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Autore: Camelia Jay    01/09/2011    5 recensioni
Sotto un'apparente gentilezza e generosità verso tutti, Nicole Hicks è riuscita a costruirsi una buona reputazione, e sa farsi adorare da tutti.
Poi arriva una persona a far vacillare la sua gloria, Luke, nonché il ragazzo apparentemente innocuo per lei che invece, a quanto pare, è l'unico che riesce a vedere davvero la superbia e la presunzione che si celano dietro la maschera di infinita bontà della ragazza.
Ma dietro quella vita vuota fatta di studio e orgoglio c'è posto per qualche sentimento? Dal Tre:
«Fermati!» gridava l’altra, senza che nessuno la sentisse o facesse caso a lei. «Mettimi giù istantaneamente! Aiuto! Sequestro di persona!» Agitava le gambe disperatamente, ma il fisico ben allenato di Luke gli permetteva di non cedere. [...] Poi, ringhiò, in maniera più simile a un chihuaua iracondo che a una ragazza: «Quanto ti odio!»
«Anch’io spero che possiamo andare d’accordo, Nicole.»

Rating giallo per i capitoli futuri... e non abbiate paura: non mordo ;D
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei

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È incredibile quante cose bisogna sapere

prima di scoprire quanto poco si sa.

Wiston Churchill

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«Popcorn?»

Nicole si vide arrivare davanti agli occhi un contenitore di cartone traboccante di fragranti palline bianche, che le oscurava la vista dello schermo. Era sicura che al tatto fossero ancora caldi.

Così invitanti.

Deglutì, lo stomaco che brontolava. Fece appello a tutta la sua forza di volontà. «Non ci penso neanche; hai idea di quanto sale ci sia in quei cosi? Ma lo sai che il sale ostruisce le arterie? E che può provocare ipertensione?» rispose seccamente, in tono accusatorio.

La sala era coperta da un tenue telo di oscurità, mentre lo schermo era vivido dei colori catturati dalla cinepresa e illuminava a scatti la pelle di Nicole. Nonostante la folla ordinatamente seduta sui sedili scarlatti, governava un silenzio tombale.

Luke ritrasse la mano con il cartone dei popcorn. «Come vuoi. Ma ancora non hai mangiato nulla; sicura di non volerne?» le chiese, in un lieve sussurro.

«Non sono io che non mangio, sei tu che ti strafoghi di schifezze senza un po’ di pietà per la tua salute» rispose lei, lo stesso tono di voce per non urtare il resto degli spettatori.

In quel preciso istante, un attore esordì all’interno dello schermo, entrando in scena con una battuta disarmante e che pareva del tutto spontanea. Il resto degli spettatori esplose in una grassa risata che riempì il resto della sala.

Il fiato le si mozzò in gola. Afferrò di scatto il cartone dei popcorn dalle mani dell’altro, ne prese una manciata grossa quanto il suo pugno e se la ficcò tutta in una volta in bocca, premendo con la mano; tutto ciò allo scopo di non fargli vedere che stava trattenendo una fragorosa risata.

Dalla bocca di Luke uscì una risata limpida, sincera. Nicole non osò riflettere su una domanda: rideva per la battuta del film o per la sua reazione improvvisa? Era un elemento così comico? Si strinse nelle spalle, restituendo i popcorn e affondando, umiliata, inghiottita dal sedile color cremisi. Poi scosse la testa, e si tirò su, la schiena dritta: c’era poco da sentirsi umiliati. Se c’era una cosa di cui era sicura, infatti, era che se Luke aveva riso a causa sua non era stato per prenderla in giro o per rinfacciarle qualcosa. Non era di certo la risata di qualcuno che ti vuole umiliare.

Allungò di nuovo la mano e la sommerse nella massa di popcorn, impugnandone un’altra abbondante manciata.

«Così non ti sembra di esagerare?» le domandò poi lui, scherzosamente.

«Cosa?» fece lei, sbigottita. «Io ti sto aiutando a diminuire il grado di ostruzione delle tue arterie e tu non mi dici neanche grazie? Anzi, mi accusi che sto esagerando? Bell’amico che sei.»

Passò appena un istante prima che la ragazza si rendesse conto di ciò che era appena uscito dalle sue labbra, e si dimenticò per un attimo del film. Sussultò.

Bell’amico che sei.

Si voltò verso Luke. Anche lui la stava guardando. Si fissarono negli occhi per i più lunghi secondi della sua vita. Poi si schiarì la voce. «Ehm, dimenticati l’ultima cosa che ho detto. Sono stata chiara?» cercò di apparire minacciosa.

Lui, con un sorriso di soddisfazione, le passò di nuovo il cartone di popcorn. «Cristallina.»

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Nicole si ostinava a guardare fuori dal finestrino, durante il viaggio di ritorno: qualsiasi cosa pur di non far vedere a Luke la sua espressione che malcelava una nota di divertimento.

Durante la visione del film, più pensava con amarezza che le scene erano il picco della demenzialità, e più faticava a non ridere.

In certi momenti non era neanche riuscita a trattenersi, e temeva che il suo compagno se ne fosse accorto. Anzi, molto probabilmente l’aveva non solo notata, se l’era anche goduta. Ragion per cui era meglio tacere e far finta di essere intenta a osservare fuori, il bel paesaggio cittadino.

«Nicole» la sua voce la fece sobbalzare.

«S-sì?»

«Ammettilo: il film ti è piaciuto.»

Nicole avvampò in viso e incominciò a gesticolare nervosamente con le mani, lo sguardo basso. «Come può essermi piaciuto? Sfoggiava una demenzialità unica, nel vano tentativo di dipingere una parodia della nostra società. E poi alla fine, quei due che si mettono insieme… giusto per aggiungere un tocco di romanticismo, mi sembra chiaro.»

Lui sospirò. «Inutile: ti ho vista, mentre con la mano ti coprivi la bocca piena di popcorn per non farmi vedere che ridevi a crepapelle.»

Dannazione, dannazione, dannazione. «Se fossi stata l’unica di tutta la sala a non ridere, la gente avrebbe pensato male di me. E poi ho riso soltanto perché quel film mi faceva pietà.»

«Come no.»

«È inutile che cerchi di convincermi del contrario con il tuo sarcasmo, Luke. Le uniche cose che guardo in televisione sono i documentari, che altro potevi aspettarti?» Ora non poteva fare a meno di guardarlo per studiare la sua espressione. Qualche secondo più tardi, si decise e cambiò completamente discorso: «Luke, domani dove mi porterai? Perché sai, prima il Luna Park, poi una stupida commedia al cinema, stiamo cadendo dalla padella alla brace.»

Lui parve pensarvi per un po’. Infine scrollò bonariamente le spalle. «Boh, e chi lo sa? Domani vedremo.»

«Come?» Nicole aggrottò un sopracciglio. «Non hai la minima idea di quel che vuoi farmi fare domani? Come si fa a essere così disorganizzati?»

Ancora una scrollata di spalle. «L’estate è così: imprevedibile. Ti lascia così tante possibilità e così tanto tempo libero che hai solamente l’imbarazzo della scelta.»

Nicole scosse la testa. «Sarà.»

Luke diede un’occhiata all’orologio. «Ti ho fatto fare tardi più del previsto. È già ora di cena per te?»

«No, tranquillo, stasera i miei arrivano tardi dal lavoro. Lo fanno spesso. Quindi sono abituata a mangiare piuttosto tardi.» Niente arroganza o cattiveria in quella frase; solo un tono indifferente che lasciò Luke di stucco. Finora era la frase più “gentile” che gli avesse rivolto.

Una volta giunti a destinazione, Luke accostò per permetterle di scendere. Volle prenderla di sorpresa, così mentre lei apriva la portiera lui ripeté una battuta del film che avevano visto.

Nicole si morse un labbro e strinse forte la maniglia, ma alla fine non riuscì a evitare di ridere sotto i baffi. Cercava di nascondersi, ma Luke poteva vederla comunque. Rimase a guardarla mentre rideva, capendo che sì, ne valeva la pena – nonostante le maledizioni che gli avrebbe lanciato Nicole per aver “tentato invano” di farla ridere.

Con una finta rabbia, Nicole gli voltò le spalle e si diresse verso casa.

Lui non partì, ma la osservò giungere alla soglia; rovistare nella borsetta; tirare fuori un libro che le era d’impaccio; infilarselo tra le gambe perché non sapeva dove metterlo; estrarre finalmente dalla borsa la chiave; infilarla nella serratura; prendere il libro stretto tra le ginocchia; rimetterlo nella borsetta.

Nicole girò la chiave e, dopo aver aperto la porta, entrò in casa, così che Luke ora non poté far altro che proseguire nella sua auto verso casa propria.

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«Che ti prende, Nicole? Anche stasera non mangi?» Nella voce di sua madre c’era più irritazione che apprensione, e ultimamente le pareva che la figlia fosse diventata alquanto strana – anche più del solito!

Nicole osservava i lunghi spaghetti conditi – e che diamine, doveva mangiare sempre quelli per cena? – con la più totale indifferenza. Ma lei sembrò non udire nemmeno la voce della madre; nella sua testa popolavano ben altri pensieri.

Quant’era che non si faceva una grassa risata felice e spensierata come quella di quel giorno? Okay che i libri sono un grande piacere, eppure mai nessun libro le aveva permesso di ridere così fragorosamente nell’anima. E con Luke si era anche dovuta trattenere, ma probabilmente se fosse stata sola avrebbe dato sfogo a tutta la sua allegria.

L’aveva messa piuttosto di buonumore, anche se non voleva ammetterlo.

«Ehi, Nicole Kimberly Hicks, sto parlando con te, signorina!»

Nicole sollevò lo sguardo; ora era lei quella irritata. «Mamma, la vuoi smettere di interrompermi mentre sto pensando, o ti fa troppa fatica?» Si accorse solo ora di essere a tavola insieme ai suoi genitori. Bentornata sulla Terra, Nicole.

«Nicole, mangia quei benedetti spaghetti» le ordinò suo padre, benché con pacatezza e senza un minimo di polso.

Non sopportava più né mamma né papà.

Lei perché prima le imponeva d’impegnarsi a scuola, poi le diceva che esagerava e poi si arrabbiava perché era arrivata seconda in classifica.

Lui perché con la sua tranquillità e il suo affrontare passivamente tutte le situazioni, pareva quasi non provare il minimo interesse riguardo a qualsiasi cosa di cui Nicole parlasse.

Nicole sospirò. Ficcò in bocca, finalmente, una forchettata di spaghetti.

La signora Hicks deglutì. Sapeva che prima o poi il momento di porre quella domanda sarebbe arrivato, e alla figlia non avrebbe fatto piacere. «Nicole, cosa sono tutti quei sospiri? E dove te ne sei andata a spasso, oggi? E ieri? Sei uscita con una tua amica? Mmm, non credo, perché in questi giorni mi sembri troppo turbata. Di’ la verità» e si sporse sulla tavola, verso di lei, e abbassò il tono di voce come se qualcun altro potesse udire la loro conversazione. «Ti sei innamorata, Nicole?»

Nicole sbarrò gli occhi e gli spaghetti le andarono di traverso. Iniziò a tossire convulsamente, e non si riprese finché non ingollò un grosso sorso d’acqua. «Spero con tutta me stessa che tu stia scherzando, mamma! Tu non capisci minimamente.»

«E allora facci capire, signorina» la esortò il signor Hicks.

Nicole socchiuse la bocca per far uscire qualcosa. Una frase, una parola, un verso, un mugolio. Andava bene anche un semplice gemito. Ma non uscì niente, nemmeno il suo fiato.

Come poteva spiegare quel che le era successo? Loro non avrebbero capito. S’immaginò la scenetta:

«Mamma, papà, dopo aver visto che sono arrivata seconda in classifica sono uscita da scuola e sono svenuta; ho perso la pazienza quando Luke Kendrew è venuto a soccorrermi e lui ha pensato bene di sequestrarmi e condurmi sulla via del gioco d’azzardo. Così abbiamo scommesso che sarebbe riuscito a farmi divertire e mi ha trascinata a forza al Luna Park e poi oggi al cinema a vedere una stupida commedia, ma il bello di tutto questo è che io ero consenziente!»

No, non suonava per niente bene. Così decise che, essendo brava a fingere, doveva farlo anche questa volta: «No, no, non è vero. È che… sono uscita con Jane, oggi. Jane Williamson, avete presente?» In realtà loro la conoscevano appena, solo un po’ i loro genitori. Ecco perché era perfetta.

Loro non notarono la figlia che muoveva nervosamente le mani sotto il tavolo. «Ah. Sì, ho incontrato sua madre, oggi, al supermarket, e mi ha detto che Jane sarebbe andata a una convention sui fumetti. E così sei andata con lei?» chiese sua madre, entusiasta.

Nicole nascose un’espressione di disgusto. In tutti i posti dove poteva andare Jane, proprio a una convention sui fumetti, dei quali lei non sapeva assolutamente nulla? «Esatto.»

«Wow, Nicole, non sapevo stessero iniziando a piacerti i fumetti!»

«Ecco… in realtà ci sono andata solo perché le faceva piacere.»

«E com’è stato?» domandò suo padre. «C’era qualcosa d’interessante?»

Colpita e affondata. Tramò nel giro di pochi istanti una nuova strategia. La fuga. «È stato molto… vignettoso.» Da quando in qua m’invento le parole?! «E ora scusate, ma devo andare a fare una ricerca su Internet… sui fumetti!»

Si alzò e a passo svelto, quasi di corsa, salì le scale per andarsene in camera sua.

Chiuse la porta dietro di sé con una gradevolissima sensazione di sollievo. Si appoggiò al legno di ciliegio e si lasciò in balia dell’oscurità che governava nella stanza.

In quel momento non le importava se i suoi genitori avessero dei sospetti o meno. Quello era l’ultima delle sue preoccupazioni.

Ma da quando era rientrata in casa non aveva potuto fare a meno di pensare alla conversazione avuta in macchina con Luke, prima di vedere il film. E si riferiva a una parte in particolare.

Guardò un punto fisso nella stanza al buio.

Adesso non aveva più niente, tranne un’inquietante consapevolezza che le stringeva il cuore in una morsa.

Luke Kendrew non aveva fatto solo vacillare la sua gloria, portandole via il primo posto che le spettava, a suo parere, di diritto.

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Aveva fatto ben altro.

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Tutte le sue sicurezze, una per una come i pezzi del domino, stavano lentamente crollando. Il primissimo dubbio che passare l’estate sui libri fosse una cattiva cosa le era venuto mentre era seduta sulla poltroncina rossa del cinema, ma l’aveva subito scacciata. La stessa cosa era successa con la sua opinione sulla maschera che si portava sempre dietro, con le sue certezze su quanto gli altri in confronto a lei non valessero una cicca.

Tutto aveva barcollato, per un istante.

Nicole non aveva mai avuto dubbi sul proprio modo di pensare.

Nicole.

Lei era una ragazza con i piedi per terra e che pensava solo avendo delle certezze. Certezze che, però, si stavano sfaldando.

Scosse la testa violentemente, senza più ascoltarsi. S’immerse poi nei ricordi, ricordi in fondo ancora freschi e che non ne volevano sapere di abbandonarla. Nicole non amava ricordare, perché pensava che fosse stupido. Perché i ricordi sono solo una via di mezzo tra il sapere e il non sapere, come diceva Platone, e Nicole non apprezzava le vie di mezzo. E nemmeno i propri ricordi, ecco, quelli erano così vuoti che appunto rammentare non aveva senso.

Eppure lo stava facendo.

Fece qualche passo in avanti, staccandosi dalla porta. Accese una lampada, che emanò una luce soffusa che si propagò per tutta la stanza. Poi posò lo sguardo su una pila di libri, ordinata, sul pavimento. Sì, perché negli scaffali non c’era più spazio.

Si mise in ginocchio e cominciò a frugare, controllando i dorsi di ogni libro.

Prese il primo. Cime tempestose, di Emily Brontë. Se lo rigirò tra le mani. Romanzo rosa, che parla d’amore, pensò.

Lo mise in un angolino.

Poi continuò a frugare. Tomo sull’antropologia: lo scartò. La Repubblica di Platone: lo scartò. Il Liber, di Catullo. Mmm… era un libricino contenente un centinaio di componimenti. Aprì una pagina a caso e lesse:

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus…*

Decisamente. Lo mise in un angolino, insieme al romanzo della Brontë.

Poi toccò a un romanzo moderno, di quelli melensi che solitamente leggeva sua madre. Come ci è finito qui? Va be’. Lo mise, anche quello, in un angolino.

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Passò in rassegna tutta la sua biblioteca personale.

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* Viviamo, mia Lesbia, e amiamo; uno dei più celebri componimenti di Catullo, rivolto a Lesbia (pseudonimo probabilmente di una donna di nome Clodia).

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Jade’s place:

Mmm… cos’avrà in mente Nicole? Perché sta radunando tutti quei libri? Cosa succederà, domani, con Luke? Dove la porterà il “primo classificato”? Tutto questo lo scoprirete nel prossimo capitolo, Sette.

Non prendetemi per una pazza scatenata solo perché, come c’è anche scritto sul mio profilo, provo uno sconfinato amore per Catullo. È un amore puramente platonico e mi sono “innamorata” di lui esattamente come ci si innamora di Edward Cullen (io personalmente no!) o Mr Darcy o Cam (per chi avesse letto Fallen xP <3). Dunque, detto ciò avrei un paio di cose da dirvi, cominciando con questa.

IMPORTANTE: ci tenevo a fare un chiarimento. Ho già ricevuto diverse segnalazioni, riguardo a questo: so bene, me ne sono accorta, che Nicole ha un'impressionante somiglianza con la protagonista dell'anime Le Situazioni di Lui e di Lei. Entrambe è vero, hanno lo stesso carattere. Ma vorrei specificare che io, sebbene sia appassionata di anime, questo non l'ho mai visto, e quindi non potevo saperlo. Inoltre, Nicole è uscita dalla mia mente una sera, mentre riflettevo su un fatto autobiografico che mi era successo. Quindi non mi stancherò mai di ripetere che non ho intenzionalmente (e non oserei mai) "copiato" il suddetto anime. Infine, assicuro che la trama della mia storia avrà uno svolgimento ben diverso, e sto cercando in tutti i modi di far sì che la somiglianza tra le due opere finisca qui. Detto ciò ringrazio comunque le lettrici che mi hanno avvisato =)

TIME OF MY THANKS!

Ringrazio tantissimissimo tutti i nuovi lettori!! Ringrazio tanto anche per le recensioni, che mi fanno sempre tanto tanto piacere, e in più ringrazio:

fatina93, Sissii_Smile, SmileYou e XXX_Ice_Princess_XXX per avere inserito la mia storia tra le preferite! Grazie!

E anche Silàns, lolle23, Londoner, lady_rose, marauders_love, SophieSHIVER, _anda e _Sklery_ per averla messa tra le seguite!!

E anche grow e sempre Londoner per la lista delle ricordare ;D Spero di non aver dimenticato nessuno... in tal caso è stata solo una mia dimenticanza! Scusate!

E grazie anche a tutti coloro che recensiscono, ripeto, mi fa sempre un immenso piacere ^^

PUBLICITY: ci tengo ancora una volta a pubblicizzare la nuova arrivata mistress_chocolate, che ha da poco esordito con The edge of love, e ci terrebbe ad avere qualche opinione o consiglio ;D e inoltre ne approfitto anche per segnalare The Goldenfish's Destiny, una storia originale-romantica di ThePoisonofPrimula, una tra le mie preferite ;)

Ops! Ho parlato davvero tanto. Vi saluto, allora, dallo Jade's Place è tutto, bye bye!


   
 
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