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Autore: Baby Moonlace    02/09/2011    2 recensioni
Londra, diciannovesimo secolo. Alla giovane ladra Daphne viene pagata la cauzione proprio dall’affascinante ragazzo che l’ha fatta arrestare. In cambio, Blake vuole il suo aiuto in un’impresa a prima vista per niente attraente e anche molto pericolosa.
Mentre lei e Blake si fanno sempre più vicini, Daphne si trova suo malgrado coinvolta in una fitta trama di inganni e menzogne, che riportano alla luce vecchi interrogativi che si era da tempo imposta di ignorare e, assieme ad essi, nuove domande senza risposta.
Che cosa è lei veramente? Che cosa si nasconde dietro alla sua capacità di vedere il piccolo popolo? E qual'è il significato del marchio che porta sulla mano? Ha qualcosa a che vedere con la misteriosa morte di sua madre tanti anni prima? Cos'è la Gilda? E che interessi ha Blake in questa storia? Vuole davvero solamente sventare un complotto ai danni della regina, o ha una motivazione più profonda?
*Classificata terza al Contest Scacco Matto! indetto da Fe85*
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi del popolo fatato erano puntati su di loro, sguardi sovrumani che trafiggevano carne e anima di Daphne come aghi di ghiaccio.  Rabbrividì, facendosi più vicina a Blake.
Ovunque nella stanza sentiva mormorare, grugnire, sibilare. Vedeva squame, piume e pelle. Troll e folletti si facevano sempre più vicini e lo spazio libero attorno ai due umani si riduceva ogni secondo. Il resto delle creature restava indietro, a distanza di sicurezza dai talismani di ferro che loro portavano al collo, ma si sporgeva per vedere meglio cosa sarebbe accaduto.
Un cupo latrato si levò in lontananza, e la folla inizio a dividersi con lamenti e scossoni. Una ragazza percorse in fretta il cammino creatosi, una bestia nera trotterellava al suo fianco.
Daphne spalancò gli occhi, incapace di dire quale delle due figure fosse la più strana- o la più inquietante.
Il mastino aveva occhi rossi come tizzoni ardenti, il grugno storto e troppo grosso rispetto al corpo, dalle fauci spalancate colava bava. Le zampe tozze terminavano in tre artigli ricurvi, che graffiavano il pavimento di pietra nera.
La ragazza era minuta, i capelli incolori che le danzavano attorno al viso pallido come mossi da una brezza leggera. Le vesti erano di un azzurro luminoso e le arrivavano appena alle ginocchia. Le gambe snelle erano ricoperte di una fitta peluria bianca e terminavano in zoccoli caprini.
“La regina vi aspetta”, annunciò. Vedendola da vicino, Daphne notò i tratti della capra anche nel suo viso oblungo e nei suoi occhi tondi e scuri.
Blake e Daphne non mossero un muscolo.
La ragazza-capra sbuffò. “Cosa avete da fissare? Non avete mai visto una ragazza con gli zoccoli prima d’ora?” Incrociò le braccia sul petto, in attesa di una risposta. I due tacquero. ”No? Be’, ora ne avete vista una. Non è fantastico? Avrete qualcosa da raccontare ai vostri nipoti. Ora muoviamoci.”  Non attese una replica e si girò, ripercorrendo velocemente la via da cui era venuta. Si fermò e voltò il capo. “E rilassatevi. State innervosendo Thelma.”
Blake la rincorse, e dopo un attimo di esitazione Daphne si raccolse le gonne e lo seguì.
“Thelma?” Ansimò Blake, “Chi diavolo è Thelma?”
“Il mio cane. Thelma.” La ragazza-capra indicò la belva nera che si stava strusciando contro le sue ginocchia.
Blake inarcò un sopracciglio. “Il mastino infernale si chiama Thelma?”
La ragazza-capra sbuffò. “Beheeee, che c’è di strano?”
Blake non rispose. Il suo sguardo era nuovamente perso in lontananza, le labbra tirate in un sorriso mesto. Daphne gli sfiorò la mano, intrecciando delicatamente le dita con le sue. Blake sussultò, voltandosi a guardare la ragazza. I suoi occhi verdi ardevano, e per la prima volta, la giovane ladra si rese conto che non c’era soltanto follia in quel fuoco. Determinazione, stizza, orgoglio. Blake era pazzo, questo sì. Ma non era solo quello.
Il conte strinse la mano di Daphne nella sua, e sorrise. La ragazza si sorprese nel non provare più poi tanta paura al pensiero di affrontare Melinoe. Non con Blake al suo fianco.
“Siamo arrivati, piccioncini.”, la ragazza-capra si era fermata innanzi a una porta di legno scuro, ricoperta d’intricati motivi di rose battute, “Spero abbiate informazioni davvero importanti, la regina vi darà in pasto alle sue rose altrimenti.”
Le porte si spalancarono e i due ragazzi entrarono nella sala del trono.
La cosa che colpì Daphne prima di tutto il resto furono le rose. Erano ovunque, nere come un incubo, coperte di schizzi rossi - sangue, si disse con un brivido. Si arrampicavano sul soffitto e sulle pareti, strisciavano sul pavimento. I boccioli schioccavano ritmicamente, le corolle estraevano e rinfoderavano zanne candide.
La regina sedeva su un trono intagliato, due bracieri di pietra stavano ai lati. Lunghi capelli cremisi le incorniciavano il bel viso dai lineamenti affilati, ma la sua bellezza era macchiata da orribili occhi, bui e completamente neri come quelli di un corvo. “Dite di avere delle informazioni”, la voce della regina era suadente e melodiosa, “Parlate.”
Daphne sospirò. Melinoe parlava in maniera così rassicurante. Sarebbe stato così facile spiegarle tutto. Che male poteva farle? Potevano fidarsi di lei.
La ladra scoccò un’occhiata a Blake. Aveva gli occhi socchiusi, lo sguardo perso in lontananza. Daphne gli strinse la mano, ma stavolta lui non si riscosse. La guardò appena. Era come se nei suoi occhi qualcuno avesse spento le fiamme. Daphne strinse i denti. Non potevano permettersi di cadere vittime dell’incanto di Melinoe. “Prometteteci prima che non ci farete del male”
Le labbra della regina si storsero in una smorfia. Fece un gesto secco con la mano, e le dita divennero artigli giallastri. “Non ti fidi di me, piccola umana?"
Daphne sobbalzò, ma non indietreggiò. “Mai fidarsi di una fata”
La regina rise. La sua risata era delicata e argentina come l’acqua sulle rocce. A Daphne gelò il sangue nelle vene. “Cosa c’è da ridere?”
“E’ strano che tu dica che non ci si può fidare di una fata, visto che il nostro sangue scorre nelle tue vene”
La giovane spalancò gli occhi. Sangue di fata, lei? Impossibile! Eppure… “E’ la verità?” Chiese, guardando Blake. Il ragazzo evitò il suo sguardo. Era tutta la conferma di cui Daphne aveva bisogno. Ogni fibra del suo essere le urlava di scappare, correre via senza mai guardarsi indietro. Ma non poteva. Non stavolta. “Promettetemi che non ci farete nulla”
“Se insisti…”
“Insisto” Daphne sostenne lo sguardo di Melinoe senza muoversi, esitare o tentennare. Sangue di fata. Le aveva rovinato la vita, l’aveva perseguitata e terrorizzata. Era sempre fuggita. Non era mai servito a nulla. Non sarebbe più scappata. Poteva affrontare Melinoe, poteva sopportare il peso del suo sangue. A tastoni trovò il bordo del guanto che copriva il tatuaggio a forma di gardenia e lo tolse.
“Avete la mia parola che non vi verrà fatto alcun male”, sibilò Melinoe. Era furibonda, le mani già artigli, le rose schioccavano le fauci attorno a lei. Daphne sorrise. Aveva vinto.
“Voi avete un accordo con Lord Lennox. Lui non starà ai patti. Non vi darà nulla di quanto vi ha promesso.”
“E’ possibile che l’umano mi abbia mentito, ma potreste anche essere voi a mentire.”
Daphne sorrise. “Abbiamo un testimone. Un folletto. E il piccolo popolo non mente.”
“Un testimone! Interessante. Non lo vedo, dove lo nascondi?”
La ladra aprì lo scialle, lasciando uscire Bwca. Il folletto si stiracchiò, sbadigliando appena. “Proprio qui”
Melinoe si rizzò sul suo trono. Un lampo passò nel sguardo da uccello. “E sentiamo, cosa ha udito il folletto?”
Bwca gonfiò il petto. “L’umano, Lennox, ha detto che non vi avrebbe dato niente, mia signora.”
La fata scattò in piedi. Le rose presero a sibilare e snudarono le zanne, muovendosi inquiete attorno alla loro signora. “Ah, è così?”, gridò, “Non mi darà nulla? Non sa cosa lo aspetta. Come ha osato credere di potermi ingannare? Supplicherà di essere tra le fiamme dell’inferno quando avrò finito con lui.” Fece una pausa, lisciandosi le vesti e respirando profondamente. Puntò i suoi occhi neri sui due ragazzi. “E voi cosa volete da me in cambio di questa informazione?”
“Nulla”, rispose Blake, “Solo che lo fermiate.”
“Quando lo avrò raggiunto di lui  non resterà più nulla.”
“Ma voi non potete raggiungerlo. Non potete entrare in una casa umana senza invito, e indossa sempre i guanti al contrario quando è fuori.”
La regina fulminò il conte con lo sguardo. “Immagino che tu abbia una soluzione”
Blake sogghignò. “Domani pomeriggio, noi saremo a casa sua per il tè, e vi faremo entrare. A quel punto sarà tutto vostro.”
Melinoe sorrise. “Potresti quasi piacermi, umano. Seleine!”
La ragazza-capra che li aveva accompagnati dalla regina trotterellò nella stanza con Thelma al suo fianco. “Sì, mia signora?”
“Accompagna gli umani fuori di qui. Sani e salvi.”
Seleine annuì. Blake e Daphne la raggiunsero in fretta, ansiosi di lasciarsi la corte delle Tenebre alle spalle.
“Per le corna di mio zio Herbert! Che cosa le avete detto? Non l’avevo mai vista tanto furiosa.” Chiese la ragazza-capra in un sussurro non appena le porte della sala del trono si furono chiuse dietro di loro, i grandi occhi tondi spalancati.
Blake fece spallucce. “Non ha senso dirtelo. Lo scoprirai presto comunque”
“A maggior ragione, dimmelo ora”
“E’ una lunga storia. Te la spiego mentre andiamo via.”

  
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