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Autore: _Clarita_    01/09/2011    2 recensioni
Hanno sempre un loro fascino le soffitte, come anche le cantine.  
Che siano poste ai piani alti o negli scantinati non fa differenza, assolvono lo stesso compito: ammucchiare ricordi.
  
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Primo "esperimento", per me, in questa sezione.
1.379 parole per un monologo interiore dopo una mattinata polverosa in compagnia dei propri fantasmi.
Ispirita alla canzone "Ho messo via" di L.Ligabue.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hanno sempre un loro fascino le soffitte, come anche le cantine. 
Che siano poste ai piani alti o negli scantinati non fa differenza, assolvono lo stesso compito: ammucchiare ricordi.
È strana la sensazione che si prova quando arrivi davanti quella piccola porta: quasi paura. Che tu sia adulto o bambino, quella, non cambia mai, avrai sempre un po’ di timore ad entrarvi.
Da bambina credi che sia la tana di qualche mostro o fantasma, ci entri tremolante e solo se accompagnata dal tuo Papà – a quell’età pensi che lui sia un eroe che ti difenderà da tutti i cattivi.

Da  “grande” le cose non cambiano poi di molto se ci riflettiamo un attimo.

Quella porta ti separa da altri mostri, da altri fantasmi, dei quali, forse, tuo padre non ne conosce l’esistenza e da cui non potrà difenderti – anche se continui a vederlo come un eroe. 
Ti  fai coraggio, infili la chiave nella toppa e giri.
Fai fatica perché è arrugginita, non la apri spesso, non vorresti farlo nemmeno ora.
Alla fine lo senti quello scatto nella serratura, quell’aprirsi cigolante.

È solo la porta a cigolare? Solo lei era bloccata? 

La morsa che senti alla bocca dello stomaco e il nodo in gola ti danno le risposte.
Accendi la luce. È fioca. Chissà perché è così in tutte le cantine? Dovrebbe essere più forte quella luce, se vai lì, è per cercare qualcosa, come fai a trovarlo se non si vede nitidamente.

È per nascondere quello che non vuoi vedere? A che serve?

Tanto lo sai che lo vedrai,  quello scatolone ormai ingiallito che ha il tuo nome scritto con inchiostro verde a caratteri cubitali.
È lì. Riposto ai piani bassi in modo da poterlo aprire quando vuoi.  Come è stato premuroso tuo padre quando l’ha sistemato. 
È grande.
Contiene i tuoi quaderni d’infanzia  -solo quelli con i bei voti; i vecchi libri che non hai voluto dar via << È cultura! Non si butta via la cultura!>> rispondevi piccata a tua madre, quando dalla fase “le mensole nella mia camera servono solo per lo stereo e le videocassette”, eri passata a quella “papà mi serve una libreria, non so dove mettere la trilogia di Re Artù e tutti i miei gialli”. Da un eccesso all’altro: dalle isterie della prof delle medie perché non riusciva a farti leggere nemmeno la lista della spesa, a quelle di tua madre che odia ancora oggi il tuo prof di lettere del liceo che ti ha consacrato al sacro fuoco della lettura. Che magia abbia fatto non lo sai nemmeno tu. Sia chiaro, anche la tua mamma voleva che leggessi di più … ma avrebbe preferito che il passaggio fosse graduale, non dal niente al tutto rimettendoci qualche diottria e dimenticandoti anche di mangiare per finire il tuo libro.
Si è arresa, alla fine, all’amabile incoerenza della figlia.
Lo ignori. Cerchi ben altro, non sei lì per lui. Non hai tempo per quello che vorrebbe dirti, che vorrebbe farti vedere, lo sai già quello che c’è là dentro.
Frughi, cerchi, apri a caso le altre scatole: non vuoi aprire la tua scatola!
Ci sbatti contro un ginocchio. Sullo spigolo. È di cartone ma fa male lo stesso se preso nei punti giusti.
Lo guardi storto.

<<È inutile mettere a soqquadro l’intera soffitta … il libro che stai cercando è proprio qui!>> sembra dirti la faccina sorridente che avevi disegnato vicino al tuo nome, anni fa.

Sbuffi. Sorridi amara, sconfitta dal caso o da te stessa per aver scelto sempre il tuo scatolone per riporre le tue cianfrusaglie, pur sapendo cosa ci avevi nascosto dentro. E lo apri, di malavoglia.
Quel libro ti serve.
Per fortuna si trova in superficie, non dovrai svuotarlo tutto, lo scatolone. Non ti troverai nulla di scottante e doloroso tra le mani. Non dovraivederla.  Ne sei certa e tiri un sospiro di sollievo …

Ingenua!

Eccola lì.

Subito sotto il dannatissimo libro di diritto del liceo che cercavi da tutta la mattinata.

La riconosci immediatamente.

Una scatola di stoffa rossa.

L’hai rivestita in quel modo per darle un tocco antico. Per renderla una gelosa custode dei tuoi ricordi.

I tuoi ricordi  di lui, con lui.  

La fissi per un tempo che ti sembra infinito e non puoi far a meno di sentirli ancora vivi dentro di te, quei ricordi.
Una lacrima fa capolino velando i tuoi occhi verdi.
La sfiori leggera come se avessi paura di farle male. Lo stesso male che lei fa a te.
Vorresti richiudere tutto e scappare via ma non ci riesci. Sei come incatenata.

Non puoi farne a meno. È una calamita. La apri.

Una Pandora dei tempi moderni con il vaso dei suoi dolori tra le mani.
È leggera. È vuota.
Lo sai. L’hai svuotata tu.
Hai bruciato tutte le lettere che gli avevi scritto –tenevi le brutte copie per rileggerle, come se non le sapevi già a memoria – e le sue risposte, bagnate dalle tue lacrime.
Hai bruciato la foto che ritraeva i vostri primi sorrisi, inconsapevoli di dove, questi, vi avrebbero portati.
Hai bruciato quel vostro strano contratto scritto su un tovagliolo del bar. Lui ti avrebbe accompagnata alla tua prima lezione all’università e al tuo primo esame, tu avresti seguito una sua noiosissima lezione di ingegneria –non ricordi più quale fosse la materia esatta.  Non ricordi nemmeno ilpegno da pagare in caso di accordo disatteso: sicuramente sarebbe stato, comunque, del tempo speso insieme.

A lezione sei andata sola.

Il tuo primo esame lo hai sostenuto da sola.

Lui ti ha lasciata sola.

-Abbiamo vite troppo diverse. Tu hai la maturità quest'anno. Io sono già al secondo anno di università. Abbiamo ritmi diversi.- Ti disse sulvostro muretto. Stronzate! Avevate quasi gli stessi amici, frequentavate gli stessi posti.

Hai bruciato tutto, prima che quel tutto bruciasse te.

Prima che il ricordo di lui ti logorasse, ti portasse a fondo, anche se eri già arrivata a metà strada – sei più risalita da lì?  
Lo hai fatto una Domenica sera.
Dopo averlo visto come ogni Domenica mattina. Dopo che ti aveva salutato triste, e inconsapevole che tu lo eri più di lui.

Molto più di lui.

Lui che ti trafiggeva con lo sguardo, ma sosteneva che il tuo era più bello e penetrante.

Lui che ti spezzava l’anima con le sue parole –suggerite da altri.
 
Lui che non sapeva quello che avevi fatto la sera prima, nel tentativo di smettere di soffrire.  Stupida!
 
Lui che non sapeva che volevi solo ubriacarti e dormire.
 
Lui che non sapeva che, invece, ti eri svegliata con un segreto in più quella mattina.  
 
Non sei più ritornata nel vostro posto da quella Domenica mattina.
 
Hai bruciato tutto, ma non la scatola.
 
Ti eri ripromessa che l’avresti riempita con nuovi ricordi, i ricordi di un altro …
 
.. volevi sostituirlo … 
 
Quella scatola è ancora vuota.
 
Sei riuscita a farti quei nuovi ricordi di cui bearti, ma non sei mai riuscita a riempire quel vuoto.
Hai fatto un po’ di posto, senza aspettarti nulla ma di posto vuoto ce n'è stato, ce n'è, ce ne sarà.   
Hai messo via un po’ di legnate, i segni quelli non si può, il male della botta prima o poi passa ma il livido rimane per tanto tempo a ricordarti quel dolore.
Hai messo via i consigli, perché a sbagliare sei bravissima da te.
Hai messo via i rimpianti, i rimorsi, i perché …
… ma non riesci a spiegarti perché non riesci a metter via lui 1.
 
A bruciarlo, a cancellarlo.
 
Lui sarà parte di te, sempre.
 
Quello che hai fattoper lui sarà il livido che non sbiadirà mai.
 
Senza di lui, non saresti la persona che sei ora.
Non puoi dire se è un bene o un male. Non sai come saresti se la tua strada non avesse incrociato la sua.
 
Di sicuro, non sapresti che sapore ha il dolore.
 
Ma tu devi saperlo! Fa parte del gioco! Non puoi barare!
 
Di sicuro non conosceresti nemmeno il sapore della rinascita.
 
 
Lascia aperto il tuo vaso, Pandora2, fintanto che anche la Speranza possa uscire libera .
 
Lascia che la speranza ti ridia il sorriso.

Non ti inaridire.

Lascia che l’Amore ti ritrovi.

Non ti nascondere dagli altri.

Abbi il coraggio di rialzarti.

Abbi la forza di rinascere come un’Araba Fenice3.  
















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NdA
1
: Citazione (in parte modificata) della canzone Ho messo via di Luciano Ligabue.
2: Il vaso di Pandora era un dono fatto a Pandorada Zeus, il quale le aveva raccomandato di non aprirlo. Pandora, che aveva ricevuto dal dio Ermesil dono della curiosità, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la Speranzache non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali. Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la Speranza. (Fonte: Wikipedia)
3: La fenice, spesso nota anche con l'epiteto di Araba fenice, era un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte.
(tutto il mito della fenice può essere letto su Wikipedia)

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