Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: LadyOrlando    02/09/2011    2 recensioni
Allora in questa storia sono presenti alcune celebrità, prima fra tutte Mika e Jamesa Franco- come personaggio secondario-.
Dal primo capitolo:
"“Voglio dire che potremmo contattare qualche cantante famoso per scrivere una canzone, così poi potrebbe lanciarla come singolo e tutti direbbero : “Oh questa è la canzone del film the intellectuals”. Cosa ne pensi?”.
“Ho capito, ma sai è difficile trovare un cantante o una cantante adatto al nostro film. Noi parliamo di… disadatti, nerd, ragazzi che non sono propriamente cool, di certo non puoi chiamare Britney Spears!”.
“Infatti io ho già chiamato il manager di un altro cantante e fidati è quello giusto”. [...]
 Negli ultimi mesi Michael Holbrook Penniman Jr non aveva avuto un attimo per respirare: da quando era uscito il suo terzo album si trovava catapultato da ogni parte. Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti. Tutti volevano sapere tutto su di lui. Sempre le stesse domande. 
commentate, anche se la storia non vi piace per niente.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo ottavo




 Dopo pochi istanti Mika si staccò dalle labbra di Violet. I loro visi erano vicinissimi. Si guardavano intensamente. Le accarezzò gentilmente la guancia con un polpastrello. La ragazza chiuse gli occhi beandosi di quel contatto. Riusciva a sentire il respiro dell’altro sul suo viso. Poi lentamente le loro labbra si rincontrarono. Questa volta il bacio durò molto più a lungo. In quel momento lei riusciva a sentire soltanto due cose: le loro lingue intrecciate e il suo cuore che batteva furiosamente. Invece lui non riusciva ancora a credere a cosa avesse fatto. Pochi minuti prima aveva pensato che l’unica cosa che volesse fare davvero in quel momento era baciarla. E l’aveva fatto. Il passaggio tra il pensare e l’agire era stato così veloce che solo adesso con le mani della donna tra sulla sua schiena e le proprie tra i suoi capelli si rese conto di ciò che stava succedendo.
“Ti va un caffè? O magari preferisci un the?” gli chiese quando si furono nuovamente staccati.
“Un the sarebbe prefetto, grazie”. Si spostarono in cucina. Le pareti della stanza erano di un verde leggero mentre il pavimento era in cotto. La stanza non era molto grande e si divideva in due aree. Nella prima, che era anche più vicina alla porta, c’era l’angolo cottura, il forno, la dispensa ed un piano d’appoggio che continuava con un bancone. Quest’ultimo separava l’ambiente in due aree. Nella seconda c’era semplicemente un tavolo rettangolare con quattro sedie. I due si sedettero lì. Tra le mani le tazze di the bollenti.
“Ci siamo baciati”. Ad interrompere il silenzio era stata Violet. Non era una domanda la sua, ma un’affermazione quasi come se volesse “ufficializzare” il tutto.
“Due volte” confermò l’altro con lo sguardo ancora fisso sulla sua tazza.
“A cosa stai pensando?” chiese incerta. Aveva paura che per lui fosse stato soltanto un gioco, la dimostrazione che poteva conquistare chiunque.
“Che è un’ingiustizia”.
“Che cosa è un’ingiustizia?”.
“Il fatto che tu debba partire tra poche ore e che anche io farò lo stesso tra pochi giorni. Tutto questo non è giusto. E se tutto va bene, ci rivedremo tra qualche mese. Non è per niente giusto!”. Socchiuse gli occhi.
“Ti sei pentito di avermi baciato?”. Adesso aveva davvero paura.
“No, solo che se lo avessi fatto prima; se ti avessi invitato fuori a cena, se avessi letto il tuo libro più velocemente, adesso avremmo avuto qualcosa a cui aggrapparci in questo periodo” disse con rammarico.
“Ogni vita è piena di “se”, ma questo” indicò entrambi “è appena iniziato. Avremo i nostri momenti, i nostri aneddoti, le nostre cene”.
Allora il cantante, preso dall’impeto, si alzò velocemente e l’abbracciò.
“Io ti aspetterò. Il tempo passerà in fretta e vedrai che in un batter d’occhio ci ritroveremo: io, te e Melachi!”. Iniziarono a ridere. Stettero così abbracciati a ridere per una decina di minuti. Il the ormai freddo.
“Non mi hai ancora fatto vedere le altre stanze”disse. Erano ancora abbracciati.
“Oh sono una padrona di casa imperdonabile” malvolentieri sciolsero l’abbraccio e lei lo accompagnò per il resto della casa.
“E tu dove scrivi di solito?”le chiese curioso.
“Seguimi”. Gli prese la mano e lo condusse in fondo al corridoio. Salirono per una lunga scala a chiocciola in ferro battuto. Mika si guardò intorno. Quella stanza era bellissima pur essendo semplicemente una soffitta.
Parte del tetto spiovente era stato sostituito da una grande vetrata che sfociava in una finestre che si fermava ad un metro dal pavimento; in quello spazio era stato incastonato un divanetto che permetteva di godere di quella vista comodamente. Le altre tre pareti erano occupati da un’enorme libreria che non si interrompeva mai e che si estendeva dal pavimento al soffitto. Le maggior parte degli spazi erano occupati da libri di ogni genere: testi di medicina, di  scienze, di fotografia, di musica e di cinema. Era sbalorditivo.
Al centro della stanza c’era uno scrittoio in legno con una sedia.
“Sono senza parole” le disse spostando lo sguardo su ogni parete.
 “Dovresti vedere quando piove. Io amo osservare le gocce che si posano sul vetro”.
Il ragazzo l’abbracciò da dietro e poi le sussurrò nell’orecchio: “Perché non aspettiamo la pioggia insieme?”.
“Pensavo che tu odiassi la pioggia”.
“A volte si, a volte no”.
Si sedettero sul divanetto. Violet appoggiò la testa sul suo petto. Mika le circondò un fianco con il braccio.
Restarono così  a parlare di tutto, a parlare di niente.
Lui le disse  dove sarebbe andato per il tour.
Lei gli consigliò un paio di posti da visitare.
Lui le racconto di quanto gli fosse piaciuto il libro.
Lei gli racconto di quanto avesse pianto ascoltando alcune delle sue canzoni.
Lui le confidò che gli sarebbe mancata.
Lei rispose che era lo stesso per lei.
Lui la baciò.
Lei rispose al bacio.
 
 
L’aria del mattino era pungente. Non c’era nessuno a quell’ora del mattino a parte lei e la sua enorme valigia. Ad un tratto le venne in mente di quando era tornata a Londra dopo 12 anni di lontananza. Ma i sentimenti di allora erano completamente diversi.
Ogni volta che partiva sentiva dentro di sé un misto tra ansia ed eccitamento, ma quella mattina, circondata da quel silenzio assordante, voleva soltanto tornare su in casa e stendersi nuovamente sul divano accanto a Mika. Lui aveva insistito tanto per accompagnarla, ma lei aveva rifiutato categoricamente. Non voleva che perdesse altre ore di sonno a causa sua. Così quando era giunto il momento lo aveva rispedito a casa sua dopo essersi scambiati un lungo bacio. Aveva chiamato un taxi ed ora aspettava seduta su uno dei gradini di casa sua.
“Dovresti dormire” disse ad un tratto.
“Non ho sonno” rispose l’altro sulla soglia di casa. Poi rientrò ed uscì dopo qualche momento con una tazza di caffè in mano. Si sedette accanto a lei e le porse la tazza.
“Bevi”. Violet passò un braccio dietro la sua schiena. Mika riprese a parlare mentre lei sorseggiava il caffè.
“Sai, stavo pensando che io e te non abbiamo mai avuto un vero e proprio appuntamento. Intendo dire una cena ed ecco mi stavo chiedendo ti andrebbe un’uscita a data da destinarsi?”.
“Un modo un po’ contorto di chiedermi un appuntamento, ma accetto volentieri”. Si sorrisero.
Poi un clacson interruppe la magia: il taxi era arrivato. Si alzarono entrambi. Mika le prese il volto tra le mani e la fissò intensamente: non voleva dimenticarsi il suo viso, i suoi occhi, le sue labbra.
Violet salì sull’auto. Il cantante restò tutto fuori con la tazza in mano ancora fumante fino a quando la vettura non girò l’angolo.
 
 
“Fratello, sembri davvero cotto!”. I due fratelli Penniman camminavano verso l’abitazione della madre dove il minore abitava ancore e dove si sarebbe tenuta da lì ad un’ora un pranzo di famiglia. Fortunè era passato a prendere suo fratello con uno scopo preciso: chiedergli della misteriosa ragazza. Era rimasto sorpreso da quanto l’altro fosse felice. Aveva ascoltato con attenzione ogni parola ed era riuscito a dire solo questo.
“Non lo so nemmeno io cosa provo. So solo che mi manca già”.
“Vedrai che quando riprenderai il tour sarai talmente impegnato che ti ricorderai a malapena di mangiare!”.
“Già, forse hai ragione tu. Secondo te è per questo che sono così magro?”.
Lo spilungone non ricevette mai risposta perché il loro discorso fu interrotto dall’abbraccio stritolatore di Joaine.
“Mika! Quanto mi sei mancato! Come sei pallido, ma mangi?”.
“Certo che mangio mamma!”.
“Grazie davvero per la considerazione!” disse ironico Fortunè. la madre gli sorrise e poi condusse entrambi dentro casa. In poco tempo il cantante fu circondato da tutte le sue sorelle. Voleva loro un bene dell’anima e solo quando si ritrovò tra le braccia di sua sorella Paloma capì quanto gli fossero mancati tutti, compreso quello squinternato del fratello. Rispose con gentilezza a tutte le domande della famiglia sul film, sulle canzoni che stava scrivendo, sui membri del cast che aveva incontrato e sul regista.
“Quant’è bello James Franco! Ho visto tutti i suoi film” disse con un sospiro Jasmine.
“C’era ieri alla festa insieme alla sua nuova ragazza, Anne Hathway”. La sorella sospirò di nuovo. Tutti risero.
“C’era anche la sceneggiatrice….aspetta come si chiama… ah si Violet Harris?”chiese la madre.
“Si” rispose sbrigativo il cantante. Il fratello gli lanciò un’occhiata stranita.
“Com’è?”domandò Paloma.
“È simpatica, una ragazza davvero molto intelligente”. E cambiò argomento di conversazione.
Dopo pranzo mamma Penniman obbligò i due figli a preparare il the. Appena furono soli, Fortunè diede voce a tutti i suoi dubbi.
“Perché non hai detto niente su Violet? prima per strada sembravi cotto ed ora?”.
“Fort, non è cambiato niente. Semplicemente vorrei tenermi questa cosa un po’ per me. Se la mamma sapesse qualcosa vorrebbe subito conoscerla. Io non ho mai avuto nemmeno un vero appuntamento con lei. Io provo per Violet qualcosa di forte, ma che non riesco ancora a definire. Ti ho raccontato tutto solo perché so che tu non mi avresti giudicato e avresti mantenuto il segreto. Posso contare ancora su di te?”.
“Per tutta la vita”. Non servivano altre parole.
 
 
James aveva incontrato Violet al Terminal dell’aeroporto. Aveva ancora sulle labbra il sapore di Anne che aveva salutato un paio di ore prima. Come la sua amica era triste. Non voleva lasciarla, ma si consolava pensando che anche lei presto sarebbe partita per gli Stati Uniti per girare un nuovo film.  Si sarebbero potuti vedere nei week-end; fuori dal set però. Infatti aveva deciso di imporre una regola per tutti i membri del cast: niente sesso tra colleghi e nemmeno sul set. Così tutti si sarebbero concentrati sul film. E prorpio di questa idea stava discutendo con la sua migliore amica durante il volo.
“Cosa ne pensi?” le chiese dopo averle esposto la sua idea.
“Penso che tu sia davvero sadico. Per me va bene, tanto Mika sarà in giro per il mondo e ci rivedremo tra qualche mese a Londra”.
“Quindi è successo qualcosa?”.
“Ci  siamo baciati”. James fece segno di vittoria e la invitò a schiacciare il cinque.
“Quindi siete pseudo - fidanzati?”.
“Una cosa del genere, credo”.
“E poi?”.
“Poi cosa? Basta. Fine della storia”.
“Vuoi dirmi che non siete andati oltre?”. Era scandalizzato.
“No, James non ci siamo strappati i vestiti di dosso e non abbiamo trascorso una nottata di fuoco come hai fatto tu da quel che posso intuire dal succhiotto sul tuo collo!”. Violet rise nel vedere l’amico imbarazzato.
“Cosa provi per lui?”.
“Non lo so precisamente. Ci conosciamo da poco. So solo che mi manca da impazzire e che la notte che ho passato con lui è stata la migliore della mia vita”. 

  
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