Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: Walpurgisnacht    03/09/2011    1 recensioni
[Attenzione: spoiler! per chi non ha visto tutta la serie, anche nell'introduzione]
Quando Sayaka si è lasciata sopraffare dalla disperazione il suo corpo è diventato un guscio vuoto e freddo, ma la sua anima?
Cos'è diventata Sayaka?
La mia versione dei fatti in due capitoli, 100% aderenza al canon della storia, per la Puella Magi che preferisco.
[Sayaka Miki; Oktavia von Seckendorff] [Citati Kyoko Sakura, Homura Akemi, Kyosuke Kamijo e Madoka Kaname]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Tempestoso Affettuoso

Dum spiro spero
Storia di Nyappy

«Kyoko-chan, tu…»
Eccole.
Non riusciva a vederle, ma sentiva tra le note la voce di Madoka, i suoi passi mescolati a quelli di un’altra persona.
«Sa che siamo qui.» era Kyoko.
Erano venute a salvarla?
“No.” ringhiò Oktavia rispondendo alla sua muta domanda.
«Arriva!»
Sayaka e Oktavia fenderono l’aria con la sciabola, sentendo una grande quantità di energia abbandonarle.
“Saranno loro ad arrivare.” ridacchiò Oktavia con la sua voce sgraziata.
Holger dirigeva l’orchestra, gli altri famigli suonavano, quella melodia solenne che stava facendo impazzire Sayaka, a ripetizione, senza fermarsi un istante.
Madoka era a terra, gli occhi spalancati dal terrore; Kyoko era davanti a lei, la lancia in mano, pronta a difendersi o attaccare.
“Eccole.” Oktavia iniziò quasi a danzare, la gioia di poter uccidere.
Sayaka riusciva a sentirlo, quel desiderio di sangue; colava lentamente tra i suoi pensieri, li macchiava.
La stava infettando, ma lei non poteva lasciarsi sopraffare dalla strega.
“Madoka! Kyoko!” gridò nel pensiero.
«Ok?» parlò Kyoko fissandole, Sayaka e Oktavia che ormai erano una sola «Fai come ci siamo messe d’accordo.»
Madoka si alzò in piedi, le braccia strette al petto come sempre quando aveva timore.
Aveva paura, paura di lei?
«Sayaka-chan, sono io! Madoka!» la figura di Holger tracciava una gigantesca ombra scura anche su Madoka, non una stonatura nell’orchestra.
“Lo so, lo so!” avrebbe voluto gridare Sayaka, ma la gola era asciutta, i muscoli tesi di Oktavia che dirigeva assieme alla figurina umana, beandosi di quella musica troppo forte.
Ora sì, era troppo forte.
«Puoi sentirmi?»
Sì, lei la sentiva. Riusciva a sentire ogni sillaba che Madoka pronunciava e faceva male.
Faceva male non riuscire a rispondere, mentre Oktavia si muoveva, sincopata –non lei.
«Riconosci la mia voce?»
Sayaka distinse un moto di rabbia in Oktavia, che sollevò il braccio con uno scatto rigido, la sciabola a ferire l’aria.
«Non ti spaventare.» Kyoko si portò davanti a Madoka con uno scatto, la lancia che le sbiancava quasi le nocche dalla forza con cui la stringeva.
Erano così piccole ora in confronto a lei, così fragili.
«Continua a chiamarla!»
Sayaka fu distratta da un formicolio, una sensazione fastidiosa.
La sua coscienza si era estesa dietro le sue spalle.
Ci mise un attimo a realizzarlo, eppure era così.
Sentiva dei filamenti di pensiero estendersi dietro alle sue spalle, la mente condivisa con Oktavia d’un tratto più ampia.
Kyoko non perse tempo: unì le mani, i denti digrignati.
Come quella volta in cui avevano combattuto nel vicolo, eresse una barriera rossa a proteggere Madoka, una gabbia che la nascondeva alla vista.
«Sayaka, fermati! Ti prego, ricorda!» le gridò questa.
Come poteva non ricordare?
Sayaka ricordava tutto. Frammenti d’immagini, stralci di conversazioni, il sorriso di Madoka, i capelli di Mami-san, la mela di Kyoko, tutto.
Anche il sorriso triste di Kyosuke –e un altro sorriso, quando era con Hitomi.
Era ancora lei, anche se intrappolata in quel corpo di strega.
“Ti ricordi, Sayaka, cosa ti abbiamo detto?” tuonò Oktavia e Sayaka non rispose.
Era tutto così lucido, così freddo.
Riusciva a distinguere ogni piega del vestito di Kyoko, il corpo di Madoka che spuntava dalla trama della barriera.
La sua mente era sveglia –e non voleva.
No, no, non voleva.
Oktavia le avrebbe attaccate, le avrebbe ferite e lei non avrebbe potuto fare nulla per contrastarla.
«Non è quello che avresti voluto!»
Obbedendo all’ordine muto di Oktavia, i brani di pensiero si portarono avanti.
Erano ruote.
Giravano vorticosamente, puntando Kyoko, pronta a difendersi; impugnava la propria arma, le ginocchia appena abbassate, pronte a colpire lei e Oktavia.
«Volevi essere una paladina della giustizia!» continuò Madoka, la voce quasi sopraffatta dalle note dei violini.
C’era giustizia in quel mondo?
Il bilancio di speranza e disperazione è sempre zero, l’aveva detto lei stessa.
No, non era vero.
C’era ancora speranza in lei?
Voleva lottare, voleva combattere contro Oktavia ed invece era soffocata, pura coscienza.
Sentiva ogni fibra di quel corpo di strega, senza controllarlo.
Ricordava tutto.
E Madoka, Madoka che la chiamava, che l’implorava, Madoka che non riusciva a capire –non avrebbe mai potuto capire.
Lei non era una Puella Magi. Lei non era una strega.
Le ruote si lanciarono contro le due ragazze, la voce dell’amica spezzata dal dolore.
«Ti prego, torna in te, Sayaka!»
Era cosciente! Era sveglia! Tutto, sentiva tutto.
Kyoko si scansò. Portando le braccia in avanti si protesse con la lancia, deviando una ruota.
Il vestito svolazzò, rosso come le pareti di quel luogo da incubo.
«Così non stai ascoltando, eh?» impugnava saldamente l’arma con entrambe le mani, contrastando la rotazione mortale di quello che per Sayaka era solo un punto di coscienza, quasi trascurabile.
Non stava ascoltando? Non avrebbe voluto ascoltare.
Loro la chiamavano e lei non poteva rispondere, non poteva opporsi!
“Noi siamo il tuo incubo personale.”
Sayaka avrebbe pianto se solo Oktavia le avesse prestato delle lacrime.
Lei e la strega alzarono le braccia, evocando più ruote, la mente che sembrava infinitamente più ampia; tutto quello doveva calmarla? Doveva darle pace?
Calarono la spada su Kyoko; le ruote sfrecciarono per colpirla, concentrandosi in massa verso la sua figura così piccola.
Oktavia soffocò un lamento rabbioso: si era alzata una nuvola di polvere a nascondere la Puella Magi alla loro vista.
«Kyoko-chan!» Madoka era scoperta, la barriera eretta dall’altra era scomparsa.
Questa si sorreggeva alla lancia, le ginocchia che le stavano cedendo.
“No!” gridò Sayaka dentro di lei “Non puoi farmi questo!”
“Possiamo eccome.” rispose Oktavia con il solito tono.
Kyoko bisbigliò qualcosa, coperto dai violini sempre perfetti, ansimando.
“Non voglio!”
“Sì che lo vuoi.”
«Fermati! Ti prego, fermati!»
Kyoko aveva eretto una barriera ancor più resistente attorno a Madoka –che non smetteva di gridare, di farle ancora più male.
Era cosciente, era viva, tutto quello non faceva altro che farle più male.
“Lei ti chiede di fermarti, non ti capisce… non ci capisce.” all’improvviso la voce di Oktavia sembrava più dolce, sembrava che le importasse.
“Non può capire.” ribatté Sayaka “Non è un mostro! Lei è mia amica, lei…”
«Sayaka! Ascoltaci!»
“Lei fa combattere l’altra Puella Magi. Non ti sembra egoista?”
Mentre parlava Oktavia continuava a dirigere i filamenti di pensiero contro Kyoko, due alla volta.
Sayaka li sentiva, sentiva la pelle nuda di Kyoko sfregare contro le ruote, il vestito che tentava di proteggerla, la lancia che non scalfiva nemmeno la sua coscienza.
E non poteva chiudere gli occhi, non poteva sbattere le palpebre, ribellarsi.
Quando anche l’altra barriera venne distrutta, l’esile corpicino di Madoka stretto tra le sue dita sembrava così fragile, così… tenero.
“Vuoi romperla, vero?” la provocò Oktavia.
“Lasciala. Lasciala, lasciala! Lasciala!” protestò Sayaka.
«Per piacere… ti prego.»
“Non fa che parlare, parlare…” la schernì Oktavia.
«Sayaka!» gridò Kyoko, attirando l’attenzione della strega.
La punta della lancia era rossa, scarlatta come i suoi capelli.
Fu un attimo: un dolore bruciante invase il loro braccio, le distrasse un istante di troppo.
Madoka cadde a terra, la mano ancora stretta attorno a lei –soffriva eppure era lucida, non stava piangendo, non si stava nemmeno lamentando.
Kyoko fu investita da un fiotto di sangue, blu come la Gemma di Sayaka, scura come tutto il dolore che ora sembrava passato –no, non era passato.
«Avevi detto di crederci!»
Credere in cosa? In cosa doveva credere?
“Ti causerà ancora più sofferenza, lo sai?” com’era dolce la voce di Oktavia in confronto a quella di Kyoko, sporca dalla fatica.
«Potevi usare quel potere per fare felici le persone!»
Sayaka l’aveva fatto. Tutti erano felici –Kyosuke con Hitomi, tutte le persone che aveva salvato.
Tutti, tranne lei.
“Vedi? Continua a rinfacciarti questo e quello.”
Continuavano a rendere tutto più difficile, dannatamente difficile, confuso.
“Falle stare zitte.” uscì dalla mente di Sayaka, flebile, masticato –Oktavia gioì selvaggiamente.
Calarono la spada su Kyoko, stringendola fino quasi a conficcare gli artigli nelle mani.
L’arma colpì il pavimento, trapassando la stoffa rossa e la pietra.
Le vibrazioni fecero loro tendere i muscoli –si sentiva all’improvviso così viva.
Sollevarono l’arma dalla pietra in fratumi, liberando il vero Teatro.
Lo scoglio sotto di loro si unì alla pietra e iniziarono a fluttuare, immerse nella luce blu.
I musicanti stavano annegando, i corpi delle altre due flottavano come in acqua.
La musica era terminata, i violini diluiti in quell’atmosfera densa.
Se solo Kyosuke fosse stato lì… se Kyosuke l’avesse guardata, se avesse saputo la verità…
Hitomi, Hitomi non lo meritava. Cos’aveva fatto lei?
Lo aveva ingannato! Gli si era avvicinata solo quando era guarito!
E lei, lei che gli aveva donato la sua umanità, la sua vita…
“Sono di più. Perché?” la voce di Oktavia interruppe i suoi pensieri.
Era apparsa anche Homura: atterrò in piedi sul nuovo pavimento blu, il corpo interme di Madoka tra le braccia.
Silenzio, ora erano avvolte dal silenzio.
Non le piaceva, era meglio la musica di Holger, assordante ma non così vuota.
Kyoko si reggeva a malapena in piedi: aveva un taglio sulla guancia, il sangue rosso come il suo vestito; la lancia era abbandonata a terra poco distante.
Era finita.
Unì le mani un’altra volta, ergendo quella barriera rossa che ormai irritava Sayaka.
Perché non potevano andarsene? Perché non potevano lasciarla da sola?
Sola con la musica, con il suo Kyosuke… le era quasi parso di vederlo, di sfuggita.
“Oktavia…” chiamò Sayaka.
“Sì?”
“Sono stanca.”
Kyoko si chinò a terra, i capelli sciolti.
Assomigliavano ad un mare, un mare di capelli rossi come il sangue.
«Fa schifo stare da soli.»
Sentì solo quello, la voce di Kyoko dolce come un sussurro.
«Va tutto bene. Ti starò accanto, Sayaka.»
Era tanto stanca, all’improvviso.
Lottare? A che serviva?
Anche quella di Oktavia ormai era solo un’eco.
“No, no!”
Era lei a pregarla, questa volta.
E anche Kyoko sembrava farlo, le mani giunte, proprio davanti a lei.
Portò al viso una spilla, fili d’oro intrecciati con una grande pietra rossa.
Tutto di Kyoko era rosso e brillante.
Vi posò piano le labbra prima di lasciarlo fluttuare.
“Cosa sta facendo? Cosa sta facendo?”
Anche Oktavia sembrava preoccupata.
Un silenzio innaturale le avvolgeva mentre Kyoko impugnava un’altra lancia, così luminosa da ferire Sayaka.
Crack
“Restare soli fa schifo”

Il bilancio di speranza e disperazione è sempre zero.

Eppure in quel momento la disperazione era scomparsa, Sayaka sperava solo di non essere più sola.

I dialoghi presenti sono traduzioni fedeli dalla puntata 9.
Ecco l'ultima parte della storia. Spero vi sia piaciuta, mi piacerebbe ricevere un parere :)
   
 
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