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Autore: MihoNinKojima    31/08/2011    3 recensioni
Se tu fossi un povero essere umano stanco della tua vita, cosa faresti?
Senza calarsi troppo nei panni della vita del protagonista, forse, si possono intuire le sue angosce, certe volte fin troppo forzate da una realtà che non gli appartiene.
Non ha mai desiderato l'amore. Eppure in un momento cruciale della sua esistenza qualcosa pare trafiggerlo, ma con difficoltà potrebbe tornare indietro dalla sua precedente decisione.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Lanciò un flebile urlo, graffiandogli leggermente la schiena con le unghie, 

ricordava, ricordava perché gli piacesse così tanto, perché la sua lontananza era sempre stata così difficile.

 

Si ricordò.

Erano passati tanti anni dall'ultima volta che la sua pelle era stata sfiorata con tanto ardore e le sue carni lambite con altrettanta passione.

Che fosse riuscito a riprendere tutto quel calore che negli anni era riuscito a smarrire con le relazioni precedenti, di tutte le persone che l'avevano lasciato sprofondare il quel mare di solitudine che era diventata la sua vita, da quando la sua fiamma si era affievolita senza un reale motivo.

La sua forza non era bastata.

Non disse spenta solo per cercare di rimanere ottimista almeno sul punto di vista della sua esistenza, abbastanza mancata. 

Preferì non infierire oltre.

 

Quelle forti scariche di piacere che stavano inebriando il suo corpo parevano offuscargli i sensi. 

 

-E pensare che l'amore è tutta una finzione. 

Tutto un insulso lavoro di ormoni ed attrazione.

Come si era ridotto? 

Come aveva fatto a ridursi in questo stato pietoso?

Finito stretto fra le mani di qualcuno che ancora credeva possibile un utopia…

Sciocchi esseri umani.

Sciocchi.

Stupidi.

Idioti.

Effimeri…

Esseri umani. 

Cosa sono io?

Cosa sono diventato?

Tu che mi stai desiderando, dammi una ragione di vita.

Una.

Una sola.

Anche solo per darmi la speranza che il  mio prossimo respiro sia valso a qualcosa.

Dammi una ragione per continuare a godere di questi attimi senza ricordarmi di essere un peccatore.

Dammi una ragione per non ridere di queste mie ali ormai spoglie.

Che non conoscono più il piacere di volare.

Dammi una ragione per non credere di essere un errore.

Dammi una ragione per credere che domani sarai ancora qui accanto a me!

E' difficile non piangere.

Dammi una ragione.-

 

Iniziò a socchiudere gli occhi.

Si lasciò andare, mentre quelle mani forti lo percorrevano in modo suadente.

Mentre gli chiedevano di lasciarsi andare alla loro passione.

Continuavano a bussare alla sua porta, aspettando anche solo il più piccolo movimento di accondiscendenza.

Attimi senza tempo.

Sentì l'orologio sulla scrivania ticchettare rumorosamente, facendo da sfondo ai suoi lamenti di piacere misti al fruscio di quelle inutili coperte in seta.

Rosse. 

Come il colore della sua passione.

Come il colore che lo stava soffocando.

 

Tirò un sospiro strozzato, lasciando cadere la testa sul cuscino.

Dannazione, sapeva di lui.

Quel leggero profumo di dopobarba al tè verde e muschio bianco…

Lo faceva letteralmente impazzire.

Si chiese per quale motivo uno contrasto simile, sì. 

Un contrasto simile con il sapore caldo della sua pelle. 

Quel sapore dannatamente speziato  che chiedeva di essere assaggiato ancora…

Ancora…

e ancora…

Chiedeva di essere desiderato egoisticamente.

Senza limiti e restrizioni. 

Accettò.

Avrebbe bramato ancora e ancora quelle maledette labbra piene.

Gli lasciò l'ennesimo morso sul collo. 

quel segno che decretava fosse suo, anche senza un sentimento apparente.

Solo per quello spasmodico desiderio di possedere qualcuno o qualcosa.

Come un giocattolo. 

Non conosceva l'amore.

Come aveva fatto a lasciarsi convincere?

No.

Non l'aveva convinto nessuno.

Era stato lui a gettarsi fra le sue braccia.

Lui non aveva quel sapore esotico. 

No.

Non l'aveva.

Sapeva di liquore, di alcol.

Di quello sgradevole sapore di alcol, troppo forte. 

Decisamente molto più forte di se stesso, ecco perché aveva ceduto.

 

Sentì il suo respiro aumentare freneticamente, era la fine.

Era la fine di quel piacere.

Di quel piacere che non se ne sarebbe andato così facilmente.

L'avrebbe lasciato ferito.

Da quante ore erano lì?

 

Raggiunto quel culmine del piacere tutto pareva svanire lentamente…

Gli parve qualcosa di triste.

 

«Veramente si vive per questo?»

 

Si rivolse a quel corpo meraviglioso, quasi statuario che aveva accanto a se.

Si lasciò sfuggire ad un sorriso, diamine, era perfetto.

Che fosse vero? 

 

“Per questo? Cosa intendi?”

 

Rispose a sua volta con una domanda.

Sì, una cosa che faceva spesso e con tutti, soprattutto al lavoro.

Lo vide lasciarsi cadere al suo fianco ancora leggermente affannato, gli sembrò strano che non avesse compreso la sua domanda, generalmente i trenta minuti dopo il sesso il cervello pare assimilare più informazioni possibili e rendere la mente più lucida.

Sicuramente non era riuscito ad esprimersi come desiderava…

 

«Beh… Viviamo per… No, aspetta.

 Vivono per procreare, noi che facciamo?»

 

Si chiese come al solito in quel modo quasi infantile che lo contraddistingueva da tutti i poveri ventunenni che frequentavano la sua università.

Leggermente basso, non troppo, solo quella categoria che sicuramente non avrebbe potuto fare colpo sulla bella ragazza che girava nei corridoi, con una minigonna leggermente sgualcita, di quelle che al posto coprire tendono a mostrare, lasciando il recidivo segno delle unghie sul tessuto.

 

Forse decisamente troppo riservato.

non frequentava club scolastici e non pareva essere uno di quei secchioni super intellettuali che vagavano anch'essi in quello stra maledettissimo corridoio, sfoggiando una smorfia di disgusto alla vista di quelle ragazze frivole. 

Ovvio, era una sorta di ribellione dal sistema, ma da che mondo e mondo se te la sbattono sotto il naso la prima cosa che fai è assaggiarla, no? 

 

Normale.

Per il sistema probabilmente sarebbe stato definito "normale", ma a dir suo non lo era. 

Cresciuto in una famiglia che non riusciva ad approvare l' omosessualità e ovviamente, quasi come un gioco del destino era finito più e più volte a letto con un uomo, con l'immediato responso che probabilmente essere donna non sarebbe stato così male come tutte dicono. 

Per il resto tutto finiva liscio come l'olio, genitori apprensivi e un fratello minore che ancora non era in grado di comprendere tutti questi problemi.

 

“L'unica cosa che posso dirti è che; mentre loro si riproducono per preservare la specie, noi ci amiamo. Del resto… Poco importa. E con questo non dico che anche loro non si amino, ma se vogliamo porla come tu hai suggerito, forse, è così.”

 

C'era sempre una punta di amarezza nelle sue parole, che parevano essere così ironiche.

Ne facevano di lui uno di quegli uomini attraenti di cui non puoi fare a meno.

Che cavolo voleva da lui? 

Perché la perfezione cerca sempre di completarsi con qualcosa di… 

Di… cui non riusciva nemmeno a trovare l'aggettivo.

 

-Lui; così tremendamente sportivo e individuale, che non parlava troppo, ma soprattutto a sproposito. 

Lui a cui piaceva tremendamente fissarmi dal campo di calcio della scuola mentre leggevo un paio di quei barbosi libri di filosofia nella biblioteca. 

Lui a cui piacevano terribilmente le mie fossette, quelle che si creano sulle mie guance quando sorrido.  

A lui… 

A lui… 

Che ho capito di amare solo dopo tanto tempo.- 

 

Di cosa sto parlando? 

Di un altro pezzo squallido della mia vita, quella che era la mia vita, prima di osservare tutti dall'alto con invidia.

Perché l'ho gettata via così?

Perché ero uno sciocco, ecco il motivo. 

Ancora lo osservo.

Sempre distante. 

Così dannatamente distante.

Aspetto solo di rinascere, non mi importa come, o con che altro nome.

Voglio riavere ciò che è mio di diritto. 

 

Il mio nome era Doryan Russell 

Ed ora sono un angelo.

Il suo Jared Ellis e forse, lui lo era già prima di me. 

  
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