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Autore: Cheche    29/08/2011    3 recensioni
Immaginiamo che i nostri eroi siano nati circa ottocento anni fa invece che nella nostra epoca, proprio quando la Strega Eretica Arachne creò le prime Buki. Maka e i suoi amici si ritrovano nell’Alto Medioevo, su un’isola nell’Oceano Pacifico che oggi non esiste più, divisi tra loro dalle classi sociali: principi, giullari, briganti… Cosa succederà?
[SouMa - TsuStar - Kidx?] [Lievi OOC per rendere i personaggi più coerenti col periodo storico]
Sospeso per mancanza di ispirazione fino a data da destinarsi.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Il conte e sua figlia
 
 
 
Quando l’esibizione finì ci fu un lungo momento di silenzio. Quando succede questo, in genere qualcuno inizia ad applaudire, da solo, coinvolgendo poi anche gli altri. Effettivamente Maka fu l’unica ad applaudire all’inizio. Ma anche dopo. Solo lei batteva le mani, gli occhi lucidi di commozione. Tutti gli astanti lanciarono delle occhiate alla contessina, ma lei non li calcolò. Fu Tsubaki ad arrossire al posto suo, quasi avesse una qualche colpa.
Soul si raddrizzò dalla posizione contorta in cui aveva terminato la sua esibizione. Lanciò un’occhiata a Wes, poi al pubblico silenzioso, che lo scrutava. Alcuni volti erano indecifrabili, altri beffardi, altri ancora indignati. Soul strinse i pugni, irritato dalla mancanza di senso artistico di quella platea di nobili incompetenti. Era talmente furioso che non sentì il sincero applauso della contessina Maka. Lottò con sé stesso per non scomporsi e non aggredirli a suon di parolacce, o avrebbe potuto rimetterci la vita. Si voltò rapidamente e uscì di fretta da un portone che dava in un lungo corridoio.
Wes fece per seguirlo, ma la voce di Spirit l’aveva bloccato sul posto. Le parole del conte non nascondevano l’irritazione dovuta al penoso spettacolo di Soul, che a suo parere era decisamente un inetto.
“Fermati, Wes! Almeno tu facci divertire in questa triste serata!”
Tu vali molto di più di tuo fratelloera sottinteso, chiunque l’avrebbe capito e avrebbe concordato. Chiunque tranne Maka, ovviamente.
Wes rimase un secondo a guardare la porta a forma d’arco a sesto acuto da cui era uscito Soul, poi si voltò lentamente verso il conte, senza troppa convinzione.
“Ai vostri ordini, mio signore.”
Detto questo imbracciò la lira e ricominciò a suonare, cantando una filastrocca su una strega cattiva o qualcosa del genere. La sua voce era limpida come le acque di un laghetto di montagna. Ma, per la prima volta, Maka non riuscì a concentrarsi sulla sua musica. Ripensava a Soul, da cui non era riuscita a staccare lo sguardo fino a quando era scomparso dietro l’uscita. Decise che, finita l’esibizione di Wes, sarebbe andata a cercarlo.
Dopo circa un quarto d’ora, Wes terminò la sua esibizione, lasciando via libera a Maka. Tutti, dopo i vari applausi e i complimenti, si alzarono in piedi e cominciarono a parlare animatamente tra di loro prima di congedarsi e tornare ognuno a casa propria. La contessina fece un rapido cenno al padre che le scoccò un’occhiata confusa, quindi sgattaiolò fuori dalla stanza sfruttando la confusione.
Passata sotto l’arco a sesto acuto, Maka si ritrovò in un lungo corridoio semibuio, leggermente rischiarato dalle luci delle fiaccole attaccate al muro. Suo padre le aveva accennato che quel corridoio portava alle stanze della servitù, e le aveva anche raccomandato di non andarci mai, perché una bella e nobile signorina non avrebbe dovuto mai insudiciarsi gli occhi vedendo in che condizioni vivevano quelle ‘bestie umane’. Fino ad allora Maka non l’aveva mai fatto, ma in quel momento stava pensando che fosse un’enorme sciocchezza. E che suo padre dicesse sempre e solo sciocchezze grandi come un castello. Imprecò mentalmente contro suo padre, mentre si affrettava per il corridoio sinistro, stando attenta a non pestarsi la lunga gonna del pomposo vestito. Non sapeva neppure dove stesse andando, dove fosse mai andato quel giullare che era riuscita tanto ad incantarla.
Dopo qualche minuto si ritrovò in un altro corridoio più largo, illuminato un po’ meglio del precedente. Tra una fiaccola e l’altra v’erano delle porte di legno bruno, piuttosto pesante, con una finestrella in alto munita di sbarre di ferro arrugginite.
Maka capì che doveva essere arrivata alle stanze della servitù. Si fermò, riprendendo a respirare dopo quella lunga corsa spossante. E quando riprese a inspirare col naso, un odore nauseabondo le giunse alle narici. Di cosa sapesse quel tanfo lo lascio alla vostra immaginazione.
Maka si guardò attorno per un secondo, timorosa. Non vide nessuno. Stava per fare dietrofront per tornarsene indietro, quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.
“Cercavate me?”
Maka si voltò lentamente, pallida in volto per lo spavento. Davanti ai suoi occhi apparve proprio quel Soul che stava cercando così affannosamente da lungo tempo. Sul viso di Maka si aprì un sorriso di pura gioia. Il giovane giullare ricambiò con un sorriso sghembo e mesto al tempo stesso. Aveva ancora indosso l’abito bicolore – rosso e verde, per la precisione -, e in mano teneva il buffo cappello coi campanelli.
“Sì, cercavo proprio voi!” Confermò Maka, il cui sorriso si era ormai allargato fino alle orecchie.
Soul si avvicinò per vederla meglio. La luce calda delle fiaccole rischiarava il suo volto. La contessina doveva ammettere che da vicino non era affatto male. Aveva occhi cremisi, intensi, resi più profondi da leggere occhiaie. I capelli erano molto simili a quelli del fratello, candidi, con riflessi arancione tenue a causa delle fiamme che rischiaravano l’ambiente. Il sorriso sghembo del ragazzo rivelava due file di denti aguzzi che Wes sembrava non avere. Aveva un volto decisamente strano, ma Maka lo trovò bellissimo.
Dal canto suo, Soul si trovava davanti una ragazza magrolina, spalle strette e collo fino. Il vestito non lasciava immaginare neppure una curva, e la lunga gonna nascondeva le gambe, che il giovane immaginò sottili e dritte come stuzzicadenti. Il volto era gradevole, per la verità. La pelle era liscia e chiara come quella di una bambina. Gli occhi, verdi e velati come i vetrini dimenticati da secoli sulle spiagge le conferivano un’espressione smarrita, che ispiravano istinti di protezione. I capelli, legati in una elegante acconciatura, erano biondi come il grano non completamente maturo, quando non è stato ancora stato tagliato e ha un colore verdastro. Il sorriso che le si era aperto quando aveva visto Soul era abbagliante, gli faceva venire voglia di coprirsi gli occhi per non rimanere accecato.
Il giovane giullare già immaginava la risposta, ma volle comunque chiedere per sicurezza. Nel porre la domanda i tratti del suo volto si indurirono, conferendogli un’espressione ostile.
“Cosa volete? Siete venuta fin qui per prendermi in giro?” La sua voce era bassa e piuttosto roca.
Maka rimase un attimo interdetta, mentre il sorriso le moriva in volto.
“No! Se avessi voluto fare una cosa del genere non avrei compiuto l’impresa titanica di venirvi a cercare fin qui!”
“Una principessina viziata, eh? Immagino siate la contessina…” Disse Soul, rilassando il volto e concedendo un sorriso alla sua interlocutrice.
“Sì… Mi chiamo Maka Albarn…” Disse lei, lievemente imbarazzata.
“Il mio nome è Soul Eater Evans, ma mi potete chiamare Soul. Allora, cosa volete?”
“Voi, piuttosto, cosa ci fate in questo posto così maleodorante?”
“Una di queste celle puzzolenti è casa mia. Al tanfo ormai mi sono abituato, non temete. Sto aspettando che la guardia venga a chiudermi dentro, ma è in sala a guardare l’esibizione di Wes…” Queste ultime parole furono pronunciate con un tono più basso rispetto a quelle iniziali. Nel nominare il nome del fratello, Soul si rabbuiò. “E voi? Non preferite andare a vedere mio fratello invece di perdere il vostro prezioso tempo con uno come me?”
Maka si sentì prudere le mani dalla voglia di tirargli uno schiaffo. Cos’era quella ridicola mancanza di autostima? Era proprio uno stupido! Si trattenne dal malmenarlo, ma un impulso improvviso le fece prendere le mani di lui, stringendole con forza.
“Stolto! Dovreste vergognarvi per quello che avete appena detto!” Strillò lei, la voce incrinata dall’ira. “Voi siete molto meglio di vostro fratello! Lasciate perdere le opinioni di quell’idiota di mio padre!”
Soul sgranò gli occhi. In realtà non era l’autostima a mancargli. La frase di prima aveva una punta di ironia canzonatoria, ma quella ragazzina sembrava non aver capito. Ma era comunque contento che almeno lei avesse recepito la sua arte. Poi però si bloccò, indurendosi di nuovo.
“Dite la verità, è uno scherzo, vero? In realtà vi state prendendo gioco di me ed ora scoppierete a ridere dicendo che ci sono cascato e che sono una frana, non è forse così?”
Maka lo fissò come se gli fosse spuntata una seconda testa. Era un tipo difficile, lo immaginava, ma questo le diede fastidio più di quanto avesse immaginato. Aveva sempre avuto a che fare con tipi relativamente semplici, come ad esempio suo padre, e ora, davanti a quel Soul non sapeva bene come comportarsi.
In difficoltà, la ragazza si mise una mano sul petto, pronunciando parole solenni.
“La stima che provo per voi è sincera, lo giuro sul mio onore di contessa.”
 Soul stette un attimo a fissarla, mantenendo in volto la sua espressione truce. Poi, dopo qualche secondo il suo viso si distese nuovamente, donando a Maka un nuovo sorriso, che lei non poté fare a meno di ricambiare.
“Va bene, vi credo. Ma badate: se mi avete mentito perderete il vostro onore!” Soul terminò la frase con una risata sguaiata, che contagiò anche la contessina. Maka rideva in modo non proprio signorile.
“Potete metterci una mano sul fuoco.” Disse lei, sorridente.
Il loro momento di allegria fu bruscamente interrotto dal rumore di passi pesanti lungo il corridoio.
“Sta arrivando! Questa non ci voleva!” Disse Soul, allarmato.
“Chi?” Chiese Maka, che non capiva.
“Come chi?! La guardia no? Riconoscerei la sua camminata tra mille!” Fece Soul. “Presto, nascondetevi da qualche parte!”
“E dove?” Ringhiò Maka. “Se anche mi nascondessi, per andarmene dovrei comunque uscire allo scoperto!”
“Avete ragione!” Sbuffò Soul, esasperato. “Allora, contessa, sono lieto di annunciarvi che siete in trappola!”
“Questo non è il momento per fare dell’ironia!” Lo zittì Maka, fulminandolo con lo sguardo.
“Oh, scusatemi, mia signora!” Disse il giullare, sarcastico.
“Scemo…” Sibilò la contessina fra i denti.
Maka aveva appena finito di pronunciare quella parola che apparve nel corridoio una guardia grande e grossa, armata fino ai denti. Questa dapprima non riconobbe la giovane padrona, e fece per puntarle contro una lunga lancia. Maka impallidì vedendosi la punta metallica dell’arma così vicina al viso, e la paura la portò a balbettare.
“F…Fermo! Non vedete… Non vedete che sono la vostra contessa?” Con mano tremante andò a toccare la spilla sul vestito, posta al centro del petto.
L’uomo la scrutò con i suoi piccoli occhi rotondi e scuri, poi riconobbe lo stemma della casata Alamar sulla spilla di Maka. Immediatamente si ritrasse, abbassando la lancia. Impallidì e arrossì subito dopo, vergognandosi di sé stesso.
“S…Sono desolato, mia signora! Ecco, rinchiudo subito questo incapace nella sua cella e vi accompagno dal vostro nobile padre!” Borbottò imbarazzato, afferrando Soul dai capelli e mandandolo con poco riguardo verso la porta del suo cubicolo.
Mentre il ragazzo veniva trascinato sempre di più nell’oscurità della sua stanza, Maka lo sentì dire delle parole che suonavano tipo ‘non invidio affatto voi nobili! Dovete sempre rispettare certe regole che a me farebbero venire il voltastomaco!’. E poi aveva sentito la sua risata, ormai lontana.
A Maka veniva da ridere. E lei di certo non invidiava lui, costretto a vivere in una cella buia e puzzolente! Ogni genere umano ha i suoi problemi.
Mentre la contessina camminava nel corridoio semibuio, affiancata dalla guardia, pensava ancora a Soul. Sembrava un tipo perfettamente adattato alla sua difficile situazione, ma Maka era sicura che la realtà fosse ben diversa. Era un tipo orgoglioso, cercava di nascondere i suoi veri sentimenti, ma quelli poi venivano fuori inesorabilmente nella maniera più indiretta possibile. E osservando la sua danza, la ragazza aveva percepito distintamente una voglia di libertà che, come aveva visto poco prima, gli era totalmente reclusa. Fu così che Maka fece un giuramento a sé stessa.
Soul non merita di ricevere quel trattamento. Giuro che un giorno lo libererò dalla sua prigione.
 
Il conte Spirit batteva nervosamente il piede sul pavimento freddo, a ritmo, facendolo risuonare per la grande aula vuota. Oramai tutti se ne erano andati e nel salone principale non c’era nessuno, fatta eccezione per lui e Stein. Lo scienziato sedeva al contrario su una poltrona, sulle ginocchia, il petto appoggiato allo schienale e il mento affondato tra le braccia, gli occhi che sbucavano appena sopra di esse, sbirciando le mosse del conte senza troppa curiosità.
“Ma dove diavolo è finita Maka?! Se la prendo la chiudo a chiave nella sua stanza per una settimana!” Sbraitò Spirit, pestando il terreno con rabbia.
“Ma dai! Non potresti chiudere un occhio?” Disse Stein, che conosceva il conte da così tanto tempo da avere il diritto di dargli del tu.
“Io ho solo una figlia, se la perdessi cosa potrei mai fare?” Piagnucolò Spirit, passandosi una mano sul volto afflitto.
“Fai un altro figlio, no? Tanto le donne non ti mancano.” Fece Stein in tono indifferente, ma con un largo sorriso crudele.
“Sei un villano privo di sentimenti! Non puoi capire come mi sento, dato che non hai figli.” Rispose il conte, fulminando lo scienziato con lo sguardo, per poi continuare a emettere borbottii lamentosi.
In quel momento Maka fece il suo ingresso nella sala, accompagnata dalla guardia. Spirit si voltò verso la figlia, guardandola come se fosse un mostro. Le parole di lui suonavano come un ringhio minaccioso.
“Maka! Dannazione, dove sei stata tutto questo tempo?” Il volto del conte era pallido e teso, tanto che la contessina capì senza problemi di averlo fatto preoccupare a morte. Ma questo la lasciò totalmente indifferente.
“Non sono affari che vi riguardano, padre.” Disse, fredda come la lama di un coltello. E, proprio come un coltello, le parole di Maka colpirono Spirit. Lui sapeva di non godere della stima della figlia, e che il loro legame era stato spezzato circa sei mesi prima da un terribile malinteso. O almeno ‘malinteso’ è la parola che avrebbe usato il conte per descrivere quella situazione, in realtà Maka aveva visto con i suoi occhi Spirit con quell’altra. E quando la sua nobile madre era venuta a sapere del tradimento da parte del marito, allora non aveva visto più nulla. Senza pensarci due volte era fuggita dal palazzo e di lei non si era saputo più niente. Mentre fino a pochi secoli prima, il tradimento da parte degli uomini era una cosa tollerata, in quell’epoca, a Death Island era qualcosa di semplicemente inconcepibile, andava contro ogni idea di amor cortese. Soprattutto per una donna come la contessa, che possedeva un carattere deciso ed orgoglioso proprio come la figlia.
La guardia e Stein osservavano silenziosi la scena. Il guardiano si stava già preparando ad assistere ad una autoritaria strigliata da parte del conte. Stein invece non si aspettava proprio nulla. Stava lì, semplicemente, a fare da spettatore, con occhi fissi e sguardo spento.
Ma la guardia dovette ricredersi un minuto dopo, quando, passato un lungo minuto di insopportabile silenzio, Spirit era esploso in lacrime. E urlava, e piangeva, come i bambini quando si fanno male.
Che schifo.Pensò Maka, fissando suo padre mentre si agitava urlando col moccio al naso. Fa proprio schifo. La contessina si portò le dita alle orecchie, non sopportando più quelle grida strazianti.
Il guardiano guardava tutto sbigottito, ma non si permetteva assolutamente di commentare o parlottare con Stein. Questo, dal canto suo, se la rideva sotto i baffi, esageratamente divertito da quella scena surreale.
“Maghaaaaaaaaaaa! Perdonami, perdonamiiiiii! Io amo te e la mamma più di qualunque altra cosa al mondoooooo!” Urlava Spirit, con voce lagnosa.
“Sì, e io ci dovrei anche credere?” Fece Maka. Poi si voltò verso Stein, che sorrideva sulla sua sedia, rivolgendo a lui un’occhiata interrogativa. “Ma… Ha bevuto?”
Stein scosse la testa in segno di diniego. Il conte era un tipo un po’ strano, ma questo erano in pochi a saperlo. Neppure Maka ne era del tutto consapevole, sebbene sapeva che lui fosse un uomo debole e facile da comandare a bacchetta, persino per una ragazzina ingenua come lei.
Spirit si strofinò infine due dita sotto il naso fradicio di muco, quindi, dopo qualche singhiozzo, si ricompose più che poté. Ora la sua voce era seria, seppure un po’ nasale. Si rivolse al guardiano, con sguardo autorevole, seppur con gli occhi ancora rossi e gonfi. “Luis, dimmi, dove hai trovato Maka?”
La contessina si irrigidì, mentre Luis, il guardiano, si apprestava a rispondere con la sua voce profonda e cavernosa. “Era nella zona delle stanze della servitù, l’ho trovata intenta a discorrere con Soul Eater Evans, mio signore.”
Spirit scoccò un’occhiataccia a Maka, che distolse lo sguardo, sbuffando piano. Stein, nel sentire quel nome, non poté trattenere un sorrisetto dal significato indefinibile.
“Ottimo lavoro, Luis, efficiente come sempre.” Fece Spirit, prima di congedare la guardia. “Puoi andare. Wes si è incamminato poco fa, accompagnalo nella sua stanza, per favore.”
Luis sorrise impettito, ma anche lievemente imbarazzato per il complimento da parte del conte. In genere non gliene faceva quasi mai, quindi non ci era abituato. “Subito, mio signore.” Già dimentico della scena penosa di cui poco prima il suo signore l’aveva reso spettatore, il guardiano si avviò a passo di marcia verso le stanze della servitù. Anche quando la sua figura possente fu scomparsa avvolta dalle tenebre, le armi con cui era equipaggiato continuarono a risuonare allegramente ancora per un po’.
Quando Maka e Spirit rimasero soli – in realtà c’era anche Stein, ma nessuno di loro ci fece caso -, il conte si rivolse verso la figliola, fissandola con occhi ridotti a fessura, ma che brillavano d’ira funesta.
“Quante volte ti ho detto che in quei corridoi non ci devi andare?” Ringhiò l’uomo, fissando la figlia in quegli occhi così simili ai suoi.
Prima di rispondere, Maka si morse le labbra talmente forte da sentire distintamente il sapore ferroso del sangue nella bocca. “Io faccio quello che voglio. Insomma, ho sedici anni, ormai sono adulta, tra poco mi sposerò, anche…”
“Questo non ti autorizza a mancare così di rispetto a tuo padre.” Fece Spirit, bollente di rabbia. “Anche quando avrai la mia età rimarrai comunque mia figlia e mi dovrai rispetto, sempre e comunque.”
“Non vi ho mai considerato un padre, lo sapete.” Fu la risposta secca di Maka.
Spirit era troppo stanco per mettersi a piangere di nuovo. Tossicchiò imbarazzato e decise di cambiare argomento. “Piuttosto, cosa ti ha spinto a socializzare con quell’incapace di Soul Eater Evans?” Disse, rintracciando il tono autoritario che stava per perdersi per la strada.
“Non avete diritto di chiamarlo incapace!” Protestò immediatamente la contessina, colpita nel profondo. “Certo, non sarà immediato come Wes, ma anche lui ha una forza espressiva degna di nota!” In quello, tralaltro, è di gran lunga superiore a Wes.
“Fandonie!” Sbottò Spirit, incrociando le braccia. “Quello non sa neppure cosa sia, la forza espressiva.”
A Maka venne da ridere. “Perché, voi lo sapete per caso, padre?”
Il conte digrignò i denti, sentendosi salire il sangue alla testa, al limite della sopportazione. “Puoi dire quello che ti pare, ma guai a te se parli ancora con quel Soul. Uno come lui, così privo di qualunque grazia, non sarebbe neppure dovuto nascere.”
La contessina non sopportava di sentir parlare così di quel ragazzo che aveva appena conosciuto, ma di cui aveva già una stima così profonda. Stava per rispondere a tono, ma le parole aspre del padre la zittirono, togliendole ogni forza di replicare.
“Ora fila in camera tua. Resterai lì per una settimana, chiusa. Uscirai solo per gli incontri con i tuoi pretendenti. E per il mangiare… Beh, ci penseranno le ancelle.”
Maka abbassò lo sguardo, avvilita. Poi lasciò la sala, avviandosi mestamente verso la sua camera, sotto gli occhi impenetrabili di Stein e lo sguardo freddo di Spirit.
 
Nei vicoli della città di Alamar dominava l’oscurità, che avvolgeva ogni cosa, celando ogni anima nelle sue ali nere. Quella sera sembrava una notte come le altre, ma in realtà non lo era. E questo perché quelle tenebre sono state testimoni di un evento: una Stella è emersa dai bassifondi. Suona strano, ma il suo avvento non si potrebbe definire in altri modi. E questo perché quel giovane senzatetto dai capelli azzurri era uscito da un vicolo in una posa talmente plastica che, pure con tutto quel buio, era impossibile non vederlo. Per questo possiamo dire che somigliasse ad una stella. Era talmente appariscente che sembrava quasi rifulgere di luce propria. E lui era davvero convinto di brillare all’ennesima potenza.
“Bene, da dove inizio ad attuare il mio geniale piano di conquista del mondo?” Il  ragazzo stella si guardò attorno, con occhi grigi e vivaci, alla ricerca di qualcosa. Improvvisamente il suo sguardo si fermò sull’insegna di una locanda, vagamente illuminata. “Perfetto! Inizia la raccolta informazioni!” Fece quello, con voce squillante. Si avviò a grandi falcate verso la porta socchiusa del malfamato locale, da cui proveniva una luce piuttosto smorta, che però dalla strada buia sembrava quella di un sole.
“Preparatevi! Il grande Black Star si appresta a conquistare l’isola, e da lì il mondo intero!”



Ed eeeecco il secondo capitolo. Spero possiate apprezzarlo. Ringrazio di cuore coloro che hanno commentato il capitolo precedente, e spero che commenterete numerosi questo capitolo ;D Anche questo non è stato ricontrollato, quindi stessa storia, se ci sono imprecisioni, vi prego di dirmelo! *_*
  
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