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Autore: Shinushio    29/08/2011    9 recensioni
« Ancora con questa storia?? Ve l’ho già detto centinaia di volte: io non ci voglio entrare in quella banda là, il Team Rotter… »
« ROCKET! » lo corressero contemporaneamente i due storcendo le labbra infuriati e alzando gli occhi al cielo.

[...]
Il famoso Team Rocket alle prese con una delle più titaniche, agghiaccianti e rocambolesche prove da superare: il colloquio genitori-insegnanti!
[James/Jessie]
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James, Jessie, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sons & Parents'
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PREFAZIONE:

 

Eccomi qua con l’aggiornamento XD

Che dire? Ovviamente ringrazio tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo e salvato la storia tra le preferite/seguite/ricordate (voi sapete chi siete): significa davvero molto per me, non scherzo. Ci metto l’anima quando scrivo e prima di postare qualcosa sono capace di rileggermela anche centinaia di volte perché voglio rasenti la perfezione (anche se dicono non sia di questo mondo XD). Fatto sta che mi farebbe piacere se anche chi solo legge mi facesse sapere la sua: so che ci siete, purtroppo io sono una di quelle rare autrici che va a vedersi la vocina “gestisci storie”, quindi le conto le centinaia di visite che ricevo. Dai su, fatemi un favorino-ino-ino e spendete un minuto della vostra vita a far sapere cosa pensate delle mie storie <3

Note ed eventuali non ne ho anche perché ho paura di fare spoiler. Commenterò il tutto a fondo pagina, quando avrete letto anche voi e potrò fare allusioni su tutto quel che mi pare >.<

Ah, un’ultima cosa! Ringrazio Kokoro per avermi suggerito qualche paring e avviso che ho già pronte le idee per le seguenti coppie: Lance/Sandra, Drew/Vera, Green/Blue, N/Touko e, sorpresa delle sorprese, ho anche una Green/Red (che guarda caso sarà una long a più capitoli, credo la più corposa). Poi, se devo essere sincera, avrei in mente anche una shot su Gary padre single, ma vedremo XD Per il momento è così: come sempre, se avete qualche idea da suggerirmi e spezzoni di vita “genitori-figli” che vorreste leggere, fatevi avanti e fatemelo sapere. Se posso vedrò di accontentarvi.

Ok, adesso vi lascio per davvero al secondo capitolo della storia XD  

Buona lettura.

 

 

~Pretty, Gentle, Rocket Boy~

 

CAPITOLO 2

 

Quella mattina il sole picchiava forte. Se ne stava là, a sonnecchiare incontro all’orizzonte, lanciando placide e disinteressate occhiate al via vai di gente che si snodava lungo le stradine della piazzuola.

Jeremy rantolò scollandosi di dosso la canottiera pregna del suo sudore e arieggiandosi il volto con l’impiego di una mano. La lingua a penzoloni, la gola arida e la fronte imperlata gli conferivano un aspetto trasandato e quasi sofferto, l’aria di chi avrebbe anche potuto uccidere pur di sfiorare con la punta delle dita una granita fresca alla coca-cola. Il pensiero poi del motivo per cui si trovava in quel luogo rendeva il tutto ancora più opprimente e sgradevole, specie considerando cosa gli sarebbe toccato fare di lì a poco.

Si voltò lanciando un’occhiata perplessa ai suoi genitori camuffati, o almeno cercavano di farlo, da alberi (preferì non commentare) e mimetizzati in mezzo ai cespugli. Se avesse dovuto descriverli utilizzando una sola parola avrebbe scelto ridicoli senza remore alcuna: eccoli là, grandi, grossi e vaccinati, con dei ramoscelli legati ai capelli e tra le mani e un vestito di foglie addosso che, più che farli sembrare a degli arbusti, li trasformava in una versione più fantasiosa e futuristica dell’incredibile Hulk.

« Sapete, comincio a capire perché tutti i vostri piani per catturare il Pikachu di quell’Ash Ketchum siano falliti… » Constatò con una vena di sarcasmo attendendo ordini.

Alla fine non ce l’aveva fatta, non era riuscito ad opporsi alla decisione dei due, più che mai risoluti a far di lui il più grande criminale, dopo Lupin III, che la storia potesse vantare. Bisognava dire tuttavia che grazie alle sue doti recitative, ai piagnistei isterici e ai capricci infantili era riuscito a intavolare un compromesso bastantemente accettabile: niente truffe, nessuna ruberia monetaria o giochi taroccati, il che era già una gran cosa.

« Fai poco lo spiritoso giovanotto! Vorrei vedere te alle prese con un Pikachu; è uno dei Pokemon più odiosi e maligni che ci siano. » ribatté sua madre con fervore incendiario.

James annuì, perdendosi plausibilmente in qualche flashback dove lui e la sua Jessie venivano sbalzati e fatti volare via alla velocità della luce.

« Ascolta la mamma Jeremy, ti servirà in futuro. »

« Ne dubito visto che io non mi metterò di certo a fregare i Pokemon degli altri. » Constatò con voce sibillina e facendo spallucce.

La coppia ghignò malignamente, gesto che costò loro la caduta di qualche ramoscello dai capelli scarmigliati. Al ragazzino non servì certo un genio per capire che quelle smorfie non avrebbero portato a niente di buono: avevano avuto il coraggio di ostentare delle facce e delle espressioni simili anche quella volta in cui si erano messi in testa di provare a cucirgli un abito da Eevee per Carnevale, creando alla fine un costume più simile ad un escremento di Tauros o Miltank. E ovviamente, come in ogni sitcom comica che si rispetti, era stato pure costretto ad indossarlo, dato che non si erano premurati di comprargli un cambio.

« Invece oggi lo farai. Sceglieremo noi quale dovrai rubare però. » gli annunciò bellamente Jessie guardandosi in giro con aria guardinga.

Il ragazzino avvertì distintamente il suo cuore perdere un battito, poi due, anche tre, mentre cercava di convincersi che la coppia gli stesse solo giocando un tiro mancino; in fondo, aveva già avuto modo di costatare quanto fosse penoso il loro senso dell’umorismo, come quella volta in cui suo padre si era divertito a fargli credere che sotto il suo letto risiedesse un branco di Gastly dediti a fargli venire gli incubi durante la notte. Inutile dire che, in seguito a quel raccapricciante episodio, non era più riuscito a chiudere occhio per una settimana e aveva preso a visitare ogni sera il letto dei suoi.

Le sue speranze si infransero brutalmente nel giro di pochi istanti e lo fecero nel peggiore dei modi.

« E a proposito di Pikachu… » continuò la donna indicando qualcosa a suo marito con un cenno esplicito del capo « Perché non provi a prendere quello laggiù? Così vedrai se è facile come può sembrare. »

« Ma io non ho mai detto che fosse facile e non voglio rubare i Pokemon degli altri! » piagnucolò senza aver il coraggio di voltarsi e guardare la vittima designata « …io non credo di esserne capace… »

« Ma certo che lo sei, ti scorre il nostro sangue nelle vene! »

Come a voler marcare la demenzialità di quanto udito, lanciò loro un’occhiataccia iraconda incrociando le braccia al petto: ah beh, se quella era la garanzia che si ritrovava tra le mani, allora sì che poteva essere sicuro… del suo fallimento!

Scosse violentemente la testa pronto ad urlare se fosse stato necessario.

« Non voglio, per favore… »

« Tranquillo Jeremy, non sarà un furto vero e proprio. » lo rincuorò suo padre con voce piatta e quasi rassicurante « Ecco, devi riuscire a prendere il Pokemon in modo che sembri che sia scappato così dopo, quando metteranno i volantini e offriranno ricompense a chiunque lo trovi, tu ti farai avanti e prenderai un bel gruzzoletto. »

« Ma è una truffa! Avevamo deciso che non avrei dovuto farne neanche mezza! » controbatté pallido come un cencio fingendo un pieno controllo di sé.

La situazione si stava facendo pesante: ormai, se lo sentiva, era solo questione di tempo prima che le lacrime prendessero il sopravvento e lo obbligassero a piegarsi al loro volere, facendogli così fare la figura del poppante. Si sentiva male, il suo stomaco lamentava dolori e bruciori tutt’altro che trascurabili: sembrava quasi che qualcuno lo avesse ripiegato su se stesso facendoci un bel nodo con fiocco.

Jessie sorrise amorevolmente permettendosi una carezza affettuosa dedicata proprio al suo adorato pargolo.

« Io non la chiamerei truffa, che ne dici invece di “piano-rendi-più-ricchi-e-felici-la-tua-mamma-e-il-tuo-papà”? »

Jeremy scosse il capo con troppa violenza allontanando così la mano di lei dal suo volto scosso da lievi tremiti.

« Il succo non cambia. Non voglio, mi avete imbrogliato! » O meglio, si era lasciato imbrogliare, perché era troppo imbarazzante pensare che quei due fossero riusciti a raggirarlo in modo così banale. Non esisteva proprio.

« Ti avverto signorino, non rientreremo a casa fino a quando non avrai preso quel Pikachu, a costo di rimanere in questo cespuglio infestato da Weedle per tutta la notte! » riprese lei assumendo un tono di voce ben lungi dal potersi definire “aperto al dialogo”. Della serie “o così o niente” e purtroppo il messaggio arrivò chiaro e tondo anche al nostro eroe.

Chinò il capo sotto il peso della sconfitta. Di lui si potevano dire tante cose, tranne fosse stupido o per niente perspicace: sapeva riconoscere quando esagerava o tirava troppo la corda ed era perfettamente conscio che, se avesse insistito con le proteste e le lamentele, quasi certamente i due avrebbero mantenuto la promessa – o meglio minaccia – fatta poco prima.

Deglutì voltandosi e adocchiando finalmente il Pikachu in questione: indossava un fiocco azzurro al collo e si divertiva a scorazzare alle calcagna di una bambina pressappoco della sua età, coi capelli neri e gli occhi verdi come due smeraldi. I due ridevano felici e ignari dell’infausto scherzo, se così si poteva chiamare, che il destino aveva loro in serbo e, nel vederli così sereni, si sentì l’essere più disgustoso e abominevole dell’universo (anche se, a pensarci bene, non aveva ancora fatto niente per ritenersi tale). Era il pensiero più che altro a porlo sotto scacco.

Non voleva, avrebbe preferito raparsi i capelli a zero o rinunciare a tutti i modellini dei Pokemon che aveva in camera sua piuttosto che compiere un mal’affare del genere. Come potevano essere così cattivi i suoi genitori?

« Forza, sbrigati! Non vorrai che ti sfugga vero? » gli sussurrò suo padre dandogli una leggera spinta d’incoraggiamento e attirando così qualche occhiata curiosa in sua direzione: oltre che essere terribilmente dolorosa, quella situazione era anche infinitamente imbarazzante! « Noi staremo qui nel caso ti serva qualcosa. Se vediamo che non ce la fai interverremo. »

“Di male in peggio.” pensò annuendo flebilmente e lasciandosi condurre dalle proprie gambe dove queste volessero, o meglio, dovessero andare.

Sospirò addolorato, come desiderasse espirare tutta la sofferenza che ghermiva il suo cuore. Cercò di concentrarsi sullo sciabordio della fontana lì vicino, di ignorare le occhiate insistenti dei suoi genitori e addirittura di estraniarsi dal proprio corpo, in modo da non essere cosciente quando il peggio sarebbe accaduto, ma con ovvi e scarsi risultati. Quindi si sedette su una panchina a caso, vicino a dove stava bighellonando la fanciulla, e cominciò a riflettere.

Che fare? Avvicinarla con una scusa era fuori discussione, si sarebbe potuta insospettire e, quando un giorno se lo sarebbe ritrovato davanti per la seconda volta con il suo Pikachu tra le braccia, avrebbe potuto trovare legittimamente strano che proprio lui avesse ritrovato il suo amico scappato. Però era un peccato, quella bambina sembrava davvero simpatica e molto graziosa, gli sarebbe piaciuto giocare un po’ in sua compagnia; magari in altre e più felici sedi avrebbero potuto diventare amici, chi poteva dirlo?

Si lasciò scappare un sorriso intenerito quando quella cinse tra le braccia il corpicino del compagno e strusciò il proprio volto contro quello dell’altro, ridacchiando soddisfatta e farneticando chissà cosa che non riuscì a carpire. Sembrava dolce, un po’ ingenua e disattenta, la classica “testa calda” che veleggia tra le nuvole indifferente nei confronti di chi o cosa non riesca a catturare la sua attenzione. Lui doveva rientrare evidentemente in questa categoria considerando il fatto che, per quanto fossero vicini e per quanto lui la stesse studiando con meraviglia, quella continuava a ignorarlo come niente fosse, completamente assorta nel suo mondo e nella contemplazione del suo amico.

« Ehi Pikachu, ti va di giocare a nascondino? » gli chiese con vocetta acuta ed esternando una gioia che Jeremy non avrebbe potuto sentire più estranea « Io conto e tu ti nascondi. »

Il piccolo topino verseggiò qualcosa di allegro, poi roteò su se stesso pronto per entrare in azione.

« Allora va bene. Pronti… via!! » e si nascose gli occhi dietro le mani lasciandolo a bocca aperta per lo stupore.

Quella era l’occasione che aspettava, il cosiddetto momento d’oro. Ora non doveva far altro che seguire con lo sguardo il Pokemon, vedere dove si nascondeva e acciuffarlo senza farsi notare. Più facile a dirsi che a farsi ma doveva rischiare. D’altro canto, anche il detto lo diceva: chi non risica non rosica.

« Tre… quattro… cinque… »

Scattò in piedi mettendosi a tampinare Pikachu, il quale per opera della dea bendata, che doveva essersi destata di buon umore quel giorno, finì col cacciarsi dentro a un cespuglio di rovi, poco distante da dove stazionavano i suoi.

“Ora o mai più” si disse saltando a sua volta dentro il viluppo e trovandosi faccia a faccia col sopracitato topolino dalle guanciotte rosse cremisi. Quello lo guardò con cipiglio circospetto, esternando tutta la diffidenza che nutriva nei suoi confronti, oltre che un incommensurabile sorpresa dovuta a chissà cosa.

E ora? Che fare?

Jeremy sospirò in preda allo sconforto, lasciando che la stanchezza, la tensione e il dolore sfuggissero al suo controllo ed abbandonassero le viscere più recondite e putrefatte del suo cuore. Pochi secondi dopo era letteralmente scoppiato a piangere, e lo era nel modo più apocalittico, catastrofico e pietoso possibile immaginario: maledizione, lui non ne voleva sapere di far star male quella bellissima ragazzina e, meno che meno, di sgraffignare un Pokemon altrui come fosse un oggetto! Erano creature intelligenti, capaci di comprendere il linguaggio umano, come poteva sperare di riuscire a mettere a segno un colpo così difficile? I suoi genitori erano stati davvero perfidi nei suoi confronti e tutto perché aveva portato a casa una stimabile pagella con la media del dieci! Avrebbe dato via tutti i suoi giocattoli per scoprire che quello che stava vivendo altro non era che un luttuoso incubo peccato solo che, essendo un tipo risoluto e purtroppo pragmatico, aveva capito presto che sperare in una sciocchezza di tal fatta non gli avrebbe reso nulla, quindi tanto valeva sbattere il naso davanti al muro della realtà, incassare una sonora batosta e continuare per quella strada.  

« Pikapika? » gli fece il roditore piegando la testolina di lato.

Accennò un sorriso amareggiato puntando i gomiti sul terreno e tirandosi su col busto.

« Scusa, non volevo spaventarti… » biascicò con enorme fatica « …ecco, so che puoi capirmi e quello che avrò da dirti non ti piacerà neanche un po’ però vedi, se non lo faccio i miei genitori si arrabbieranno e allora… allora… » scoppiò nuovamente in un pianto dirotto facendo preoccupare il Pokemon anzi a sé.

Pikachu gli poggiò la zampetta sulle spalle e gli fece un versetto allegro, intimandolo a suo modo a proseguire il racconto.

E così fece.

« Vedi mamma e papà fanno parte del Team Rocket e… »

Come ebbe pronunciate quelle parole, la creatura balzò all’indietro facendosi di nuovo ostile, mentre le guance precedentemente lisce ora erano solcate da numerose, piccole e scintillanti scariche elettriche.

« No aspetta! Lascia che ti spieghi. E’ vero mi hanno chiesto di rubarti però io dopo ti restituirò alla tua padroncina, giuro! » esclamò tendendo una mano verso l’animaletto e indugiando in silenzio.

Quello parve calmarsi ma continuò a restare a debita distanza, guardandolo sbalordito.

« Sì, lo so che non ha senso. » riprese lui asciugandosi gli zigomi inumiditi coi polpastrelli inzaccherati di terriccio e fanghiglia « Mamma e papà vorrebbero che io entrassi a far parte di quell’organizzazione mentre io voglio fare il poliziotto. Però senti, se mi aiuti e accetti di rimanere con me per qualche giorno, ti prometto che non appena la tua allenatrice verrà a cercarti ti cederò nuovamente a lei. Devi solo fingere che io ti abbia rubato. Ti prego, per favore… » supplicò piangendo più forte e vergognandosi come un ladro, per l’appunto, di quel che stava facendo: non solo stava per truffare una povera ragazzina innocente ma stava anche per mettere in piedi la più colossale menzogna che avesse mai ordito nei confronti dei suoi vecchi. Si sentiva un mostro.

Il piccolo inclinò la testa e lo fissò con aria perplessa, avvicinandosi cautamente ai suoi piedi come questi fossero un temibile avversario, poi sospirò e scosse il capo tristemente: non poteva farlo, non poteva far stare in pena la sua padroncina. Certo avrebbe voluto aiutare quello sventurato ragazzino ma non a discapito di chi lo amava e lo aveva cresciuto e accudito sin da quando ne aveva memoria.

Jeremy si illuminò in un sorriso disperato.

« Certo, capisco, in fondo è giusto così. » fece senza smettere di lacrimare: comprendeva le ragioni del Pokemon e il suo buon senso gli suggeriva che in fondo quella era la cosa giusta da fare, tuttavia sapeva bene cos’avrebbe comportato lasciar correre via Pikachu ed era proprio per questo che non riusciva a smettere di piangere.

Il topolino chinò le orecchie dispiaciuto, tentando inutilmente di chetarlo: poteva immaginare quanto quella situazione lo facesse soffrire e apprezzava il fatto che rispettasse la sua decisione. Era un supplizio a dir poco immane vederlo conciato in tal modo.

« Pika… piii… » sussurrò chiudendo gli occhi per impedirsi di guardare. Della serie “occhio non vede, cuore non sente”.

« Scusa, non lo faccio apposta è solo che… che… »

Non ce la fece più: il bimbo si accasciò a terra cominciando a sbattere pugni e piedi in preda a deliranti capricci infantili, che sortirono tuttavia un effetto a dir poco miracoloso. Pikachu, infatti, dopo averle provate tutte e aver capito che qualunque cosa avesse tirato fuori dal cilindro non sarebbe stata in grado di fargli tornare il buonumore, si arrese all’evidenza e alzò tre dita della zampetta, sventolandole davanti agli occhi gonfi e umidi del suo nuovo compagno d’avventure.

Quello studiò con scarso interesse il gesto senza capirne il significato.

« Tre cosa? » mugugnò con vocina stridula.

« Pikapi! » gracchiò l’animaletto battendo la coda il terreno e alzando le braccia al cielo, come un bambino che si tende verso sua madre per chiederle di esser preso tra le braccia.

Jeremy improvvisamente comprese e un sorriso radioso gli si riaccese in volto.

« Stai cercando di dirmi che ci stai? Davvero?? »

L’altro annuì, anche se poco convinto e riluttante, esibendo una smorfia deliziosa e allo stesso tempo complice.

« Oh io… io non so come ringraziarti davvero! Ti prometto che ti farò tornare presto dalla tua famiglia e che mamma e papà non alzeranno mezzo dito su di te! Sarai sotto la mia protezione. » urlò in preda alla gioia abbracciando il Pokemon entusiasta come non mai.

Di nuovo, Pikachu alzò le tre dita della zampa destra invitandolo a guardare attentamente e a capire cosa stesse cercando di fargli notare.

« Aspetta… » spremette le meningi senza distogliere l’attenzione dalla creatura « …non è che mi stai dando un limite di tempo? »

Di nuovo, quello annuì compiacendosi della sagacia e dell’intuito del bambino.

« Ma certo! Mi stai dando tre giorni per caso? Oh, ma anche prima! Se tutto va bene, anche in due dovremmo risolvere la faccenda. »

« PikaPi!! » esclamò quindi allegramente ficcandosi seduta stante sotto la sua felpa e appiattendosi contro il suo petto.

Traboccante di gioia, incredulità e gratitudine, Jeremy strinse affettuosamente quella caldissima palla di peli e si sbrigò a tornare da Jessie e James. Non si voltò a cercare con lo sguardo la ragazzina, la quale tra l’altro stava ancora ingenuamente cercando il suo amico ridendo divertita e ignara dell’amara sorpresa che di lì a poco si sarebbe ritrovata tra capo e collo: molto probabilmente i suoi genitori l’avrebbero anche sgridata e una parte di lui era sinceramente dispiaciuta per lei, mentre l’altra era ancora su di giri per il successo insperato appena riportato. E quando Jessie e James lo videro tornare ed estrarre da sotto la maglia il piccolo esemplare di Pikachu, si sentì doppiamente soddisfatto nel sentirsi dire “siamo fieri di te, figliolo!”

 

 

 

Erano passati appena due giorni quando per le strade delle città cominciarono a spuntare i primi manifesti con l’immagine del Pokemon che Jeremy aveva rubato impressa sulla carta, recante la scritta “disperso esemplare di Pikachu maschio con al collo un fiocchetto azzurro e una piccola cicatrice a forma di mezzaluna sull’orecchio sinistro. Si offrono X.000.000 Yen a chiunque lo ritrovi”. Più sotto, erano stati riportati anche due numeri di cellulare e una supplica accorata di aiuto.

Jessie e James ridacchiarono vittoriosi quando quella mattina, prendendo il quotidiano tra le mani, scovarono un sontuoso articolo a proposito di un Pikachu disperso e risero ancora più di gusto nel ponderare che finalmente si sarebbero potuti levare di torno quella palla al piede. Da quando era lì, infatti, quella dannata bestiolina si era comportata alla stregua di un vandalo, riuscendo ad essere domata solo dalla gentilezza e dalle preghiere di loro figlio Jeremy. Quei due giorni, per quanto corti, erano stati incredibilmente intensi e bislacchi, forse da considerarsi come sottospecie di deja-vù: avere a che fare con quel mostriciattolo li aveva riportati indietro nel tempo, quando ancora giovani e senza aspettative trascorrevano le giornate ad inseguire i Pokemon dei mocciosi, in particolare quelli di quell’Ash Ketchum.

Quanti bei momenti ormai andati! Quante lacrime, dolori, piccole gioie assaporate!

« Jeremy la colazione è pronta. » chiamò Jessie poggiando il pentolino del latte nel lavello e prendendo posto a tavola.

Immediatamente si sentì lo scalpiccio di piedi che battevano sulle scale in legno: poco dopo loro figlio li raggiunse, tallonato a breve distanza dal Pikachu in questione.

« Jeremy te l’avrò detto un migliaio di volte! Non voglio quell’animale in cucina! » lo riprese la donna esibendo un’espressione arcigna.

Il bimbo ricambiò l’occhiata pacato dondolandosi sulla propria sedia.

« Ma a lui piace seguirmi e a me piace stare con lui. Non fa mica niente di male. »

« Questo lo decido io. Grazie al cielo oggi è l’ultimo giorno che dovremo sopportarne la presenza. » e così dicendo addentò una brioche strappando dalle grinfie del marito il giornale che quello stava beatamente leggendo.

« Ehi! » protestò il poveretto allungando le mani nel vano tentativo di riprendersi ciò che era di sua proprietà.

Jessie lo ignorò e si concentrò invece sulla propria colazione, quando anche suo figlio prese a infastidirla.

« Come sarebbe a dire “oggi è l’ultimo giorno”? Perché? » chiese gettando una frecciatina al Pokemon, il quale chinò il capo e attese risvolti in sacrosanto silenzio.

« E’ così. » confermò spiegando le pagine della rivista e porgendogliela, indicandogli la testata dell’articolo che lei e James avevano spulciato poco prima. « I suoi proprietari si sono fatti vivi e, come previsto, hanno offerto una lauta ricompensa per chiunque lo trovi. »

Jeremy annuì leggendo distrattamente quanto riportato sul giornale: sua madre aveva ragione. Effettivamente i proprietari del suo nuovo amico si erano fatti vivi e lui, volente o nolente, aveva il dovere di riportarlo da loro.

Spirò con una certa sofferenza, impegnandosi per ignorare l’attacco nauseabondo di bile che stava ustionando le pareti del suo esofago.

La verità? Si era affezionato a Pikachu e l’idea di restituirlo non gli faceva fare propriamente i “salti di gioia”. Ci aveva messo meno di venti minuti ad abituarsi alla sua presenza, trenta a ritenerla strettamente necessaria. Dopo un’ora aveva preso a chiamarlo amico e dopo due a confidargli i suoi più oscuri e scabrosi segreti (uno a caso, il fatto che trovasse molto carina la sua padroncina). Avevano dormito assieme quella notte e la mattina seguente si era svegliato ritrovandoselo a pochi millimetri dal naso. Si erano divertiti a far uscire dai gangheri Jessie e fare i dispetti a James, avevano cercato invano il tesoro perduto che secondo lui era sepolto proprio sul retro di casa e il tutto nel giro di appena due giorni.

« Sarà meglio che chiami i padroni di quel Pokemon, prima ce ne disfiamo meglio è. » brontolò la donna imprecando contro il latte bollente che le aveva ustionato la lingua.

Riscosso dai propri pensieri posò un’ultima volta la sua attenzione sul suo nuovo compagno, il quale ricambiò l’occhiata annuendo abbacchiato con la testa: anche lui era dispiaciuto ma sapevano entrambi che, per quanto fosse doloroso, era ormai prossimo il momento di dirsi addio.

« Va bene. Cosa devo dire? » chiese addentando una focaccina e dandone una piccola parte all’amico.

James scrollò le spalle finendo di bere il suo caffè ultra - zuccherato.

« Dì solo che hai trovato Pikachu e che li aspetterai al centro Pokemon di XXX quando va bene a loro. »

Il bimbo guardò suo padre angustiato, rendendosi conto di un piccolo particolare che fino a quel momento gli era sfuggito.

« Cioè vuol dire che voi… non verrete con me? » domandò conoscendo però già la risposta.

Jessie prese prontamente la parola senza curarsi di indorargli la pillola.

« Oh no, hai cominciato da solo e da solo finirai. Fin’ora hai fatto un ottimo lavoro, non ti resta che concludere. »

Sospirò avvilito, il morale tre metri sotto terra e una gran voglia di esprimere il proprio dissenso al riguardo. Insomma: quale incosciente avrebbe lasciato girare liberamente per le strade un bambino con una così grande somma di denaro nelle tasche? Nessuno… a meno che questo “Nessuno” non portasse il nome di Jessie o James. Che incoscienti!

Alla fine, optando per un più che dignitoso e intelligente silenzio, riuscì a salvaguardare non solo la propria dignità ma anche la quiete che vigeva sovrana su di loro.

Terminò di consumare il proprio pasto senza spiccar parola, ascoltando il chiacchiericcio animato dei suoi genitori nato da una fervida disputa su cosa avrebbero potuto comprare con tutti i soldi che erano stati promessi nel manifesto. Jessie insisteva sul nuovo televisore a cristalli liquidi in 3D più un sacco di cosmetici indispensabili per ogni lady che si rispetti; James ribatteva su dei modellini d’automobili d’epoca sui quali ogni esperto avrebbe voluto metterci sopra le mani. Erano così impegnati che non si accorsero dei suoi movimenti, del fatto che si fosse spostato in salotto e si stesse accingendo a fare la famosa telefonata al proprietario di Pikachu.

Digitò sovrappensiero il numero riportato sulla rivista e pigiò il tasto di chiamata, dopo aver lanciato l’ennesima occhiata avvilita al suo nuovo e già perduto amico.

Stava facendo la cosa giusta, certo. Peccato solo che nessuno prima d’ora gli avesse mai spiegato che non sempre comportarsi bene fosse anche la cosa più facile da fare…

 

 

 

Quando la porta di casa si aprì cigolando appena, Jessie e James balzarono per aria affrettandosi ad accogliere il loro Jeremy a braccia aperte, pronti a celebrarlo come eroe tornato dal campo di battaglia.

La prima ad arrivare, ovviamente, fu proprio la donna la quale, spintonando e facendo valere i propri diritti in quanto esponente del gentil sesso, non aveva avuto alcuna difficoltà a raggiungere il figlio e buttargli le braccia al collo. Pochi secondi dopo era sopraggiunto anche James, gli occhi lucidi e sfavillanti come due stelle e traboccanti di gioia nel constatare che quel dannato Pikachu “sporco-piscio-cago-dove-mi-pare-e-piace-perché-questa-non-è-casa-mia” non stava più attaccato alla sua caviglia (= finalmente era stato riportato a chi di diritto), felicemente sostituito dal  gruzzoletto di soldi che Jeremy stava porgendo loro.

« Tesoro sappi che siamo fieri di te. Hai reso la tua mamma e il tuo papà le persone più felici dell’universo! »

Il bimbo rimase in attonito silenzio, fissandosi la punta delle scarpe con aria perplessa, quasi imbarazzata: quello non era esattamente il tipo di reazione che ci si aspetterebbe dalla riuscita di una missione così dura e faticosa, tuttavia la coppia parve non farci troppo caso e decise di liquidare la faccenda stendendoci sopra un velo pietoso.

« Veramente ci sarebbe una cosa che dovrei dirvi… » cominciò, ignorando i gridolini entusiasti dei due che, impiegati a contare soldo per soldo il bottino per assicurarsi che il totale ammontasse alla cifra pattuita, parevano essersi dimenticati temporaneamente della sua presenza.

Spirò passandosi una mano tra i capelli, indeciso se raccontare una bugia o rivelare loro l’incredibile verità dei fatti. Sapeva bene che quella storia non avrebbe portato a niente di buono e che, nella più rosea delle ipotesi, i due sarebbero finiti dritti in ospedale con prognosi riservata. Dunque che fare? Confessare ciò che aveva scoperto oppure tenere per sé quel segreto e risparmiargli un atroce dolore?

La scelta non era così difficile, specie considerando tutti i guai che gli avevano fatto passare nel giro di neanche tre giorni: oh sì, loro avevano tutto il diritto di esserne coscienti e, per quanto se ne dispiacesse, non poteva fare a meno di gioire pregustando in anticipo la sua piccola, ma non per questo trascurabile, vendetta.

« Allora? Com’è andata? Raccontaci tutto figliolo. » lo intimò James invitandolo ad accomodarsi, quasi dimenticandosi che anche lui viveva in quella casa e che quindi non gli occorreva certo un invito per decidere dove, come e quando sedersi.

Decise di non farci troppo caso.

« Bene. La bambina che abbiamo visto al parco si chiama Lara, mi ha invitato ad andarla a trovare per poter giocare con lei e il suo Pikachu il prossimo sabato. »

Jessie ridacchiò con fare complice rifilandogli un’amichevole gomitata allo sterno. Lui incassò, stando sulle sue, pronto per far esplodere la bomba.

« Ma sentitelo il nostro ometto rubacuori! Ma bene! »

Preferì non commentare, masticando una battuta poco ortodossa pronta sulla lingua: chissà se sua madre avrebbe continuato ad elogiarlo quando avrebbe scoperto di chi quella bambina fosse figlia e…

« Tutto suo padre! » esclamò di punto in bianco James distogliendolo dai suoi pensieri.

Arrossì appena al pensiero di Lara, la quale non si fece troppi scrupoli ad occupare la sua mente per l’ennesima volta e riaccendere in lui il ricordo di quel pomeriggio trascorso assieme: alla fine, proprio come se l’era immaginata, si era rivelata essere la creatura più gentile, dolce, vispa, serena, vivace e disponibile che avesse mai avuto l’onore d’incontrare, dotata di un sorriso capace di oscurare la brillantezza delle stelle in cielo. Non stava letteralmente più nella pelle al pensiero che a breve l’avrebbe rivista e, con un po’ di fortuna, sarebbero potuti diventare anche ottimi amici. Il ricordo del suo volto trasfigurato dall’immensa gioia nel vedere il suo Pikachu sano e salvo e davanti a lei era inciso a fuoco nella sua mente e così sarebbe stato per sempre, se lo sentiva.

« Beh, è una bambina davvero graziosa, sappi che la tua mamma approva. E poi… » Jessie finì di contare l’ultimo yen con un ghigno subdolo impresso sul volto « …poi, a giudicare da quanti soldi ci ha dato per quel maledetto topo, ne deduco possa essere un buon partito anche economicamente parlando. »

Suo marito annuì incrociando le braccia al petto, soddisfatto come non mai, forse pregustando il sapore di una ricchezza ancora impalpabile ma non per questo sgradevole.

« Parole sante. E dicci un po’: da chi era accompagnata? Dai suoi genitori immagino… »

Jeremy annuì lasciandosi volutamente sfuggire un sardonico sorriso: fra poco quella coppia di canaglie avrebbero imparato sulla propria pelle che le cattive azioni non portavano a nulla di buono.

« Sì, c’era suo padre. Un tipo strano forte sapete? Come mi ha visto mi ha detto che gli ricordavo tanto voi… »

…silenzio di tomba.

I due tacquero all’improvviso mentre i ghigni, che fino a poco prima avevano ornato i loro volti, ora scemavano alla velocità della luce sostituiti da smorfie di pura costernazione. Una nuova e acuta preoccupazione prese possesso delle loro iridi, le gole si seccarono e le fronti si imbrattarono di sudore divenendo lucide.

« Cosa…? Noi conosciamo quest’uomo? Ha fatto i nostri nomi? Ma ne sei proprio sicuro? » chiesero scambiandosi un’occhiata perplessa.

Jeremy annuì di nuovo immaginandosi le loro facce nel momento in cui avrebbe rivelato loro che il Pikachu che avevano avuto sotto il naso per ben due giorni altri non era che…

« Sì, mi ha detto di mandarvi i suoi saluti e vi ringrazia tanto per averlo aiutato a ritrovare il suo Pokemon. »

Un enorme, mastodontico e cubitale punto interrogativo si elevò sopra le loro teste, chiaro segno che non erano ancora riusciti a capire quanto fossero stati stupidi e ingenui nel farsi scappare, una volta catturato e nelle loro mani, proprio…

« …e qual è il suo nome? » domandarono infine.

 

 

*************

 

 

Ash Ketchum stava amabilmente sorseggiando il suo caffè sulla veranda di casa quando udì distintamente un urlo mostruoso propagarsi nell’aria e risuonare tra le pareti della conca ove era situata Pallet Town.

« Ehi papino, hai sentito anche tu? Che cos’era secondo te? »

Si voltò di scatto intercettando così lo sguardo smeraldino di sua figlia Lara, poi quello svogliato del suo adorato -e appena ritrovato- Pikachu e infine quello canzonatorio di Misty, la quale scosse il capo blaterando qualcosa a proposito del fatto che avesse sposato un cretino.

Sorrise teneramente scompigliando la chioma corvina del suo più grande orgoglio, nonché inesauribile fonte di gioia.

« Niente di che tesoro, perché non esci a giocare un po’? »

Quella sorrise facendo cenno al Pokemon di seguirla e si dileguò dal suo campo visivo nel giro di pochi secondi.

E metre il sole splendeva alto nel cielo, i Pidgey cinguettavano allegri e spensierati, gli alberi erano in fiore e Misty continuava ad inveire contro di lui, capì che il piccolo Jeremy doveva appena aver riportato i suoi affettuosi saluti ai carissimi Jessie e James.

 

 

 

 

 

The End

 

 

 

NOTE SCONCLUSIONATE DELL’AUTRICE:

 

Alla fine sono stata davvero veloce, quasi non ci credo XD Se penso che ho una long ferma al terzo capitolo da circa un anno… meglio sorvolare =.=

Vi dirò che sono basita: insomma, questa è la mia prima long portata a termine (e chissene se ha solo due capitoli!). Poi sono doppiamente felice perché sono FINALMENTE riuscita a coronare il mio sogno, ovvero scrivere una fiction che si chiude in due capitoli, ma questa è un’altra storia…

Allora, note ed eventuali: mi congratulo con me stessa (=.=’) perché, ammettetelo, sono stata incredibilmente veloce ad aggiornare. Diciamo che mi sono data una mossa perché voglio cominciare anche le altre shot/long, quindi volevo togliermi dai piedi questa storia (detto con tutto l’affetto di questo mondo, sia chiaro) per potermi dare da fare.

Alla fine penso che la storia si commenti da sola e che la morale sia chiara: come dire Jeremy, le cattive azioni non restano impunite. Certo che, povero Team Rocket, erano finalmente riusciti ad acciuffare Pikachu… se lo sono lasciati scappare come degli stupidi >.<

Beh, direi che è tutto. Ringrazio chi ha letto questo piccolo esperimento, chi l’ha salvato tra i preferiti e chi continuerà a seguirmi anche in futuro (e magari anche chi sarà così buono da recensire, non trovate? XD).

Un bacio e alla prossima.

 

 

 

 

Shin

 

 

   
 
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