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Autore: Tati Saetre    31/08/2011    12 recensioni
Isabella Swan si trova a casa di Edward Cullen, a causa di uno scambio culturale.
Edward Cullen si trova a casa di Isabella Swan, per lo stesso motivo.
Uno a Forks, l'altra a Londra.
Riusciranno a incontrarsi, alla fine di questa gita?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Vi ricordo che questo è l’ultimo capitolo di ‘Scambio Culturale’. Ma vi ricordo anche che manca l’epilogo.
Buona lettura.
 
Ventesimo Capitolo
 
Isabella aprì gli occhi, più stanca del previsto. Come se non avesse dormito per tutta la notte.
Se li sfregò con energia, finché mise a fuoco ciò che la circondava.
Un tavolino di vetro dinnanzi a lei, e poi l’enorme TV al plasma. Poco più in là, c’era il piano cottura. Poi, la cucina.
Stordita si passò una mano fra i capelli, cercando di fare mente locale.
Era entrata nella sua camera, per togliersi l’abito del matrimonio.
Poi, Edward aveva bussato.
Si erano parlati.
E lei.. sì, lei l’aveva baciato e… Per vedere se il suo cervello fosse intatto, e non desse di matto, alzò un lembo del piumone per guardarsi il corpo.
Nuda.
Velocemente si ricoprì, guardando al suo fianco.
Era sul divano letto, da sola.
Lo sapeva.
Sapeva che Edward si sarebbe pentito, e che l’avrebbe lasciata. Sola. Come l’ultima volta.
Senza pensarci due volte scese dal letto, prendendo il cellulare.
Uno.
Due.
Tre.
“Pronto?” Un’Alice assonnata rispose dall’altro capo del telefono, e Bella si maledisse per non averci pensato di più, prima di chiamarla.
Infondo, quella era stata la sua prima notte di nozze.
“Sono andata a letto con Edward.” Via il dente, via il dolore.
“COSA?” Dovette allontanare l’apparecchio telefonico, stordita da quell’urlo. Alice si riprese, scuotendo la testa. “Isabella Swan, quando ti ho detto che con Edward dovevate chiarirvi, non implicava chiavarvi.
“Non sei d’aiuto, così.” Sbuffò l’amica, sedendosi nuovamente sul letto. Con il piumone che ricopriva il suo corpo nudo.
“Oh, amore mio! Anche tu non sei stata di grande aiuto! Tu e Edward dovevate solo parlarvi, per l’amor del cielo!” Un grugnito, provenne vicino ad Alice. “Jazz, rimettiti a letto.
“Scusa. La tua luna di miele. Okay, io vado.”
“Guai a te se provi ad attaccare, Isabella!” Alice scandì il suo nome, lettera dopo lettera. “Devi dirmi tutto, nei minimi particolari.”
“Edward non c’è.” Buttò lì, passandosi una mano fra i capelli.
“Cioè?”
“Non c’è. Quando mi sono svegliata, non c’era. Se ne è andato, te lo dico io. Mi ha lasciata. Di nuovo.”
“Vorrei precisare che sei stata tu a lasciarlo, nove anni fa.” Il grugnito questa volta lo fece Bella, alzando gli occhi al cielo.
Non poteva crederci. La sua amica non poteva mettersi dalla parte di Edward!
“E a me sembra che lui non sia mosso più di tanto, eh!” Sbottò inviperita, cadendo nuovamente fra le lenzuola, portandosi il piumone bianco dietro.
“Okay, non tocchiamo questo tasto dolente. Come fai a sapere che se ne è andato?” Chiese Alice, in un sussurro.
“Lo so e basta. Io queste cose me le sento. Se ne è andato, posso assicurartelo.”
“Ma quanto sei melodrammatica!” Urlò Alice, costringendo Bella ad allontanare il cellulare per la seconda volta.
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.”
“Ora mi sembri mia nonna. Hai il numero di Edward, no? Chiamalo.” Sembrava facile, detto così.
Ma Isabella non ne aveva il coraggio.
Aveva parlato a malapena con Edward, ma era stata pronta a concedersi a lui, di nuovo.
E non poteva chiamarlo. Piombare in quel modo nella sua vita, senza dargli una via d’uscita.
“Ora tu attacchi, e chiami Edward. Fallo, Isabella. Ti prego!”
“Ci proverò.” Ammise infine, sconfitta.
Ma quella era una bugia. Non l’avrebbe mai chiamato.
“Non riesci a mentire neanche per telefono. Ci sentiamo dopo. Ciao tesoro.” Non fece in tempo a salutarla, che Alice aveva già messo giù.
Aveva il cellulare in mano, mentre fissava il Display con insistenza.
Ed erano passati ben venti minuti.
Drin.
Un messaggio.
Con le mani tremanti, proprio come un’adolescente, aprì quella cartellina blu.
Chiamalo!
- Alice.
Con un sonoro sbuffo buttò il telefono sul letto, non rispondendo.
Non voleva rispondere.
Perché rispondere avrebbe implicato chiamare Edward. E lei non voleva chiamarlo.
Passarono altri e venti minuti, quando la serratura della porta di casa scattò. Impaurita si rifugiò sotto il piumone, da brava cretina.
Come se nessuno l’avrebbe vista.
Un altro scatto, e la porta si aprì del tutto.
Rivelando Edward Cullen, con i capelli bagnati e un sacchetto di carta in mano.
Appena vide Isabella, alzò le mani e sbuffò sonoramente.
“Diamine! Già ti sei svegliata? Credevo che avrei fatto in tempo.” Stordita, Isabella sbatté le palpebre.
“Come?”
Con il suo solito sorriso, Edward si avvicinò sedendosi accanto a lei.
“Mi sono svegliato presto, stamattina.” Spiegò, accarezzandole dolcemente i capelli. “Anzi, credo di non aver proprio dormito. Insomma, era presto e non sapevo cosa fare. Allora ho preso le chiavi che erano sul tavolo, e sono uscito.”
“Sei uscito?” Bella ripeté le sue stesse parole, alzando gli occhi al cielo.
Era uscito.
Non era partito per Londra. Era lì, con lei.
“Sì. Volevo prenderti la colazione.” E così, indicò il sacchetto che aveva in mano. “Poi ho visto che era ancora presto. E ho deciso di andare da Renée.”
“Da mia madre?” Sgranò gli occhi, stupita.
“Da tua madre.” Spiegò Edward, sorridendole.
“E… che avete fatto?”
“Abbiamo parlato, per lo più. Mi ha raccontato come è stata in questi nove anni, ed ha cercato anche di alzarmi le mani.”
“COSA?” Ora Bella era ancora più stupita.
“Sì… quando ha saputo tutta la storia.”
Allora Isabella capì. Renée aveva sempre saputo che lui l’aveva lasciata, per un’altra.
E poi, chiarendosi avevano deciso di non sentirsi più.
Peccato che quel chiarimento non c’era mai stato.
Oh.
“Eri preoccupata?” Le domandò, innocentemente.
“Credevo…” Imbarazzata, abbassò lo sguardo. “Credevo che te ne fossi andato. Cioè… che fossi partito.”
“Non lo farei mai.” E questa volta si avvicinò, per baciarla.
Lentamente, senza tralasciare nessuna parte del suo viso.
“L-la colazione…”
“Magari dopo…” Edward circondò la sua nuca con una mano, trascinandola su quel letto insieme a lui.
Insieme, di nuovo.
 
*
 
La testa le girava, nel secondo risveglio.
C’era troppo trambusto intorno a lei, e maledì chi lo stesse facendo.
Sgranchendosi le gambe e dopo una bella strofinata agli occhi, decise di aprirli per mettere a fuoco ciò che la circondava.
Sempre la sua sala, e la sua cucina.
E il tavolo di vetro davanti a lei.
Ma questa volta non era nuda. Indossava la felpa di Edward.
“Bella! Bella!” Ma questo non era Edward.
Jacob…
“Che c’è?” Chiese, con la voce impastata dal sonno.
“LEAH!” Urlò, dalla tromba delle scale.
Senza pensarci due volte Isabella scese dal letto, avviandosi alla porta.
Edward era dentro, accanto ad un uomo con il camice verde.
“Jake…” Sussurrò appena, sbattendo gli occhi.
“S-sta.. per partorire.” Annunciò infine il suo amico, con lo sguardo perso nel vuoto.
Spaventato fino al midollo.
“Jake, sta calmo. Dove la stanno portando?”
Jacob le se rivoltò contro, con una smorfia che gli dipingeva il viso.
“Sta per partorire, Bella. DOVE DIAMINE PENSI CHE LA PORTINO?”
“Giusto.” Ancora davanti alla porta di casa di Isabella, Edward uscì da casa Black.
“Tutto bene.” Annunciò, con la fronte imperlata dal sudore. “E’ in travaglio, ma penso che nel giro di qualche ora saranno nati.” Diede una pacca sulla spalla a Jake, cercando di trasmettergli sicurezza. “Tu intanto vai all’Ospedale con lei, noi ti raggiungiamo.” Come un automa Jake annuì, entrando nel suo appartamento.
Isabella guardò Edward, che con un sorriso le passò una mano sulle spalle.
“Vai a vestirti.” Le sussurrò soave, in un orecchio. “Non voglio che gli altri vedano le mie cose… così.” Precisò, indicando il suo abbigliamento.
Sì, perché sotto alla felpa, non aveva nulla.
Destabilizzata cercò di riprendersi momentaneamente, raggiungendo a grosse falcate la sua stanza.
Indossò un paio di Jeans e delle Converse nere, tenendo la felpa.
“Dai, andiamo.” Edward la stava aspettando nel salone, mentre le tendeva una mano.
Sempre mano nella mano entrarono nella macchina di Bella, e lei nel tragitto Casa-Ospedale chiamò Alice.
Nella sala d’aspetto erano tutti agitati, compreso Jake neo-papà che usciva dalla sala parto ogni tre secondi, sudato e agitato come non mai.
Quando dopo ben dieci ore – sì, proprio le ‘poche ore’ che aveva definito Edward, sentirono dei singulti provenire dalla sala parto.
Si alzarono tutti in piedi contemporaneamente, avvicinandosi alla porta chiusa.
Dopo due minuti, uscì Jake con le lacrime agli occhi.
Isabella gli si avvicinò, per abbracciarlo calorosamente.
“Auguri, papà.” Gli sussurrò in un orecchio, mentre lui la stringeva a sé con ancora più forza.
Dopo altre e due ore, poterono entrare per vedere Leah.
“Hey.” Alice le si avvicinò, accarezzandole dolcemente i capelli.
“Ciao.” Leah era stanca e assonnata, mentre con gli occhi lucidi salutava tutti. Un’infermiera portò subito i due bambini, nelle loro rispettive cullette.
Una tutina rosa per… Elizabeth Black e una tutina blu per… Robert Black.
Erano così belli, che Isabella perse più ore a cullarli, fissata da due occhi smeraldo.
Quando l’infermiera mandò via tutti, a Forks era calata la sera.
“Quando ci vediamo?” Domandò Alice, una volta nel parcheggio dell’Ospedale.
“Dopo una bella dormita.” Rispose per lei Jasper, tirandola per un braccio.
“Giusto.” Gli diede gomito Edward, guardando l’espressione crucciata di Alice.
“Ci vediamo domani, promesso.” Bella accompagnò tutto da un sonoro sbadiglio, baciandole una guancia. “A domani.” Si salutarono, e ognuno si diresse per le proprie case.
Una volta giunti nell’appartamento Swan, Bella si buttò a peso morto sul divano.
“Sono stanca morta.” Annunciò, sfregandosi gli occhi.
“A chi lo dici.” Sussurrò Edward, prendendola per i fianchi. “Dormiamo, amore mio.” Le disse infine, facendola scontrare sul suo petto.
E lei si addormentò immediatamente, felice.
 
*
 
Per la terza volta, svegliata dai raggi del sole che filtravano dalla finestra aperta.
Questa volta si svegliò con un sorriso felice stampato sulle labbra, convinta di avere qualcuno accanto a lei.
Peccato, che quando si voltò non c’era nessuno.
Di nuovo. Per la terza volta.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Questa volta non pensò se la sua amica stesse dormendo, ma compose il suo numero velocemente.
“Questa sarà la mia sveglia mattutina, vero?” La voce di Alice era assonnata, segno che ancora stava dormendo.
Accanto a Jasper. Con suo marito. Con l’uomo che l’amava.
Ma un singhiozzo la fece bloccare. “Bella?” Domandò cautamente, dall’altro capo del telefono.
“Se ne è andato, Alice. Ne sono convinta, stavolta.”
 
**
 
Ora avete capito la mia nota iniziale, vero?
Non uccidetemi. Epilogo dopo il sei settembre, sorry!
P.s: chi insinuava che i miei finali da soap erano scomparsi? Ehm…
   
 
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