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Autore: MeliaMalia    03/05/2006    2 recensioni
Scusatemi, ma non ho resistito... E se Willy Wonka non avesse cercato un erede, ma una moglie?
Questo racconto vuole essere una gentile parodia di un libro e di un film che ho apprezzato molto; se vorrete commentare e consigliarmi, mi farete molto felice!
Completata! ^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO OTTAVO

Una porta fu aperta con rabbia; fu sbattuta con furia. Passi pesanti si susseguirono sul lercio pavimento. O uno yeti era appena piombato in città, entrando nelle case per mietere vittime, o sua nipote era finalmente tornata.
“Oh, cara! Com’è andata?” Cinguettò Nonna Dea, alzando il capo dalla tazza di tè fumante che stava consumando innanzi ad una calda stufa accesa, comodamente immersa in una vecchia poltrona.
“Non ti sembra una domanda un po’… stupida?” Sibilò Viola. Se uno sguardo potesse friggere le persone, la povera nonnina si sarebbe simultaneamente trasformata in una specie di buffo fritto misto gigante.
In effetti, la domanda era stata molto, molto stupida. Quando ci si trova davanti una fanciulla vestita di un rovinato abito da sera, sormontato da una vecchia, sgualcita giacca e con ai piedi scarponi da operaio, l’ultima cosa da chiedere è proprio ‘com’è andata?’. Si rischiano risposte che comprendono armi di distruzioni di massa.
Ringhiando maledizioni, Viola si avvicinò al fuoco, allungando le mani per scaldarsi; scoccò una nuova occhiata omicida nei confronti della nonna, che però, come suo solito, non riuscì a tenere la boccuccia chiusa.
“Ma insomma, cos’è successo?” Azzardò. I suoi occhi, più precisi di una calcolatrice industriale, avevano già adocchiato la preziosa stoffa del lungo abito della nipote, facendole forse intuire una parte di verità.
“Cos’è successo? Quell’uomo è pazzo! Pazzo!”
“Questo è un dato appurato.” Constatò pazientemente. “Ma cos’altro è successo?”
“Lui… oh Dio, anche a raccontarlo non ci credo! Lui ha organizzato delle prove! Per trovare moglie!” Scosse il capo, disperata, mentre tentava di liberare la sua chioma dalla neve che si stava sciogliendo. Ma quanta accidenti di lacca le avevano messo, quei nani mancati? Aveva i capelli più duri del cemento!
“Beh, e la novità dove sta?” Nonna Dea fece spallucce. “Era pure scritto sul giornale.”
Attimo di silenzio. Lungo, intenso attimo di silenzio. Infine, una domanda intelligente: “Eh?”
“Ma sì, era una cosa che sapevano tutti!” la nonna tacque, meditando. “Uhm. Non te lo avevo detto?”
“No.” Rispose Viola, la voce di qualche nota al di sotto dell’isteria. “Devi essertelo dimenticato, eh?”
“Beh, ormai è andata. Hai perso, no? Altrimenti non saresti qui…” Lei ricadde sulla poltrona, sconsolata e delusa. Le sue speranze d’ammogliare la nipote con qualcuno di schifosamente ricco sfumarono senza pietà alcuna, lasciandola sola nella sua depressione. E Viola non sopportava quell’espressione da cagnolino bastonato.
“A dire la verità…” Cominciò, prima di tapparsi con prepotenza la bocca. No. Se avesse raccontato cosa era accaduto in realtà, quella che ora era una cosina anziana e triste si sarebbe trasformata in una furia zannuta, che l’avrebbe trascinata nuovamente di fronte a quel pazzo. No. Per una volta, preferì l’amara menzogna alla pura verità.
Il guaio è che a volte sono i fatti a decidere per noi. E Viola ebbe modo di constatarlo immediatamente.
Il tetto della loro casupola crollò miseramente, mentre una specie di buffo box trasparente piombava nel loro salotto, distruggendo indiscriminatamente ogni cosa. La bocca della nostra protagonista assunse la forma di una O, osservando Willy Wonka che, dall’interno del suo ascensore semovente, le faceva allegramente ciao ciao con la manina.
Nonna Dea si alzò in piedi sulla poltrona, fissandolo con aria a dir poco stupita. Che divenne gioiosa. Che divenne estatica.
“Viola! Ci deve essere stato un ripescaggio! Forse hai ancora qualche speranza!” Esultò, saltellando gioiosamente, e rovinando a terra. La nipote, con un sospiro, la raccolse, sistemandola sulla poltrona.
Quindi, con sommo orrore di Wonka, stabilì, rabbiosa, che per quella giornata ne aveva avute anche troppe, di sorprese.
“TU!” Strillò, scagliandosi inutilmente contro le pareti di cristallo, e battendovi sopra con una furia tutta nuova. “Tu, maledetto pazzo! Vieni fuori ed affrontami, se ne hai il coragg… AIUTO!” L’ultima parola fu probabilmente imputabile all’azione di Nonna Dea, la quale, una volta recuperata una minima comprensione della situazione, si era affrettata ad atterrare la nipote, spiegando al cioccolatiere qualcosa che riguardava i frequenti cali di zuccheri di Viola, i quali, così parve di capire Wonka, la portavano a non certo pericolosi eccessi di isteria. Poi non poté aggiungere altro, dato che la poveretta, nel frattempo, aveva recuperato la postazione eretta, sovrastando le sue spiegazioni con altre urla di rabbia.
Molti vicini si affacciarono dalle loro case, attratti da quel rumore; quando notarono l’abitazione delle due distrutta da non-si-sapeva-bene cosa, decisero fosse cosa buona e giusta richiudere in tutta fretta le finestre, ritenendo inoltre opportuno serrare a doppia mandata le porte.
“Hai distrutto casa mia!” Seguitava nello sbraitare Viola. “Ho perso una giornata di lavoro! Ho subito traumi psicologici! Ho…” Cercò dell’altro. Lo trovò. “I MIEI CAPELLI SONO PIENI DI LACCA!” Stanca, distrutta, cadde a sedere sui calcinacci del suo tetto, prendendosi la testa tra le mani. Che cosa avrebbe fatto, l’indomani? Come sarebbero andate avanti?
Poteva sempre usare sua nonna nei combattimenti illegali, però… bastava dirle che vincendo le avrebbe trovato marito, e avrebbe fatto stragi. Sì, un ottimo piano. No, che accidenti stava pensando?
Ecco, quel pazzo aveva fatto uscire di testa anche lei. Ma che bello. Ora si sarebbero vestiti entrambi da coniglietti, per correre nel grande prato fucsia che solo loro potevano vedere… evviva.
Wonka si schiarì debolmente la voce, piuttosto preoccupato dall’aver intristito così una fanciulla. Possibile che con le donne fosse sempre stato così? Prima sua madre, che sembrava odiarlo senza motivo apparente; ed ora anche costei. Beh, forse questa aveva la scusante di una casa demolita, ma fatto stava che lo stava detestando senza che lui avesse realmente voluto ferirla.
Vedendola finalmente inoffensiva, aprì le porte della sua scatola, dalla quale uscì con un’eleganza tutta particolare.
“Ehm” Fu l’incipit di una conversazione sicuramente di alto livello intellettuale. “Err” Fu l’aggiunta geniale.
“Dì qualcosa di intelligibile, no?” Sibilò Nonna Dea, guru romantico di quella situazione totalmente all’opposto dei canoni romantici.
“Ah, sì. Uhm.” Viola neppure si disturbò ad alzare la testa per osservarlo: se l’avesse fatto, vi era l’alto rischio che la cosa si concludesse nel sangue. “Io… Ti chiami Viola, vero? Me lo sono ricordato.” Nascose di tutta fretta il guanto ove un umpa-lumpa gli aveva segnato il nome della fanciulla, e le rivolse un timido, brillante sorriso.
Gli occhi di lei si levarono dal terreno, osservandolo pieni di stupore. Aprì la bocca per parlare, ma non ne cavò un suono; e fu meglio, giacché qualunque cosa volesse uscire, sarebbe stata certamente una risposta non proprio gentile ed educata.
“Mi… dispiace di averti offesa.” Proseguì lui, d’un fiato. “Sono rimasto chiuso così a lungo in quella fabbrica da… beh, ho dimenticato le cose fondamentali.” Ammise, grattandosi il retro del cilindro. “Come la… come si chiama? La…”
“Buona educazione?” Suggerì in un sibilo Viola.
“No, non quella... quella cosa che si fa tra persone…”
Nonna Dea trovò opportuno arrossire violentemente.
“Ah, sì: conversazione!” Wonka, illuminato, si batté soddisfatto il pugno sul palmo. “Ho dimenticato persino quello, vedi?”
“Non so che farci.” Borbottò la ragazza, per nulla incline al lasciarsi addolcire.
“Vorrei che tu dimenticassi quello che è successo… vorrei una…” Spiò di fuggita la scritta sull’altro guanto. “Ehm, vorrei una seconda possibilità.”
“Seconda possibilità?” S’intromise ovviamente Nonna Dea. “In che senso?”
Oh, no. Viola attese con timore lo scoppio della bomba.
“Io le ho chiesto di sposarmi” spiegò Wonka con aria afflitta e colpevole. “Ma è stata una cosa molto offensiva, e…”
“OFFENSIVA?”
“Sì, ma voglio porgere le mie scuse, così da…”
“LE SUE SCUSE?” Nonna Dea, non potendo scrollare con rabbia la nipote, scrollò il povero cioccolatiere, già assai pentito d’aver abbandonato la sicurezza della propria fabbrica. “Sono io quella OFFESA! Viola! TU! Sangue del mio sangue… Hai rifiutato un matrimonio con un…”
“… Con un insensibile, folle idiota miliardario. Sì!” Ribatté la nipote, mentre Wonka tentava di stabilire se catalogare quegli aggettivi come insulti.
“E’ sempre quella storia del calo di zuccheri, signor Wonka. Ha rifiutato solo per un calo di zuccheri.” Tentò di salvare la situazione Nonna Dea; ma lui, più serio del dovuto, la superò, camminando verso Viola. Si fermò di fronte a lei, entrambe le mani poggiate sul buffo bastone.
“Perché sei venuto qui?” Ringhiò la fanciulla, sempre seduta su quello che fu il suo tetto.
“Perché volevo…”
“Perché non ne cerchi un’altra?”
“Perché ho trovato te.”
“Io non ti voglio.”
Furono parole fredde. Orribilmente fredde. Così gelide, da far dipingere un’espressione dolorosa sul volto dell’uomo; da spingerlo a voltarle le spalle, tornando al suo ascensore.
“Ma no, sta scherzando, è solo una ragazza…” Azzardò Nonna Dea, tentando inutilmente di fermarlo.
Il cioccolatiere raggiunse il suo ascensore, ma si voltò nuovamente ad osservarla. Ad osservare quella giovane dai capelli spettinati, dall’abito elegante parzialmente coperto da una giacca da quattro soldi. Ad osservare i suoi grandi occhi blu annacquati da lacrime di rabbia.
Infine, si voltò, salì a bordo. E ripartì.
Il silenzio e il gelo in quella casa furono del tipo più meschino e pesante che si possano sopportare.
“Viola…” Nonna Dea tentò di avvicinare la nipote, che però di alzò con rabbia.
“Lascia perdere. Devo ricostruire il tetto.”
Il resto della giornata fu caratterizzato da martelli che colpivano dita anziché i chiodi, e maledizioni che fecero fischiare le orecchie ad un famoso cioccolatiere.




Ecco, ci siamo quasi... ancora un capitolo, e forse avremo finito xD
Ringrazio moltissimo tutti coloro che mi seguono e mi recensiscono... senza di voi questa storia non potrebbe vedere una fine! ^^
Continuate a farmi sentire il vostro calore... e le vostre risate xD
   
 
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