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Autore: alessiasc    29/08/2011    3 recensioni
Questa storia è frutto della mia immaginazione (ma va?) e ha come protagonisti gli All Time Low e in particolare Alex Gaskarth.
«Dovresti anche smetterla di pensare a quella puttana, sai? Dovresti smetterla perché oltre a distruggerti, distruggi me, distruggi Rian e Zack. E la band. E distruggi anche il nostro sonno. "Lisa, Lisa", Lisa sto cazzo, Alex. Piantala, ti prego. (...) Con questo non ti sto criticando e non sono arrabbiato con te, lo sai bene. Ti capisco e vorrei fare qualcosa. Ma sai anche che non posso fare niente, se non prenderla e sbatterla giù da un monte. Cioè, sbatterla nel senso buttarla giù non sbatterla..sbatterla.. beh, hai capito. Se ti ha tradito, è cogliona lei. Ha perso tanto, ha perso te. Non c'è nessuno come te nel mondo, che valga quanto vali tu. E forse questo discorso avrei dovuto farlo un mese fa, quando l'hai scoperta. Ma te lo faccio ora e stammi a sentire: fregatene. Ti prego Alex, torna a vivere. Esci, bevi, scopa. Alex, cazzo, scopa con qualcuna che ti faccia dimenticare quella vacca. E, per l'amor di Dio, torna ad amare la musica come l'amavi un mese fa. Torna a scatenarti sul palco e sfogati là sopra»
Spero che vi piaccia, sono ben accetti commenti e critiche ;)
Rating ROSSO nei capitoli:
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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      #1  DON'T BE SO SHY PLAY WITH ME
«I'm not coming back, I've done something so terrible
I'm terrified to speak, but you'd expect that from me
I'm mixed up, I'll be blunt; now the rain is
Washing you out of my hair and out of my mind
Keeping an eye on the world,
So many thousands of feet off the ground
I'm over you now I'm at home in the clouds
Towering over your head

I guess I'll go home now, I guess I'll go home now, I guess I'll go home now,
I guess I'll go home..»

Il concerto era andato bene, per la prima volta dopo settimane sul palco mi ero sentito vivo. Durante Lost In Stereo avevo dato il meglio di me, mi ero rotolato sul palco come un idiota ma l'avevo fatto con naturalezza e non avevo forzato nessun sorriso, nessun salto, nessun acuto nè niente. Dear Maria, Count Me In era stato il gran finale come sempre e quando lo show finì e seguii Jack, Rian e Zack dietro le quinte sentii una strana pressione nello stomaco. Era andato tutto bene, mi ero divertito ed ero felice.
«Allora, ragazzo con il cuore a pezzi, direi che sei andato piuttosto bene là sopra stasera?» Rian mi circondò le spalle con un braccio. Lo guardai storto.
«Piuttosto bene? Piuttosto bene!? Sono andato decisamente bene là sopra, man. JACK! Dove andiamo?» dissi circondando la vita di Rian. Ci incamminammo abbracciati verso Jack e Zack.
«Direi che andiamo a farci una doccia e poi Zack dice di aver trovato un buon locale in cui sfogarci un po', vero Zacky?» lo baciò sulla guancia e Zack lo allontanò ridendo.
«Mi ha leccato! Leccato ragazzi! Mi lecca la guancia! Jack, che schifo!» scoppiammo tutti a ridere prima di riunirci in un abbraccio.
«Stasera è la sera in cui si ricomincia tutto, vero Alex?» disse Rian. Annuii. «Si ricomincia. Niente Lisa, niente cazzate. Let's have fun!»
Detto questo, Zack prese le chiavi del tour bus e aprì la porta. Si fecero tutti una doccia e lasciarono me per ultimo. Quando entrai l'acqua era bollente. Mi buttai sotto il getto d'acqua e lasciai che mi lavasse via tutte le preoccupazioni che si erano accumulate nella mia testa mentre aspettavo.

Un mese prima, ero in giro per le strade di New York con Jack e siamo passati davanti ad uno Starbucks. Aveva un'enorme vetrata e si poteva vedere l'interno. Mi sono fermato davanti a quell'invitante vetrina perché ero riuscito ad intravedere una ciambella caramellata sotto i pancakes esposti. Sfortunatamente, o fortunatamente, proprio dietro alla mia così tanto desiderata ciambella, c'era il tavolo più nascosto del locale. Ero riuscito ad intravedere i capelli di Lisa, poi il suo sorriso. Avevo preso Jack per un gomito e l'avevo fatto entrare nel locale. Mi ero appoggiato al bancone, avevo ordinato la ciambella ed ero rimasto lì a guardare la mia ragazza che rideva alle battute di un altro. Era un tipo alto, biondo, sembrava un atleta o qualcosa di simile ma non mi ero soffermato sul suo viso. La sua mano destra aveva sfiorato la gamba mezza nuda di Lisa per salire fino all'orlo della gonna. Si era guardato intorno e poi lentamente l'aveva infilata sotto la stoffa di jeans. La gonna di jeans che avevo regalato io alla mia ragazza. La gonna che avevo slacciato così tante volte. Si erano alzati in piedi, si erano presi per mano ed erano entrati nel bagno che avevano affianco. Senza voltarsi indietro. Senza nemmeno rivolgere uno sguardo nella mia direzione. Jack mi aveva messo una mano sulla spalla e mi aveva preso un braccio per portarmi fuori, ma io avevo già fatto qualche passo verso il bagno. Avevo aperto la porta con violenza e avevo cominciato a bussare violentemente sull'unica porta chiusa a chiave. Poi avevo preso la maniglia e l'avevo tirata con tutta la forza che avevo. Speravo solo di aprire quella porta e trovarla da sola. Speravo che fosse un incubo. Ero riuscito ad aprire la porta e Lisa non era sola. Avrei voluto urlarle così tante cose, avrei voluto tirarle tanti schiaffi e allo stesso tempo avrei voluto prenderla, abbracciarla e baciarla. Ero riuscito a guardarla negli occhi con la bocca aperta e l'espressione schifata. Ero riuscito solo a vedere la sua espressione sorpresa e il suo sguardo dispiaciuto, ma non abbastanza. Le mani di Jack mi avevano preso per la giacca e mi stava tirando fuori da quel bagno con tutta la forza che aveva.
«Lisa, sei una puttana!» aveva detto, o meglio, urlato Jack, e fu l'unica cosa che continuai a ripetere io finchè il mio migliore amico non mi portò fuori da quel cazzo di Starbucks e mi tirò uno schiaffo. Le avevo urlato «puttana» fino a che la porta del locale non fu chiusa. E Jack mi aveva tirato uno schiaffo, prima di abbracciarmi.

Mi accasciai a terra e le piastrelle fredde della doccia mischiate all'acqua bollente mi fecero venire i brividi. Scoppiai a piangere come un bambino. L'acqua lavò via tutte le mie lacrime e cercai di legare ad esse tutto il dolore che stavo provando in quel momento. Andare a letto con qualche ragazza non avrebbe cambiato niente. Niente avrebbe cambiato niente. Avrei sofferto per Lisa tutta la vita. Così mi sentivo. Come se un bastardo mi avesse tatuato il dolore sulla pelle. Presi a pugni il muro fino a che non cominciò a farmi particolarmente male la mano. Come cazzo ero riuscito a finire in una situazione del genere? Cosa avevo sbagliato? Cosa avevo detto, o fatto?
Ero io quello sbagliato, non quello che facevo o dicevo. Io ero sbagliato e non sarei mai andato bene per nessuno al mondo. Stupido, io che volevo anche chiederle di sposarmi. Cosa cazzo avevo in mente? Cosa avevo progettato, per una relazione che non sarebbe durata in ogni caso? Cosa pensavo di poter fare, io, Alexander Gaskarth? Niente, non potevo fare niente. Non ero niente, ecco tutto. Non sarei mai stato niente.
Con questa convinzione mi alzai in piedi e finii di lavarmi. Quando chiusi la doccia fu come una coltellata in pieno petto, e non riuscii a capire perché in quel momento mi venne in mente la telefonata, l'ultima, che avevo ricevuto da Lisa.
«Alex.. okay, non vuoi parlarmi. Mi dispiace, sai? Non volevo ferirti è solo che.. Beh, dai, ammettiamolo, il tutto non andava bene ormai da qualche mese... Pensavo di dirtelo, sai, di finirla ma una parte di me diceva che saremmo tornati quelli che eravamo una volta..»
«E quindi hai continuato a tradirmi senza nessun.. rimpianto? Nessuno scrupolo? Nessun senso di colpa, cazzo?! Parlarne, Lisa?!»
«Ma piccolo..» «Non chiamarmi piccolo, Lisa. Anzi sai cosa, non chiamarmi e basta. Sei morta per me.»
E dopo quest'affermazione la telefonata era finita. Solo che quello che avrei voluto dire era sono morto, sono morto per te, ma questo pensiero rimase solo mio.

Il locale era un posto enorme con un'insegna altrettanto grande tutta illuminata. C'era scritto qualcosa tipo "TRIP", ma non ci feci caso. Infilai entrambe le mani nelle tasche dei jeans a vita bassa e seguii i miei amici fino all'entrata. Bastò che Zack dicesse «All Time Low» per far cambiare espressione al bodyguard all'entrata, che subito tolse la catena che chiudeva il passaggio per farci passare e ci augurò una buona serata. Speriamo, pensai.
Il posto era esageratamente enorme e la musica era esageratamente alta. Entrammo nella folla uno dietro l'altro fino ad arrivare al bar. Riuscii a trovare qualche sgabello libero e li occupai in attesa che i miei amici si sedessero ma solo Rian prese posto affianco a me mentre Jack e Zack si guardavano intorno e sceglievano il loro drink. Io sapevo già cosa volevo: una vodka liscia. Da buttare giù in un sorso. Velocemente, molto velocemente. Ordinai, per me, e per gli altri tre, e il barista ci passò subito i nostri bicchieri. Buttai giù in un sorso ciò che nel bicchierino trasparente sembrava acqua e sentii bruciare per qualche minuto.
«Pronto a far casino e a dimenticare la troia? Vai a ballare, Gaskarth» Jack mi prese per la maglia grigia e mi spinse tra la folla. Mi guardai in giro. Effettivamente, era pieno di ragazze niente male. Sentii qualcuno dietro di me e chiusi gli occhi. Poi mi buttai. Cominciai a ballare come un idiota e quando mi girai verso la ragazza che mi si era incollata dietro, costatai che era davvero un gran pezzo di ragazza e cominciai a ballare con lei. Era così piena di energia che mi fece dimenticare qualsiasi cosa. Ballava, mi guardava, rideva e ballava. Muoveva i capelli a ritmo di musica e ciò la rendeva davvero davvero sexy. Le presi i fianchi e lei si sporse per avvicinarsi al mio collo. Cominciò ad assaggiare la mia pelle, centimetro per centimetro, e la temperatura aumentò. La musica cambiò e lei mi passò le mani tra i capelli mentre passava la lingua sul mio collo. Presi la sua testa tra le mani e portai la sua bocca alla mia, desideroso di baciarla e spingermi oltre. Molto oltre. E lei non sembrava essere troppo contraria. Mi infilò una mano sotto la maglia e ricambiò il bacio. Una scossa elettrica percorse il mio corpo dalla testa ai piedi e la vodka cominciò a fare effetto sul serio. Aprii gli occhi e tutto era alquanto sfuocato. «Gioca con me» mi sussurrò lei nell'orecchio prima di mordermi il lobo. Mi eccitai. La presi per mano e la portai lontano dalla folla. Mi appoggai ad un muro - non sapevo nemmeno dove stessi andando, camminavo senza meta e quel muro fu la prima cosa lucida che riuscii a vedere - e lei mi si mise addosso. Cominciò a baciarmi con foga, la presi in braccio e mi girai per farla appoggiare al muro.
«In bagno» disse lei, si scrollò di dosso le mie mani e ne afferrò una, mi trascinò dietro ad una porta e poi ad un'altra. Era un luogo piccolo e poco illuminato ma sicuramente era più luminoso e meno chiassoso della sala da ballo. Chiuse la porta a chiave e il water mi fece capire di trovarmi in un bagno. Mi abbassai e le misi entrambe le mani sotto il vestito, la palpai e lei riprese a baciarmi. Si sfilò le mutandine di pizzo e le infilò nella borsetta che teneva al braccio. La appese alla maniglia della porta e, facendo questo, mi slacciò i pantaloni e me li fece cadere alle caviglie, seguiti dai boxer che lasciarono libera la mia erezione.
«Emily, piacere» disse lei, facendosi prendere in braccio. La spinsi contro il muro e le tirai giù il vestito senza spalline lasciandole scoperto il seno. Lo baciai, lo leccai e poi la segnai di baci dal seno all'orecchio.
«Alex, il piacere è mio» sussurrai. Sembrò quasi che lo tirò fuori dal nulla, ma un secondo dopo mi ritrovai ad indossare un preservativo.
La penetrai con forza e cominciai a spingere dentro di lei. Le sue urla di piacere mi eccitavano e mi facevano venire voglia di muovermi nel suo corpo per sempre. Anche se la posizione era piuttosto scomoda e mi cedevano le gambe per il piacere e per la fatica, non smisi di muovermi fino a farla venire. Venni subito dopo di lei e appoggiai la testa sulla sua spalla. Lei mi accarezzò i capelli e fece una risata affannosa.
«Grazie, Alex» sussurrò, baciandomi la fronte, poi la punta del naso, poi la bocca. E la bocca, e ancora la bocca.
«Grazie a te Emily» detti un'ultima spinta e poi uscii dal suo corpo e la lasciai a terra. Ci rivestimmo con un leggero imbarazzo rendendoci conto solo in quel momento che eravamo due perfetti estranei. Entrambi scoppiammo a ridere ogni tanto, ripensando a tutto. Lei mi baciò il collo e mi baciò così forte da lasciarmi sicuramente il segno. La baciai di nuovo e poi la lasciai uscire dal bagno.
Forse davvero sarebbe andato tutto bene, dopotutto.
   
 
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