Attraverso
il prato seguendo lo stretto sentiero che forma un solco tra l'erba, serpeggia
morbidamente tra qualche masso e qualche cespuglio. Il vento arriva già fino a
qui, nonostante una specie di muro alto di sabbia che non fa ancora vedere nulla
e sembra voler riparare il prato dall'aria.
"Facciamo che adesso ti guardo e cerco di capire che persona sei".
Tranquillizzò la sua risata divertita e alzò lo sguardo dal piccolo bicchierino
verde acqua di Saké. Lanciò un occhiata alla persona davanti a sé, per un attimo
si chiese se doveva crederlo pazzo o dar retta alle sue parole. Ma fu un secondo
quindi incrociò le braccia sul bordo del tavolo e lo guardò negli occhi con aria
di sfida "Forza, vediamo che vedi" disse.
Pensandoci è raro guardare qualcuno negli occhi, si disse, o almeno così era per
lei. Vuoi perchè di solito parlava con qualcuno mentre si camminava, o mentre si
mangiava, era difficile concentrarsi solo sull'altro. O forse era lei che non
voleva farsi guardare?
Un attimo di silenzio, non la stava guardando. Gli occhi della persona davanti a
sé erano scuri: non si decideva ancora se preferiva gli occhi chiari o no. Erano
rari e speciali. Ricordava il celeste di due occhi visti in settembre, il verde
chiaro di un'amica cara, l'azzurro spento di una vecchia donna molto dolce. Però
gli occhi scuri non sono mai uguali: è la luce? Brillano in modo diverso? è per
il taglio? Le minime differenze di colore?
Non sapeva dirlo, ma era tutti diversi, anche quelli davanti a lei. Osservò il
riflesso delle luci soffuse del ristorante sull'occhio lucido. Dov'era la
pupilla? Era troppo lontana per distinguerla? Cosa scorgevano quegli occhi nei
suoi?
"Sei triste".
Mi fermo e riprendo un po' il fiato. Passo una mano sulla
testa sentendo che il sole picchia così forte da farla scottare, forse oggi
riesco a prendere un'abbronzatura estiva? Ma il vento che arriva da dietro il
muro di sabbia è quasi freddo e sembra fischiare "inverno". Un ricordo della
stagione che si ritira silenziosamente.
Aggiusto la manica larga della maglietta voltandola per il verso giusto e
socchiudendo gli occhi per la troppa luce riprendo il cammino, avvicinandomi
alla barriera di sabbia e cercando un punto dove poter passare oltre.
"A prima vista non si direbbe perchè ridi, ma dai tuoi occhi si capisce che non
è così" lanciò solo un'occhiata agli amici al tavolo con loro. Non facevano
caso. Quindi non avevano parlato e non poteva saperlo grazie a loro?
Tornò con lo sguardo sulla persona davanti a sè, poco convinta, forse era un
caso o forse no. Però era vero. E da quel momento, inconsciamente, non sostenne
troppo a lungo il suo sguardo come aveva fatto prima, spavalda e con aria di
sfida. Inghiottita dalla paura di essere "scoperta", dalla sensazione di essere
nuda davanti a quella persona e non poter nascondere nulla. Inutile nascondersi,
era lo stesso ormai, l'essenziale era stato capito e non aveva null'altro da
celare ad uno sconosciuto.
Chiudo gli occhi per qualche secondo, non è che c'è più
sole da questa parte, ma è tutto così bello che quasi acceca. Solo ora sento
distintamente il rumore di onde, ora vedo i riflessi d'argento della luce del
sole sull'acqua del mare, ora ne sento l'odore forte di acqua salata, di
salmastro, di pace. Pace. Probabilmente è quello che sto cercando da un bel po',
quello che voglio conquistare per andare avanti serena: non sto fuggendo dai
problemi, non voglio aggirarli o dimenticarli o distruggerli completamente.
Tenerli, se non si possono risolverli nell'immediato, e cercare di convivere con
essi come meglio posso, evitando troppi crucci, evitando di auto-ferirmi. Magari
prima o poi spariranno da soli, oppure si metteranno a posto con il tempo.
Intanto è la pace che cerco.
Un'onda arriva, bagna la sabbia, si ritira ed un'altra arriva, lava la spiaggia,
torna indietro. Non c'è nulla di più semplice, non c'è nulla di più tranquillo,
rilassante di questo.
Il vento, ora più forte, mi arruffa i capelli, li mischia all'aria pregna di
sale, di acqua, di spazio infinito. Vorrei essere un onda.
"Vuoi divertirti, si vede bene, perchè nonostante tutto sei qui e ridi" lo
osservò, forse ora più interessata e colpita piuttosto che impaurita e con il
timore di essere scoperta, tanto ormai... "Però non ci riesci: vuoi divertirti,
ma non ci riesci fino infondo".
Punto, fine... il resto probabilmente era inutile dirlo, forse non era inutile
per lui capirlo, se la voleva conoscere, ma per lei quello era il succo,
l'essenziale. Il resto lo poteva capire chiunque, quello che era stato detto
fino a quel momento pochi l'avevano capito o forse nessuno di quelli che
conosceva.
"Dì, ma come fai a capirlo?" chiese con un sorriso, stava ancora fingendo.
Sorrideva per sembrare semplicemente divertita, perchè tutto quello doveva
essere un gioco, doveva sembrare tale, però dopo quelle prime parole nella sua
mente era diventato fin troppo serio, perchè era tutto vero, non c'era una
virgola che non fosse sbagliata.
"Forse può suonare come una banalità, però è vero: gli occhi sono davvero lo
specchio dell'anima" ah si... è una di quelle frasi banali che si trovano
scritte ovunque "E i tuoi sono un libro aperto".
Respiro profondamente, sposto gli occhi lungo tutta la
grande distesa d'acqua davanti ai miei occhi. "E' particolare
effettivamente, però è una cosa bella... c'è chi guarda e vede solo il mare,
mentre altri vedono le increspature dell'acqua e le sfumature d'azzurro".
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Salve a tutti, non è la prima storia originale che scrivo, ma è la prima che
pubblico (in realtà non le ho mai scritte con l'idea di pubblicarle, ma perchè
c'era l'ispirazione e allora... puff scrivevo!).
E' piuttosto complicata forse, un intreccio di due episodi accaduti realmente e
che mi hanno colpito talmente tanto che non ho potuto fare a meno di scriverci
su (ovviamente romanzandoli un attimino ^_*).
In genere non do titoli a questo tipo di storie brevi, ma qui è richiesto...
vorrei una mano da voi perchè quello dato è provvisorio e non mi convince, voi
come lo intitolereste? Sarei curiosa e mi sareste anche utili. Grazie a tutti!