Questa storia è stata ispirata
al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi
non mi appartiene. Avendo sempre
più cose da fare in quei giorni non riuscii nemmeno ad
avvicinarmi al diario di
B e intanto l'incontro tanto atteso da me e Mello si avvicinava. In
effetti non
potevo dire di saperne molto più del mio compagno sul conto
di L dato che una
persona dall'infanzia all'età adulta può cambiare
anche radicalmente. Il giorno tanto
atteso giunse. La mattina aveva
piovuto e l'erba del giardino si era bagnata odorando più
intensamente.
Sembrava che Mello stesse per esplodere, ma non poteva sfogarsi nemmeno
con
Matt e forse quella era la prima e ultima volta che accadeva una cosa
simile.
Quei due erano davvero molto uniti sotto questo aspetto, ognuno sapeva
quasi
ogni cosa dell'altro e alla fine riuscivano a comunicare quasi in
codice, si
capivano solo tra di loro. Poteva sembrare che fosse solo Mello a
guadagnarci
da quella amicizia, ma non era così. Io stavo
tranquillamente affacciato alla finestra a fissare lo spazio antistante
il
cancello con sguardo assente. Rimanevo immobile a osservare ogni minimo
dettaglio di ciò che potevo guardare: le gocce di pioggia
che ancora cadevano,
superstiti di una battaglia persa contro il tempo, osservavo i fili
d'erba che
ondeggiavano sotto il vento e il sole pallido che riscaldava a malapena
tutto
ciò che era sotto di lui. E poi un'auto
nera, di quelle che non tutti potrebbero permettersi, un uomo anziano
che
scendeva per aprire la portiera. Non potei
osservare ancora per vedere i nostri ospiti che la porta della stanza
si
spalancò e Roger disse a me e Mello di seguirlo sotto gli
occhi preoccupati di
Matt. Probabilmente aveva capito che c'era qualcosa che non andava
nella nostra
scusa. “Andiamo
nel tuo
studio?” chiese Mello. Roger non rispose, si
limitò a camminare lungo il
corridoio, salire una scala, superare la biblioteca ed estrarre una
chiave
dalla propria tasca per aprire il catenaccio che bloccava una porta che
si
apriva su un corridoio pieno di porte con sopra incise delle lettere. “Ma qui
è
vietato entrare!” obiettò di nuovo Mello.
“Sì, ma probabilmente si troverà
più
a suo agio, poi ne capirete il motivo. In ogni caso qui non vi
potrà disturbare
nessuno, nemmeno io dato che vi lascerò soli.”
spiegò l'anziano con voce
stanca. Un piccolo
scatto aprì la porta, poi entrammo nel corridoio. Avevo
risistemato i fogli di
carta come erano in origine perciò Roger non si rese conto
delle mie visite
così frequenti in quel luogo. Mello si guardava intorno
meravigliato da quell'ambiente,
finché non ci fermammo davanti ad una porta ben precisa,
quella dove ci fece
fermare Roger. Allungò una mano e staccò via il
pezzo di carta che si trovava
nella parte alta lasciando vedere chiaramente una L intagliata in
carattere
gotico. “Benissimo.
Adesso vi lascio. Buona fortuna, cercate di fare bella
impressione.” si
raccomandò poi. Il biondo annuì con decisione, io
continuavo a mantenere la mia
tranquillità apparente e non risposi. La porta si
aprì
sotto la spinta dell'uomo e noi entrammo. Ci fu qualche secondo di
silenzio e
poi una voce allegra e cordiale attrasse la nostra attenzione. “Buongiorno!
Eccovi qui, finalmente vi vedo di persona. Ho sentito parlare di
voi.” esclamò
l'anziano che avevo visto poco prima. Aveva i capelli bianchi e dei
baffetti
che gli davano un'aria molto gioviale. Era molto elegante e
ciò trapelava non
solo dal suo abbigliamento, ma anche dai su0i gesti e dai suoi modi di
fare.
Mello diede segno di riconoscimento di fronte a quell'immagine, come se
l'avesse già vista, così anche io cercai di
ricordare. Improvvisamente
mi venne in mente: era lo stesso uomo raffigurato nella fotografia
sulla
scrivania di Roger, era Quillsh Wammy, il fondatore della The Wammy's
House
nonché Watari, l'uomo che si trovava costantemente al fianco
di L e l'unico a
poterlo contattare. “Salve
signor
Wammy.” disse Mello con sicurezza. “Oh bene! Sai
già chi sono, eh? Questa non
me l'aspettavo, mi fa molto piacere. Allora anche io devo dire i vostri
nomi.
Mello e Near, vero?” “Sì, io sono
Near.” parlai per la prima volta quel giorno.
“E io sono Mello.” si affrettò ad
aggiungere il mio compagno. “Bene, le
presentazioni sono fatte, credo che sia il momento di farvi incontrare
L,
giusto?” “Sì, dove si trova?”.
La lettera M come al solito era estremamente
frettolosa e non riusciva a trattenersi dal mettere fretta anche agli
altri.
“Un momento, adesso lo chiamo.” disse Watari
estraendo un telefonino. Premette
un solo tasto ed attese senza neanche posizionare l'apparecchio vicino
all'orecchio. Possibile che L
fosse talmente prudente da mandare prima quell'uomo per accertarsi
delle nostre
identità? Davvero non sapevo cosa pensare di lui. Sarebbe
stato uno di quei
classici detective seri, di quelli che non si possono nemmeno trattare
con
confidenza? O forse una persona più comune, un uomo nella
media? La porta si
aprì
nuovamente e semplicemente, una semplicità che stonava con
l'atmosfera che si
era creata, forse avevamo fin troppa aspettativa, tanto da pretendere
un'entrata originale, un'entrata ad effetto. Ma pochi secondi
dopo rimasi comunque molto stupito. La persona che
stava entrando tranquillamente e con naturalezza corrispondeva
esattamente alla
descrizione di B, ma la descrizione di B risaliva ad anni prima: era un
ragazzo
ventiquattrenne alto e magrissimo, aveva capelli corvini spettinati,
occhi neri
come l'inchiostro e occhiaie profondissime che gli fornivano uno
sguardo
tagliente. Aveva addosso una maglietta bianca e dei jeans sbiaditi, un
abbigliamento semplice e che lasciava trasparire una quasi totale
noncuranza al
riguardo. Stava leggermente curvo su sé stesso mentre si
mordicchiava l'unghia
del pollice guardando prima me, poi lo sguardo stupito di Mello, poi
Wammy, poi
la stanza e ancora Wammy. “Grazie di
tutto, Watari. Puoi andare.” disse con una voce profonda e
distaccata, quasi
piatta. Non lasciava trasparire troppo le proprie emozioni. “Benissimo,
allora vi lascio.” replicò l'altro adulto
dirigendosi verso la porta e
scambiandosi con il più giovane tra i due. Ci fu qualche
secondo di silenzio e di pura osservazione, noi fissavamo lui e lui
fissava noi
continuando a mordicchiarsi l'unghia. “Sei tu
L?”
chiese all'improvviso Mello. L'altro lo fissò lievemente
stupito da una domanda
così diretta, per cui rimase qualche secondo in silenzio,
poi si limitò a
rispondere: “Sei tu Mello?”. “Ah...
Sì.”
rispose la lettera M presa in contropiede. “Davvero? Allora
ho indovinato.
Allora se tu sei Mello tu sei Near.” disse guardando me. La
sua non era una
domanda, era un'affermazione, ma mi sorpresi a rispondergli ugualmente
con un
flebile “sì”. Sembrava vagamente
soddisfatto per aver indovinato, rimase ancora
qualche secondo ad osservarci, poi si voltò di scatto, si
avvicinò alla
scrivania e tagliò una fetta di una torta che non avevo
notato fino a quel momento.
Si rivolse verso di noi e sembrò quasi stupito del fatto che
fossimo ancora lì,
poi come ricordando qualcosa si voltò ancora. “Ne
volete un po'? È alle fragole
e al cioccolato.”. Ovviamente Mello accettò
l'invito, io nell'esitazione
declinai l'offerta. L se ne stava tranquillo come se in quella
situazione lui
non dovesse fare nulla, sembrava essere concentrato di più
sul suo dolce che su
di noi. Afferrava il cucchiaino con sole due dita per mangiare la torta
e notai
che allo stesso modo teneva anche il piattino e tutte le altre cose,
come se
non avesse voluto toccarle. Attese ancora qualche secondo in silenzio e
poi ci
guardò di nuovo. “Lo sapevo... abbiamo problemi a
rompere il ghiaccio. A dire
la verità sono venuto qui per prendere dei documenti e
distruggerli, ma in fin
dei conti non mi sembrava una cattiva idea quella di
incontrarvi.” “Documenti?
Che tipo di documenti?” chiese Mello con la sua solita
impertinenza. Sembrava
che prima di dire una qualsiasi frase L dovesse ragionarci su, quindi
aspettò ancora
e poi rispose. “Foto. Foto che mi raffigurano, non devono
esistere per come è
la situazione in questo momento. Immagino voi sappiate a cosa mi
riferisco.”
“Sì, sicuramente al caso Kira, non è
vero? Ha bisogno di un volto e di un nome
per uccidere.” intervenni io.
“Esattamente.” rispose non dando il tempo a Mello
per intervenire. Il biondo non sopportava l'idea che io dessi una
risposta
prima di lui. “Ma non
è di
questo che dobbiamo parlare, vi prego di non farmi domande al
riguardo.” “Ok,
però una cosa te la voglio dire.” disse finalmente
Mello. “Cioè?” chiese
l'altro curioso. “Voglio parlare con te, ma senza la presenza
del... di lui.
Potremmo parlare separatamente?” “È
possibile, ma vorrei sapere come mai vuoi
una cosa del genere. Siete compagni, come mai preferisci essere solo
con me? Di
solito un appoggio morale è gradito.”
“Beh... Non siamo in buoni rapporti.”
mormorò il biondo sempre meno sicuro di sé.
“Ma davvero? E per “non siamo in
buoni rapporti” intendi “complesso
d'inferiorità”, vero?”. Mello rimase
qualche
secondo immobile, l'espressione perplessa, aggressiva, controllata.
“Sì.” si
arrese infine. “Ma tu guarda e pensare che quelli che vennero
scelti prima di
voi erano così in buoni rapporti... quasi innamorati
direi.” disse guardando il
vuoto con il dito appoggiato alle labbra. “Sì,
già che ci sono voglio vedere le
loro stanze dopo, sono anni che non metto piede qui, anche se questa
è camera
mia quasi non la ricordavo, ma in effetti per me non esiste quasi
più il
concetto di casa...”. Il mio pensiero non poté non
andare al diario dato che L
aveva detto la stessa identica cosa di B e per di più voleva
anche visitare la
stanza di quest'ultimo. “Che fine
hanno
fatto i vecchi successori?” chiesi, se avessi mostrato di
sapere già sarei
risultato sospetto. “Una si
è
suicidata, o forse è stata uccisa, non lo si sa ancora,
l'altro era BB.” “BB?!
Vuoi dire proprio il serial killer che ha ucciso tre persone a Los
Angeles?”
chiese Mello all'improvviso. “Sì, quello.
Ovviamente all'epoca non era così,
anzi, direi che è stato il mio primo amico e che mi ha
aiutato qualche volta.
Mi è dispiaciuto doverlo arrestare...” disse con
un'espressione sinceramente
dispiaciuta. “Mi racconteresti la storia del caso di Los
Angeles quando saremo
soli?” chiese Mello con un entusiasmo di cui L fu sorpreso.
“Si può fare, ma
non ho così tanto tempo a disposizione, soprattutto se ci
separeremo.” “Non
importa, mi accontento! Allora iniziamo subito.”. L
annuì e mi chiese
gentilmente di uscire dalla stanza sedendosi in una posizione
decisamente
insolita, potrei definirla “fetale”. “Torna tra
un'ora, Near.” “D'accordo, L.”. Fuori dalla
stanza mi fermai qualche secondo fermo dov'ero. L stava per raccontare
a Mello
una storia che stavo per leggere, non tutta la vita di B ma solo la sua
fine. Sinceramente non
mi aspettavo che proprio il più grande detective del mondo
fosse ancora così,
ancora tanto infantile per certi aspetti, ma soprattutto ancora
così strano. Chi avrebbe mai
potuto dire che uno come lui mangiasse tanti dolci, che si sedesse in
quel
modo, afferrasse gli oggetti utilizzando solo due dita, avesse delle
occhiaie
così profonde e un modo di fare così
contraddittorio? Sembrava quasi distratto
in ciò che faceva, ma dimostrava di possedere
un'intelligenza tagliente, non
poteva trattarsi che del vero L. Per qualche
secondo mi venne la tentazione di infilarmi nella stanza di B, ma
sarebbe stato
da incoscienti, decisamente pericoloso avventurarmi in un luogo simile:
come
avrei potuto spiegarlo se mi avessero trovato proprio lì? E
poi se mi avessero
trovato col diario sarebbe stato ancora più difficile
uscirne fuori. No, era
decisamente da evitare. Decisi di
tornarmene in camera, in fin dei conti Matt non mi avrebbe fatto
domande,
l'unico cui avrebbe chiesto qualcosa era il suo migliore amico, sicuro
che
sarebbe stato sincero molto più di me. Tornai, mi
sistemai nel mio angolino sotto lo sguardo curioso della seconda M che
però,
come previsto, non mi chiese nulla di ciò che ci avevano
detto e di quel che
stava facendo Mello. In effetti tutto
era silenzioso ma non smetteva di suonare quella fastidiosa musichetta
da
videogioco che si diffondeva dal Game Boy Advance del ragazzo dai
capelli
rossi. Decisi di
ignorare quella fonte di fastidio e mi accomodai con il mio puzzle
preferito,
adoravo comporlo e scomporlo all'infinito, finché non
imparavo a memoria la
posizione dei tasselli, nonostante fossero quasi tutti bianchi, ma la
parte
migliore di certo non era quella. La parte
migliore era quella colorata di nero. La parte
migliore era quella L. __________________________ Authoress' words Ehilà
gente! Sto usando a sbafo il computer di una mia amica per pubblicare
perché mi è finito Internet sulla chiavetta. T_T
Lei è anche su EFP e si chiama Black Nana... Sto facendo
pubblicità? Sì lo ammetto... Sto facendo
pubblicità ma è il prezzo da pagare per l'uso del
computer... Black
Nana's words Non è
vero! Non ti ho costretta! Io ti ho fatto pubblicità
perché mi andava, perché sei la mia migliore
amica e sei stata la mia beta anche se adesso non puoi per motivi
vacanzieri... Authoress' words II Ok, lo ammetto...
Non dico più bugie (ma anche questa è una bugia,
come faccio?)... Comunque, visto? Ce l'ho fatta a mettere L adulto ma
è stata un'impresa, veramente quindi non siate severi se non
sono totalmente IC per favore... Mello's words Ehi,
perché non sono presente più di Near in questa
storia?! CI SONO MENO DEL NANEROTTOLO ALBINO DEL C***O! Authoress' words III Ma se ho fatto un
capitolo intero... Mah, lasciamo perdere. A Domenica
prossima...
PS C'è un cross-over tra Death Note e Soul Eater in cui ho messo lo zampino insieme ad altre due ragazze. Se vi va di dare un'occhiata a me fa piacere perché io mi sono occupata della psicologia di Light Yagami ed L e soprattutto di quella di Misa-Misa (sul serio, pare che mi venga particolarmente bene e la cosa mi preoccupa...)!