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Autore: Mork    28/08/2011    1 recensioni
Il viaggio di un Personaggio Letterario alla ricerca del proprio Autore. Si ringrazia S. King per l'ispirazione! :3
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Quando sentì il terreno scricchiolare paurosamente sotto i suoi piedi, il Personaggio temette di trovarsi di nuovo in un sottobosco di scheletri e si affrettò ad alzare un piede e controllare cosa avesse calpestato. Quello che poté stabilire subito era che si trattava di qualcosa di più piccolo e nero di un osso; ma poiché l’oscurità incerta del luogo non gli permetteva di osservare meglio, si arrischiò a tastare il suolo con la punta del piede. Il sentiero sembrava costituito da piccoli sassolini rotondi, se non che erano troppo fragili e regolari per essere di pietra. Si chinò incuriosito e tese una mano; sentì quella di Neil scivolare nella sua e tirarlo in piedi: «Non ti conviene toccarli»
«Cosa sono?», chiese il Personaggio allarmato.
«Bottoni», rispose l’Autore, serio.
«E sono pericolosi?»
«Beh, no, non di loro spontanea volontà, almeno...», fece l’Autore, a disagio «Il punto è che, dal momento che potresti passare con me ancora diverso tempo, è meglio non aumentare i fattori di condizionamento che potrei avere nei tuoi confronti»
Il Personaggio rifletté un attimo: «Vuoi dire che questo sentiero porta alla tua pozza? È lì che stiamo andando?»
«Io non ho una pozza mia», ammise Neil un po’ amareggiato «Ma disseminate qua e là in questo tratto di bosco ci sono alcune delle mie creazioni, ed è meglio che tu te ne tenga alla larga il più possibile. Purtroppo questo è l’unico sentiero che conosca per andare dove dobbiamo andare.»
Gli lasciò la mano e stava per girarsi e proseguire, quando il Personaggio puntò il dito davanti a sé gridando: «Eccolo! È quello di prima!»
Con la lentezza e la grazia di una bolla di sapone, una mezzaluna sbiadita galleggiava su un ramo piegato sul loro cammino. Dopo l’urlo del Personaggio, due sfere infuocate si accesero sopra di essa e, mentre Cabal iniziava a ringhiare minacciosamente, un corpo di gatto si disegnò intorno a quelle luci.
«Uh oh», mormorò Neil «Quello è il Gatto del Cheshire»
«È tuo?», bisbigliò il Personaggio di rimando.
«No, ma ignoralo comunque. Non è il tipo di Personaggio per te»
Il sorriso del Gatto del Cheshire non accennava a diminuire, e per renderlo ancora più sardonico l’animale socchiuse gli occhi in due fessure che brillavano di malizia. Neil accarezzò la testa di Cabal per tranquillizzarlo, prese il Personaggio per mano e si accinse passare oltre.
Il Personaggio continuò a fissare il Gatto del Cheshire finché poté, e fece in tempo a vederlo agitare una zampa in una parodia di saluto prima che sparisse tra le fronde.
«Era cattivo?», chiese quindi all’Autore, che avanzava con decisione.
Neil si prese il suo tempo prima di rispondere: «No.», si risolse infine «Non è volontariamente cattivo, ma le sue parole potrebbero condurre gli sprovveduti a un discreto numero di disgrazie»
«Io non sono uno sprovveduto!», brontolò il Personaggio, pur sapendo che l’Autore aveva ragione. Questi gli spettinò amichevolmente i capelli: «Ha ingannato persone più esperte di te».
 
Gli alberi, che finora erano stati disposti più o meno disordinatamente, invadendo a volte il sentiero e costringendo il gruppetto a leggere deviazioni, ora avevano lentamente cominciato ad organizzarsi in due file precise ai lati della via. Il Personaggio notò questo cambiamento, e mentre li studiava vide le loro chiome diventare mano a mano più indistinte, come se sfumassero in una nebbia opaca.
La dissoluzione della foresta sembrava farsi più rapida mentre avanzavano, e presto anche i tronchi cominciarono a vaporizzarsi. Nel frattempo, contro l’alta volta della notte si stagliò una massa grigia simile ad un ologramma, che si faceva sempre più precisa sotto gli occhi del Personaggio: apparvero mattoni, mura, finestre, tetti, grondaie, ringhiere, scale, luci giallastre; i bottoni che formavano il sentiero si erano da tempo saldati insieme a formare le lastre di una pavimentazione stradale. Quando edifici completi, strade e lampioni gli si pararono davanti in tutta la loro solidità, il Personaggio si bloccò di punto in bianco e reclinò indietro la testa per ammirare a bocca aperta la sua prima metropoli.
«Se ti pieghi all’indietro un altro po’ rischi di cadere», lo prese in giro Neil, che si era fermato poco più avanti per aspettarlo.
«Che cos’è questo?», chiese il Personaggio senza fiato, raddrizzandosi ma continuando a guardarsi intorno con vorace curiosità.
«Londra», rispose Neil con il tono semplice di quando si dice “casa mia”.
«Ma com’è possibile? Dov’è la foresta?»
«Dietro di te»
Il Personaggio si voltò di scatto e vide in lontananza le chiome scure degli alberi; corse in quella direzione per capire dove finisse il sentiero e dove cominciasse la strada, ma per quanto facesse avanti e indietro non riuscì a trovare un confine ben definito.
«In quel modo non capirai mai, ragazzo», lo richiamò pazientemente Neil «È inutile tentare una spiegazione logica della magia»
«Magia?», esclamò il Personaggio, tornando verso l’Autore con gli occhi che brillavano «Cos’è? Come si fa? Ce n’è altra?»
«Frena, frena, frena, ragazzo!», rise Neil alzando le mani a mo’ di difesa «Ne troverai a tonnellate da qui in avanti, quindi sta’ tranquillo e seguimi, le tue domande troveranno risposta da sole»
Il Personaggio gli si affiancò e per un po’ il gruppo avanzò a passo di carica; la notte aveva invaso il cielo, facendo scendere un’aria frizzante e piacevolmente fredda che il ragazzo inspirò a pieni polmoni, soddisfatto; non si stancava mai di voltarsi a destra e a sinistra, osservando case, negozi, botteghe, vetrine, tetti, lampioni, vicoli bui e sinistri e grandi strade dalla pavimentazione sconnessa completamente deserte. Udì un suono deciso e vibrante rimbombare nell’aria, e alzò lo sguardo verso un’enorme torre illuminata d’oro dal basso, con un occhio giallo e perfettamente circolare su ogni lato e un tetto che trafiggeva il cielo come una lancia. Era l’edifico più grande che avesse mai visto, e corse verso di esso senza staccargli gli occhi di dosso; si fermò bruscamente e con un leggero spavento quando un gruppo di ragazzini cenciosi della sua stessa età lo investirono, correndo di gran carriera e senza fermarsi a vedere cosa avevano colpito.
«Attento a dove vai, Jack Dawkins!», gli urlò dietro Neil in un tono tra il rimprovero e il divertimento. Il Personaggio si era bloccato come un cervo davanti a una macchina, con il respiro affannato e lo sguardo fisso. Neil gli si avvicinò e prese a tastagli le tasche dell’abito e dei pantaloni: «Non avevi oggetti di valore con te, vero?»
Il Personaggio scosse la testa, confuso, poi si ricordò il motivo della sua corsa e si voltò di nuovo verso la magnifica torre, che si era fatta silenziosa.
«Che cos’è, Neil?»
«È la Torre dell’Orologio, la nostra bellissima torre campanaria», spiegò l’Autore «E l’edificio che le è attaccato è il Palazzo di Westminster, sede del parlamento di Londra»
In risposta allo sguardo interdetto del ragazzo, proseguì: «Lascia perdere, probabilmente non ci avrai mai niente a che fare. Quella che hai sentito fino ad ora è la campana principale del Grande Orologio, chiamata Big Ben»
Mentre ascoltava, lo sguardo del Personaggio fu catturato da una piccola stella che si muoveva come una mosca sopra la punta della Torre; accanto a lei emersero quattro figure nere, simili a grossi uccelli molto goffi. Ma non potevano essere davvero uccelli: avevano una coda troppo strana e non sbattevano affatto le ali. Vedendolo distratto, Neil gli venne in aiuto: «Quelli invece sono bambini»
«Bambini volanti?!», esclamò il Personaggio stupefatto, voltandosi verso l’Autore.
«Un po’ prosaico, ma corretto. Credo però che loro preferiscano farsi chiamare “Bambini Smarriti”»
Detto questo, Neil lo prese per un braccio e lo fece allontanare gentilmente da lì: proseguendo, il Personaggio notò che le case iniziavano a farsi più nere e ricurve, e la strada più rovinata. Da un angolo buio sprizzò una scintilla rossastra che illuminò il volto di un uomo dai corti capelli rosso fiamma e la bocca segnata dalle cicatrici. L’uomo e Neil si scambiarono un cenno della testa, e poi lo sconosciuto svanì in uno sbuffo di fumo.
Il Personaggio non riusciva più a distinguere nulla davanti a sé, e guardandosi intorno vide gli edifici restringersi e piegarsi sempre di più: il suo cuore aumentò i battiti e ricominciò a spostare lo sguardo freneticamente per tutta la strada, capendo che stava per assistere di nuovo ad una magia.
Ma, come Neil gli aveva detto, non era possibile trovare una logica in essa, e la metropoli ritornò un bosco senza che il Personaggio riuscisse ad accorgersi del momento della trasformazione.
Continuò a guardare la città che si allontanava alle sue spalle mentre camminava, finché Neil non si piegò su di lui sussurrandogli all’orecchio: «Credo che troverai più interessante quello che ti aspetta qui davanti»
  
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