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Autore: ponlovegood    30/08/2011    3 recensioni
Raccolta di cinque storie, una per ognuno di loro.
«Certo che ci farebbe davvero comodo un altro musicista per la band» sospirò e lentamente iniziò a raccogliere le sue cose per poi rimetterle nella borsa.
«Ehi, solo perché sbavi dietro a quel tipo io non acconsentirò a fargli far parte della band. Poi un chitarrista c’è già» esclamò Ryo con convinzione.
«Uno, io non gli sbavo dietro e due, era solo un commento generale. So perfettamente che un altro chitarrista non serve» replicò l’altro un po’ stizzito.
«Ah ok, mi stavo già preoccupando»
La campanella suonò. Era ora di ritornare alla triste realtà scolastica.

[da cap. 1 Sveglia pt. 4]
«Il mese prossimo vado a trovare i miei. Voglio presentarti a loro»
Al suono di quelle parole mi andò di traverso il the che stavo bevendo; lui invece continuò a guardarmi con tutta tranquillità.
«C-che… che cosa?»

[da cap. 2 La porta di casa pt. 1]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Kai, Reita, Ruki, Uruha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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pon’s notes

Innanzitutto voglio ringraziare quella santa donna, nota anche come J Gates, per avermi aiutata con quel passaggio che mi aveva mandata in crisi. Che poi alla fine era una cosa stupida, ma non sapevo da che parte girarmi e mi sei stata di grandissimo aiuto.

Grazie mille ♥

 

 

La porta di casa

 

[pt. 5]

«Uscita per Tsu. Girate a destra» annunciò il navigatore satellitare.

Anche se quell’aggeggio mi aveva fatto venir matto per tutta la durata del viaggio, alla fin fine, ero arrivato più o meno sano e salvo. Io e la tecnologia, purtroppo, avevamo divorziato ormai da tempo.

C’era da dire, però, che il navigatore dava indicazioni stradali un po’ più decenti di quelle di Yuu.

 

«Kou, da che parte dobbiamo andare?» domandò con tutta naturalezza, mentre osservava il bel paesaggio che si estendeva proprio fuori dal finestrino.

Pareva proprio una bella giornata: eravamo in vacanza, c’era il sole, una coperta da picnic e due bento ben sistemati nel bagagliaio. Questi ultimi de li aveva preparati Yutaka e sicuramente dovevano essere deliziosi.

«Come faccio a sapere dove dobbiamo andare se la cartina ce l’hai tu?!» sbraitai svoltando bruscamente in una curva.

A pensarci bene,  non era una giornata così perfetta come si poteva pensare.

«…»

Mi voltai verso la mia sinistra per osservare il ragazzo moro che sedeva al mio fianco e che sembrava lottare contro la cartina che teneva in mano.

«Per la miseria Yuu, mettila dritta!»

Lui la raddrizzò alla bene e meglio e si mise a scrutarla con estrema attenzione.

«Kou…» mugugnò lui.

«Che c’è?» sbuffai esasperato.

«Dovevi svoltare a sinistra sei chilometri fa»

 

Certo, potevamo non essere –ed infatti, non lo eravamo per niente- una perfetta coppia, ma, tutto sommato, funzionavamo bene insieme. Litigi furiosi a parte, s’intende.

Io dicevo bianco e lui nero.

Era sempre stato così, ma per qualche strana ragione ancora sconosciuta al genere umano –o meglio: a me era perfettamente sconosciuta e qualcuno la conosceva, era gentilmente pregato di illustrarmela-, non ci aveva mai creato troppi problemi. Una persona può convivere la propria malattia; beh, non convivevamo col fatto che, su certi argomenti, la pensavamo in modo esattamente opposto ed era impossibile giungere ad un accordo.

Al massimo smettevamo di parlarci per alcuni giorni, ma finivamo sempre col dimenticarci la ragione del  nostro litigio.

 

«Kou, domani sera andiamo a cena fuori, ti va?» mi domandò mentre finiva di rimettere i piatti della credenza.

«Ma noi non ci stavamo tenendo il broncio?» puntualizzai senza staccare gli occhi dal libro che stavo leggendo.

«Ah, già..» mormorò e sentii l’antina della credenza chiudersi e i suoi passi sul pavimento.

Non disse più nulla e tornai a concentrarmi sulla mia lettura; era stato lui quello che aveva iniziato con quella sceneggiata, cosa voleva ora?

«Kou…» mi chiamò con voce flebile. Mi voltai e lo vidi stare in piedi proprio dietro il divano dov’ero seduto.

«Mh, che c’è?» domandai posando il libro e spostandomi appena per poterlo guardare in faccia.

«Perché avevamo litigato? Io non me lo ricordo più»

 

Yuu era un mago nell’arte del farsi perdonare e non ero ancora riuscito a scoprire come facesse esattamente. Io, da bravo babbeo, ci cascavo sempre e gliela davo vinta.

Questa volta però non sapevo se avrei potuto lasciar correre: come poteva essersi fregato così beatamente del suo povero fidanzato che si spupazzava un lungo e faticoso viaggio per raggiungerlo?

Era stato facile per lui dato che aveva preso il treno e non aveva dovuto guidare sotto la pioggia e nel traffico. Come minimo, per farsi perdonare, mi avrebbe dovuto accogliere con un bottiglione di sakè da tre litri.

«Disgraziato» mugugnai mentre svoltavo in una stradina poco prima delle porte della città. Già, perché la casa dei genitori di quel caro ragazzo non si trovava esattamente a Tsu, ma in un piccolo paesino abbarbicato su per la montagna. Era uno di quei posti che sembravano uscire da un’illustrazione del periodo Meiji; a volte mi era venuto il dubbio che neanche avessero l’acqua corrente.

C’ ero stato una sola volta: poco dopo che i genitori di Yuu avevano comprato la casa e non pensavo ci sarei mai tornato, almeno non in un’occasione del genere. Non osavo immaginare quanto sarebbe stato imbarazzante dovermi sedere di fronte ai signori Shiroyama, che conoscevo da molti anni, ed essere presentato come il ragazzo del figlio.

Mi sentii arrossire e sprofondai sconfortato nel sedile. Come avrei dovuto comportarmi? Cos’avrei dovuto dire?!

 

«Salve signori Shiroyama. Sono Takashima Kouyou, suono con vostro figlio nella band. Vi ricordate di me, vero? Io e Yuu ci conosciamo dal liceo. Beh, ora stiamo insieme»

 

Questa era da escludere. Neanche racimolando tutto il coraggio che avevo, sarei stato il grado di dire una frase del genere.

 

« Salve signori Shiroyama. Sono Takashima Kouyou, suono con vostro figlio nella band. Vi ricordate di me, vero? Io e Yuu ci conosciamo dal liceo. Ora noi… cioè, io e lui, s’intende… ci conosciamo da molto e… l’ho forse già detto questo? Beh, vedete… nel corso degli anni è andato formarsi un… ehm, rapporto… ‘speciale’…»

 

Questo sarebbe stato decisamente da me, ma non era una buona idea; avrei finito per incappare in un discorso senza capo né coda.

Era forse il caso di lasciar parlare solo Yuu?

 

«Mamma, papà. Lui è il mio ragazzo. Sapete, mi ha fatto il filo per anni. Quanti sono, Kou? Beh, non importa. Adesso conviviamo anche; non potete immaginarvi cosa…»

 

Scacciai alla svelta quell’immagine dalla testa e tornai a concentrarmi sulla strada che si faceva sempre più ripida.

No, non potevo permettere che fosse solo lui a parlare o avrebbe combinato un disastro. Non volevo neanche immaginare che razza di immagine di me avrebbe dato ai suoi genitori.

Avrei dovuto preparare un discorso in anticipo, impararlo a memoria e, magari, cercare di farlo studiare anche a Yuu, anche se le sue doti di recitazione non erano un granché.

Dal canto mio mi reputavo un bravo attore dopo esser riuscito, per anni, a nascondere i miei sentimenti.

Dieci anni erano davvero un sacco di tempo.

A dire il vero, per tutto quel periodo, non avevo mai veramente cercato di essere ricambiato; il mio subconscio doveva aver calcolato le probabilità di riuscita e constatato che quasi non ce n’erano.

Eppure alla mia fine lui aveva scelto me, quando, ormai, la parola ‘speranza’ l’avevo cancellata dal mio dizionario.

 

«Questa è la volta buona che gli spacco il naso» sbottò  serrando i pugni.

«Ryo, per favore, abbassa la voce» mormorai guardandomi intorno irrequieto.

Per ora c’eravamo solo noi due nella saletta adiacente allo studio di registrazione, ma presto sarebbero arrivati anche gli altri.

«Inoltre lui non ha nessuna colpa e non lo sto dicendo solo perché mi piace. E’ così, punto e basta»

«Essere così stupido da non riuscire a vedere quanto tu lo ami - Sì, perché lo ami, Kou e c’è poco da fare. Ti si legge in faccia a un miglio di distanza- è una colpa»

Non risposi, perché, effettivamente, non c’era nulla di dire.

«Davvero, prima o poi glielo spacco il naso, con questo pugno» ripeté mostrandomi  la mano destra. «Magari servirà a raddrizzarglielo» continuò, ma questa volta con tono meno serio.

Ryo vedendomi sorridere, sembrò un po’ sollevato.

In quel momento la porta venne aperta e Yuu entrò senza proferire parola. Teneva la testa alta, ma il suo sguardo non sembrava essere concentrato su qualcosa di preciso. Sempre in silenzio assoluto andò a sedersi sul vecchio divanetto di pelle rossa.

Con il tempo avevo iniziato ad allontanarlo da me; era successo tutto molto lentamente, così che quasi non se n’era reso conto. Volevo tenerlo lontano da dei sentimenti dei quali mi vergognavo.

Fin da subito lui era sempre stato molto gentile con me e tutte quelle sue attenzioni avevano avuto un effetto negativo su di me,  avevano finito col  farmi innamorare.

«Vuoi ancora spaccarmelo il naso, Reichan?». Improvvisamente la voce profonda e calma di Yuu ruppe il silenzio; la reazione di Ryo fu immediata e, se non lo avessi bloccato, quella sarebbe stata la volta buona che avrebbe dovuto intervenire la Security.

«Dopo tutti questi anni che ci conosciamo ancora non mi sopporti? Pensavo che fossi un po’ cresciuto dai tempi del liceo..» continuò Yuu imperterrito.

«Bastardo! Davvero non ti sei mai accorto di nulla?!» tuonò Ryo con voce colma di disprezzo.

«Di che cosa mi sarei dovuto accorgere?»

«Di quanto..»

«No, Ryo! Sta zitto; è solo un problema mio, capito?!» lo interruppi bruscamente.

Prima o poi sarei riuscito ad archiviare i miei sentimenti; che bisogno c’era di confessarglieli quando non mi avrebbe mai ricambiato?

«Quale problema? Che cos’hai, Kou?!» esclamò Yuu con voce terribilmente strozzata.

Il suo tono e la sua espressione cambiarono talmente in fretta da farmi quasi spaventare; spostava irrequieto gli occhi da me a Ryo aspettando che qualcuno gli desse delle risposte.

«Yuu per favore, smettila di scherzare. Non sei affatto divertente» sbuffò Ryo roteando gli occhi. «Kou, va bene se vado un attimo di là a prendere un caffè?» mi domandò infine.

Annuii e lui si allontanò verso la caffetteria.

Yuu mi stava ancora fissando con sguardo accigliato, ma sembrava aver riacquistato un po’ della sua solita serietà.

Mi stava davvero prendendo in giro?

«Che cos’hai, Kouyou?» mi domandò nuovamente facendomi sobbalzare per la sorpresa.

«Eh?»

«Mi hai sentito bene: che- cos’-hai?» scandì bene le parole come se stesse parlando con uno un po’ duro d’orecchi.

Certo che lo avevo sentito, ma non riuscivo a capire perché si stesse comportando in quel modo.

Ryo doveva avere ragione: sicuramente mi stava prendendo per il culo.

«Sto benissimo, Yuukun. Davvero» risposi cercando di sembrare il più naturale possibile.

Lui in tutta risposta si alzò e si mosse nella mia direzione, per poi posare le mani sulle mie spalle puntando i suoi occhi verso i miei. Lo guardai interrogativo, ma non sembrò curarsene.

Se quello era uno scherzo, non mi pareva affatto divertente.

«Non c’è niente che non vada. Ryo è sempre il solito esagerato» ripetei. «E’ tutto a posto» cercai di sorridere in modo convincente e lentamente scivolai via dalla sua presa.

Mi voltai con tutta l’intenzione di raggiungere Ryo alla caffetteria, ma mi fermai quando sentii Yuu chiamarmi: «Kouyou…»

«Mh, che c’è?» domandai voltandomi appena.

Lui mi guardò per un attimo poi scosse la testa; tornai sui miei passi ed uscii dalla stanza.

 

La porta dietro le mie spalle si spalancò all’improvviso; pochi istanti dopo sentii qualcuno abbracciarmi da dietro, talmente forte da farmi mancare il respiro.

Con difficoltà cercai di voltarmi e mi scoprii tra le braccia del nostro secondo chitarrista.

 

Da dieci minuti a quella parte, il navigatore aveva deciso di perdere il segnale e lo schermo era diventato nero, ma non mi preoccupai più di tanto visto che la strada da percorrere era solo una. Sempre se quell’ammasso di terra e sassi si poteva chiamare strada.

Improvvisamente il terreno sembrò farsi più pianeggiante e mi parve di scorgere una debole luce poco più avanti. O avevo le allucinazioni o ero veramente arrivato.

Lanciai una breve occhiata al navigatore, ma quello non sembrava dare segni di vita. Accelerai –per quanto fosse possibile farlo su quella strada impervia- e già mi pregustavo l’arrivo; magari mi avrebbero offerto un bagno caldo.

Pioveva ancora e temevo non sarei riuscito a trovare la casa a causa della scarsa visibilità, ma riconobbi immediatamente il segnavento –di cattivissimo gusto, tra l’altro- appostato sul tetto dei signori Shiroyama.

Rallentai ed in quel momento scorsi una figura in nero che si riparava  sotto un vecchio ombrello che un tempo doveva essere stato giallo.

Yuu.

Inchiodai facendo slittare appena la macchina sul fango della strada e scesi sbattendo la portiera. Ora mi sente.

«Yuu Shiroyama, tu…!» sbottai dirigendomi verso di lui, incurante della pioggia.

Si pentirà di essere stato un tale menefreghista nei miei confronti.

Stavo per dirgli quanto fossi incazzato con lui, quando mosse qualche passo verso di me andando a posizionarsi proprio sotto la luce dell’unico lampione della via; aveva il viso pallido e affaticato, mentre i suoi occhi mi scrutavano irrequieti.

«Kou..» disse con voce rotta. Mi bloccai a metà strada tra le lui e la macchina. Avevo già dimenticato tutto quello che avrei voluto dirgli.

«Stai bene?» chiese cercando di osservarmi, nonostante la luce flebile del lampione illuminava a stento lui che vi stava sotto. «Certo che sto bene. Tu piuttosto, da quanto tempo sei qui fuori? Sei per caso impazzito?!» sbottai muovendo gli ultimi passi verso di lui. «Neanche una chiamata o un messaggio. Niente. E ora mi chiedi se sto bene?!» continuai mentre mi sfilavo la giacca e la poggiavo sulle sue spalle intirizzite. «Guarda qua: sei freddo peggio di un ghiacciolo. Ma che razza di sconsiderato sei?!»

«Ho scordato il cellulare a casa e qui la linea del telefono è stata interrotta a causa del temporale»

«E i tuoi genitori non ti hanno detto niente? Cosa pensavi di… eh?! Eravate senza telefono?!»  

«Sei sordo o cosa?» mugugnò lui stringendosi di più nella mia giacca.

«Ehi, non ti permetto di parlarmi così! Per tutto il viaggio ho continuato a credere che non ti importasse niente di me. Ero preoccupato..» replicai.

«E credi che io non fossi in ansia?! Potevi anche aver avuto un incidente e io non avrei avuto modo di saperlo!» esplose facendomi rimanere di stucco. «Anche io ero davvero preoccupato, Kou!»

Mi grattai la testa, abbassando brevemente lo sguardo. Forse aveva ragione, in effetti se non mi aveva chiamato doveva esserci sicuramente una ragione, quindi forse non si meritava la scenata che gli avevo fatto giusto poco fa.

«Hai ragione, scusa. Diciamo che eravamo preoccupati cinquanta e cinquanta, così siamo pari» dissi abbozzando un sorriso. Yuu mi squadrò per alcuni istanti con aria incredibilmente seria, ma lentamente la sua espressione si addolcì. Tuttavia non fui risparmiato da un «Baka» e da un piccolo pugno sulla spalla.

«Pronto?» domandò lui sorridendomi divertito.

«Assolutamente no»

Lo sentii farsi più vicino a me e, mentre le sue dita sfioravano le mie, varcammo la porta.

 

In tutta la mia vita non mi ero mai seduto su uno zabuton [1] e le mie gambe cominciavano a diventare insensibili; continuavo a muovermi nella speranza di trovare una posizione comoda, ma senza successo. Yuu invece sembrava perfettamente a suo agio.

Sentivo gli occhi dei suoi genitori puntati su di me e cercavo di mantenere un sorriso di cortesia, ma, tra l’imbarazzo e il male alle gambe, non stavo riuscendo un granché nell’intento.

«Allora…» iniziò lentamente il signor Shiroyama, mentre la moglie versava a tutti una tazza di the fumante. Fu in quel momento che il mio cellulare prese a squillare facendo sobbalzare la donna che fece cadere un po’ della bevanda sul tavolino.

Lentamente sfilai il cellulare dalla tasca, senza saper bene cosa fare; intanto quello continuava a squillare. Feci per premere sul tasto rosso per rifiutare la chiamata, ma vidi il signor Shiroyama scuotere la testa e farmi segno di rispondere. Un po’ esitante spostai il dito sul tasto verde.

«Yutaka, dimmi tutto»

 

The end of this short story.

But not –obviously- the end of their love story.

 

[1] Cuscino giapponese utilizzato per sedersi attorno al tavolo.

 

pon’s chat

Questo non sarebbe dovuto essere l’ultimo capitolo, ma per cause di forza maggiore –leggasi: l’ispirazione scarseggia- ho deciso di promuoverlo a capitolo finale.

A dire il vero, le idee le avevo, ma temevo di dilungarmi fin troppo.

Allora, alla fin fine sono soddisfatta di come è venuta fuori questa seconda storia. E’ molto probabile che a molti non sia piaciuta per via del fatto che ho voluto utilizzare un tipo di narrazione ‘lenta’. Sicuramente avrebbe reso di più come una oneshot molto lunga, ma ho preferito dividere anche questa in parti o sarebbe stato troppo problematico scriverla XD

A me piace molto anche perché qui c’è la mia amata AoiUruha, ma a parte questo sono felice di come sia venuta fuori *^^*

Inizialmente doveva essere una shot non molto lunga, ma ho finito col farla diventare davvero lunga. Spero solo di non avervi annoiati troppo.

Forse non è venuta fuori proprio come ce l’avevo in mente, ma non mi lamento troppo.

Ah, dimenticavo di chiedervi scusa per l’immane ritardo, ma sono stata via quattro giorno e per il restante tempo mi sono dovuta dedicare ai compiti oppure avevo poca ispirazione.

Cercò di fare in modo che non succeda più.

 

Parliamo della prossima storia!

Non ho assolutamente idea quanto sarà lunga, ma ho fiducia nella mia idea.

Il titolo sarà ‘Green Hair’.

Qualcuno riesce ad indovinare chi sarà il protagonista~?

 

Ringrazio tutti voi lettori e recensori per il sostegno. Grazie a tutti!

Un abbraccio,

pon ♥

 

PS:

Rileggendo il capitolo mi sono venute in mente un altro paio di cose da dire.

Quando nel flashback, Ryo litiga con Yuu pare che i due si odino, ma non è così tranquilli. Semplicemente era un periodaccio per tutti loro. Quei due si voglio tanto bene (♥), ma non ho avuto modo di specificarlo all’interno del capitolo.

Sempre alla fine del flashback spero si sia capito che Yuu corre ad abbracciare Kouyou perché si è finalmente deciso ad accettare i sentimenti che anche lui teneva nascosti.

Ma mi sa che non si è capito u_u””

  
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