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Autore: Nackros    29/08/2011    8 recensioni
Cammina per i corridoi con passo sicuro.
I lunghi capelli neri sono nascosti sotto la folta parrucca castana ed il camice bianco le accarezza i fianchi, scendendo delicato sulle curve del suo corpo.
A prima vista parrebbe una vero medico, uno di quelli che da tanti anni solcano le porte dell'ospedale.
Ma lei di lauree in medicina non ne ha mai prese.
[...]

Può diventare l'uccisione l'unico modo per salvare una vita da quella che sembra un'esistenza ormai terminata da anni?
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alejandro, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammina per i corridoi con passo sicuro.
I lunghi capelli neri sono nascosti sotto la folta parrucca castana ed il camice bianco le accarezza i fianchi, scendendo delicato sulle curve del suo corpo.
A prima vista parrebbe una vero medico, uno di quelli che da tanti anni solcano le porte dell'ospedale.
Ma lei di lauree in medicina non ne ha mai prese.
La sua camminata è decisa, il ritmo dei suoi passi sostenuto.
Ma dentro di lei l'ansia la sta uccidendo, divorandola dall'interno.
Odia questa sensazione; le fa quasi venire voglia di tornare indietro.
Quasi.
Oramai ha deciso.
Ci ha riflettuto a lungo, ha organizzato ogni cosa nei minimi particolari.
E tutto per colpa di quel bastardo.
Per quale stupido motivo i sensi di colpa la stavano torturando ancora dopo tutti quegli anni?
Ora la sua camminata rallenta, il ticchettio delle scarpe sul pavimento si affievolisce.
Si guarda intorno, con fare attento.
A quell'ora della notte non passa mai nessuno.
Il silenzio è irreale e quasi onirico.
Si passa una mano sulla tasca del suo finto camice, accarezzandone il contenuto.
Stanza numero 15.
E' arrivata.
Esita sul ciglio della porta.
Un'altra occhiata circospetta, un passo cauto ed è dentro.
Subito l'odore di chiuso e di medicine le entra pungente nelle narici.
Adesso il silenzio è interrotto dal continuo e monotono suono emesso dai macchinari.
Si avvicina al letto posizionato al centro della stanza.
Lui giace lì, fermo, immobile da sette anni.
Sette dannatissimi anni dal giorno in cui lui l'ha baciata.
Sette dannatissimi anni da quando lei lo ha rifiutato.
Per che cosa, poi? Per orgoglio? Per uno stupido milione finito sul fondo di un vulcano?
China il capo e si avvicina al suo viso, facendosi strada tra i tubi e le bende che lo circondano.
Gli sfiora le labbra, con un gesto leggero.
Spera tanto che lui possa avvertire quel contatto delicato, ma sa bene che ciò non è possibile.
La sua parte più importante è già volata via, chissà dove, sette anni prima.
Quello che gli rimane è solo un corpo sfigurato dalle cicatrici e dal dolore.
Le fa male vederlo così, pensare che la colpa sia sua.
Non vuole più avere a che fare con la visione di quella figura che ogni volta gli provoca una fitta al cuore.
Non vuole più vederlo soffrire.
Mai avrebbe  pensato che si sarebbe ridotta a fare questo.
Estrae dalla tasca una siringa dal sottile ago metallico.
Un liquido trasparente, incolore, è contenuto all'interno di essa.
Non sa bene cosa sia, ma sa che può essere mortale se iniettata nel corpo di un uomo.
Le mani le tremano nel momento in cui l'ago buca la sua pelle.
Non si può tornare indietro adesso.
E inietta, con un gesto veloce, quella strana sostanza.
Non ha tempo per fermarsi con lui in quell'ultimo minuto.
Non può permettersi di farsi scoprire.
Non può neanche permettersi di piangere.
 Le tracce di DNA che lascerebbero le lacrime sarebbero in grado di far risalire la polizia a lei.
Ha perso il suo orgoglio facendo questo, e non vuole rinunciare anche alla libertà.
Adesso deve scappare via, lontano da quel luogo.
Sente i macchinari suonare.
Emettere suoni veloci, confusi.
Alcuni medici iniziano a correre nella direzione opposta alla sua.
Infine un suono più lungo degli altri, acuto.
Adesso è in macchina, guida veloce verso casa.
Dei tremiti ancora la percorrono dall'interno.
La parrucca è posata sul sedile, il finto camice è lì al suo fianco.
Li brucerà quando arriverà a destinazione.
Ora una lacrima può scendere silenziosa sul suo viso, senza paura di essere scoperta.
Sospira.
Gli angoli della sua bocca si inarcano in un triste sorriso.
Ce l'ha fatta.
L'ha ucciso, per la seconda volta.
Ha messo fine alle sue sofferenze.
Suona al campanello di casa.
Un uomo le apre la porta, salutandola.
Ha un'espressione tesa, come se dovesse dirle qualcosa.
«C'è qualcosa che non va?» chiede.
Lui abbassa lo sguardo.
Sa già la risposta, ma la sua recita deve continuare.
«Hanno appena chiamato dall'ospedale...» sussurra, «Alejandro è morto»
L'uomo la stringe in un abbraccio.
Si chiede dove possa essere finita la donna forte ed orgogliosa di un tempo.
Forse se ne è andata via con lui, sette anni prima.
In quel momento direbbe di trovarsi tra le braccia di un estraneo, se non fosse per la fede che porta al dito.
Adesso può smettere di recitare.
Lui è morto.
Ma forse non è questo che la rattrista più di tanto.
Ha imparato a convivere con il pensiero che lui se ne sia andato già sette anni prima

E' la sensazione di abbracciare un uomo che non sia lui; è questo che fa più male.


 


Prima di tutto ringrazio tutti quelli che sono riusciti a leggere fino a questo punto senza cadere in una depressione profonda.
I personaggi, penso che lo abbiate intuito, sono Alejandro e Heather.
Avevo questa deprimente idea che mi girava in testa da un pò e quindi ho deciso di metterla per iscritto.
So che è piuttosto triste e che tratta anche un tema anche abbastanza delicato... Ma la tentazione di postarla era troppo forte.
Spero vi sia piaciuta ;)
 Alla prossima!

 

   
 
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