfettamente la Terra.

Su una pedana circondata da molte migliaia di droidi, c’era il Collezionista.

La raccolta dei campioni era stata completata, e stava avvenendo il recupero dei droidi dal pianeta.

Si poteva già cominciare l’attivazione del raggio per prelevare l’estrattore di flusso.

Vedendolo premere dei comandi, Margareth capì subito cosa stava succedendo.

“No! Dobbiamo fermarlo! Dottore!” implorò lei, però si accorse che il Dottore aveva qualcosa che non andava: oltre al sudore era diventato pure pallido, come un morto.

In silenzio cadde a terra.

“Dottore, che le prende?”

Come dal nulla, riapparve la misteriosa ragazza pallida e vestita di bianco. Margareth, che si era dimenticata di lei, la trovò mortalmente inquietante, intenta ad osservare in silenzio il Dottore. Non sembrava certo essere lì per aiutare.

“No… ti prego… devo… devo salvare il mondo… dammi ancora un po’ di tempo…”, mormorò il Dottore, le cui mani iniziarono a sparire, anzi, disgregarsi, dissolversi e lui a contorcersi in una silenziosa agonia.

Margareth si fece prendere dal panico e si rannicchiò tremante in un angolo.

Era rimasta solo lei: cosa poteva fare contro un esercito di droidi assassini? Come poteva fermare l’apocalisse?

“I miei cari…. Il mondo… gambe… muovetevi… non tremate… muovetevi, vi supplico!”

Prima che il Collezionista finisse la sequenza, si toccò un orecchio come se sentisse qualcosa.

Parlò nella stessa lingua astrusa dei droidi, ma mentre questi ultimi erano impassibili, il Collezionista gesticolava e faceva smorfie come una persona qualunque, e per questo Margareth comprese che qualcosa lo aveva seccato, ma dava comunque un assenso.

Davanti a lui apparve un’immagine sospesa in aria: due droidi che tenevano prigioniera una ragazza svenuta.

Margareth trasalì: era Emy!

“Signore, abbiamo trovato questa ragazza che curiosava vicino al vecchio municipio. Abbiamo pensato che le avrebbe fatto comodo avere un ultimo possibile campione da collezionare”.

“D’accordo, però facciamo alla svelta! Già fisicamente non ha nulla di originale. Usate la sonda per farmi vedere i suoi ricordi più intensi”.

Dalle dita dei droidi uscirono dei filamenti, che penetrarono nella fronte di Emy.

L’immagine davanti all’antico alieno cambiò.


C’era un letto d’ospedale, con una donna sdraiata sopra.

Una bambina le corse vicino e le prese la mano.

“Mamma, mamma! Come ti senti?”

La donna si sforzò di sorridere, ma fu colta da un attacco assai violento di tosse e sputò sangue proprio in faccia alla figlia.

I monitor intorno a lei fecero scattare il segnale d’allarme, infermieri e infermiere circondarono il letto e allontanarono la bimba, che piangendo tendeva le braccia verso la genitrice.

La scena cambiò, sostituita da quella di una lapide al cimitero, con sopra scritto ‘Susan Furens’.

Ci fu una nuova immagine, Emy più grande con in mano una coppa.

“Papà, papà! Ho vinto il trofeo, sono stata la prima!” esclamò raggiante.

Andò incontro al padre.

“Brava Emy, ora lasciami lavorare”, la liquidò il genitore senza neanche fermarsi.

Emy rimasta sola buttò il trofeo per terra, prendendolo a calci.

“Sempre così! Sempre!” gridò.

Altro cambio: Emy, ancora più grande, davanti al padre. Che appariva piuttosto irritato.

“Mi hanno detto che hai cominciato a disegnare. Che vorresti diventare una professionista, una disegnatrice di… fumetti!” esclamò.

“Sì, e allora?” ribatté guardinga la figlia.

“La devi piantare! Tu sei una Furens, l’industria è il nostro campo. Non ti permetterò di infangare il nome della famiglia facendo stupidi disegnini!”

“M-ma io voglio farlo!”

“Cosa?! Osi ribellarti a me?!”

L’uomo sollevò la figlia afferrandola per un braccio e la sbatté sul letto a pancia ingiù, tirando fuori un frustino.

Col quale cominciò a colpirla più volte alla schiena, con violenza.

“Razza di cretina! Chiedi perdono per aver pensato di infangare il nome di famiglia!”

“Pietà!! Ti prego…. Non lo farò più!! Ti chiedo perdono! PIETA’!!!” strillò Emy singhiozzando.

Successivo cambio d’immagine: Emy, insieme alla sua banda, stava angariando una coetanea con i capelli biondi.

“Avanti, stronza coraggiosa! Cedi! Cedi, dannazione! Cedi anche tu, chiedi pietà! Chiedi pietà come me!” pensò la capobanda mentre le sue scagnozze costringevano la vittima a pulire con la lingua una gomma spiaccicata per terra.


Il Collezionista interruppe la trasmissione con un gesto di stizza.

“Mi avete interrotto per delle sciocchezze. E’ la solita roba. Ci sono tantissimi esseri umani con problemi simili. Ho già un esemplare. Lasciatela lì è tornate a bordo!” esclamò parecchio seccato l’alieno.

I droidi lasciarono la giovane, che finì a terra come se fosse un sacco d’immondizia, e l’immagine scomparve.


“Emy…”

Margareth sentì delle lacrime, a lungo trattenute, scenderle sulle guance.

La paura, la disperazione, furono sostituite da una rabbia e un’indignazione crescente, talmente forti da non rendersi conto che il Dottore era sparito.

La ragazza si alzò in piedi, vide lì accanto un bullone o qualcosa di simile, lo prese e lo tirò in testa al Collezionista, facendo un centro perfetto.

L’alieno si portò le mani sulla nuca: “Ma chi… E’ quella chi è? Un’intrusa! Eliminatela, subito!” sbraitò.

I droidi puntarono le mani contro Margareth, che si rifugiò nel magazzino.

Prendetela! Non usate le armi o danneggerete la mia collezione!”

In due file ordinate e veloci, i droidi entrarono nel magazzino.

Rimasto solo, il Collezionista ricominciò a digitare i comandi del raggio tele trasportatore.

E un altro simil-bullone lo colpì alla testa.

Margareth, non appena era entrata nel magazzino, si era nascosta dietro una colonna, attendendo che i droidi fossero tutti usciti dall’hangar. Avvenuto questo, era rientrata.

“Maledetta!” gridò il Collezionista e rapidamente i droidi ritornarono.

Margareth era comunque riuscita a salire sulla pedana, l’alieno tentò di colpirla con un pugno, lei lo schivò e si avventò su di lui, stringendolo da dietro la schiena.

I droidi osservavano impassibili: non potevano sparare senza correre il rischio di colpire anche il loro padrone.

“Ti diverti a catalogare le persone, eh? A distruggere mondi, non è così? Non rispetti nessuno, vero? Ti faccio vedere io!” esclamò la ragazza, infischiandosene del fatto che il nemico probabilmente non la capiva.

Ma certo avrebbe capito un morso sul collo.

Gridando, il Collezionista le diede una gomitata sullo stomaco, mozzandole il fiato e facendole mollare la presa. Infine la scaraventò via, facendola finire proprio davanti all’esercito di droidi.

Piccola pezzente umana! Uccidetela!” comandò l’altro.

I droidi non si mossero.

Che state facendo? Attaccatela!”

La ragazza allora sfoderò un sorriso canzonatorio e gli mostrò cosa aveva in mano.

Il Collezionista si toccò il petto. “Il mio medaglione di controllo!”

Margareth, strinse l’amuleto tra le mani e si concentrò.

I droidi piegarono la testa di lato, come se sentissero qualcosa che non comprendevano.

Fu il turno del Collezionista di ridere: “Ahahah! Mi dispiace, terrestre, ma il medaglione è impostato sulla mia lingua natale. Quindi i droidi non riescono a capire i tuoi ordini”.

L’alieno aveva parlato in inglese, anche se con un accento strano.

“Facciamo così” riprese il Collezionista “se mi restituisci l’amuleto, risparmierò te e farò venire qui le persone che ti sono care, salvandole dalla distruzione di questo pianeta. E siccome ho già esemplari per ogni tipo di terrestre, vi permetterò anche una certa libertà a bordo della mia nave. Ma bada: se non mi restituisci il medaglione, distruggerò subito il tuo mondo. Cerca di approfittare di questa mia inusitata generosità, e scegli in fretta!”

Margareth si guardò freneticamente in giro: entrambe le possibilità erano semplicemente inaccettabili per lei.

Ma cosa poteva fare?

Solo allora si ricordò della scomparsa del misterioso Dottore: si era forse dissolto o qualcosa di simile?

L’unica cosa certa era che non si trovava lì per aiutarla.

“Allora? La mia pazienza è infinita solo quando sono in ricerca”, la incalzò l’alieno collezionista.

“Merda, se solo sapessi far funzionare questo coso!” mormorò quasi disperata.

“E’ un problema che posso risolvere io. Ho una certa padronanza linguistica”, disse qualcuno togliendole di mano l’amuleto con molta naturalezza.

Affianco alla ragazza era apparso un giovane uomo, con un completo marrone da professorino inglese.

“E… tu chi sei?” domandò lei indietreggiando.

“Sono il Dottore”, rispose lui ammiccando con lo sguardo.

“Eeehhh!!??”

“No! Tu… libero! Come può essere?!” domandò sorpreso e furioso il Collezionista.

Che rapidamente digitò gli ultimi comandi per attivare il raggio tele trasportatore, la cui estremità iniziò a caricarsi di energia.

“Perso per perso, sarà la mia vendetta!” urlò.

Il Dottore scosse la testa, strinse con forza il medaglione e un istante dopo tutti i droidi fecero fuoco contro il cannone, distruggendolo in buona parte.

Con un grido misto di paura e rabbia, il Collezionista saltò giù dalla pedana giusto in tempo, prima che fosse travolto dall’esplosione dell’apparecchio.

Quando il fumo e le fiamme si diradarono, si ritrovò circondato dai suoi ormai ex-droidi.

Al malvagio alieno non restò che battere i pugni sul pavimento, iniziando a piangere.

 

 

  
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