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Autore: SimplyMe514    29/08/2011    8 recensioni
Sappiamo tutti quanto sia difficile ricordarsi di dare ai propri personaggi anche qualche difetto. E sappiamo tutti quant'è irritante leggere di personaggi che non ne hanno. E se le ragazze di Hogwarts si ribellassero all'arrivo a scuola dell'ennesima Mary Sue e complottassero tutte insieme, in barba alle Case, per riprendersi i loro ometti folgorati dall'angelica visione?
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'The Trilogy: perché scrivere fanfiction è bello, ma riderci sopra ancora di più.' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Era di dominio pubblico che il piano malvagio del Colonnello, qualunque fosse, avrebbe incluso in qualche modo Harry, perciò nessuna delle Amazzoni rimase particolarmente sorpresa di vederla avvicinarsi a lui a colpo sicuro.

Ma Ginny, apparentemente, non fece niente. Non ci fu alcuna gaffe clamorosa né volgarità, nessun comportamento di segno completamente opposto rispetto agli spudorati flirt della vera Avalon. Semplicemente, ben prima che la sua preziosa ora scadesse, Ginny scomparve dalla circolazione.

«Ragazze, qualcosa è andato storto» disse Hermione, dando voce all'ovvietà che tutte stavano pensando.

«Hai bisogno di una spedizione per andare a cercarla?» si offrì Katie. «Perché dopo che Capitan Cretino l'ha buttata fuori, se le è successo ancora qualcosa non resterà molto del Bambino Sopravvissuto, e non sto scherzando. Metterò Voi-Sapete-Chi in imbarazzo». Il Generale Granger capì improvvisamente cosa avesse inteso dire la sua fedele comandante in seconda quando aveva intessuto le lodi della sua compagna Cacciatrice. Dovevano essere più vicine di quanto dessero l'impressione di essere: forse inseguire una palla ad alta velocità creava legami che una non-giocatrice non poteva capire.

Ma il fatto che Katie, con un'ammirevole prova d'intuito femminile, avesse toccato il delicatissimo tasto di Harry, spinse Hermione – che non era più il Generale Granger, ma semplicemente un'amica – a dare l'unica risposta possibile: «No, niente spedizione. Ci vado io. Credo proprio di sapere dove trovarla».
Che importava se era la peggiore sensitiva che la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts avesse mai visto? C'erano poteri più importanti della Vista, e la sensazione di sapere esattamente dove fosse Ginny le proveniva dal cuore, non dall'Occhio Interiore.

«Ginny? Ci sei?» Nessuna risposta comprensibile, ma i singhiozzi che riecheggiavano per tutto il bagno non somigliavano a quelli di Mirtilla. Hermione bussò piano alla porta chiusa del cubicolo.

«Vattene, sono in uno stato pietoso» ringhiò.

«Che è successo?»

«Ti ho detto di andartene».

«Se non vuoi farti vedere, allora non apro, ma sappi che non mi muoverò di qui finché non mi avrai detto qual è il problema».

«Harry è il problema» rispose, esattamente come il primo giorno della loro guerra personale. «Di nuovo».

«Mi rendo conto che qualsiasi cosa sia ti farà male raccontarmela, ma per l'amor del cielo, parlami, okay? Se no come faccio ad aiutarti?»

«Lui...» Pausa. Hermione la udì chiaramente prendere fiato, come per liberarsi del resto della frase alla massima velocità possibile. «Lui m-mi ha detto... che mi ama». In un giorno qualsiasi, sarebbe stata una notizia degna di aprire la porta di legno sottile che le divideva e abbracciarsi, e le sue lacrime sarebbero state di gioia, ma non quel giorno. Aveva già intuito il resto, e non era affatto piacevole. «Ma me l'ha detto quand'ero nel suo corpo. Credeva che fossi lei. Non ce l'ho fatta, l'ho mollato lì senza rispondere e sono corsa qui, a piangere come un'idiota».

«Ginevra Molly Weasley, non voglio mai più sentirti dire una cosa simile. Piangere non è da idioti». E, al diavolo le promesse, aprì la porta, trovando l'Amazzone meno battagliera che avesse mai visto, con gli occhi rossi e gonfi e l'aria molto scossa.

«Sì che lo è. Già non avevo grandi speranze prima, ma adesso, con lei, è da idioti anche solo pensare di poter...», le tremò la voce, ma riuscì a costringere le ultime tre parole a uscire, «stare con lui».

«Ginny, guardami». Quella invece abbassò la testa, sconfitta come mai prima di allora. «Non sto scherzando, Ginny, guardami». Si protese verso di lei e le sollevò il mento. Ci volevano le maniere forti. «Harry non è in sé in questo momento. Può avere l'impressione di pensare veramente quello che ha detto, ma non è così. Quello non è l'Harry Potter che conosci tu. Lui tornerà solo e soltanto quando avremo cacciato quella là dalla scuola una volta per sempre, e ti farà piacere sapere che non manca molto all'ultimo atto».

«Ma lui non mi ama».

«Lo dice adesso, ma è una specie d'incantesimo che parla».

«Ma anche se lei non sarà più qui, cos'è il meglio che può capitare? Che le cose tornino come prima? Che io sia la patetica sorellina del suo migliore amico che da sei anni si sente mancare quando sente anche solo nominare il famoso Harry Potter? Non mi pare un gran miglioramento».

«Allora, primo: non dire “se”. La frase giusta è “quando lei non sarà più qui”. E secondo, ma non meno importante, se credi di essere solo questo per lui, chiedigli da che oculista Babbano è andato, perché hai bisogno di farti controllare la vista».

«Hermione, lo so che le amiche sono state inventate per far stare meglio, ma non devi dirlo solo perché sai che voglio sentirlo. Sul serio, che cosa vede lui in me?»

«I giorni in cui eri “la sorellina di Ron” sono storia antica, tesoro. Io passo più ore con lui di quante riesca a trascorrerne tu...», era un dato di fatto, ma un cambio di rotta era assolutamente necessario, «... e tanto per mettere le cose in chiaro, per me è come un fratello. Quello che intendo dire è che vedo dettagli che magari a te sono sfuggiti. Sei troppo occupata a non fargli notare come lo guardi per far caso a come lui guardi te. L'Harry di adesso... è come se avesse preso un filtro d'amore, né più né meno. Quello di sempre, invece, alla sola idea di saperti in compagnia di un qualsiasi maschio che di cognome non faccia Weasley ha tutta l'aria di voler distruggere qualcosa. La Ginny che non riusciva a rivolgergli la parola è scomparsa. Vuoi sapere cosa vede in te? Direi proprio che, soprattutto dopo l'Esercito di Silente e il Ministero, vede una strega coi fiocchi e una donna forte e combattiva, cosa che adesso invece non sembri proprio. E il fatto che tu sia ancora più battagliera in sella a una scopa non può certo farti male».

«Grazie. Non hai idea di quanto significhi per me». Hermione credeva invece di avere ben più di un'idea, ma rimase prudentemente in silenzio, rivolgendole quello che sperava essere un sorriso rassicurante. «Hai detto che manca poco all'ultimo atto, giusto?»

«Proprio così».

«Cos'hai in mente?»

«Voglio sconvolgervi tutti. Ti dico solo che, dato che è molto improbabile che siano i professori a cacciarla, sarà lei a decidere di andarsene».

«Siamo all'ultima dose di Pozione?»

«Quasi, e l'ultima me la tengo io, ne ho bisogno per il colpo di grazia».

«Se la razioniamo ce n'è ancora per due?»

«Penso di sì, perché?»

«C'è una cosa che devo fare». Hermione non era del tutto certa di aver compreso il suo piano, ma qualcosa nel suo tono – qualcosa di ancor più tagliente e determinato di quand'era il Colonnello Weasley, qualcosa che era semplicemente Ginny – la convinse.

«Questa è la Ginny che conosco» approvò. «Ce la faremo bastare».

 

In realtà, Ginny non aveva un piano. O meglio, ce l'aveva, ma a giudicare dal gran movimento nelle sue viscere, l'avrebbe dimenticato nell'istante esatto in cui fosse giunta la fatidica ora di metterlo in pratica. Con la sensazione di andare veramente in battaglia ad affrontare un nemico dieci volte più grosso di lei, buttò giù un'altra dose di orrida fanghiglia rosa e si produsse in un'emulazione impeccabile della camminata spudoratamente sexy di colei che le aveva strappato la sua unica chance. Non per niente era in grado di imitare fedelmente pressoché chiunque, soprattutto le persone che detestava (come dimenticare il famigerato “hem, hem” della Umbridge?).

«Posso parlarti, Harry?»

«Oh... ehm... certo». Se solo avesse potuto vederlo così imbarazzato, così in difficoltà con le parole, di fronte al suo vero aspetto, proprio come lei lo era stata per lui...

«Credo proprio di doverti una risposta... una che però non ti posso dare qui, davanti a tutti». Temporeggiare la stava uccidendo: la parte di lei a cui mancava il coraggio era decisamente d'accordo, mentre l'altra metà, quella che – per quanto poco romantico fosse – voleva togliersi il pensiero in fretta, fremeva e scalpitava. Ma aveva bisogno di calcolare i tempi con precisione assoluta, come a lezione di Pozioni: se la procedura fosse stata corretta, a sentire Hermione avrebbe ottenuto qualcosa di ancora meglio di un filtro d'amore; un secondo in più o in meno, e il risultato sarebbe stato velenoso.

E così, una precisissima falcata sensuale dopo l'altra – non troppo veloci, o l'effetto non sarebbe stato esattamente quello che voleva, e per Merlino, Morgana e tutti gli altri, non troppo lente, altrimenti si sarebbe ritrasformata nel momento sbagliato – eccoli al settimo piano, di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo.

«Come sai di questo posto?»

«So cose di questa scuola che ti farebbero rizzare ancora di più quei capelli indomiti». E, credendo a malapena lei stessa al proprio coraggio, fece per passargli una mano non sua tra le chiome sregolate. Sforzandosi di ricordare che era ancora “Avalon”, camminò davanti al punto dove sarebbe comparsa la porta come su una passerella e, segretamente felice che l'esperienza di Harry con l'Occlumanzia fosse stata un fiasco su tutti i fronti, pensò: Ho bisogno di un posto dove nessuno possa ascoltarci o interromperci... un posto perfetto per una dichiarazione d'amore.

«Dopo di te» offrì lui, come un perfetto gentiluomo.

La Stanza delle Necessità sembrava aver percepito che Ginny non era il genere di persona che amava le atmosfere stucchevoli e troppo rosa in stile San Valentino, nemmeno quando doveva dichiarare i propri sentimenti al ragazzo che amava da sempre. Per una frazione di secondo, prima di entrare, aveva temuto di ritrovarsi in una sdolcinata riproduzione del locale per coppiette felici di Madama Piediburro, ma questa versione della Stanza non vi somigliava neanche lontanamente. Le ricordava più un'edizione ridotta, solo per due, della Sala Comune, calda e confortevole, senza leoni rampanti, ma decorata nei due colori che erano abituati a vedersi intorno più spesso. Un posto dove parlarsi a cuore aperto, in modo naturale, proprio come aveva tanto voluto che fosse, perché era stato così, naturalmente, senza che ci pensasse né lo pianificasse in alcun modo, che la sua cotta infantile per un “famoso Harry Potter” che in realtà non conosceva affatto era cresciuta insieme a lei e, mentre la bambina timida di una volta sbocciava in una donna fatta e finita, si era evoluta in amore per il vero Harry, quello che non aveva chiesto di essere famoso.

Ma non era il momento di perdersi nei ricordi: l'ora stava per scadere, e non osava neanche cominciare a concepire cosa sarebbe successo se non avesse agito.

«Riguardo a una certa cosa che mi hai detto...», cominciò, «... ti amo anch'io, Harry». Ecco, l'aveva detto. Come avrebbe dovuto sentirsi? Trionfante per avercela fatta? Arrabbiata per aver dovuto aggiungere quell'“anch'io”, anche se la dichiarazione di lui non era davvero rivolta a lei? Strano, perché non sentiva né l'una né l'altra cosa. Era solo esausta, svuotata, come quando atterrava dopo una partita difficile e l'adrenalina che l'aveva mandata avanti a viva forza lasciava il suo corpo. Gli concesse qualche istante perché la notizia raggiungesse anche il cervello, oltre all'organo un po' più in basso con cui di solito ragionava in presenza della Mary Sue, poi proseguì imperterrita: «Credo di amarti dal primo istante in cui ti ho visto, tanto tempo fa...»

«Non ci conosciamo da così tanto tempo». Quasi si morse la lingua. Che errore da dilettante! Stupidi sentimenti.

«Ma a me sembra di conoscerti da sempre» riparò in extremis, ora decisamente nauseata da quella farsa. Avrebbe dovuto essere più semplice. Avrebbe voluto dirglielo nei panni di Ginny. Non meritava di dover recitare, non dopo tante attese, tante occasioni sprecate, tante fantasie non troppo segrete.

«Capisco cosa intendi». Avrebbe desiderato guadagnarsi quel sorriso ebete con il suo viso, il suo corpo, non quelli di qualcun altro.

«Vediamo un po' se capisci questo». Prima di fissare nei suoi degli occhi che non le appartenevano, scoccò un rapidissimo sguardo all'orologio da polso (e menomale che quelli del tipo giusto funzionavano anche al castello): precisamente quello che voleva. E lo baciò. Così, semplicemente, cogliendosi di sorpresa non meno di quanto avesse scioccato lui. E proprio in quel lunghissimo, magico istante, il suo falso viso si sciolse come una maschera di cera. Harry se ne accorse, ma Ginny si rifiutò caparbiamente di lasciarlo andare, e quando si staccarono era di nuovo una se stessa con una divisa un po' troppo grande.

«Oh. Sei tu». E probabilmente fu quel “sei tu” deluso, amareggiato, sputato fuori controvoglia, che la spinse ad andare avanti con la forza disperata della rabbia. L'esperienza di Cho l'aveva già ampiamente provato: non voleva essere seconda a nessuno, non quando si trattava di Harry.

«Sì, sono io. E intendo veramente ogni parola di quello che ho detto, per tua informazione, anche se ho usato un'altra faccia».

«Oh, Ginny». Le ribolliva il sangue. L'aveva detto esattamente nel tono che aveva temuto di più: come per far ragionare una bambina capricciosa. Ma Ginny Weasley non era più una bambina, era una donna. E rivoleva il suo uomo, anche se avesse dovuto strapparlo a forza dai disgustosamente perfetti artigli della più schifosamente impeccabile ragazza del pianeta. «Io... non so come dirtelo...»

«Non dire niente, allora. Ero io anche quando ti sei dichiarato a lei».

«Oh. Io... io...» Almeno aveva la magra consolazione di averlo lasciato senza parole, anche se per il motivo sbagliato.

«Non mi dire: stai già pensando che ora dovresti andare a confessare il tuo eterno amore a quella vera, non è così? Be', prima lasciami finire, e ti prego di ascoltarmi, Harry, perché è molto importante: potresti scoprire presto che non è poi così eterno, e quando succederà – perché lo vedrò succedere, cascasse il mondo – io sarò lì ad aspettarti».

«Io...» cominciò di nuovo, poi fece cambiare direzione alla frase. «Non sai quante volte Ron ha insinuato che avessi una cotta per me. Credevo che stesse come minimo esagerando. E... Ginny, sarò sincero con te... dopo tutto quello che ci è successo l'anno scorso, pensavo anch'io che qualcosa tra di noi stesse cambiando. In meglio. Diciamo che ce l'hai quasi fatta. Ma lei... non so, è diversa, nemmeno la conosco veramente, non so come fosse la sua famiglia, cosa le piace, non so niente, ma ha qualcosa... qualcosa in più. Mi dispiace tanto».

«No, dico, ma ti sei sentito? Anche ammesso che tu creda nel colpo di fulmine, ti sembra normale quello che hai detto?»

«Be'... non proprio. Ma è successo. Non devo capirlo per forza. E cosa ti fa pensare che cambierò idea?»

«Tu aspetta e basta. Aspetta e vedrai» promise Ginny, fidandosi ciecamente di un piano di cui nemmeno conosceva i dettagli, pregando che “l'ultimo atto”, qualunque cosa fosse, filasse liscio. «E quando vorrai venire a dirmi che avevo ragione, sai dove trovarmi».

E lo lasciò lì, a riflettere, sempre che ne fosse ancora capace.

 

«Com'è andata?»

«Sbrigati con quell'ultimo atto e dopo saprò dirti com'è andata».

«Qualsiasi cosa sia successa in quella Stanza dev'essere importante, vero?»

«Ma non mi dire... come hai fatto a indovinare?» chiese con un interesse che era tutto sarcasmo.

«Benissimo. Si va in scena. Domani». E negli occhi di Hermione alla luce perfida del Generale Granger si sommò quella di una ragazza pronta a tutto per farla pagare cara a chi aveva fatto soffrire un'amica, e con gli interessi.

 

Note dell'Autrice: se volete i ringraziamenti anche in russo e in cinese, li cercherò su Google, ma per adesso GRAZIE, in italiano, a:

_Charlie e Ringo22, che hanno inserito questa storia tra le preferite;

Anya20 e KikaRose, che l'hanno messa tra le ricordate;

Bells358 e gossip_girl, che l'avevano già nelle seguite e l'hanno messa tra le ricordate (special thanks a Bells che ha anche inserito me tra i suoi autori preferiti);

Angel_98_, Dorthy, Julie_Ciucius_Malfoy, nthea, prelude10, Sky17 e Sweet Pink, che la seguono;

MyPassion, che non solo la segue ma mi ha illuminato la giornata segnalandola per le Storie Scelte;

Heath Queen Bee, che ha fatto l'exploit di inserirla in tutte e tre le liste.

Grazie, grazie, grazie dal profondo del cuore. Ragazzi, queste cifre sono così alte che ho le vertigini.

  
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