Fandom
scelto: Il Signore degli Anelli
Titolo:
Supernova: galad ar barzum
Personaggi:
Arwen/ Signore dei Nazgûl
Genere:
Romantico
Rating:
Arancione
Avvertimenti:
La storia è ambientata durante la Terza Era, più
precisamente
nell'anno 2988.
Vedasi
note a fine capitolo.
Eventuale
riferimento ad opera letteraria: Silmarillion,
Signore
degli Anelli.
Supernova: Galad ar Barzum
I lunghi
capelli castani ondeggiavano al ritmo cadenzato della cavalcata, il
mantello candido, dalle rifiniture lucenti, dondolava mosso dalla
lieve brezza e dal movimento del bianco cavallo elfico: Asfaloth.
Arwen
dopo un lungo periodo passato a Lothlórien, presso la nonna
materna
Galadriel, stava facendo ritorno nella sua casa, da suo padre e dal
suo popolo a Imladris.
Spinta
dalla curiosità aveva deciso di seguire il corso del fiume
Anduin
fino all'Antica Via Silvana e arrivare a Gran Burrone dalla parte
orientale, evitando la solita strada che seguiva il fiume Celebrant
fino alle pianure di Fregion e proseguendo a nord fino al Guado del
Bruinen, osservando così una parte di Arda a lei sconosciuta.
Aveva
attraversato pianure verdeggianti, boschi, foreste rigogliose e
fertili colline; aveva incontrato uomini, Hobbit ed Elfi ed ognuno di
loro l'aveva accompagnata per una parte del tragitto, garantendole
protezione e compagnia.
Si
addentrò in un bosco, le piante parevano immense navate e la
luce
del sole filtrava tra le fronde degli alberi, come se fossero magiche
vetrate, illuminando come spilli lucenti il sottobosco. Ogni erba
poteva essere una medicina, ogni frutto un cibo, ogni anfratto di
roccia, cavità di corteccia o gobba del terreno la tana di
un
animale e ogni radice una cura.
Udì
gli uccellini cinguettare la melodia dei loro canti felici. Sorrise.
Amava
la natura più di tutto ed essa faceva parte di lei, ne
sentiva
l'essenza e la forza, la pace e l'armonia, ne traeva luce e gioia e
magia.
Man
mano che proseguiva, iniziò ad udire uno scroscio
che si faceva
sempre più vicino, finché percepì, con
chiarezza, il vigore
elementale dell'acqua e la sua immensa forza che scaturiva rombando,
gettandosi in uno specchio d'acqua cristallina. Una cascata.
Più
si avvicinava più gli alberi si diradavano fino ad aprirsi,
come un
sipario di fronde vellutate, mostrandole una piccola radura.
Smontò
da cavallo e fissò lo scorrere impetuoso dell'acqua gettarsi
nel
piccolo laghetto.
Gocce
e spruzzi cristallini, illuminati dalla luce solare, si libravano in
volteggi creando iridi colorati. Chiuse gli occhi e ascoltò.
Lo
scroscio, dalla tendenza ritmica, si propagava nell'aria sotto forma
di un curioso suono dalla parvenza grave e bassa, ma con dei tocchi
sonori più alti, spumeggianti.
Pace
dei sensi.
Ad
un tratto si sentì avvolgere da uno strano senso
d'inquietudine,
misto a qualcosa che non riuscì a definire, aprì
gli occhi e vide
affiorare dall'acqua un ragazzo. Si nascose dietro l'albero
più
vicino e posò lo sguardo su quella creatura.
Era
girato, e l'acqua lo copriva fino ai fianchi, ma vide che aveva i
capelli neri, lunghi fino le spalle, e una muscolatura degna di un
guerriero: braccia forti e scolpite e un'ampia schiena
muscolosa.
All'inizio pensò che fosse un uomo, capelli troppo scuri e
fisico
possente per poter essere un Elfo, troppo alto e proporzionato per
essere un Hobbit, pelle troppo bella e liscia per essere un Orco; ma
i suoi sensi le dicevano che era una creatura oscura poiché
percepiva chiaramente un'essenza buia e torva.
Il
moro si girò di scatto e lei si nascose dietro il tronco
dell'albero. Trattenne il fiato.
Pochi
istanti dopo la curiosità, tipica femminile, prese il
sopravvento e
Arwen si sporse appena per guardare.
La creatura non c'era più, era
scomparsa.
Sbatté
un paio di volte le palpebre. Com'era possibile? Riusciva a
percepirlo ma non riusciva a vederlo.
Fu
un attimo, si trovo con la schiena premuta contro l'albero e una mano
alla gola.
Spalancò
gli occhi e si fissarono.
Il
moro inclinò appena il capo e la scrutò
attentamente.
L'aveva
percepita, sentita arrivare e scorta mentre lo guardava.
Era
una bellissima creatura, forse la più bella che i suoi occhi
avessero mai incontrato in due Ere di vita.
Un viso dai tratti
delicati e fini, occhi di un grigio lucente - quasi al pari della
luna che splendeva nelle limpide notti su Arda - un naso piccolo e
proporzionato e due labbra ben delineate di un colore tenue.
“Chi
sei Elfa?” Domandò con voce profonda e grave.
“Arwen
Undómiel,
figlia di Elrond e
Celebrian di Imladris” rispose con tono gentile.
Anche
la voce esprimeva la sua purezza d'animo e le parole appena
sussurrate sembravano incantevole musica.
Da
quanto tempo non udiva un suono così soave? Da quanto tempo
non
scambiava parole con una donna? Da quanto tempo il suo sguardo non
incontrava occhi così splendenti? Da quanto, lui stesso, non
percepiva un'essenza così pura? Un animo così
buono ?
Troppo.
Ormai aveva perso il conto.
Viveva
nell'ombra, nel buio più oscuro e totale, uccideva e
massacrava,
cavalcava il suo drago alla ricerca di sangue e vendetta in nome
della distruzione e del potere Oscuro. Bramava e tesseva
attacchi, preparava eserciti e radunava spettri.
Aveva
sempre cercato potere e gloria, ma quando li aveva finalmente
afferrati, comprese che erano solo un'effimera illusione,
perché il
potere l'aveva reso schiavo: un servo incatenato alla
volontà e alle
dipendenze del Signore Oscuro: Sauron.
E
tutto quello che gli restava della sua vita passata, vita in cui era
un famoso e potente re, negromante, Númenoreano,
prima di cedere all'anello, erano sbiadite reminiscenze che sfumavano
e scomparivano con il tempo.
Cos'era
questo qualcosa che sentiva nascere dal corpo in cui si era
trasformato? E questo sensazione strana che sentiva nel profondo? Era
forse vittima di una sorta d'incantesimo di protezione magica della
donna?
Gli Elfi non avevano alcun potere sulla sua mente, non potevano
annebbiargli la vista o incantarlo; le domande che si era appena
posto e le sensazioni che iniziava a provare da dove provenivano,
allora?
“Mezza
Elfa, sai chi sono?”
Arwen
lo fissò senza paura.
I
suoi occhi erano antracite pura, imperscrutabili, il viso una roccia,
dura e scolpita ad arte, la pelle scura e le labbra carnose color
amaranto; i capelli bagnati e color pece, incorniciavano quel viso
rendendolo bellissimo, misterioso e sensuale.
E
più lui le stava vicino più comprendeva che c'era
qualcosa che si
distaccava da quell'essenza maligna, qualcosa di molto piccolo che
lottava contro tutto quel nero.
I
suoi occhi continuarono a scrutarlo.
La mascella leggermente
squadrata, dove le gocce d'acqua si adagiavano per brevi attimi, come
rugiada mattutina, e si tuffavano sulle clavicole, scendendo poi sui
pettorali scolpiti. S'irrigidì quando gli occhi videro
l'artefatto
che portava al collo.
Aveva
un anello, tondo e d'oro, con una pietra nera incastonata; era
l'opera di un Elfo, troppo bello e lucente per essere stato creato
dagli Umani, Nani, Hobbit od Orchi.
Riportò
lo sguardo negli occhi della creatura che le stava in fronte e la
teneva ancora per la gola.
Avevano
capito entrambi.
Distese
di Vespro infinito e luminoso si scontrarono con montagne di roccia
avvolte dall'oscura nebbia.
In quegli occhi, Arwen, vide profili
taglienti e appuntiti, creste di odio e versanti scoscesi di
malvagità, ma anche passi e valichi nascosti.
“In
Ulae” (*) e a bassa voce
ripeté la profezia “Nove
agli Uomini Mortali che la triste morte attende”
e
continuò lui “Un
Anello per domarli, un Anello per trovarli, un
Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.”
“Qual'è
il tuo nome?” gli domandò.
Lui
vide i suoi occhi riempirsi di tristezza, non paura, non terrore.
Perché
non lo guardava con odio e rancore? Decise di risponderle.
“Mi
chiamano in molti modi: Re Stregone di Angmar, Re degli Stregoni,
Signore dei Nazgúl,
Capitano di
Sauron, Signore di Morgul, Capitano nero, Ombra della Disperazione,
Lancia di Sauron e ne verranno altri. Ora che hai capito chi sono,
perché non fuggi? Non hai paura come tutti gli altri? Non
provi
terrore?”
Arwen
non capì se le sue parole volevano schernirla, intimorirla o
se le
sue fossero semplici domande.
“Non
voglio fuggire. Provo dolore per te”
Il Re Stregone rise tagliente e lasciò il collo della Mezza Elfa, incuriosito ed amareggiato da quelle parole, se fosse scappata l'avrebbe ripresa senza alcuno sforzo; non aveva ancora deciso cosa fare di lei.
“Grazie,
così posso respirare meglio” disse Arwen sempre
con
quel tono
gentile che tanto l'aveva colpito.
Mai aveva udito un grazie.
“Ti
servirà a poco lo stesso” rispose duro.
“Non
importa, anche se vivrò per poco posso respirare senza
fatica”
Sorrise.
Perché
gli sorrideva e lo ringraziava e lo guardava in quel modo?
“Perché
mi spiavi?” Assottigliò gli occhi per scorgere
ombra di menzogna.
“Non
ti spiavo, passavo per caso e ti ho visto nell'acqua, poi incuriosita
mi sono fermata a guardarti” Arrossì dicendo
queste parole ma non
distolse lo sguardo.
Il
moro la osservò attentamente e il corpo rispose a quel
rossore
facendogli provare un brivido e sensazioni che non sapeva
più
nemmeno di poter provare.
Era
attratto da quel corpo, da quel viso, da quelle labbra, ma
soprattutto da quell'essenza pura e bianca e delicata.
Il
suo corpo, di pelle e ossa, reagiva come quando era umano, come un
semplice uomo; non succedeva da migliaia di anni e quasi non si
ricordava nemmeno più cosa fossero le sensazioni della carne.
Qualcosa
dentro di lui traballò.
“Non
percepisco altre creature, quindi dici il vero”
“Non
posso mentire, Re di Angmar”
Erano
vicini, sentivano le loro essenze, percepivano le loro aure e il
calore dei corpi.
Allungò
una mano per toccarle una guancia, sentire il calore e la morbidezza
della sua pelle, e senza che se ne rendesse conto - come se fosse
attratto da una forza superiore – posò la mano
sulla candida
pelle.
Arwen chiuse gli occhi ed espirò.
Non
aveva l'anello al dito, stava agendo per volontà propria,
senza
influenze magiche o volere altrui.
Era
una sensazione meravigliosa, la mano era calda e delicata;
appoggiò
la guancia contro il suo palmo e restò così, ad
occhi chiusi per
qualche istante, poi portò la sua piccola mano sulla guancia
di lui,
senza guardare.
Si
sentiva attratta da quella presenza così vicina, da
quell'essenza
buia e misteriosa, e capì quella sensazione strana che aveva
percepito inizialmente.
Era la solitudine e la tristezza che lo
attanagliavano dentro, la malinconia che si portava dietro da quando
era stato reso schiavo e servo; erano questi i piccoli frammenti che
lottavano nel nero della sua anima e che riusciva a sentire,
nonostante fossero celati e avvolti dal buio.
Forse
c'era ancora speranza.
Quando
sentì la sua piccola mano delicata sulla pelle, il suo corpo
fu
inondato dal calore, da una miriade di emozioni contrastanti.
Liberò
la mente e seguì il suo istinto, forse per l'unica volta da
quel
momento all'eternità.
Portò
l'altra mano sul viso di Arwen e la fissò un breve attimo,
prima di
posare le sue labbra su quelle di lei, con delicatezza e dolcezza,
quasi come se fosse la prima volta, il primo bacio di una vita.
Aveva
labbra morbide e lisce, inspirò. Sentì un profumo
di mughetto
avvolgerlo e respirò per la prima volta qualcosa di buono,
qualcosa
che aveva scordato, dimenticato o forse cancellato.
Si
allontanò appena e la guardò ancora: i suoi occhi
erano chiusi e le
sue labbra lo attendevano, lo desideravano.
Si
avvicinò di nuovo, ma questa volta con decisione,
posò le labbra e
lei schiuse le sue, le
prese il labbro inferiore e lo baciò, alzò
leggermente il viso
verso il Capitano, fece lo stesso con quello superiore.
Arwen
fece scivolare la mano dietro la nuca e lo stesso fece con l'altro
braccio, circondandolo e cercando maggior intimità e
contatto.
Si
assaporarono lenti, curiosi di scoprirsi ed assaporarsi.
Le loro lingue si sfiorarono, si toccarono finché non iniziarono a rincorrersi, per poi iniziare un ballo lento, un virelai, per poi proseguire in un rondò e trasformarsi in una giga. Le lingue danzarono, le labbra ballarono e le bocche si unirono in una danza antica che non conosceva distinzione di razza, popolo o tempo.
Scese
carezzandole il collo con il dorso e si spostò verso
l'incavo dei
seni, fino a sfiorarla con la punta delle dita, prese tra il pollice
e l'indice la catenina, che teneva serrato il mantello, e con un
movimento semplice la slacciò.
La
candida cappa scivolò sul corpo di lei, creando un lieve
fruscio, e
si posò a terra in un sordo e muto tocco.
Proseguì
la discesa sfiorandole il seno e posandosi sul fianco, mentre l'altra
mano, dopo averle spostato i capelli dalla spalla, si posò
dietro la
nuca.
Lasciò
le sue labbra e scese a sfiorare, baciare e lambire quella pelle
appena scoperta, ne inspirò il profumo e ne tastò
la morbidezza;
sentì la brezza del suo sospiro carezzargli l'orecchio.
E
fu un attimo: il desiderio offuscò completamente la sua
mente, la
passione prese il sopravvento facendo scemare quella parvenza di
tenerezza e titubanza iniziale.
La
mano risalì dal fianco e corse sulla schiena,
accarezzò e toccò,
fino a trovare quello che cercava: i lacci del vestito, li
afferrò
e, tirando appena, li slegò.
Il
vestito perse l'aderenza al corpo. Con la bocca spostò il
lembo di
tessuto che si posava sulla spalla, scoprendola completamente; con la
lingua iniziò a tracciare scie umide e risalì
fino all'orecchio,
prendendole tra le labbra il lobo ed espirando aria, tornò
sulle
labbra e la baciò con vigore, con passione.
La
voleva, la desiderava intensamente, voleva perdersi dentro di lei
anche se fosse stato solamente per una volta.
Attrazione e desiderio.
Erano mondi diversi, poli opposti, buio e luce, bianco e nero, terra e cielo, oro e pece, ed era proprio il loro divario ad attrarli indissolubilmente. E quando due mondi distanti, seppur vicini, che coesistono da sempre, si attraggono che accade l'inevitabile: Supernova.
Intrecciò
le dita nei suoi capelli e rispose con ardore al bacio, premendo il
corpo contro il suo - cercando un contatto più intenso -
fece
scivolare la mani sulla schiena, toccandone la calda pelle e poi sui
fianchi, risalì con la destra, accarezzandolo per poi
spostarsi
sugli addominali e infine si fermò sul pettorale duro; con i
polpastrelli tracciò linee invisibili, sfiorò
lieve il capezzolo, e
sentì la sua pelle incresparsi di desiderio, fino a che
s'indurì.
Con
le dita fece scivolare la veste, che si posò a terra insieme
al
mantello, rivelandone così il candido e bellissimo corpo.
L'afferrò
per i fianchi e la trascinò con sé sul manto
erboso, facendola
poggiare al suo corpo, per poi sovrastarla. La osservò per
un breve
attimo.
Possedeva
la bellezza di un fiore, la delicatezza dei petali, la
flessuosità
dello stelo e il profumo della corolla. Aveva seni sodi e tondi,
ventre piatto su cui compariva un piccolo ombelico, la pelle non
aveva segni d'imperfezione, gambe lunghe ed affusolate, cosce toniche
e fianchi stretti.
I
raggi del sole che filtravano tra le fronde, la illuminavano
rendendola ancora più bella e facendole brillare gli occhi,
come se
fossero stelle nel Vespro.
Il
Capitano in quegli occhi lesse desiderio, passione e eccitazione.
Si
chinò su di lei, l'Anello le sfiorò la pelle
facendola
rabbrividire, ma ignorò quella sensazione di freddo pungente
perché
fu sostituita dal contatto delle labbra calde, che si posarono sul
ventre, baciandola e assaggiandola, da quella lingua bagnata che
disegnò scie dalle forme arabesche, e dai suoi lievi morsi,
che la
fecero vibrare di piacere e sospirare un gemito.
Sorrise
il Signore di Angmar e risalì lento, nonostante il desiderio
e
l'eccitazione pulsassero, sempre più incessanti, sotto la
pelle,
dentro le sue carni e nello spirito.
Appoggiò
il bacino a quello di lei e si strusciò con movimenti
sensuali,
risalì fino al seno e iniziò a baciarlo
lentamente; reggendosi
sull'avambraccio, con l'altra mano afferrò un seno e lo
strinse.
Gemette.
Infilò
una mano tra i suoi capelli e serrò le dita, mentre con
l'altra
scese sul fianco e percorse il bordo dei pantaloni, fino ad arrivare
a slacciare il bottone. Sentiva la sua eccitazione e il suo desiderio
crescere nei gesti, nel corpo e nello spirito, e questo non faceva
altro che aumentare le sensazioni di piacere.
Il
Cavaliere sospirò grave, quando con la mano
sfiorò il sesso rigido
e lo accarezzò.
Lasciò
i seni e riaffondò sulla sua bocca, con la mano
seguì la linea del
bacino, scese sulla coscia e si spostò, accarezzandola, fino
al suo
interno, risalì e le sue dita iniziarono a sfiorare l'ultima
parte
di tessuto che le era rimasto indosso. Sentì la sua
eccitazione e il
suo calore, il suo respiro si fece più veloce e quando
iniziò a
toccare con più avidità, spostando il tessuto,
sospirò anche lui.
Le
sfilò quell'ultimo indumento, poi si staccò
appena per sfilarsi i
pantaloni, e tornò su di lei, che aveva fissato ogni suo
singolo
movimento con occhi colmi di eccitazione.
Compiaciuto
ed eccitato si appoggiò al suo corpo, sentendone chiaramente
il
calore e percependone la bramosia.
I loro sessi si sfiorarono, i loro battiti accelerarono, le mani toccarono e i respiri veloci si librarono in aria.
Si cercarono, si toccarono, si lambirono, si baciarono e si fecero trasportare dall'istinto dei loro corpi, come barche in balia di onde lussuriose che si facevano portare alla deriva nel mare del piacere più semplice.
Il
Cavaliere entrò lentamente, gli occhi di Arwen si chiusero,
affondò
in lei con un'unica spinta, facendosi avvolgere dal soffocante calore
e dalla carne pulsante; la Dama gemette e s'inarcò. Dentro e
fuori,
avanti e indietro, affondi netti e costanti, via via sempre
più
intensi e ravvicinati.
Ansimava e gemeva, sentiva il corpo vibrare
sotto le sue spinte, lo circondò con le gambe,
permettendogli di
averla totalmente, fino in fondo, fino dentro l'essere.
La
passione divenne il direttore d'orchestra, i gemiti e i sospiri gli
strumenti musicali e suonarono insieme la più antica melodia
del
mondo.
Supernova
e turbinii di sensazioni uniche ed impossibili da replicare.
Così
diversi ma in quel momento così uniti, le loro essenze si
abbracciarono e fusero, non erano più bianco e nero, luce e
buio,
Nord e Sud, erano un tutt'uno, un'unica essenza legata dal connubio
della loro diversità, dove nessuna prevaleva sull'altra,
creando un
equilibrio.
Le
spinte s'infittirono e le loro labbra si rincontrarono fameliche,
soffocando gli ultimi gemiti, quelli più forti e pieni e
più gravi,
mugolati e sconquassati dall'ardore che entrambi provavano.
Orgasmo
dei sensi.
Ansante,
si distese sull'erba supino e lei si raggomitolò accanto al
suo
corpo, posando la testa sul suo petto.
Rimasero così, in silenzio,
ad ascoltare i loro respiri tornare alla normalità.
Entrambi
pensierosi.
“Perché?”
domandò Arwen.
“Perché
cosa?”
“Perché
non distruggi l'anello, c'è ancora qualcosa di buono dentro
te...”
disse tracciando linee con il polpastrello sul petto del Cavaliere,
mentre lui le carezzava il fianco e la schiena.
“Perché
il mio destino è ormai segnato e non posso più
tornare indietro”
rispose con amarezza.
Per lui
ormai era troppo tardi, la maledizione
dell'anello e Sauron non l'avrebbero mai abbandonato.
Il
suo spirito era marchiato dal male, avvolto nel buio e presto, appena
avrebbe indossato l'anello, quei piccoli frammenti che la Dama aveva
visto, si sarebbero dissolti. L'Anello logorava e cancellava ogni
minima parte di luce e, ogni volta che lo indossava, veniva avvolto
dal nero più profondo che inghiottiva ricordi e quella
bellezza che
riusciva ancora a percepire quando non lo portava al dito.
Questa
era stata l'ultima volta, non l'avrebbe mai più tolto,
avrebbe
atteso la sua fine come aveva profetizzato Glorfindel, schiavo e
soggiogato del potere che tanto aveva ricercato e che l'aveva
schiavizzato.
“Ognuno
è fautore del proprio destino. Potresti cambiarlo”
“Non
posso” Fu tutto quello che disse, prima di scostarla da
sé con
delicatezza e attenzione, per poi alzarsi in piedi ed iniziare a
rivestirsi.
Arwen
si alzò e fece lo stesso.
Un
fischio forte e possente, uno scalpitio di zoccoli e un bellissimo
cavallo, dal nero manto, comparve al fianco del Cavaliere Nero, che
afferrò le briglie e si girò a guardarla.
Nessuno dei due disse nulla, ma le speranze dell'una e la rassegnazione dell'altro furono percepite dalle loro essenze; non c'era bisogno di aggiungere altro.
Con un balzo il Re di Morgul salì sul cavallo,
“Vattene da qui, prima che possa farti del male. Rifugiati dove l'oscurità non ti possa mai trovare. Grazie, non lo dimenticherò mai. Dan, ú-'eveditham. Namárie, (**) Arwen Undómiel, figlia di Elrond e Celebrian di Imladris” e così dicendo spronò l'animale con un colpo delle staffe, facendolo alzare su due zampe e nitrire, poi scomparve.
Arwen lo
guardò scomparire nella boscaglia e fece un ultimo
tentativo,
richiamò a sé l'essenza della natura e con l'aura
inviò un
messaggio al Cavaliere, nella speranza che udisse le sue parole e le
ascoltasse:
“Im Arwen. Telin le thaed. Lasto beth
nîn, tolo dan
nan galad” (***)
Non
ricevette nessuna risposta. Attese finché non
percepì più la
presenza del Cavaliere.
Chiamò Asfaloth e decise di riprendere il cammino verso
Gran Burrone.
La
loro prima volta.
L'unica
volta in cui i due corpi si unirono, gli spiriti si abbracciarono e
le anime si sfiorarono.
La
loro Supernova era nata, in un battito si era infiammata, in un
soffio era esplosa e in un niente si era dissolta, cancellata,
lasciando solo polvere.
Il
fato per loro era già stato scritto.
- FINE -
(*)
Spettro dell'Anello.
(**)
Non ci incontreremo di nuovo. Addio.
(***)
Sono Arwen - Sono venuta ad aiutarti. Odi la mia voce, torna alla
luce.
Note:
Il Signore
degli Anelli © J.R.R. Tolkien. All Rights Reserved.
Calcolo
periodo di ambientazione della storia:
Per
il calcolo del possibile anno del loro incontro, mi sono basata sugli
accadimenti delle varie Ere, tramite i libri, ma soprattutto le
appendici, scritti da Tolkien. C'è un arco temporale di
Trent'anni
circa dalla prima volta in cui Arwen vede Aragorn alla seconda.
Tolkien in merito racconta solamente che Aragorn s'innamorò
a prima
vista, ma su Arwen non dice nulla se non che gli giurò
eterno amore,
appunto, trent'anni dopo. Quando s'incontrano per la prima volta
Arwen aveva circa 2710 anni, il che colloca la sua nascita agli
inizi della TE, nel 231 circa.
Sappiamo
che il Signore dei Nazgûl
muore nel
3019, stesso anno in cui vengono narrati e si concludono i fatti del
Signore degli Anelli, relativi alla Compagnia dell'Anello (che
comprende l'incontro in cui Arwen giura amore ad Aragorn)
Detraendo
dall'ultima data utile, ai fini di questo racconto, il 3019, i 30
anni che dividono Aragorn da Arwen, otteniamo 2989 TE.
Prima
di questa data si sa ben poco del personaggio e della vita di Arwen,
perchè fa parte dei racconti incompiuti di Tolkien. E' certo
che ha
passato un lungo periodo dalla nonna a Lorien.
Sappiamo
però che Sauron manda il Signore dei Nazgûl alla
ricerca
dell'anello (storia di Gollum, che aveva però perso
l'anello, viene
torturato e rivela il nome diBaggins). Nel
2941 TE Bilbo Baggins trova l'anello, Sauron inizia la ricostruzione
della sua Torre Nera, annunciando il suo ritorno nel 2951 circa.
Potevo
ambientare la storia in due periodi ben distinti, prima del ritorno
di Sauron, mentre il Signore dei Nazgûl attendeva il ritorno
del suo
padrone, in silenzio e nell'ombra, a Minas Morgul oppure mentre Arwen
rientrava a Gran Burrone, mentre il Re di Angmar iniziava a vagare
per le terre alla ricerca dell'anello. Ho optato per la seconda ;)
Per
quanto riguarda i luoghi e i nomi, ho usato una Mappa della TE e
l'enciclopedia di Arda. Lo stesso vale per le frasi e i nomi in
elfico.
Curiosità
sul titolo:
Ho
utilizzato il Silmaril come lingua, quella parlata da Arwen e dagli
Elfi, tranne nel titolo dove ho voluto usare la contrapposizione del
linguaggio.
La
prima parte “galad”
è in Silmaril, e richiama Arwen nell'essenza - significa
“luce”,
mentre “barzum”
è in Lingua Nera, e richiama il Re dei Nazgûl
nell'essenza -
significa “tenebra”.
Ar
vuol
dire “e”
ed è in Lingua Quenya (lingua di Arda) ed unisce le due
frasi,
controbilanciando la stessa frase, una sorta di lingua neutra.
Quindi
il titolo è:
Supernova: Luce
ed Oscurità.
Varie:
Non ho fatto in tempo ad apportare le correzioni consigliatomi, lo
farò appena rientrerò. Idem per
l'immagine della storia. Ringrazio ancora le giudici che
hanno indetto questo bellissimo contest e il loro giudizio, che
posterò appena ritorno. E' stato interessante
scrivere su un fandom, ma ciò nonostante, preferisco sempre
le originali ^^. Un grazie a Liv e a momina ;)
22/09/2011: Ho apportato le correzioni suggerite.
Grazie a chi leggerà e vorrà esprimere il proprio parere. A presto
SJ
Punteggi Contest:
Totale: 55,75
Grammatica: 7
IC/Caratterizzazione: 8,75
Sfruttamento del tema proposto: 8,75
Originalità Stile e Trama: 9,25
Gradimento personale: 17
PUNTI BONUS: 5
GIUDIZI:
Avevi una bella gatta da pelare, cara Sammy. Ti è toccata in
sorte una coppia
predefinita forse tra le più difficili. C’erano
due difficoltà da superare, a
mio avviso. La prima è che, dovendo descrivere una scena
rossa, si trattava
prima di tutto di renderla possibile dando un corpo fisico al Signore
dei
Nazgul, che sappiamo essere il comandante degli Spettri al servizio di
Sauron.
La seconda, rendere plausibile l’unione tra una creatura di
luce come la
Mezz’Elfa Arwen e un’incarnazione del
Male più oscuro. La seconda parte
ti è riuscita alla perfezione: hai reso poetico e perfetto
il loro incontro
creando una cornice affascinante prima di tutto e poi giocando
sull’archetipo
dell’attrazione degli opposti. Sulla prima parte, invece, ci
lasci con un
dubbio sulla modalità dell’incarnazione di lui.
Sarebbe bastato poco per
rendere perfetto il passaggio logico; tu accenni in modo un
po’ superficiale al
fatto che il re di Angmar si è trasformato in un umano, ma
una spiegazione
-anche breve- in più avrebbe convinto maggiormente il
lettore aumentandone il
coinvolgimento. Che ne so, avrebbe potuto essere “Qualcosa
nel corpo che aveva
rubato alla sua ultima vittima, il cavaliere Pinco Pallino di Un Luogo
Lontano,
si risvegliò.”
A parte questo “buco”, il resto a mio parere
funziona molto bene.
Grammatica
Ci sono alcuni errori da segnalare, purtroppo. Te li elenco con qualche
esempio:
Concordanza dei tempi verbali:
Aveva sempre cercato potere e gloria, ma quando li aveva
finalmente afferrati, comprese che erano solo un'effimera illusione,
perché il
potere l'aveva reso schiavo:
Invece che “comprese”, “aveva
compreso”
Coerenza tra verbi che esprimono azioni continuative e
quanto segue
Man mano che proseguì,
“Man mano” è una forma avverbiale che
restituisce l’idea di
una progressione, di un’azione continuativa, mentre
“proseguì” è
un’azione
puntuale. Accostarli non è logico e in più
“stride” all’orecchio. Avresti
dovuto scrivere “Man mano che proseguiva”.
Indicativi al posto di congiuntivi: Sorrise il Signore
di Angmar e risalì lento, nonostante il desiderio e
l'eccitazione pulsavano. Doveva
essere “pulsassero”.
Errori di punteggiatura, ad esempio separare il soggetto dal
verbo con la virgola:
In quegli occhi, Arwen,
vide profili taglienti e appuntiti,
Dovrebbe essere semplicemente “In quegli occhi, Arwen vide
profili taglienti e appuntiti”. Io avrei tolto anche la
virgola tra “occhi” e
“Arwen”, ma quello non è un errore,
è una questione di gusti.
IC e/o
Caratterizzazione dei personaggi
Sei stata brava. La caratterizzazione in sé e per
sé non era una grossa
difficoltà, in quanto Tolkien non approfondisce caratteri e
passioni di queste
due figure (io mi riferisco sempre ai libri, non ai film dove Arwen
spicca di
più) lasciando quindi parecchio spazio alla
fantasia di chi legge o
scrive di loro. Tu però li hai connotati a sufficienza ai
fini della storia, in
modo da trasformare i due protagonisti della scena in simboli dei
principi
opposti; nel simbolo del Tao, Arwen è la parte bianca e il
Signore dei Morgul
la parte nera, e la loro attrazione nasce dal punto bianco nel nero e
dal punto
nero nel bianco. Questo è un aspetto della tua storia che mi
è piaciuto molto.
I gesti di entrambi rispecchiano perfettamente la loro essenza; ho
amato molto
l’enfasi che poni sul “Grazie” di Arwen
quando lui le lascia la gola e il suo
candore espresso dalla mancanza di paura. Si tratta di un perdono: un
dono che
eccede, letteralmente, perché normalmente uno che ti
permette di respirare dopo
che ti ha quasi strozzato dovrebbe scusarsi lui, non essere
ringraziato. E’ un
gesto che esprime accettazione per lui, molto tenero, e la compassione
che è
uno dei tratti che connotano il personaggio di Arwen, uno dei pochi che
conosciamo. Caratterizzante di lei è anche
l’ultimo appello che lancia prima
che lui scompaia, ancora un eccesso di amore e di speranza nei
confronti di una
creatura ormai perduta.
Permettimi un commento più da lettrice bimbaminkiosa che da
giudice: MA QUANTO
L’HAI FATTO FIGO QUESTO CAPITANO DI SAURON? MAMMA MIA! Mi
sono vista davanti
agli occhi la foresta che si apriva sullo specchio d’acqua e
sulla cascata, ho
sentito il rombo dell’acqua e la sua forza elementale -anche
quel passaggio mi
è piaciuto molto- e ho cominciato a sbavare alla vista della
schiena muscolosa
e della pelle scura e dei lunghi capelli neri sulle spalle del
guerriero.
Disgraziata! Tutta la mia comprensione per la debolezza di
Arwen…
Sfruttamento del
tema proposto
Direi che ci siamo proprio; questa Prima Volta è resa ancora
più struggente dal
fatto che sarà anche l’unica.
Trama e Stile
Ho adorato innanzitutto le tue descrizioni; mi hai fatto rivivere
qualcosa che
conosco molto bene, la magia di un paesaggio verdeggiante e in
particolare
della luce verde di una foresta; in più mi è
arrivata in pieno la magia della
Terra di Mezzo:
Aveva attraversato
pianure verdeggianti, boschi, foreste rigogliose e fertili colline;
aveva
incontrato uomini, Hobbit ed Elfi ed ognuno di loro l'aveva
accompagnata per
una parte del tragitto, garantendole protezione e compagnia.
…le piante parevano
immense navate e la luce del sole filtrava tra le fronde degli alberi,
come se
fossero magiche vetrate, illuminando come spilli lucenti il sottobosco.
Ogni
erba poteva essere una medicina, ogni frutto un cibo, ogni anfratto di
roccia,
cavità di corteccia o gobba del terreno la tana di un
animale e ogni radice una
cura.
Ci sono vari passaggi in cui utilizzi
le parole in modo
musicale e poetico, adatto all’evocazione di un reame
incantato e di due
personaggi più che umani.
Distese di
Vespro
infinito e luminoso si scontrarono con montagne di roccia avvolte
dall'oscura
nebbia. In quegli occhi, Arwen vide profili taglienti e appuntiti,
creste di
odio e versanti scoscesi di malvagità, ma anche passi e
valichi nascosti.
Uso “stilistico”
della punteggiatura: qui invece potresti
migliorare molto il tuo stile. La punteggiatura significa anche
gestione della
musica e delle pause, esattamente come se invece delle parole tu avessi
davanti
uno spartito. Una pausa in più o in meno può
cambiare l’atmosfera e agire in
modo radicalmente diverso su chi ti legge. Ti faccio un esempio
pratico, credo
che renda più di mille parole:
Versione originale:
Lo guardò scomparire
nella boscaglia e fece un ultimo tentativo, richiamò a
sé l'essenza della
natura e con l'aura inviò un messaggio al Cavaliere, nella
speranza che udisse
le sue parole e le ascoltasse: “Im Arwen. Telin le thaed.
Lasto beth nîn, tolo
dan nan galad” (***)
Non ricevette nessuna risposta, attese finché non
percepì più la sua presenza,
chiamò Asfaloth e decise di riprendere il cammino verso Gran
Burrone.
Versione con punteggiatura modificata:
Lo guardò scomparire nella boscaglia.
Fece un ultimo tentativo: richiamò a sé l'essenza
della natura e con l'aura
inviò un messaggio al Cavaliere, nella speranza che udisse
le sue parole e le
ascoltasse.
“Im Arwen. Telin le thaed. Lasto beth
nîn, tolo dan nan galad…”
Non ricevette nessuna risposta.
Attese finché non percepì più la sua
presenza; poi chiamò Asfaloth e decise di
riprendere il cammino, verso Gran Burrone.
Gestione del punto
di
vista: a tratti confusa. Dovresti fare più
attenzione a rendere chiaro a
chi ti legge chi sta dicendo cosa, tenendo conto che il lettore tende
ad
attribuire l’azione all’ultimo soggetto che ha
letto, che gli è stato
suggerito. Questa può essere uno scoglio in una scena rossa,
dove i
protagonisti sono necessariamente due e chi scrive ha il desiderio di
esprimere, come in questo caso, le sensazioni di entrambi. Gli errori
nella
gestione del punto di vista lasciano il lettore confuso e gli
impediscono di
essere pienamente coinvolto nel momento. Anche qui, ti lascio un
esempio in cui
ho evidenziato i salti da un soggetto all’altro:
Versione originale:
Il Cavaliere sospirò
grave, quando con la mano sfiorò il sesso rigido e lo
accarezzò.
Lasciò i seni e riaffondò sulla sua bocca, con la
mano seguì la linea del
bacino, scese sulla coscia e si spostò, accarezzandola, fino
al suo interno,
risalì e le sue dita iniziarono a sfiorare l'ultima parte di
tessuto che le era
rimasto indosso. Sentì la sua eccitazione e il suo calore,
il suo respiro si
fece più veloce e quando iniziò a toccare con
più avidità, spostando il
tessuto, sospirò anche lui.
Il Cavaliere LUI sospirò grave, quando con la mano LEI
sfiorò
il sesso rigido e lo accarezzò.
LUI Lasciò i seni e riaffondò sulla sua
bocca, con la mano seguì la linea
del bacino, scese sulla coscia e si spostò, accarezzandola,
fino al suo
interno, risalì e le sue dita iniziarono a sfiorare l'ultima
parte di tessuto
che le era rimasto indosso. Sentì la sua eccitazione CHI? e
il suo calore, il
suo respiro DI CHI? si fece più veloce e quando
iniziò a toccare con più
avidità, spostando il tessuto, sospirò anche
lui.
Infodump:
tendenza
allo spiegone. Non è grave ma c’è. Non
avere fretta di spiegare tutto, la
spiegazione annulla la magia. C’è un pezzo che io
avrei almeno spostato in
fondo se non addirittura eliminato:
La loro diversità era talmente forte che la loro attrazione
non poteva essere inferiore.
Erano mondi diversi, poli opposti, buio e luce, bianco e nero, terra e
cielo,
oro e pece, ed era proprio il loro divario ad attrarli
indissolubilmente. E E’ quando
due mondi distanti, seppur vicini, che coesistono da sempre, si
attraggono che
accade l'inevitabile: Supernova.
Ci tengo a sottolineare che hai reso perfettamente la magia
del Signore degli Anelli. Nonostante alcuni errori che mi hanno
disturbata, la
narrazione scorre, le immagini richiamano poesia e magia, elementi
della
natura, forze primordiali e sensualità. Sei riuscita a farmi
“vedere” molto
bene i due splendidi protagonisti.
Gradimento personale
Mi è piaciuta moltissimo. Quando un pezzo mi piace
così tanto, mi viene il
nervoso se ci trovi degli errori. Ti consiglio di studiare -come
farò io,
visto che mi scoccio a dover ripassare tutto ad ogni contest!- una
volta per
tutte l’uso della punteggiatura e di tenerti magari vicino un
riassunto
schematico delle regole principali quando scrivi.
Ho apprezzato in modo particolare il lavoro svolto per rendere coerente
all’Universo di Tolkien l’incontro tra i due
personaggi, con la corretta
collocazione temporale dell’incontro di Arwen con il Signore
dei Nazgul. Questo
significa essere capaci di “stare al gioco”, una
qualità indispensabile ad uno
scrittore per essere convincente con chi lo legge. Crederci, e
coinvolgere il
lettore con la propria convinzione.
Sei riuscita a ricreare molto bene
l’ambiente in cui si
muovono Arwen e il Signore dei Nagzul, e per questo devo farti i miei
complimenti, che si estendono anche all’attenta ricerca che
hai effettuato per
rendere credibile l’incontro tra l’Elfa e il
Negromante.
La coppia che ti avevamo assegnata era forse una
delle
più difficili del contest.
Effettivamente, cosa hanno a che fare la figlia del Re degli Elfi e il
Re
Stregone di Angmar? Eppure sei riuscita a rendere l’incontro
tra i due
piacevole.
Ammetto di ricordare poco della caratterizzazione
di Tolkien – Arwen e il
Cavaliere sono rispettivamente la bella Elfa e il braccio destro del
cattivo, e
lo so che è riduttivo – ma li ho trovati dei buoni
personaggi, in questa
storia, valutandoli come degli originali.
Lui con i suoi rimpianti di cavaliere reso schiavo dalla sua brama di
potere e
lei con la sua grazia infinita e la sua bontà, mi sono
sembrati davvero due
personaggi con una buona caratterizzazione.
Inoltre ho notato che in più di un punto
c’è un cambio di soggetto all’interno
di un periodo che di fatto non viene “segnalato”
come tale, pertanto le due
coordinate hanno soggetti diversi, ma sembrano avere lo stesso. Un
esempio:
In questo
caso, il soggetto del “si sporse” è
Arwen, eppure
da come è scritto sembra essere “la
curiosità”. Attenzione, perché oltre ad
essere un errore piuttosto grave è di ostacolo alla
fluidità della lettura.
Attenzione inoltre agli errori di battitura, che non sono pochi.
La scena di sesso di questa storia l’ho trovata delicata ed
aggraziata,
descritta quasi in punta di piedi. Garbata, oserei dire.
Un breve momento in cui il buio cede alla luce e viceversa, e che
nell’universo
creato da Tolkien si colloca benissimo.
Il tuo stile
mi piace, anche se c’è un po’ da
migliorare
l’uso della punteggiatura e il modo di costruire i periodi
più complessi. Trovo
molto gradevole la delicatezza con cui ti proponi al lettore e con la
quale
racconti le tue storie.
GRAZIE A VOI, Jakefan e Arahan86.