Happy jokeday!
Per quanto mi ricordi, quel monello
di Fred è sempre stato il genio delle marachelle, addirittura migliore di me.
Perfino oggi, che è il suo compleanno, nei suoi occhi color nocciola c’è un
barlume di divertimento. Avrà sicuramente escogitato qualcosa, ma – come ogni
anno, del resto – lo coprirò, in quanto padre comprensivo.
Siamo alla Tana e tutti i, possibili
ed immaginabili, Weasley sono con noi a festeggiarlo.
Mamma, Hermione, Fleur ed
Angelina sono occupate con la preparazione delle vivande, mio fratello Ron, con la scusa di aiutare in cucina, sta assaggiando
ogni cosa in esclusiva, mentre papà è fuori a mettere festoni di tutti i tipi,
con l’aiuto del piccolo Hugo. Rose è in un angolo del cortile, seduta
sull’erba, a gustarsi un libro, insieme a Dominique, e poi… e poi perdo il
conto dei presenti. Mi fisso su mio figlio.
Undici
anni non si compiono tutti i giorni.
Il primo di Settembre mi libererò di
lui e dei suoi giochetti – non ci credo! – e finalmente andrà a rompere le bacchette a qualche studente
indifeso.
Sospiro.
Mio figlio… ad Hogwarts…
a fare scherzi degni dei Weasleys' Wizard Wheezes.
Sorrido nostalgico.
Lo guardo correre all’impazzata per
il giardino, inseguito da mia sorella Ginny, che
vuole a tutti i costi strapazzarlo di baci e coccole, per augurargli buon
compleanno. Fred non ama molto le smancerie.
“Braccalo, Al!”, grida lei a suo
figlio.
Albus gli
si para davanti e Fred, nel curvare per evitare l’impatto, scivola a terra. Il
cugino gli piomba addosso e lo blocca. Ginny li
raggiunge e si inginocchia sul prato.
“Tanti auguri!”, gli dice,
tirandogli le guance cosparse di lentiggini.
“Sei un traditore, Al”, borbotta
Fred, mentre Albus lo priva del suo peso, per
lasciare il campo libero alla madre, che non perde tempo ed abbraccia mio
figlio, dandogli un rumoroso bacio su una guancia.
Sa sempre come tenerlo a bada lei.
Dopo un po’ il nanerottolo si libera della morsa della zia e si avvicina a me, che
sono fermo sull’uscio, ormai da non so più quanto.
“Papà, salvami!”, mi supplica,
falsamente impaurito.
Io lo fisso divertito. Sono peggio
di lui quando mi ci metto.
“Non ci penso nemmeno. È il tuo
compleanno, Freddie”.
Mi si dipinge sul viso un sorriso
sornione, mentre sul suo compare un broncio. Mi fa la linguaccia e si volta per
scappare, ma va immediatamente a finire contro Harry.
“Oh, no”, sussurra, cercando una via
di fuga, ma lo zio è clemente e si limita soltanto ad arruffargli i capelli
rossi, già perennemente spettinati.
“Buon compleanno, Fred”, gli dice.
“Grazie, zio”, risponde lui con un
che di sollievo nella voce.
Non gli va comunque meglio, perché a
qualche metro da lui ci sono James e Lily. La piccolina gli si attacca ad una
gamba, mentre il più grande lo abbraccia, quasi soffocandolo.
“Ma perché ad ogni compleanno
tentate di uccidermi?”, domanda il
festeggiato, sfuggendo alla presa di quei pazzoidi, che si ritrova per cugini,
e dirigendosi in salotto.
Lo seguo. Non voglio perdermi
nemmeno un istante dell’undicesimo compleanno di quella faccia da schiaffi.
Si siede sul divano, mentre io resto
in cucina a sbirciarlo, a mo di paparazzo.
Si gratta la testa. È sollevato
dall’avere già fatto i conti con il resto della famiglia, tra bacini, abbracci,
tirate di orecchie e quant’altro.
Si guarda intorno. È da solo. Sorride. Si
infila una mano in tasca e ne tira fuori qualcosa – non riesco a capire cosa
sia. Se la rigira nella mano con un leggero movimento di polso, poi chiude il
pugno e fissa un punto imprecisato davanti a sé, pronto per combinarne una delle
sue.
Una mezz’oretta dopo siamo tutti
riuniti in salotto. Una torta squisita occupa un tavolo. Le undici candeline
sono già accese e sono di diversi colori – sicuramente è opera di Hermione.
Bill si è posizionato dietro ad una macchina
fotografica babbana ed, a pochi metri da lui, stanno Victoire e Ted, mano nella mano.
Nonna Molly invita il festeggiato ad
avvicinarsi alla torta, per spegnere le candeline.
Lui sembra avere fretta. Si avvicina al tavolo, soffia velocemente e finge di esprimere un desiderio. Dico
finge, perché ormai lo conosco bene. Probabile che abbia davvero espresso un
desiderio, ma la sua teatralità mi fa
intuire che non vede l’ora di mettere in atto il suo scherzo. Come faccio a
sapere che sta per fare uno scherzo? Beh, diciannove anni trascorsi col mio
gemello ed undici trascorsi con mio figlio, pressappoco bastano a conoscere un
giocherellone del loro calibro… Ehm, volevo dire, del nostro calibro!
“Devo andare in bagno! Torno
subito!”, dice con un tono abbastanza alto da farsi sentire da tutti. Si
dilegua dal salotto. Lo sento salire le scale.
“Sbrigati a tornare, che devi
tagliarla!”, gli urla Angelina, senza però avere risposta.
Principiante – dico tra me e me. È
palese quello che sta per fare, visto che avrebbe potuto andare al pian terreno
in bagno.
Però ora comincio a preoccuparmi. Per essersi
rifugiato ai piani superiori vuol dire che…
Boom! Splat!
Ciack!
L’intero salotto, noi, i mobili, noi, le pareti ed ancora noi
ora siamo completamente imbrattati di torta… di quella torta che è appena
esplosa. Stringo i denti. Non mi ero mai innervosito per uno scherzo, ma questo
è il peggiore di una vita intera – la sua – trascorsa a fare scherzi, ad ogni
compleanno ad un membro diverso della famiglia.
Siamo a bocca aperta. Non abbiamo
nemmeno la forza di urlare il suo nome, per imprecargli contro.
Lui compare nella stanza, stando bene
attento a dove mette i piedi.
Sta ridendo. Ride e si tiene la pancia, che gli
duole quasi dal troppo ridere. Mi ricorda tanto noi… George e Fred… Gred e Forge… e non
ho il coraggio di iniziare a sgridarlo.
“Buon complescherzo a tutti!”, urla
pieno di ilarità.
Si è vendicato. Eccome se si è
vendicato.
Poi qualcosa attira la sua
attenzione fuori dalla finestra. Si mette a correre, schizzando panna
dappertutto con le sue scarpe da ginnastica.
“Fred Weasley,
vieni subito qui!”, strilla Angelina, cercando al contempo di ripulirsi la
faccia, cosparsa di crema al limone. Lei è difficile da commuovere.
Il moccioso apre la finestra e
lascia entrare un volatile.
“Ciao, Coscetta!”, dice, ridendo e accarezzando il nostro gufo.
Lo ha chiamato lui così. Se vi state
chiedendo il perché… Beh, non è molto chiaro neppure a me, sebbene credo che
abbia qualcosa a che fare con le cosce di pollo, che Fred ama alla follia.
Coscetta
– mi fa impressione chiamarlo così – ha una busta nel becco. Fred gliela
sfila con uno strattone e la apre curioso. Dopo averne letto velocemente il
contenuto, mi fissa speranzoso.
“Papà”, dice dolcemente.
“Dimmi, piccolo Weasley
del malaugurio”, gli rispondo io,
tentando di nascondere una smorfia di complicità, ed assumendo un tono
scocciato ed infastidito.
Il piccoletto gira la lettera – come
se io riuscissi a leggere da quaggiù! – e domanda, a mo
di ordine: “Domani andiamo a comprare le cose per Hogwarts?”.
Mia moglie mi sta fulminando con lo
sguardo, ma io non riesco a proibire qualcosa al mio primogenito, soprattutto
perché mi somiglia.
“Certamente, Freddino”.
Gli sorrido.
Lui deglutisce, non molto convinto dal nuovo
soprannome, ma cancella subito l’espressione disgustata.
“Grazie, papà!”.
Mi sbagliavo…
… somiglia a te,
Fred.
FINE