Ultima.
Quello era il giorno di una grande vittoria per Watson anche
se non lo sapeva
ancora.
Non perché effettivamente Holmes
avesse perso contro di lui, quanto perché
Holmes stesso aveva deciso che fare contento il dottore poteva essere
il giusto
input per smettere.
Nonostante avesse ormai venduto da tempo il suo studio sotto la sua
vecchia
casa a Cavendish Place, il buon dottore continuava a fare qualche
visita a
domicilio per quelli che erano stati i suoi pazienti più
fedeli quindi ogni
tanto si assentava da Baker Street.
Una sera, rientrato da un giro visite piuttosto faticoso, Watson non si
accorse
neanche che sulla poltrona di Holmes era adagiata una siringa piena di
qualche
droga ed il laccio emostatico, mentre il proprietario di suddetti
elementi era
scomparso in bagno lasciando la porta aperta.
Watson, stanco ai limiti dell’immaginabile, se ne accorse
solo quando Holmes
tornò dal bagno, lanciando l’astuccio in
marocchino vuoto sul pavimento.
Watson seguì il tragitto dell’oggetto, confuso.
“Holmes, ma che cosa-“
Ancora più confuso, guardo Holmes raccogliere il laccio
emostatico, la siringa,
e sedersi. Guardò con irritazione la sua abilità,
ormai, nel legare quel laccio
medico in torno al proprio avanbraccio.
“Holmes, per l’amor del cielo-“
“Vede questa, Watson?” lo interruppe Holmes,
prendendo la siringa e mostrandogliela
prima di iniettare la droga. “Questa è la mia ultima dose”