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Autore: yami no tenshi    30/08/2011    1 recensioni
Pioveva. Da giorni, settimane, mesi, ma sembrava piovesse da sempre.
Sembrava non esistesse niente, tranne la pioggia.
Persino a me che sempre l’avevo amata, allora metteva tristezza.
Forse perché pareva un pianto. Pesante, folle e disperato.
[dal I capitolo]
Non so cosa dire su questa storia. Non so dove condurrà.
Non ne so quasi niente per ora.
Però ho deciso di iniziare a pubblicarla.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioveva. Da giorni, settimane, mesi, ma sembrava piovesse da sempre.
Sembrava non esistesse niente, tranne la pioggia.
Persino a me che sempre l’avevo amata, allora metteva tristezza.
Forse perché pareva un pianto. Pesante, folle e disperato.
Anche se ora, a distanza di anni, mi trovo a ringraziare e benedire quel dolore fluido e cadente, perché altrimenti non l’avrei incontrato.
 
Non ero mai riuscita, e tutt’ora non ci riesco, a fidarmi delle chiese, ancora meno delle cattedrali.
Le ammiravo, certo, non ho problemi ad ammetterlo.
Così come non avevo nulla di particolare contro Dio, un più almeno. Soltanto, non mi ponevo ormai da anni il problema che esistesse o no.
Non m’interessava, semplicemente, fintanto non avesse influenza sulla mia vita.
Ma le chiese erano qualcosa di diverso. Totalmente.
Quelle pietre, riflesso del positivismo sacerdotale, impregnate della sofferenza dei fedeli, inconsapevoli del fatto che non avrebbero ricevuto risposta, rappresentazione dello svilimento delle capacità umane, per me erano difficili da sopportare.
 
Quel giorno, però, non ebbi altra scelta che salirne la scalinata e varcarne la soglia. Se non quella di affogare nelle strade allagate.
E, per un attimo, mi sembrò di tornare bambina, ospite indesiderata di quel luogo, dove mia madre mi costringeva ogni giorno, o quasi.
Lo stesso senso di oppressione, la stessa sensazione di impotenza.
Fu davvero avvilente, deludente scoprire [rendersi conto?]  di non essere maturata affatto, o comunque meno di quanto avessi creduto [sperato] .
Ma in fondo non avevo più voluto metterci piede e un motivo doveva pur esserci.
Quel giorno ruppi quel tabù che mi ero autoimposta, e gioisco per averlo fatto, adesso.
 
Non appena entrai, mi sentii gelare, il freddo che si infiltrava fin dentro le ossa.
Regnava l’oscurità, attraversata a fatica da deboli e baluginanti raggi di luce, quasi trasparenti, che sembravano sul punto di esserne inghiottiti.
L’aria era soffocante, pesante, quasi più liquida dell’acqua che scorreva a fiumi fuori da quelle mura, e riempiva i polmoni.
Era ironico: avevo superato quella soglia per non annegare e mi ritrovavo comunque a lottare contro la sensazione di affogare.
I miei occhi non riuscivano ad abituarsi a quelle tenebre, fitte e innaturali.
Presto iniziai a sentire brividi percorrermi la spina dorsale.
Una presenza inquietante e pericolosa gravava su quelle pietre, su quello spazio.
Su di me.
Come l’immensa nuvola fuori gravava sul mondo.



nda

ho scritto questo capitolo un po' di tempo fa e adesso voglio provare a sviluppare questa storia.
Spero che venga fuori qualcosa di almeno passabile.
  
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