12 - Un altro giorno, un nuovo
giorno
Tell me why
when I scream there's no
reply,
when I reach out there's
nothing to find,
when I sleep I break down
and cry...
(Fading like a flower -
Roxette)
Dolore, buio, frasi in una
lingua che non conosceva, ma che la rassicuravano, sembravano qualcosa tra una
preghiera ed un canto; le sentiva, la portavano verso la luce. Ora avvertiva
calore, pace, poteva riposare tranquillamente...
Stava cercando di aprire gli
occhi, si sentiva così pesante, come ancorata al materasso; le sue mani si
muovevano lentamente, le dita avevano poca sensibilità.
Sollevò le palpebre, e si
ritrovò osservata da due splendidi e seri occhi verdi; la stanza era illuminata
solo dai primi bagliori di una pallida alba.
"Come ti senti?" Le
domandò la voce calda di Eomer, pur mantenendo un tono distaccato; lei si passò
una tremante mano sulla fronte, il gesto le provocò del dolore ad un fianco.
"Non lo so..."
Rispose incerta la ragazza. "Che cosa è successo?" Chiese confusa.
"Sei stata gravemente ferita,
sei viva solo grazie all'intervento di Enid..." Quelle parole le fecero
tornare la memoria: rammentò gli occhi di Luhawk, il coltello, il suo
intervento...
"Luhawk?" Domandò
all'improvviso, interrompendo Eomer.
"E' morto." Rispose
il re del Mark; poi la osservò, per capire dalle sue reazioni se le
dispiacesse, ma la vide solo fare un sospiro sollevato.
"Tu... che... che cosa fai
qui?" Balbettò Serena, dopo qualche attimo di silenzio; lui distolse lo
sguardo, mascherando un certo imbarazzo.
"Ecco... mia sorella aveva
da fare, Aragorn e Arwen si stanno preparando per tornare a Gondor, Legolas sta
assistendo Enid, perciò..." Spiegò l'uomo.
"Che cosa è successo a
Enid?!" Chiese d'impeto la ragazza, tentando di sollevarsi seduta, ma un
dolore lancinante la costrinse a sdraiarsi di nuovo.
"Dopo averti soccorsa è
svenuta, sono passati tre giorni e ancora non si è ripresa." Raccontò
Eomer, con sguardo preoccupato.
"E il bambino?"
Intervenne Serena.
"I curatori assicurano che
va tutto bene, Arwen ipotizza che il suo sia uno stato d'incoscienza
volontario, per preservare il bambino finché lei non si sia del tutto ripresa,
bah... faccende da elfi..." Rispose l'uomo, allargando le braccia; poi si
alzò dalla sedia di fronte la letto. "Adesso vado, devo avvertire che ti
sei ripresa..." Affermò, avvicinandosi alla porta e dandole le spalle.
"Eomer..." Lo
richiamò la ragazza; lui si voltò con espressione interrogativa. "Che cosa
significava quel bacio?" Gli domandò con un filo di voce.
"Non capisco di quale
bacio stai parlando..." Replicò lui, con la mano sulla maniglia.
"Invece lo sai
perfettamente." Ribatté Serena.
Certo che lo sapeva, aveva
capito che non si riferiva ai baci che si erano scambiati al tempo della loro
conoscenza, o ai baci feroci che si erano dati durante l'amplesso, ma a
quell'unico bacio, quello sulla guancia, l'unico che significasse davvero
qualcosa...
"Non significava
niente." Rispose Eomer, senza esitazione. "Era solo un gesto dettato
dalla passione del momento..." Quelle parole fecero di nuovo inaridire
l'animo di Serena, ed appassire quel fiore che aveva appena ritrovato i colori;
non si aspettava una risposta diversa, ma come negare che ci aveva sperato.
"Che cosa devo fare io
adesso?" Mormorò la ragazza, guardandosi le mani posate in grembo.
"Devo andarmene, sparire dalla tua vita?" Aggiunse senza guardarlo.
"Forse è la cosa
giusta." Rispose lui, ma sentiva il cuore oppresso. "Così potremo
entrambi cercare di dimenticare." Continuò, voltandosi verso la porta.
"Certo, almeno finché non sarai guarita, potrai tranquillamente rimanere
qui." Concluse, poi aprì la porta e lasciò la stanza.
Serena strinse i pugni sulle
lenzuola candide; ora non aveva davvero più niente, nulla per cui valesse la
pena di guarire, di andare avanti. Adesso era davvero inutile...
I reach and feel your hair
Your smell lingers in the
air
I brush your cheek with my
fingertips
I taste the void upon your
lips
And I wait for paradise...
(Paradise - Bruce
Springsteen)
Aprì gli occhi quasi contro
voglia, sulla luce rosata di un'alba che preannunciava l'ennesima sfolgorante
giornata di quello splendido maggio; l'alta finestra era aperta e una brezza
fresca entrava, portando il profumo della rugiada e dei fiori che si
schiudevano. Chiudendo gli occhi poteva quasi immaginare di essere su, al nord,
e che fuori ci fossero i frondosi alberi verdi della loro foresta.
Sorrise, guardandolo; il vento
le portava anche il suo profumo, di dolce muschio. Lui era fermo di spalle,
indossava una casacca verde scuro e dei pantaloni color della terra; i suoi
lunghi e morbidi capelli biondi posavano sulla sua schiena perfetta, appena
mossi dalla brezza. Teneva le mani appoggiate sul davanzale, sembrava assorto,
o forse stava solo guardando il sorgere il sole, come tante volte avevano fatto
insieme.
"Legolas, tarenamin
lisse..." Sussurrò; la sua voce si confuse col cinguettare dei
passeri, ma lui si voltò, con occhi stupiti.
L'elfo sentì per un momento il
cuore battergli tanto forte da fermare persino il respiro; poi concentrò lo
sguardo sul viso sereno, bellissimo e sorridente della sua Fata dei Boschi, e
si accorse di stare per cedere all'emozione. Lei capì, guardandolo, così
allungò la mano verso Legolas, il quale, commosso, la prese nella sua e poi
s'inginocchiò accanto al letto.
"Enid, meleth... meleth
nin..." Balbettò il principe, affondando il viso nell'incavo del
suo collo e abbracciandola forte; Enid sentì le lacrime bagnarle la pelle.
"Non piangere, amor mio,
mio dolce principe..." Gli bisbigliò dolcemente, carezzandogli il capo.
"So che hai avuto paura, anche io ne ho avuta, ma ora sono di nuovo qui
con te." Lo rassicurò con la sua voce melodiosa. "Siamo, di nuovo qui
con te." Aggiunse sorridendo; lui alzò la testa e le sorrise, tra le
lacrime.
"Perché non mi hai detto
del bambino?" Le domandò, mentre le sistemava i capelli sulla fronte; lei
scosse piano il capo.
"Non lo sapevo nemmeno io,
poi ho fatto un sogno..." Rispose Enid, intenta a sfiorare la guancia, il
sopracciglio, l'orecchio del suo adorato sposo.
"Ti ha parlato?"
Chiese entusiasta Legolas, dopo averle dato dei piccoli baci ai lati delle
labbra sorridenti.
"No." Ammise lei,
passando le dita sulla catenina che reggeva il suo ciondolo, ancora al collo
dell'elfo. "Ma avrà i tuoi occhi." Aggiunse, disegnando con tocco
leggero il profilo dei begl'occhi blu di Legolas.
"Quanto mi sei
mancata..." Sussurrò infine il principe, prima di baciarla con passione.
"Oh, scusate il
disturbo!" Esclamò la voce inconfondibile di Aragorn; i due elfi si
voltarono verso la porta, giusto in tempo per vedere l'uomo che se n’andava.
"No, Estel, aspetta!"
Lo richiamò Enid; il re di Gondor tornò sui suoi passi.
"Arwen mi ha mandato a
vedere come stavi, non pensavo di trovarti così in forma." Affermò Aragorn
avvicinandosi e facendole una carezza sulla fronte.
"Ti prego, dille che sto
bene e che mi dispiace aver fatto preoccupare tutti." Gli disse l'elfo dai
capelli rossi; Legolas li osservava in silenzio, sempre tenendo la mano di
Enid.
"Non angustiarti, ora è
tutto a posto, solo... con tutte le emozioni che ha avuto sua madre, questo
piccolo Verdefoglia diventerà un guerriero!" Scherzò il ramingo; gli altri
due risero, palesemente rasserenati. "Bene, ora vado a dire ad Arwen che
stai bene, vi lascio." Aggiunse, tornando verso la porta ed uscendo.
"A proposito di quello che
è successo, Legolas..." Mormorò Enid, richiamando l'attenzione del suo
sposo.
"Dimmi." La incitò
lui, chinandosi fino a poggiare il capo accanto al suo, sul cuscino.
"Come sta Serena?"
Domandò lei, senza nascondere un filo di preoccupazione; Legolas le fece una
carezza e le sorrise.
"Sta meglio, anche lei si
è appena svegliata, ce lo ha riferito Eomer pochi minuti fa." Le riferì;
inspiegabilmente l'espressione di Enid rimase seria.
"Ho una strana sensazione,
portami da lei." Dichiarò la fanciulla elfo; lui la guardò stupito.
"Non puoi affaticarti
troppo, amore mio." Le disse prendendole la mano.
"Io sto bene, portami tu,
ti prego, la devo vedere..." Lo supplicò, stringendo le dita di Legolas
tra le proprie; sembrava veramente preoccupata.
"Come vuoi, ma non dovrai
fare sforzi inutili." Accettò, raccomandandosi, l'elfo; lei annuì, così
Legolas la prese in braccio, pronto a portala nella camera dell'altra ragazza.
Maybe that time has its own
way of healin'
Maybe it dries the tears in
you eyes
But never change the way
that I'm feelin'
Only you can answer my cries
(Open your heart - Europe)
I due elfi erano fermi davanti
al letto vuoto di Serena; si scambiarono un'occhiata interrogativa, la stanza
era vuota.
"Ma dove può essere
andata, con quella ferita?" Si domandò Legolas, a voce alta, mentre Enid
si avvicinava al letto.
La fanciulla elfo si chinò
sulle lenzuola, sfiorando con la punta delle dita una macchia scura: era
sangue. Enid si risollevò allarmata, una sensazione di estremo disagio si era
impadronita di lei dopo aver toccato quella macchia, aveva paura, stava
succedendo qualcosa.
Si voltò immediatamente verso
il marito e, senza aspettare una sua parola, si precipitò fuori della stanza.
Legolas la seguì preoccupato; Enid era nel corridoio, si guardava intorno, come
se cercasse qualcosa.
"Enid, che succede?"
Le domandò; lei parve non sentirlo e prese a correre, percorrendo il corridoio
sulla sinistra.
La fanciulla elfo aveva sentito
una corrente di aria fresca venire da quella direzione; si fermò in fondo ad
una rampa di strette scale, in cima alle quali c'era una porta aperta da cui
filtrava la luce del mattino che nasceva. Enid non esitò, cominciando a correre
su per le scale; Legolas la raggiunse e l'afferrò per una mano, lei si voltò.
"Non puoi correre, ne fare
le scale." Le disse serio, stringendo il suo polso.
"Legolas tu sottovaluti la
mia forza!" Gli gridò lei. "Non sono io che sto male! Lasciami
andare, adesso." Protestò; lui allentò la presa e lasciò che la mano della
sua sposa scivolasse dalla propria. Enid riprese a salire, la seguì.
Salì esitante l'ultimo gradino,
affacciandosi sul mattino scintillante; la luce, per un attimo le ferì gli
occhi, ma quando riuscì a riaprirli vide subito una figura in piedi sull'orlo
del bastione. Il vento faceva aderire la veste azzurrina al suo corpo sottile,
una macchia rossa si affacciava all'altezza del ventre.
"Serena." Chiamò
l'elfo, mentre faceva un passo verso di lei; la ragazza si voltò dopo un
piccolo sussulto di stupore. La guardò con gli occhi lucidi e appannati;
l'amica corrucciava la fronte.
"Enid..." Mormorò,
poi le fece un piccolo sorriso addolorato. "Stai bene?" Le chiese.
"Sì... sì, sto bene,
perché non vieni a curartene di persona?" Rispose l'elfo dai capelli
rossi.
"No, non posso."
Ribatté Serena, tornando a guardare il vuoto sotto ai bastioni di Meduseld.
"Io... devo andarmene..." Mormorò poi.
"No, non puoi!"
Esclamò Enid. "Non puoi farlo, non è la strada giusta." Continuò,
avvicinandosi alla ragazza con passi lenti.
"Enid..." La chiamò
Legolas, ricordandole di averla accompagnata; la fanciulla si voltò verso di
lui, mostrandogli un viso di nuovo impallidito.
"Va' a chiamare
Eomer." Gli sussurrò decisa.
"Non ti lascio qui da
sola." Dichiarò serio l'elfo biondo, scuotendo il capo.
"Ti prego, c'è bisogno di
lui, non riuscirò a salvarla da sola." Insisté Enid. "Vai, ti
prego." Legolas sospirò poco convinto, poi si persuase, lasciando il
terrazzo; mentre scendeva le scale diede un ultimo sguardo alla sua compagna,
di cui intravedeva ancora i riccioli color dell'autunno.
"Serena... Serena, perché
non mi dai la mano e non scendi qui con me?" Domandò Enid all'amica,
cercando di convincerla; lei scosse il capo. "Non puoi decidere di porre
fine alla tua vita, farci soffrire così..."
"Nessuno piangerà la mia
morte, io sono inutile!" Protestò Serena, passandosi le mani sul viso;
Enid aveva capito che la ferita si era riaperta, e probabilmente il dolore era
forte.
"Io piangerei, tu sei mia
amica..." Le disse dolcemente l'elfo.
"Ho quasi ucciso tuo
figlio, dovresti odiarmi come gli altri..." La interruppe; l'altra
fanciulla la vide barcollare leggermente, così allungò un braccio verso di lei,
allarmata.
"Nessuno ti odia,
Serena..." Eomer arrivò proprio mentre Enid pronunciava queste parole;
vide l'elfo, poi spostò gli occhi sulla figura in piedi sul bastione.
Il re del Mark spalancò gli
occhi sconvolto, quando la riconobbe; salì l'ultimo gradino e si fermò poi
accanto a Enid. Legolas rimase vicino alla porta.
"Che succede?" Chiese
l'uomo tenendo gli occhi fissi sulla ragazza in bilico.
"Sta male, la ferita si è
riaperta..." Rispose la fanciulla elfo.
"Potrebbe svenire!"
Esclamò Eomer, stringendo i pugni.
"Peggio..." Mormorò
la donna. "Potrebbe buttarsi... ed è quello che ha intenzione di
fare..." Aggiunse allarmata; poi si girò verso l'amico.
"Parlale." Gli consigliò.
"Io... io..."
Balbettò lui impaurito, voltando il capo da Enid a Serena e viceversa.
"Non so che cosa dirle..." La sua espressione era impotente.
"Parlale col cuore, lei
ascolterà." Gli disse l'elfo, spingendolo verso di lei.
Serena, nel frattempo, viveva
in una realtà ovattata, percepiva solo il vento entrarle nelle orecchie;
all'improvviso un fitta dolorosa le fece portare le mani all'addome, così si
accorse della macchia di sangue che si stava allargando sulla sua veste.
"Serena..." Una
tremante voce maschile la chiamò; lei si girò piano e vide Eomer. Era pallido,
porgeva una mano verso di lei. "Perché lo stai facendo?" Le chiese;
le lacrime ripresero a scendere sulle guance della ragazza, mentre il sole,
incurante della tragedia, illuminava coi suoi raggi dorati tutto il bastione.
"Perché sono inutile, non
ho niente, nessuno mi vorrà mai..." Rispose la ragazza, coprendosi il viso
con le mani, poi se le portò ai capelli con rabbia.
"Non dire così! Hai salvato
al vita di Enid, rischiando di perdere la tua, non puoi buttarti via in questo
modo!" Le gridò Eomer, stringendo i pugni. "Per favore, scendi da
lì..." La implorò poi, con tono più quieto.
"E' troppo tardi!"
Urlò lei, stringendo le mani sui propri capelli, col viso invaso dalle lacrime.
"Ho sprecato la mia vita, credendo di amare chi non lo meritava, e quando
ho capito di amare te era troppo tardi! Tu mi odi adesso, e come potresti
volermi, dopo quello che ti ho fatto?!" Continuò gridando contro il vento.
"Tu... mi ami?"
Balbettò l'uomo sorpreso, corrucciando le sopracciglia; Serena si girò appena,
con espressione colpevole e gli occhi gonfi e rossi.
"Oh sì, io ti amo Eomer...
perdonami..." Affermò la ragazza con voce tremante; Enid sospirò sollevata,
a quelle parole, come se la brezza primaverile la raggiungesse per la prima
volta da quando era sul bastione. Legolas le strinse la mano, lei gli sorrise.
"Io... ho provato ad
odiarti..." Riprese titubante Eomer. "Ma non ci sono riuscito."
Confessò; lei lo osservò, incredula di sentire quelle parole, di vedere quegli
occhi lucidi, di seguire quella lacrima dopo che li ebbe socchiusi. "Non
riesco a togliermi dalla mente quella fanciulla splendida che ho conosciuto, ne
a credere non sia la stessa donna che ho davanti ora. Dimenticare sarebbe
impossibile, ma potrei perdonare..." Affermò poi; Serena lo guardava
scuotendo leggermente il capo. "Vieni da me, scendi..." Le chiese di
nuovo; ormai piangeva, allungando la mano verso di lei.
"Io non merito il tuo perdono...
devo uscire dalla tua vita..." Dichiarò la ragazza senza convinzione,
muovendosi verso il bordo del bastione.
"NO!" Gridò l'uomo,
facendo un altro passo verso di lei. "Mentivo, non è vero, mentivo a me
stesso!" Aggiunse allungando entrambe le braccia. "Non voglio che tu
esca dalla mia vita e... quel bacio... c'era tutto in quel bacio... Io non
posso vivere senza di te, ti prego, vieni da me..." La implorò di nuovo;
lei era incredula e sorpresa, ma ancora addolorata.
"Che cosa significa
questo?" Gli domandò, mentre stringeva le mani sulla ferita.
"Che ti amo, che non ho
mai smesso di amarti, e per questo soffrivo così... io ho bisogno di te...
vieni da me, scendi..." Serena tremava, non riusciva a credere a quello
che aveva sentito, le sembrava troppo, per poterlo accettare.
Un dolore acuto all'addome le
fece stringere la presa della mani; le tremarono le gambe. Eomer la vide
barcollare pericolosamente verso il precipizio; non perse tempo, l'afferrò per
la vita, dopo un piccolo balzo. Serena si ritrovò tra le sue braccia, stretta
tanto forte quasi da soffocare; si lasciò andare alle lacrime.
Enid e Legolas si scambiarono
un'occhiata soddisfatta, proprio nel momento in cui sopraggiungevano Eowyn,
Aragorn e Faramir, allarmati dalle notizie; anche loro si rassicurarono quando
videro la scena.
Passo dopo passo, lasciare il
rancore
scoprire l'inganno e
sconfiggere il dolore
Comprare tutto il mondo,
regalarlo a chi, come te,
è nato da un giorno e crescere
vorrà
(Quando ci sarai - Nomadi)
"Perdonami..." Sussurrò
Serena, col capo affondato nel petto di Eomer; non riusciva ad articolare altre
frasi.
"Basta, basta..." Le
disse lui, carezzandole i capelli castani, cercando di smettere di piangere.
"Non ci sono più scuse e perdoni da chiedere, ora c'è solo la nostra vita
insieme..." Aggiunse dolcemente.
"Io ti amo..." Ripeté
la ragazza, alzando appena gli occhi grigi, in quelli verdi dell'uomo.
"Non è una colpa, amor
mio." Le sorrise. "Anch'io ti amo."
"Ma ho paura..."
Confessò Serena, senza riuscire a fermare le lacrime.
"Non devi più averne, ora
siamo liberi dal passato e tu sarai la mia regina." Dichiarò Eomer, con
tono rassicurante, baciandole la fronte.
"Grazie..." Mormorò
lei, poco prima che l'uomo le baciasse le labbra.
"Scusate..." Un dolce
voce femminile li interruppe; si lasciarono e guardarono Enid. "Credo che
sarebbe meglio sistemare quella ferita, prima che peggiori..." Suggerì
l'elfo.
"Hai ragione." Annuì
Eomer, dopo aver guardato il sangue sulla veste di Serena; poi la prese in
braccio, avviandosi alle scale.
"Eowyn..." La voce
della ragazza lo fece fermare accanto a sua sorella; la principessa prese la
mano di Serena. "Grazie di aver sempre creduto in me." Le disse; la
bionda guerriera sorrise.
"Sapevo che in fondo lo
amavi anche tu." Rispose Eowyn; anche il fratello le sorrise.
I due innamorati si
allontanarono, dopo che le ragazze si furono lasciate le mani, seguiti da Enid,
Legolas e Aragorn. Eowyn e Faramir rimasero in cima al bastione, dove il sole
brillava ormai alto; il cavaliere guardò, osservando la sua espressione
finalmente serena la donna, sorridendo dolcemente.
"Sei felice?" Le
domandò poi, dopo qualche istante di silenzio.
"Oh sì, lo sono!"
Esclamò lei, prendendogli il viso tra le mani e dandogli una leggero bacio
sulle labbra; l'uomo rimase con gli occhi spalancati dal piacevole stupore.
Enid
uscì dalla stanza di Serena, dopo averle medicato al ferita; nel corridoio
trovò Legolas, Aragorn e Arwen che l'aspettavano. L'elfo sorrise agli amici.
"Ora
è tutto a posto." Disse Enid. "Eomer è con lei, e questa è la cura
migliore." Aggiunse avvicinandosi a Legolas e prendendogli la mano.
"Bene."
Commentò il re di Gondor, mentre stringeva per la vita la sua regina.
"Mi
porti fuori, ho bisogno di stare sotto il sole." Chiese Enid al suo sposo;
lui le sorrise, incamminandosi verso l'uscita del castello. Aragorn e Arwen li
seguirono.
Camminavano
tranquilli, finalmente liberi di parlare di cose leggere, di ridere e
scherzare; le due coppie si tenevano per mano, felici.
"Beh,
a quanto pare abbiamo fatto tutto quello che si doveva." Affermò, ad un
certo punto, Aragorn.
"Eh,
sì." Intervenne Legolas. "Abbiamo sconfitto i crudeli
banditi..." Dichiarò.
"E
abbiamo salvato le fanciulle in pericolo." Continuò il ramingo, annuendo;
Enid si girò sorridendo con gratitudine.
"E
riunito gli innamorati." Ricordò Arwen, sotto lo sguardo concorde
dell'elfo dai capelli rossi.
"Dunque
non ci resta che tornare a casa." Proclamò Enid, riprendendo a camminare,
con la mano nella mano di Legolas.
"Noi
abbiamo già i bagagli pronti!" Esclamò Aragorn; in quel momento, però,
Arwen si bloccò.
Il
re di Gondor si voltò verso di lei e la vide portarsi la mano libera al ventre;
l'uomo spalancò gli occhi e, con voce muta, muovendo solo le lebbra, le chiese
che stava succedendo.
"Credo
che qualcuno, qui, non abbia molta fretta di tornare a casa..." Mormorò,
con un sorriso nervoso e ironico, la fanciulla elfo.
"Il
bambino!" Gridò Aragorn, stringendole la mano più forte.
"Sì,
Estel..."
"Che
dobbiamo fare?! L'acqua calda, le pezze... ti porto dentro?!" L'uomo
cominciò a borbottare con urgenza, senza riprendere fiato.
"Calmati..."
Lo pregò la moglie.
"Aragorn,
guardami." Gli ordinò Enid; il ramingo alzò gli occhi sull'elfo.
"Ecco, guardami, e respira, come ti ho insegnato io." Gli disse,
aiutandolo con i gesti; lui cominciò a respirare intensamente, trovando
immediato sollievo. "Legolas, prendi Arwen, portala dentro." Si
rivolse poi al marito, mentre slacciava le mani dei sovrani di Gondor, e teneva
nella sua quella di Aragorn.
Ora
percorrevano velocemente i corridoi della reggia di Meduseld; l'elfo teneva in
braccio la partoriente, gli altri due li seguivano tenendosi per mano. Aragorn
continuava a respirare profondamente. Incontrarono Eowyn e Faramir, in
atteggiamento stranamente confidenziale; si lasciarono le mani quando li
videro.
"Che
succede?" Domandò la principessa, seguendo il trambusto.
"Sta
per avere il bambino." Rispose Enid passandole davanti.
"Davvero?!
Ma è stupendo!" Commentò Eowyn, continuando a seguire con gli occhi il
gruppetto che si allontanava.
Arrivati
nei pressi della camera dei sovrani di Gondor, si trovarono di fronte Eomer che
usciva dalla stanza di Serena; l'uomo li guardò stupito, mentre gli passavano
velocemente davanti, Enid gli sorrise.
"Non
starà per partorire?" Chiese il re di Rohan, con tono tra l'infastidito ed
il sorpreso.
"Sì."
Annuì la fanciulla elfo; Eomer si piantò nel mezzo del corridoio, mente loro
procedevano oltre.
"Mi
state dicendo che il primo principe di Gondor da secoli, sta per nascere a
Rohan?" Domandò allora, con espressione divertita; Aragorn si voltò verso
di lui.
"Direi
proprio di sì." Rispose il ramingo; Eomer si mise a ridere:
inspiegabilmente trovava la cosa molto divertente!
Lasciarono
il re del Mark a ridere appoggiato alla parete, e certo la sua gioia non era
data solo dalla coincidenza dell'inaspettata nascita; aveva, alla fine,
ritrovato la pace. Gli altri, nel frattempo, erano entrati nella camera di
Arwen, e si apprestavano a far vedere la luce al frutto del grande e
contrastato amore tra l'elfo ed il re.
Dalle cronache di Gondor
...fu così che, nel giorno 18 del mese di maggio,
dell'anno I° della Quarta Era della Terra di Mezzo, prima che giungesse il
mezzodì, nel regno dei cavalli, Rohan, retta a quel tempo da Eomer figlio di
Eomund, nacque la prima principessa di Gondor, cui fu imposto il nome di
Gilraen Luce del Mattino.
La figlia di Aragorn e della regina Arwen Stella
del Vespro fu da allora la più splendente luce del regno. E re Elessar non fu
più l'ultimo dei Dùnedain.
FINE