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Autore: ryuzaki eru    28/08/2011    2 recensioni
Una giovanissima ragazza come tante, poco disinibita ed ancora acerba, incapace di “vivere”, nell’ultima notte delle sue prime vacanze senza genitori…
Ti giri lentamente verso di lui e ti appoggi alla ringhiera dietro di te e portando le braccia nascoste dietro la schiena ti ci aggrappi con le dita e stringi il legno ruvido, senza che questo si possa notare.
Ora lui alza lo sguardo e ti vede. È poco sorpreso in realtà.
«Ehi, ciao. Non sono l’unico a non riuscire a dormire, evidentemente…» Tiene il tono della voce basso, senza tuttavia sussurrare, e sorride disinvolto.
Pensi a quanto sia diverso da te. A quanto non riusciresti a stargli dietro in tutte le cose illogiche che fa, che pensa e che dice.
Ma contraddittoriamente pensi a quanto vorresti essere come lui…

(Dopo il concorso estivo mi era venuta voglia di scrivere un altro breve racconto sul tema!)
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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E' domenica, le vacanze sono finite ed io avevo qualche ora da dedicare alla scrittura di questa storiella che mi è venuta in mente stamattina!
Grazie di essere qui!  ;)


 

Una comunissima notte d’estate

 
 
E tu non gli hai detto nulla…
Sei rimasta in silenzio. Sei rimasta lì…
Vivi accidenti! Vivi!
 
… Lei sta ricordando…
Respira con l’addome contratto e serra le labbra, sotto il cielo blu di una notte estiva.
Stringendo i denti fino a farsi dolere le mascelle, vorrebbe gridare, mordere, spezzare e lo vorrebbe con tutta se stessa! Come si fa a gridare in silenzio? Come si fa a non esplodere?
La gola avvitata ed il cielo della notte, tremulo… tremulo per le lacrime che le inumidiscono appena gli occhi, senza scenderle sulle guance, senza singhiozzi.
E ora le passano davanti tante cose, tanti “ma”, tanti “se”… E vede se stessa adolescente, l’altra se stessa, e vorrebbe parlarle.
Perché ormai lei non è più quella gracile e silenziosa ragazza, perché ora è una giovane donna, una giovane donna felice.
Perché ormai lei “vive” e quella piccola fanciulla che era stata, ora è un’estranea, alla quale vorrebbe dire: “Svegliati! Perché poi questi momenti non torneranno mai più… Godi di ogni cosa, perché domani non sarà oggi e oggi, domani, sarà già passato!”…
…E così le sta parlando e sta ricordando…
 
Senti i grilli, vicini e lontani, e l’aria fresca della notte entra dalla finestra aperta. Ti stringi nelle lenzuola.
Vedi le fronde degli alberi ondeggiare appena, in alto, illuminate dalla luce argentina della luna ed i fusti scuri perdersi nel bosco, nel nero della notte.
Il profumo dell’erba e della terra umida ti dà un senso di calma e di vaga tristezza, ora.
Ieri non era così. L’altro ieri non era così. Una settimana fa non era così. Allora quegli odori e quelle sensazioni ti davano un’indefinita percezione di gioia. Gioia di vivere.
Quindi sai godere di qualcosa… Sai vivere… Ma lo sai fare ancora solo in parte…
Ti rigiri nel letto.
Intorno a te il silenzio della stanza ed il respiro delle tue amiche che dormono abbandonate nei loro letti. I tuoi occhi sono ormai abituati all’oscurità e le vedi, serene, respirare profondamente.
Le valige pronte per ripartire sono ancora aperte, nell’attesa di ricevere le ultime cose, domani mattina.
Ancora poche ore e tornerai a casa dai tuoi genitori e lascerai questo luogo.
Lascerai la compagnia di tutti questi ragazzi tuoi coetanei che hanno parlato, gridato, cantato, che si sono divertiti in queste due settimane delle tue prime vacanze da sola. Domani lascerai questo luogo che rimarrà sempre nei tuoi ricordi.
Fidati, sarà così, non lo dimenticherai.
Sta per finire tutto.
Ti siedi sul letto e guardi fuori.
È buio e le sagome degli altri bungalow di legno del campo si delineano brune nell’oscurità, con le loro finestre aperte, buchi più neri nella penombra.
Prendi coraggio e decidi di alzarti, lentamente.
Chissà perché a volte trovi così difficile decidere di alzarti, quando non riesci a dormire. Ti sembra di fare qualcosa di sbagliato e quasi di azzardato. Ti sembra che sarebbe meglio provare ancora ad addormentarti.
Poggi i piedi a terra, cerchi la felpa poggiata sulla sedia, ti infili le infradito di gomma, imitazione di quelle che vanno tanto e che tua madre si è convinta ad acquistare al supermercato solo perché costavano poco, come quelle altre ciabatte orrende che ti ha comprato finora.
In punta di piedi ti avvii verso la porta di legno. La apri piano ed esci, richiudendola con cautela.
Sei stata brava, non hai sentito nemmeno tu il rumore dei tuoi passi e sei riuscita a non far cigolare la porta…
Ora sei sul piccolo portico di fronte alla camera, che si affaccia sul bosco alla distanza di pochi gradini dal prato. Cammini verso la ringhiera, ci appoggi le braccia e guardi l’erba e respiri l’aria profumata, senza timore di svegliare qualcuno.
Sola.
 
La vede. La vede come se tutto stesse accadendo in quel momento.
La vede ancora distintamente, in piedi, davanti a quella ringhiera di legno con i pantaloncini di cotone larghi e la felpa un po’ grande e blu di ciniglia, anni  ‘70, un po’ consumata, che era di suo padre e che lui non indossa più perché gli va stretta. E sa che a lei piace tanto quella felpa, perché i suoi amici le hanno detto che è “fighissima, veramente vintage”.
E continua a vederla come se le stesse davanti…
 
La porta dell’altra stanza che si affaccia sulla veranda si apre, cigolante, seguita immediatamente da un sussurro strozzato.
«Cazzo…»
E nella tua testa balena la stessa esclamazione. Nella tua testa.
È lui.
Alto e magro, con le spalle ancora impercettibilmente dinoccolate, che tra qualche anno saranno ampie e dritte. Te lo dico io che saranno così, credimi.
Richiude la porta, senza guardare davanti a sè. È vestito. Bermuda larghi e felpa con la zip aperta su una t-shirt stropicciata. È scalzo e tiene con le dita di una mano le scarpe da ginnastica accoppiate e nell’altra mano una torcia.
Si siede per terra e si appoggia alla parete con le ginocchia piegate e le gambe appena divaricate, in quella posa che hai imparato a conoscere.
Ti giri lentamente verso di lui e ti appoggi alla ringhiera dietro di te e portando le braccia nascoste dietro la schiena ti ci aggrappi con le dita e stringi il legno ruvido, senza che questo si possa notare.
Ora lui alza lo sguardo e ti vede. È poco sorpreso in realtà.
«Ehi, ciao. Non sono l’unico a non riuscire a dormire, evidentemente…»
Tiene il tono della voce basso, senza tuttavia sussurrare, e sorride disinvolto.
Pensi a quanto sia diverso da te. A quanto non riusciresti a stargli dietro in tutte le cose illogiche che fa, che pensa e che dice.
Ma contraddittoriamente pensi a quanto vorresti essere come lui.
Perché lui è libero. Lui è sicuro. Lui è disinibito. Lui non teme di essere sgridato e se la cava sempre con una risata ed alzando le spalle, incurante delle critiche.
È sicuro, già sa cosa farà quando uscirà dal liceo. Ha un obiettivo. E tu invece non lo sai. Ma certamente sceglierai qualcosa all’università, perché tutti si aspettano questo, compresa te.
E lui ti piace. Lui piace a tutte. Piace a tutte proprio perché è così… E tu ti senti banale per questo. Perché tu devi essere diversa, profonda e colta. Devi leggere libri seri e non storielle da quattro soldi. Devi vedere film d’autore e non polpettoni pieni di effetti speciali. Devi andare a teatro e non a ballare in spiaggia sotto le stelle… Ne sei convinta anche tu e perciò non ti scagli contro i tuoi genitori per ottenere di andare a ballare o per farti comprare un motorino. Ti va bene così…
Ma a te lui piace tanto lo stesso. Anche se piace a tutte e non sei originale in questo.
Ti piace e ti fa paura da sempre, perché ti porta al limite. Perché vorresti sembrare disinvolta di fronte a lui, vorresti somigliargli, per colpirlo, per fargli vedere che avete molto in comune. Ma sai che non ce la farai mai, perché non ti viene proprio di essere così.
Non ce la fai. Perché tu sei brava, sei buona, sei obbediente, sei calma, non hai mai creato problemi.
La grande conquista di stanotte è stata quella di aver avuto il coraggio di alzarsi dal letto…
«Già…» Gli rispondi, con un filo di voce, mentre lui comincia ad allacciarsi le scarpe, col capo chino.
Poi poggia la testa al muro ed incrocia le braccia morbidamente sulle ginocchia e ti guarda.
Ti guarda come fa sempre con tutti, diretto, con gli occhi e le labbra che ridono.
«Questa notte è favolosa. Più favolosa delle altre. No, forse è uguale alle altre, ma visto che non riesco a dormire, l’ho notata e non ho intenzione di perdermela!»
Entusiasta, come sempre.
«Già… » Nel silenzio che segue il tuo commento sussurrato ti raccogli i capelli, che leggeri si scompigliano un po’ con la brezza fresca della notte e cerchi di fermarli con un nodo che si scioglierà tra poco, perché i tuoi capelli sono sempre stati troppo lisci per reggersi da soli.
Si alza e ti raggiunge, senza apparentemente dare peso ai tuoi monosillabi.
Si appoggia alla balaustra di legno e guarda verso il bosco.
E tu guardi lui.
Lo osservi sorridere.
Ti piace come sorride, sincero, cristallino.
«Io voglio vedere il bosco di notte. Arrivo sulla collina per godermi l’alba da lì. Tu che fai?»
Ti parla senza guardarti, continuando a mostrarti il suo profilo.
Pensi che lui è sempre lo stesso… che è un immaturo e tu invece non lo sei, tu sai cosa è pericoloso e cosa non lo è… E pensi ancora… Ma perché diavolo vuole vedere l’alba? Perché deve andarsene in giro nel bosco di notte? Poi dicono che succedono le tragedie ed esce la notizia di un giovane diciassettenne disperso nei boschi o caduto in un burrone!
Però magari potrebbe essere una cosa bellissima…
“Come si fa ad essere così stupidi!” Ti sembra di sentire il commento di tuo padre.
È un’idea sciocca… però magari…
«…Sul serio…? Ma non è pericoloso di notte…? » Provi a chiedere timidamente.
«Non sono mica scemo. Il sentiero è segnalato fin troppo, gli mancano solo l’asfalto e i semafori agli incroci! L’hai visto anche tu no? Questo posto è costruito apposta per i turisti, non c’è un animale pericoloso neanche a cercarlo, altrimenti i nostri alloggi non sarebbero mica così vicini al bosco. È l’ultima sera, le ultime ore di questa vacanza, come fai a volertele perdere con l’insonnia galoppante, appoggiata a questa balaustra!»
Quanto ha ragione. Se solo sapesse quanta nostalgia di quel posto già ti avvolge…
Quanto vorresti essere lui ed avere la sua sicurezza… Ma non ce la fai a fregartene…
Io, ora, da adulta, ti dico che lui non è un immaturo; tu lo sei. Lui sa già godere di molte più cose di te, senza sciocchi rischi inutili… Non c’è nulla di così pericoloso in quello che vuole fare e ti dico che infatti non gli succederà assolutamente nulla perché non è uno stupido e non lo sei neppure tu. In fondo basta seguire quell’autostrada di sentiero…
Vivi! Vivi accidenti!
«Ma… Per vedere l’alba non faremo in tempo ad essere qui per l’ora della partenza… Io devo ancora mettere le ultime cose nella borsa…»
I capelli ti si sciolgono di nuovo e ti ricadono scompostamente sulle spalle e lungo la schiena e senti il profumo dolce dello shampoo che si libera nell’aria, trasportato dal vento sottile.
Ora ti sembra che lui stia facendo un lento e prolungato respiro, a labbra congiunte, e stia socchiudendo gli occhi impercettibilmente… Ti sembra che magari abbia sentito anche lui quella fragranza vagamente fruttata e la stia assaporando nel breve battito di ciglia che impiega a passare, proprio come te… Ma quel pensiero ti abbandona, perché non può essere… E lo seppellisci per sempre come una sensazione fugace ed inutile, senza raccontarla a nessuno, senza sapere che un giorno te la ricorderai e lo farai sapendo che in realtà non l’avevi mai dimenticata, l’avevi solo nascosta per paura di illuderti…
E poi lui gira il capo verso di te e ti guarda il viso e forse… forse i suoi occhi seguono i tuoi capelli sciolti fin dietro la schiena… Forse … Ma è solo un attimo. No…
«Faremo in tempo. Io la devo proprio fare la valigia, figurati!»
«E l’ora della colazione… Se non ci saremo i responsabili si arrabbieranno, succederà un casino e…»
«E chi se ne frega!» Dice ridendo. «Tanto è l’ultimo giorno e al massimo ci faranno una ramanzina, rapida perché andranno di fretta e poi non li vedremo più!» Dice lui con un sorriso furbetto e divertito, mettendo le mani in tasca e sollevando le spalle.
Pensi che ha ragione… Però tu…
«Sì, però io…»
«Però tu non ce la fai… Lo so.» Ti precede lui, serio. «Io però ti conosco e credo che la nostalgia di questo posto ti logorerà a lungo e che un giorno ti pentirai di non essere venuta. Ma non posso farci niente…»
Sospira, appena scuotendo il capo, ma senza giudizio, e si scosta dalla balaustra, rimanendo per qualche istante davanti a te.
Ti guarda ancora, mentre non riesci a parlare.
Sorride di nuovo e si volta, diretto verso i pochi gradini che portano al prato.
Si incammina verso il bosco e tu ti giri, lo segui con lo sguardo.
Poco prima di immergersi nel largo sentiero circondato dai tronchi alti e scuri si volta e ti guarda di nuovo.
«Vivere. Spero tanto che tu possa imparare a farlo…»
E non presta attenzione a tenere la voce bassa e tu lo senti distintamente e ti guardi intorno, timorosa che qualcuno si svegli e si accorga subito che lui se l’è svignata.
Ma a lui non importa. Si è già rigirato e la sua alta e magra figura si perde nel bosco.
E tu non ce l’hai fatta…
 
La vede ancora quella piccola ragazza che sta diventando donna.
La vede ancora in piedi sul tavolato della veranda di quel bungalow, che guarda verso il bosco, con la coscienza apposto, con la convinzione di aver fatto la cosa più giusta…
La cosa più giusta… No. Lei ha fatto solo la cosa che le faceva meno paura, quella che la faceva sentire meno a disagio…
E non ha perso soltanto lui, che magari sarebbe stato solo un intenso amore della sua adolescenza e sarebbe finito, come capita sempre… 
La vede ancora. Vede se stessa.
E ora ce la farebbe. Ora si lancerebbe in tutto quello che lui le ha detto. Ed in tutto quello che tanti, dopo, hanno detto. Anzi, ora sarebbe lei a proporre. Perché ora vive.
Vive e ogni tanto le capita di ripensare al passato.
E sa che ora ha la voglia ed il coraggio di fare tutto…
E ringrazia per aver capito prima di altri, per avere ancora tanto da fare e per poterne godere, finalmente, anche se sa che l’unica cosa che non può fare è tornare indietro…
E vorrebbe averla veramente lì davanti, la se stessa di tanti anni prima, e gridarle ancora:
 
Tu non gli hai detto nulla.
Sei rimasta in silenzio. Sei rimasta lì.
Vivi accidenti! Vivi!
 
Ma le sue parole non possono raggiungere quella ragazza in piedi, sotto il cielo stellato di una notte estiva persa nel tempo lontano. E lei lo sa.
E allora spera che il suo grido di rabbia per ciò che non ha fatto e non farà mai più con la stessa leggerezza, giunga alle anime di coloro che possono ancora, che  possono vivere tutti i momenti a pieno… che possono vivere tutti i momenti di quella meravigliosa e controversa età che è l’adolescenza…



Grazie per aver letto fin qui, veramente!
 

Eru

   
 
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