Life
Won’t Wait
(
Rancid )
“Jesus and his desciples
wage a final war
Religions and procedures keep the quest for
the holy grail
The eye of the pyramid is open and awake
The pagans and their rituals and the choirs
won't begin to sing
The vision is the new world order
The vision is the new world order
The vision is the new world order
Life Won't Wait
The vision is the new world order
Come along and tell your sister and your brother
“
26 Ottobre 2000
La scuola è iniziata da
quasi due mesi e ormai posso dire con certezza che mio fratello aveva ragione,
tranne che per Andrea ovviamente, ma lei è un caso a parte. L’unico filo di erba verde in mezzo ad una catasta di erbacce e piante
malate. Non sto esagerando giuro…in questi cinquanta e passa
giorni, non ho fatto amicizia con nessuno. Ma
nemmeno una conoscenza superficiale con qualche compagno di classe, niente. La
maggior parte di loro sono talmente lontani da me e
dal mio stile di vita che mi chiedo come sia stato possibile fin ora non aver
ancora picchiato nessuno. Qualche ragazzo ha provato a farsi avanti,
all’inizio, pensando di approfittare di me e della mia “probabile” ingenuità
perché ancora non adattata al nuovo ambiente…ma hanno capito subito come stanno
le cose e ora non mi rivolgono più nemmeno la parola quasi avessero paura di me. E ogni
volta che, incontrandomi in corridoio, loro scappano dileguandosi in sala mensa
o alla biblioteca, Andrea se la ride. Sono molto divertente, sì. Fortunatamente
c’è lei, altrimenti non so bene cosa avrei fatto…probabilmente
mi sarei messa in un angolo della classe e sarei diventata l’asociale della
scuola, una ragazza complessata che minaccia con entrambi i pugni chiusi i
maschi che le si fanno incontro. Mah. Sono in classe ora, manca poco perché
anche questa giornata finisca. Io e Andrea siamo compagne di banco, praticamente una scelta obbligata. Ricordo che quando siamo entrate il primo giorno, ha preso tutta la roba di Charlie, che si era sistemato accanto a lei, e gliel’ha
buttata dall’altra parte della classe, con un sorriso smagliante sul viso
indicandomi la sedia nuovamente vuota. Eppure…eppure lì dentro nessuno sembra essere mal disposto nei suoi confronti come
nei miei, sebbene lei non sia uno zuccherino con quelli che ci girino attorno.
Persino le ragazze stranamente, la salutano ogni due per tre, spesso le passano
le soluzioni dei compiti in classe quando non sa
qualcosa (e non capita spesso. Lei è una di quelle fortunate persone che anche
senza studiare immagazzina tutto), cercano sempre tutti di starle più vicino
possibile. Ieri le ho chiesto cosa aveva fatto a praticamente
tutti gli studenti della scuola per ricevere un trattamento simile, ma lei ha
sviato il discorso “Io niente…poi capirai
comunque…” Mah. Poi capirò, ok.
”Damien…dato che ti vedo così attenta
alla lezione, potresti spiegare tu a Mark quali
sono state le ragioni principali della Rivoluzione Industriale Americana?”
la voce della professoressa Randem mi riporta per un attimo alla realtà.
Mi guardo intorno, nessuno mi guarda. Forse non hanno
ancora capito che non ho la vista laser come Superman.
Finisco per voltarmi verso il banco di Andrea, ma
naturalmente lei non c’è. Ha la febbre e la cosa non ci voleva.
Così scuoto la testa, alzo le spalle “Non
ne ho la più pallida idea” Qualcuno tossisce forzatamente nei banchi
davanti, mentre alcune ragazze prendono a sussurrare fra loro. Noto vagamente
anche un bigliettino passare di mano in mano. Ma non riesco comunque
a scompormi, è già la terza volta che succede una cosa simile e so anche come
andrà a finire. Per questo sposto la sedia all’indietro e mi alzo prima che la
professoressa possa aprire bocca “Damien…”
Mi volto verso di lei, mettendo mano alla porta “Sì, lo so, esco fuori. E resto davanti alla porta…” Prima che possa aggiungere qualcosa d’altro apro la porta ed esco
dalla classe, tentando di non sentire quei mormorii che mi giungono alle
orecchie. Come se nessuno di loro fosse mai stato sbattuto fuori
dalla classe perché non seguiva la lezione. Il corridoio è deserto, non sembra esserci un’anima. Mi allontano di
qualche metro dalla classe, appoggiandomi poi al muro e scivolando sul
pavimento. Le suole delle bonbon stridono per terra,
prima che il tonfo del mio sederino copra quel rumore fastidioso.. Tiro fuori
il cellulare dalla tasca, un modello vecchio di sei anni, e mando un messaggio
ad Andrea, giusto per metterla al corrente della “novità”. Scommetto che a casa
sua, nel suo letto, si metterà a ridere. Ormai, anche
se sono passati meno di due mesi, sembra già aver fatto l’abitudine a me e alle
cose che di me non funzionano. Infilo gli auricolari dell’mp3
nelle orecchie, premendo il tasto Play solo dopo aver chiuso gli occhi. Ecco, i
Nofx riescono sempre a tirarmi su il morale…calmarmi no, ma rinvigorirmi sì.
Non vedo l’ora di arrivare a casa e mettere mano alla chitarra, a costo di
rompere un paio di corde, ma devo sfogarmi in qualche modo. Linoleum è a tutto volume, non sento nulla all’infuori delle due
chitarre elettriche, del basso, della batteria e della voce di Fat Mike. Poi
qualcosa mi colpisce alla testa. Solo un tocco leggero, che non fa nemmeno
male, ma mi costringe ad aprire gli occhi. Sollevo lo sguardo
ritrovandomi di fronte un ragazzo, all’apparenza più grande di me. Deve
avere almeno diciannove, vent’anni. “Bè?”
la mia non è esattamente una domanda, credo che suoni più come una minaccia. Mi
tolgo un auricolare, lasciandolo cadere sulla maglia dei
Metallica che mi ha regalato Lou cinque anni fa, per consolarmi della
fuga di Alex. Mi va un po’ stretta, ma l’adoro troppo per buttarla via o
chiuderla in un armadio a fare le tarme. Lui porta le mani avanti, mostrandomi
i palmi aperti, in segno di resa “scusa
eh, ma ti ho visto qua tutta sola…” Oh no, un altro. Lo osservo per un
attimo, notando solo in un secondo momento la sua maglietta rossa, i jeans larghi e appena cadenti, una cintura borchiata, un
paio di Vans a scacchi neri e bianchi ai piedi. Mh. Non sembra uno di quei
classici figli di papà che si aggirano per la scuola e che trovo praticamente in ogni angolo. Loro si
che mi guardano strano, con le loro camice inamidate, i loro pantaloni di
velluto. Per non parlare delle ragazze, su cui avrei
qualche commentino in più, che non riguarda solo il modo di vestirsi o come si
relazionano con me e con quei pochi come me là dentro. Son poco puttane alcune
eh…Comunque, alzo appena le spalle, cercando di
mostrarmi totalmente disinteressata, come se fosse un buon modo per fargli
venire voglia di andarsene via “E mi
piacerebbe rimanerci tutta sola…” Gli rispondo, continuando a guardarlo.
Non mi capita spesso di andare in fissa sulla gente, ma
questo ragazzo ha un’aria familiare.. eppure è impossibile che io l’abbia già
visto da qualche parte, insomma qui si parla di migliaia di chilometri di
distanza tra Boston e Toronto, non bruscolini. Sarà la mia immaginazione,
niente da fare.. eppure..”Per me non c’è problema, ma si aggirano certi brutti tipi qua dentro
che..” fa per finire la frase, ma poi ci ripensa,
portando le mani dietro la schiena e piegando appena il busto verso di me,
tendendo le orecchie “Linoleum?”
chiede e mi viene spontaneo inarcare un sopracciglio. La conosce. Oh. Annuisco
e mi sorride, con uno sguardo complice che nuovamente mi fa pensare di
conoscerlo. O almeno di averlo già visto. Odio non
ricordarmi le cose, soprattutto se me le ritrovo sulla punta della lingua “Una delle migliori dei Nofx..
anche se personalmente preferisco Bob..” annuisce
alle sue stesse parole, sedendosi al mio fianco, con la schiena al muro.
Improvvisamente mi rendo conto che la sua compagnia non è poi così spiacevole
come pensavo all’inizio. Probabilmente il solo fatto che stiamo parlando del
mio genere preferito di musica, e in positivo, gli ha
fatto guadagnare una ventina di punti nella mia scala personale. Alzo le
spalle, concedendogli l’uso dell’auricolare rimasto, che quasi immediatamente si infila all’orecchio “Se
dobbiamo andare sulle preferite allora ti dico Drugs are Good…” Non è
esattamente quella che metterei in cima alla classifica, ma per ora la migliore
secondo il mio punto di vista non gliela dico. Ancora non lo conosco abbastanza
per dire che non riderebbe…e non mi va di farmi ridere
in faccia da un ragazzo di cui non so manco il nome. Come se mi avesse letto
nel pensiero “Ohh, grande
canzone.. comunque io sono Steve” mi tende la mano, anche se data la
vicinanza a cui ci troviamo non deve nemmeno fare un grande sforzo “ma solitamente mi chiamano tutti Stevo..”
Ecco, anche questo mi suona familiare…corrugo la fronte ma
non aggiungo altro in proposito e lui sembra stranito quanto me. Per un attimo
cala il silenzio, poi sorride. E sembra quasi sollevato, senza che io possa
capirne il motivo “Damien.. o Dam, per chi fa troppa fatica a pronunciarlo per
intero…” Gli stringo la mano, poi torno a guardare il pavimento di fronte a
me. Ehi, forse Lou non aveva poi così ragione! Andrea ne sarà contenta.. mi perdo nuovamente nei miei pensieri, la musica cambia,
si passa ai Placebo. Mh. The Bitter End. Adoro questa canzone.. anche se mi fa calare nell’umore più nero
esistente nella sfera delle emozioni. Sembra piacergli anche questa, perché non
mi chiede di cambiare, così socchiudo gli occhi per ascoltare meglio da quel unico auricolare che mi è rimasto. Restiamo
così per un po’, in silenzio, poi la porta della mia classe si apre. E’
Mark che si affaccia per metà, richiamandomi dentro. Mancano solo cinque minuti
alla fine delle lezioni. Mi alzo in piedi, spegnendo l’mp3,
infilandolo in una tasca dei jeans mentre con l’altra mano mi sistemo i capelli
dietro le orecchie. Ho convinto mio padre a farmi fare
le punte nere e com’è, come non è, mi sono venute da Dio. Anche se ho dovuto
tagliarli un po’ perché si stavano facendo troppo lunghi..
me è una brava Emo Girl. Bah. Si alza anche Steve, accennando un sorriso
guardando in direzione di Mark, che ancora mi aspetta sulla porta “guarda, hai anche la guardia del corpo
privata…” accenna un sorriso maligno, rivolgendo un saluto a dir poco
ironico verso il ragazzo. Guardo la scena e mi immagino
il mio compagno di classe rispondere con una smorfia, invece sorride. Un sorrisone a 848584 denti, manco gli fosse venuta una paresi
facciale, e ricambia il saluto con un gesto veloce della mano. Steve scoppia a
ridere notando la mia espressione perplessa, ma non aggiunge altro sullo strano
comportamento di Mark “Bè, a questo punto
ci troviamo in giro per la scuola Dam..” Mi fa un
mezzo inchino, ravvivando dentro la mia testa sempre di più quella sensazione di deja-vù, per poi abbandonare il corridoio, sparendo dietro
ad un angolo. Succedono le cose più strane qui dentro…
6 Dicembre 2000
Oggi mi sento euforica. Dire che sono felice è riduttivo, dire che sono agitata non
è abbastanza. E’ da due mesi che ci prepariamo a scuola per
il concerto prima di Natale e finalmente oggi è arrivato il giorno che
aspettavo. Qualcosa che accomuna me e altra gente, non capita
poi così spesso. Ho avuto modo in queste settimane di conoscere ragazzi
a cui piace la stessa musica che ascolto io, anche se abbiamo legato solo
superficialmente. Hanno le loro compagnie, i loro ritrovi fuori
da scuola e io non mi sono ancora ambientata abbastanza per uscire con
loro. E’ troppo presto e lo so benissimo anche io…In ogni caso è un gran
giorno, sì. Sono già in piedi sebbene la sveglia
indichi che manca ancora mezz’ora alle sette, un vero miracolo per me che
riesco ad alzarmi dal letto solitamente quindici minuti prima dell’arrivo
dell’autobus. Lou dorme ancora, ma per lui non è un problema, tanto ci mette
pochi minuti a prepararsi, non fa nemmeno colazione. Contento lui. Ho sistemato
Poi ecco che nella stanza
entra Stevo e tutti si fanno da parte, manco fosse il
Presidente in persona. Forse perché è il più grande là dentro, forse perché
nella scuola è rinomato, io decisamente non lo so
ancora adesso. E’ un po’ come per Andrea (che tra l’altro oggi filmerà tutto, o
almeno così ha minacciato di fare), ma ancora nessuno
dei due mi ha voluto spiegare il motivo di tanta reverenza ne io ho chiesto
qualcosa. Ognuno si fa i fatti suoi, giusto? In ogni caso, è entrato, mi ha
chiesto personalmente se poteva suonare con noi. Gli
ho chiesto se sapesse stare dietro alla batteria e gli altri ragazzi mi hanno
guardato come se fossi impazzita. Ma non ci ho fatto caso
sul momento e ho lanciato le bacchette in direzione del mio nuovo “amico”, che
le ha prese al volo, facendole girare fra le dita. “che devo suonarti Dam?” Ci penso un po’
su, risistemandomi poi la tracolla della chitarra. Gli altri non si muovono, ma
anzi, si siedono sui banchi e ci guardano come fenomeni da circo. Bah, sono
tutti strani qua dentro, e io che credevo di essere
anormale di mio. –decido di andarci giù dura, ignara completamente delle sue
capacità, solo per metterlo alla prova. “Vediamo
se sai questa..”
Parto con il mio accordo
preferito, nonché il più semplice in assoluto, Mi
minore rules. E mentre il suono si propaga, sotto ci infilo alcune note veloci. Non tocca ancora a lui, ma
dall’espressione che fa capisco subito che la conosce. E
da come tiene le bacchette capisco anche che la sa suonare. Glielo leggo negli
occhi. E rimango per un attimo a bocca aperta quando
mi fa tutto il primo pezzo di Dumpweed, la mia
preferita tra quelle dei Blink 182. Una parte di batteria ultra veloce che raramente un ragazzo di
diciannove anni, per quanto bravo sia, riesce a fare al primo colpo. A meno che naturalmente non si tratti di Trevis.
O di un suo sosia. Insomma, qualcosa di simile. Smette
di suonare fermando i piatti e quando parte l’applauso nemmeno mi volto verso i
miei compagni di classe. Mi avvicino alla batteria, portando un braccio sulle
spalle di Stevo, accennando un sorriso “Solo
per questo hai guadagnato un’altra ventina di punti…” prendendomi alla sprovvista mi passa
il suo braccio destro dietro la schiena, tenendomi per la vita, rimanendo
seduto sul suo seggiolino “E i primi
venti come me li sarei presi, sentiamo…” Indico con un dito le sue scarpe,
lanciando poi un’occhiata verso i ragazzi seduti sui banchi, che mi osservando
impietriti. Un paio guardano altrove, rigirandosi i
pollici. “Per le Vans naturalmente…”
Mi lascia andare sorridendo, per poi alzarsi. Si rivolge a tutti i ragazzi
questa volta, o almeno a tutti quelli che hanno uno strumento in mano “Bene adesso non ci resta altro che decidere
le canzoni da fare..qualcuno ha proposte?” Per un attimo nessuno simuove, poi ho alzo io la mano, con fare quasi
canzonatorio, tenendo il manico della chitarra con l’altra “pensavo che si potesse fare Makes no Difference..” alzo appena le
spalle, come se la mia fosse una scelta facilmente passabile. Dato che nessuno
mi risponde, do la colpa al fatto che è una canzone da
poco uscita, che il gruppo che la canta, i Sum 41,
ancora non ci conoscono molto. Però boh,
personalmente il video passare su mtv l’ho visto una volta sola. Non sono male questi, quattro se
non ricordo male, mi piace parecchio la canzone sopra citata. Vedo che Luck fa per aprire bocca e dire la sua, ma Stevo lo
anticipa, praticamente rimettendolo a sedere “Per me va bene, è una canzone abbastanza
facile, dovrei riuscire ad impararla in un paio di giorni…e tu ce la fai?” Cos’è,
una sfida? Gli altri ragazzi non si mettono in mezzo, anche se li vedo con la
coda dell’occhio borbottare qualcosa tra di loro.
Stevo richiama poi il bassista, gli dice qualcosa
all’orecchio e questo annuisce, raggiungendo il professore che aprendo il
portatile va alla ricerca della canzone. Ah, penso, ce l’hanno
già salvata su pc…forse li conoscono meglio di me
questi Sum 41.
“Certo che riesco ad impararla, anche prima di te…” Accetto ufficialmente la sfida, senza nutrire il
minimo sospetto.
Esco dai miei pensieri
all’improvviso, come mi capita spesso di fare. Mi accorgo che mentre rivivevo
quella giornata con la mente mi sono fatta fuori ben
due fette di pane tostato senza fare una piega e con tutto il burro che ci ha
spalmato sopra mi padre è già tanto che il colesterolo non mi sia schizzato
alle stelle. Mi alzo dal tavolo, notando solo all’ultimo secondo che mi fratello
è già davanti alla porta che si infila le scarpe ai
piedi. Ma come cavolo fa, dico io? Non
è che sono rimasta con la testa fra le nuvole, ci avrà messo 10 minuti
ad alzarsi, lavarsi, vestirsi e mangiare qualcosa…non è possibile. Se un giorno scoprissi che in realtà il mio fratello gemello
è Flash, non ne rimarrei sorpresa.
“Buona fortuna per oggi allora Dam..” mio padre mi carica la
borsa a tracolla, mi passa la chitarra. Ci manca solo che tiri fuori una
macchina fotografica come si fa prima del Ballo di fine Anno. Che tra l’altro arriverà tra qualche mese, già a scuola ci
hanno informato. E di conseguenza so già che non ci
andrò. Per diversi motivi a cui non ho voglia di pensare ora..ho decisamente altro per la testa.
Raggiungo Lou all’ingresso e insieme ci dirigiamo verso la
nostra solita fermata dell’autobus, che, una volta tanto, sembra farci un
favore arrivando con soli tre minuti di ritardo invece che dieci, impedendoci
di farci lasciare fuori dalla classe per tutta la prima ora. Quando
finalmente arriva, lo prendiamo al volo, un cenno della mano al conducente che
ormai ci conosce come le sue tasche, e io mi fiondo da Andrea, che mi sta già
aspettando al solito posto “Allora mia
bella, sei agitata?” Annuisco, ma poi alzo le spalle. Un po’. Non so. Forse.
E’ esattamente questo che mi salta alla mente, non so se essere ansiosa o meno,
alla fine si tratta solo di suonare una canzone davanti a mille e passa studenti, no? Mi ci dovrò abituare comunque, il professore che ci fa musica ha già detto che ci
sarà un concerto ogni volta che cominceranno le vacanze…quindi un altro per
Pasqua e uno a fine anno, senza contare che potrebbero infilarci dentro anche
qualche cavolata sul Carnevale. Sì perché alcune classi di
quinta andranno in gita in Italia e si è pensato bene di organizzare una
festicciola in stile napoletano a scuola, con maschere e balle varie.
Mah. Andrea tira fuori la telecamera, accarezzandola con un sorrisetto
furbo sul volto “Vedrai, sarà un successone…poi devi stare tranquilla se suona anche Stevo
nel gruppo…” Inarco un sopracciglio. Non gliel’avevo
raccontata questa parte. Non sapevo nemmeno che lo conoscesse, ma da come ha
pronunciato il suo nome non si direbbe che il loro
rapporto si limiti alla superficiale conoscenza. “Già…ma tu lo conosci di persona?” Chiedo, senza mettere a freno la
mia curiosità, notando con la coda dell’occhio che anche Lou ha teso le
orecchie. Chissà cosa gli importa dei ragazzi che conosce o non conosce Andrea.. Lei annuisce rimettendo la telecamera nello zaino,
sistemandosi poi il colletto della camicia rossa che indossa. Con la cravatta
nera mi ricorda vagamente Billie Joe
Armstrong dirante uno dei
suoi concerti. Mi osserva con quei suoi occhi verde scuro, reclinando la testa
verso di me “Lo conosco bene, sì…è un
amico di mio fratello…” Ma
non aggiunge altro. Così anche lei ha un fratello. Almeno non sono l’unica a
sapere cosa significhi sopportarne uno…
Sono in classe da almeno
un’ora e la professoressa continua a spiegare come se nulla fosse. Ovvio, a lei
cosa importa del concerto? Tanto non verrà mica a
vederlo…della mia classe nessuno suona, tengono la testa chinata sui
libri, prendendo appunti scarabocchiati che poi non riusciranno nemmeno a
leggere a casa loro. Quando già sto per farmi venire una crisi di nervi, la
porta si apre e ne fa capolino la testa di Stevo “Salve Prof…sono venuto a prendere Damien…” Lo guardo
come guarderei il mio salvatore persona e, prima che la professoressa Martin riesca ad aprire bocca, io sono già fuori dalla
porta con la borsa a tracolla e la custodia della chitarra sulle spalle. Mentre
attraversiamo il corridoio ci becchiamo come al solito
su chi suonerà meglio, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Dopo questi mesi
ho imparato ad apprezzarlo e posso dire che siamo
diventati..sì, amici. E’ una persona piacevole e poi
riesce a farmi ridere come pochi altri, cosa che qua dentro si sta dimostrando estremamente necessaria per la mia sanità mentale. Ci
dirigiamo in Aula magna e lì sistemiamo gli strumenti assieme agli altri
ragazzi che già hanno cominciato a provare. Estraggo
Alza le spalle,
riprendendosi le bacchette e raddrizzando la schiena “come preferisci Dam, allora il concerto non
lo possiamo fare noi…” Ecco. Lo sapevo, lo fa
apposta. Sa benissimo che farei qualunque cosa pur di suonare e adesso ne sta
approfittando. Ok, altre soluzioni non ce ne sono. Vero, anche lui la conosce
tutta a memoria, ma non posso fargliela cantare da solo
mentre sta dietro alla batteria, rischia di andarmi in panne. Gli mostro
i palmi delle mani aperte, in segno di resa “Però i cori li fai tu…” Alza nuovamente le spalle, andando a recuperare
l’asta di un microfono, che piega e si sistema per poter cantare stando seduto
dietro al suo strumento. Tutto è pronto a quanto pare.
Gli studenti cominciano ad
affollare l’aula magna e Andrea è già pronta lì con la
telecamera accesa che mi mostra il pollice alzato. Seduto accanto a lei c’è
Lou. Tiene un blocco di carta sulle ginocchia e una matita in mano. Oddio, lo
immaginavo..deve farlo per forza, è più forte di lui. Come ai
processi…disegnerà la scena. Gli sorrido mimando il gesto del disegnare e lui
annuisce.
Infine tocca a noi. Sistemo
nuovamente i volumi della chitarra, accendo la distorsione..Stevo ci da il quattro
con le bacchette e…si comincia. – Makes no difference to
me -
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E partiamo come al solito solito con i
ringraziamenti e le risposte alle recensioni XD
=FuckOffAndDie= -> Grazie mille per il tuo primo commento XD sono contenta che la fic ti
piaccia, ho già in cantiere il terzo capitolo e, anche se sembra poco normale,
il sesto >_>’’ mi è venuto in mente all’improvviso così mi sono messa a
scriverlo su carta, per ricopiarlo tutto mi ci vorrà un eternità XD Bacio :*
Rhye&Embrido -> Ahhh mie carissime ragazze, non vedevo l’ora di leggere
la vostra recensione per sapere cosa ne pensavate :P
come al solito ho usato la scrittura in prima persona, ormai lo sapete che non
riesco a farne a meno, è decisamente più forte di me U_U
Per quanto riguarda i nomi…Devo ammettere che ho messo apposta a Dam un nome
normalmente usato per un maschio, poi con l’avanzare della storia capirete
perché U_u Lou invece è semplicemente l’abbreviativo
di Luca, nome italiano, dato che la madre di entrambi aveva origini del nostro
paese. Ma anche questo verrà fuori solo in seguito :P
Per il resto, sì, il meglio deve effettivamente ancora venire, del resto sarà
proprio Andrea a scatenare il tutto…ma anche l’arrivo di Stevo, che è il
batterista dei Sum, ha dato una bella mano. In
seguito ne vedrete delle belle, spero possa piacervi
fino alla fine XD Un bacio ad entrambe :*