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Autore: Satomi    01/09/2011    1 recensioni
[Jolanda, la figlia del Corsaro Nero]
[Prima classificata al "Limes Multifandom Contest" di TeaCoffee]
Quattro uomini colpevoli di aver osato troppo.
E per questo puniti.
#01. Ma questa volta il suo desiderio di porsi sullo stesso piano di Morgan - come capitano e protettore di Jolanda - gli sarebbe costato qualcosa di più della semplice reputazione.
#02. Odio che lo rese dimentico d’ogni precauzione, preso com’era dal piacere di veder il suo persecutore in difficoltà.
#03. Quando v’era stato da osare nei confronti della figlia del Corsaro, indifesa mentre i suoi protettori lottavano attorno a lei, aveva osato. Una volta di più. E per l’ultima volta.
#04. E il rancore, giunto al suo limite ultimo, era sfumato.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Rerum Salgarianum Fragmenta - Frammenti di cose salgariane'
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Per troppa infamia 

 

 


“Un intimo amico del conte di Medina e un po’ anche la sua anima dannata.”[1]
Non aveva errato don Raffaele a definir così Juan de Valera, ufficiale tanto audace quanto ambiguo. Neanche gli uomini con cui era in maggior confidenza avrebbero saputo dir cosa celasse il grigio dei suoi occhi mobilissimi, in cui sovente appariva una scintilla sprezzante e beffarda.
Il governatore di Maracaibo aveva trovato in lui, più che un amico, un braccio destro valente e senza scrupoli. L’ideale per custodire un prezioso ostaggio quale era Jolanda di Ventimiglia.
Senza tema che si facesse irretire dal suo fascino di fanciulla o sferzare dall’acuta favella della figlia d’un corsaro.

 

Il braccio di Valera era avvezzo a uccidere chi gli fosse d’impiccio, a viso aperto ma anche alle spalle, se occorreva.
Sovente la sua bocca era stata sporcata dalla menzogna, tanto da risultar sempre più convincente, e non gli era occorso poi molto per raggirare quell’idiota d’un francese e il suo compare, facendosi credere un galantuomo e un onesto ufficiale.
Non aveva un titolo da far rispettare come quei cialtroni di nobili che tanto tenevano al loro onore, lasciando che fossero altri a compiere per loro le peggiori nefandezze. Quanto alla coscienza, aveva imparato da tempo a chiuderla a doppia mandata in un angolo recondito del suo cervello.
Il conte di Medina, meno attento all’onore di quanto non paresse, l’aveva scelto come braccio destro anche per questo. Erano i risultati a interessargli, non i metodi.

 

Quando v’era stata l’occasione di gettare in mare don Raffaele a tradimento, non aveva esitato.
Quando aveva potuto aprire una nuova falla nel veliero che lo teneva in ostaggio assieme al conte,  non s’era risparmiato.
Quando s’era ritrovato dinanzi il piantatore, vivo e vegeto ma impaurito, non s’era lasciato sfuggire l’opportunità di sgozzarlo come un maiale quale era.
Quando v’era stato da osare nei confronti della figlia del Corsaro, indifesa mentre i suoi protettori lottavano attorno a lei, aveva osato.
Una volta di più.
E per l’ultima volta.

 

Il capitano, agile come un gatto, si era nuovamente gettato da una parte, precipitandosi addosso alla signora di Ventimiglia che non si era accorta del grave pericolo.
Già stava per cacciarle la spada fra le spalle, quando Wan Stiller, che era a pochi passi, e che aveva udito il grido di furore di Carmaux, con una stoccata poderosa inchiodò l'ufficiale alla parete, poi, ritirato il ferro fumante di sangue, tese il braccio armato per coprire la fanciulla.[2]

 

Era morto così il capitano Valera.
Con la spada dell’amburghese nel cuore e in corpo la stizza rabbiosa di chi ha mancato al suo dovere.

 

[450 parole]

 

 

 

Note dell’autrice: pur con tutta la buona volontà non sempre Salgari riesce a rendere odiosi gli antagonisti principali dei suoi romanzi; a mio parere gli riesce molto meglio coi personaggi secondari.
Perché se, nel Ciclo delle Antille, c’è un personaggio che detesto è proprio il capitano Valera. E non tanto per la sua falsità e ambiguità, ma perché ha tentato in tutti i modi di rovinare i piani dei corsari, si è accanito contro don Raffaele che non poteva nulla contro di lui e alla fine l’ha ucciso. In quelle righe ho imprecato contro di lui, contro Carmaux che si è fatto fregare come un’idiota, contro l’autore che ha mandato a morte un poveretto.
Però alla fine mi sono dovuta ricredere sullo zio Emilio.
Perché vedere il personaggio più odioso in assoluto ucciso per mano del tuo personaggio preferito è una bella soddisfazione, non trovate?
Satomi

 


[1] da “Jolanda, la figlia del Corsaro Nero”, VII capitolo. 

[2] da “Jolanda, la figlia del Corsaro Nero”, XXXV capitolo.

   
 
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