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Autore: Alexandra McAdams    30/08/2011    2 recensioni
Costretti ad allontanarsi quando ancora piccoli e ingenui non sapevano cosa riservava per loro il futuro, si ritrovano a dover convivere con loro stessi anni dopo quella separazione, senza sapere più nulla l'uno dell'altro.. o quasi.
Intrecci e segreti di due famiglie unite per amore.
Perchè nella vita, in fondo, il lieto fine delle favole è solo un grande e inutile DETTAGLIO.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luce fioca dell’alba passava tra le inferiate della finestra di camera sua. Correvano lungo tutto il pavimento, raggiungevano lo specchietto rosso fuoco che aveva lasciato aperto di fianco alla trousse dei trucchi e giocavano riflesse sul soffitto e tra le tende bianche e trasparenti del letto di Alexandra.
Il suono della vibrazione del telefono disperso nel grande letto accompagnava i giochi dei raggi di sole nella stanza.
Alexandra iniziò a muoversi, scalciando a destra e a manca. Poi si alzò di scatto, frugò tra le lenzuola e vi tirò fuori il cellulare che ancora vibrava, incessante.
-pronto- quasi urlò.
Dall’altra parte del telefono, la voce di Chrystal si faceva acuta e prorompente.
Alexandra tornò a sdraiarsi sul letto, farfugliando e sbuffando. Guardò l’ora staccando il telefono dall’orecchio. Sbarrò gli occhi, borbottò ancora qualcosa in fretta e furia e chiuse la chiamata.
Cercò di addormentarsi ancora, senza risultato. Ormai era sveglia, la casa era ancora silenziosa, cullata dai caldi raggi del sole che ormai si stava alzando. E con esso anche lei.
Si lasciò coccolare ancora un poco da tutta quella luce e quel profumo di brioches calde che pian piano inondava la casa alle 6 e mezza del mattino, poi si alzò, decisa e ancora assonnata.
Corse in bagno sorridendo. Non era tutto finto, non era solo un sogno e si sentiva a casa, finalmente.
Si fece una doccia veloce, indossò un paio di pantaloncini di jeans, una canottiera bianca e scese dalle scale con lo stomaco in attesa di quelle brioches che facevano un profumo invitante.
-buongiorno bel papà- esordì sbucando in cucina.
James alzò lo sguardo dal giornale, posò la tazza di caffè bollente sul tavolo e le sorrise, contento di sentirsi ancora parte della vita della figlia nonostante il tempo.
-buongiorno raggio di sole! Cosa ci fai già sveglia? –
-una chiamata da parte di mamma, tutta furiosa perché non l’ho avvisata del mio arrivo, perché non le ho parlato di come è andato il viaggio e tutto. Le sue solite noiose paranoie, lo sai.. – sbuffò Alexandra raggiungendo il forno caldo.
Ammirò con l’acquolina alla bocca quelle brioches che si stavano scaldando.
-si, lo so. Mi ha chiamato poco fa, voleva sapere come stavi, se avevamo litigato o altro. Le sue solite ansie da mamma – sorrise James.
-ti manca un poco?- domandò Alexandra sedendosi di fronte a lui.
-sarei un bugiardo a dirti di no. Mi manca tutto di tua madre, ma è finita per dei problemi che purtroppo non siamo riusciti a risolvere – sussurrò.
-e se dovessi tornare indietro, rifarei comunque le stesse cose e la lascerei andare – concluse. Alzò lo sguardo verso quella figlia adolescente che tanto gli somigliava, le sorrise dolcemente mostrando i denti bianchi e perfetti, le diede un bacio sulla fronte e poi si diresse verso il forno, per togliere quelle brioches che Alexandra stava aspettando con gola.
Anche lei sorrise, felice del fatto che nonostante tutto entrambi erano felici e avevano trovato le loro strade. Seguì ogni movimento di James, immaginando come fosse la sua nuova fidanzata, quella misteriosa Melody che nel giro di poche ore avrebbe conosciuto.
-allora, quando arriva?- non riuscì a trattenersi. Se qualcosa le frullava nella testa doveva assolutamente dire, fare e risolvere.
James scoppiò in una risata divertita. Posò una tazza di caffè e latte e un piattino con su le brioches sul tavolo per Alexandra e poi le toccò i corti capelli.
-arriverà per le nove.. finisce il turno dall’ospedale tra mezz’ora, il tempo di andare a casa, svegliare Nicholas e Joseph e raggiungerci – annunciò.
Lei  sorrise per gentilezza e per l'enorme curiosità. Si tuffò nella sua colazione tanto desiderata, poi seguì James in giardino per fumarsi una sigaretta insieme a lui.
-io non sapevo fumassi-
Alexandra lo guardò di traverso – papà. Fuma mamma, fumi tu e fumo anche io. Ti ho visto ieri sera.. non farmi il terzo grado, ti prego! Me l’ha già fatto mamma due anni fa quando gliel’ho detto e alla fine ho deciso che smetterò, solo quando entrambi lo farete –
James si sedette sul dondolo e la guardò incuriosito. Si rendeva conto sempre di più che quella stupenda ragazza che era piombata da lui era proprio sua figlia e non somigliava per niente a Chrystal. Aveva ogni singolo dettaglio di lui e della sua famiglia. Ne era orgoglioso e divertito.
La osservava, cercando di capire come potesse essere tanto bella e straordinaria nonostante quello che aveva passato quando era piccola tra problemi di salute e problemi familiari.
Fumava come fumava sua madre, Chrystal. Il modo di accendere la sigaretta, di tenere la sigaretta tra le dita, di tirare e di espellere quel fumo nocivo.
Sorrise, poi sorrise di nuovo. Era felice di averla li, di averla finalmente ritrovata nella sua vita e potersela godere per 3 mesi interi.
Era arrivata da sole 24h ma già non avevano segreti, non avevano problemi a parlare l’uno con l’altra ed il fatto di trovarsi insieme a fumare una sigaretta, nonostante la banalità della cosa, lo faceva sentire più vicino a Alexandra di quanto pensasse.
Poi lei si alzò, spense la sua sigaretta nel posacenere sul tavolino senza distogliere lo sguardo dal cellulare e sorrise, sorrise contenta.  Lo guardò di sfuggita e se ne tornò in casa, sparendo su per le scale.
Alexandra entrò in camera sua, lasciò il cellulare sul letto e sorridente e contenta aprì la cabina armadio, in cerca di un costume e di un vestitino adatto da indossare sopra ed iniziò a pensare all’incontro che nell’arco di poco tempo avrebbe dovuto affrontare.
Come doveva comportarsi? Cosa doveva dire? E chi sarebbe stata questa donna con questi due figli? Era giusto? Sarebbe stata all’altezza? Avrebbe fatto vergognare James?
Dopo essersi vestita si sedette sulla scrivania, tirò fuori quelle vecchie foto dal cassetto dove le aveva richiuse e ricominciò a guardarle, cercando di capire il perché di quel suo gesto.
Le sfogliò, una dopo l’altra, fermandosi a quella dove erano raffigurati tutti insieme, la famiglia Sherwood e Law.
-Melody..Melody.. Nicholas..- ripeteva quei nomi come se facessero parte di qualcosa che doveva capire e ricordare.
-JOSEPH!- urlò ed il campanello suonò echeggiando per tutta la casa.
Sentì James chiamarla dal piano terra e restò pietrificata.
Ora aveva capito perché suo papà non voleva nominarla, non voleva fargliela conoscere e quando parlava di qualcuno faceva sempre riferimento a Joseph.
Si alzò dalla sedia, lasciò le fotografie sparse e si diresse verso il piano terra.
Sentì una voce femminile: dolce, squillante, vivace. Poi altre due voci maschili, differenti da quella di suo padre.
Sorrise, sapendo che sarebbe stata l’unica cosa da fare e scese l’ultimo scalino delle scale.
Guardò James, cercando di mantenere la calma. Abbracciò Melody, poi Nicholas e si fermò ad osservare Joseph.
Alto, moro, occhi scuri, abbronzato, un sorriso smagliante, un fisico che si rifletteva sotto ad una maglietta bianca aderente, dei jeans lunghi e scuri e delle converse alte chiare.
Gli sorrise, capendo perché quel cartellone pubblicitario che aveva visto il giorno prima le era parso familiare.
Lui la abbracciò, forte. Tutti li guardarono sorpresi e contenti.
-mi sei mancata signorina- le sussurrò lui.
Una lacrima rigò il viso di Alexandra, diede un bacio sulla guancia a quel suo amico d’infanzia e poi si staccò da lui, cercando di riordinare le confuse idee che aveva per la testa.  
  
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