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Autore: Aura    04/09/2011    1 recensioni
Dal film:
Con un po' di fortuna, per l'anno prossimo mi fidanzerò con una di queste ragazze...Ma ora lasciami dire, senza speranza nè intenzioni, solo perchè è Natale (e a Natale si dice la verità) per me, tu sei perfetta; e il mio cuore straziato ti amerà finchè non sarai così...
Qui inizia questa fiction, Mark e Juliet, per dare a loro la possibilità di un seguito.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Love actually is all around

DIGLI CHE SONO I CANTANTI DI STRADA


CON UN PO' DI FORTUNA, PER L'ANNO PROSSIMO


MI FIDANZERO' CON UNA DI QUESTE RAGAZZE...


MA PER ORA LASCIAMI DIRE,

SENZA SPERANZA NE' INTENZIONI,

SOLO PERCHE' E' NATALE-

(E A NATALE SI DICE LA VERITA')



PER ME, TU SEI PERFETTA



E IL MIO CUORE STRAZIATO TI AMERA'


FINCHE' SARAI COSì:


BUON NATALE








Camminò sconsolato, aveva detto che si doveva difendere e invece aveva distrutto da sé tutte le sue protezioni, rendendosi patetico donando la più commovente e sincera delle dichiarazioni a chi non avrebbe mai potuto ricambiarlo.

Glielo aveva confermato, era il povero Mark, innamorato di lei che fingeva di odiarla per non destare sospetti, per non fare la figura dell'idiota che va dietro alla moglie del suo amico.

Se anche si fosse impegnato, se anche si fosse denudato in mezzo al centro della città scrivendosi con la vernice sul petto sono uno sfigato non avrebbe potuto rendersi più patetico.

Sentì una presa delicata che gli afferrò il braccio interrompendolo dai suoi pensieri, fermandolo e costringendosi a girarsi. Incredulo la vide, affannata per la breve corsa, bella più che mai mentre gli posava le mani sul volto e si avvicinava veloce a lui.

Era forse morto? Cosa stava succedendo?

Peter in quel momento era decisamente l'ultimo dei suoi pensieri, mentre con il cuore che scoppiava letteralmente nel petto sentiva le labbra che troppe volte aveva sognato e altrettante scacciato dai propri pensieri appoggiarsi sulle sue.

Un bacio breve come una carezza appena accennata, eppure quel semplice contatto gli colmò il vuoto che aveva dentro.

Tu per me sei perfetta

Ora i suoi sorrisi radiosi sarebbero stati rivolti a lui? Quelli che lei dedicava solo a Peter?

Peter, il suo migliore amico. Dannazione, doveva pensare anche a lui, da quando gliel'aveva presentata, da quando aveva capito che il suo povero cuore straziato l'avrebbe amata, aveva cercato di fare girare tutto in modo che Peter non avrebbe mai sospettato nulla, per non causargli un dolore.

Bhe, forse l'addio al celibato qualche doppio fine lo aveva...

Però per mesi, anni aveva finto di odiarla, di non sopportarla, non solo per difendere sé stesso ma per difendere anche il suo migliore amico.

E ora, in dieci minuti, aveva permesso che il nemico sparasse a raffica su tutti e due.

Però quel sapore di zabaione che gli era rimasto sulle labbra, il volto di lei ancora accanto al suo che lo fissava... ne valeva la pena. Forse avrebbe dovuto capire prima che per lei valeva la pena qualsiasi cosa.


Poi lei si allontanò, e vide meglio i suoi occhi. Da lontano aveva tutto più senso.

In colpa verso di lui e forse verso suo marito lo lasciò andare, sistemandogli il bavero della giacca con uno sguardo inequivocabile

grazie, ma io ora devo tornare da lui

gli appoggiò le mani sul petto e la vide che studiava le sue espressioni, cercando una risposta. Lui rimase impassibile mentre leggeva quelle di lei come un libro aperto

forse se ci fossimo incontrati prima... forse sarebbe stato bello.

E poi si allontanò, ritornando verso la casa dove l'attendeva il suo legittimo compagno

grazie, ma io ora devo tornare da lui

la vide scomparire dentro l'uscio, prendendo nota di quello che aveva capito non appena si era staccata da lui, o che forse aveva sempre saputo

-basta, adesso basta- si promise, tornandosene a casa.


C'erano molti significati in quella frase, ma tutti riportavano a quello più importante: se ne sarebbe andato, l'avrebbe dimenticata.

Non si sarebbe fatto vivo per un po', l'avrebbe dimenticata.

Avrebbe detto addio al suo migliore amico pur di non doverla più incrociare per tutto il resto della sua vita, l'avrebbe dimenticata.

Non aveva ancora un piano, eppure quando arrivò a casa appoggiò quegli sciocchi cartelli dietro alla porta e si fece strada nell'appartamento raccogliendo scatoloni e valigie, radunandovi dentro tutte le sue cose.

Gli tornò in mano quella dannata videocassetta da cui era nato tutto, alla fine non l'aveva presa. Si vergognava forse?

Accarezzò l'idea di portarla via con sé, ma poi la lasciò sul pavimento vuoto ormai al centro della stanza, non avrebbe sennò resistito alla tentazione di guardarla, e non sarebbe mai guarito dalla sua malattia.

All'alba l'appartamento era praticamente spoglio, solo i mobili ormai svuotati e il vecchio televisore erano la prova che quella un tempo era casa sua.

Portò tutto nel garage, caricando le cose più importanti in macchina e lasciando le altre per quando avrebbe avuto tra le mani un futuro più concreto, un posto dove metterle. Poi, partì lentamente, in quella mattina di Natale che avrebbe voluto cancellare dalla storia, diretto al motel più lontano che la mancanza di sonno gli avrebbe concesso di raggiungere, deciso dopo essersi riposato di riprendere il suo cammino senza meta. L'avrebbe dimenticata.


Si rannicchiò nel letto, fingendo di dormire.

Lei amava Peter, era veramente felice con lui; insieme ridevano e affrontavano complici la vita, avevano quel genere di rapporto che tutti decretavano come perfetto e che sarebbe potuto durare per sempre.

Erano sei mesi e passa che si erano sposati, eppure lei si sentiva ancora la sposina dei primi giorni, non un litigio aveva intaccato la loro serenità.

Eppure percepiva che qualcosa di molto più grande l'aveva fatto.

Nonostante si fosse sposata, nonostante Peter le aveva fatto una dichiarazione coi fiocchi in mezzo al ponte di Brooklin, al tramonto, nonostante tutto aveva la certezza che poche ore prima si era sentita amata come mai nella vita. Per me, tu sei perfetta.

Mark, quello che la odiava (o almeno così aveva creduto per un sacco di tempo) e che a stento le rivolgeva la parola, quello con cui si era sforzata più che mai di mostrarsi gentile senza sapere che ogni suo tentativo in quel senso era una sofferenza in più per lui.

Quello da cui era andata una mattina, offrendogli la sua amicizia non solo per il bene di Peter, quello che le era rimasto accanto mentre lei scopriva il suo segreto più profondo.

Guardando quel video non vedeva più sé stessa che ballava tra le braccia di suo marito, ma vedeva con gli occhi di lui. Gli occhi straziati di lui.

E si sentiva un'intrusa in quello sguardo, come se stesse leggendo un diario che non era suo ma che parlava di lei.

-ma tu non parli mai con me... sei amico solo di Peter!-

aveva tentato di giustificare a sé stessa, come a negare di capire quello che aveva visto

-senti ho un impegno per pranzo... colazione. Trovi da sola la strada, vero?

E se ne era andato, impacciato e ferito dalla consapevolezza che ora lei aveva.

E il mio cuore straziato ti amerà...

si rigirò insonne sotto al piumino, scoprendo che il cuscino era bagnato dalle lacrime che non si era accorta di aver pianto.


La mattina si svegliò con due vistosi cerchi sotto agli occhi, entrò in cucina cercando di sorridere al marito che stava bevendo il suo caffè, aspettandola

-buongiorno amore, cosa c'è, sei stata sveglia come una bambina a pensare ai regali?- le chiese posandole un bacio sulla fronte

-eh già- bofonchiò lei aprendo il frigorifero e servendosi un bicchiere di succo.

-Mark non mi risponde, volevo chiedergli se passavamo noi a prenderlo per andare al pranzo da Henry e Nicole. Chissà cosa ha fatto ieri sera, magari non si farà neanche vivo- ridacchiò immaginando la vita da scapolone dell'amico.

-già, magari non verrà- si scoprì a sperare. Ma d'altro canto una parte di lei voleva vederlo, vedere come reagiva dopo quello che era successo la sera prima, imparare da lui come nascondere le cose per fare in modo che nessuno si fosse accorto di niente.

Adesso si sentiva a disagio, un po' per l'insonnia un po' per le troppe domande senza risposta vagava per la cucina come uno zombie, chiedendosi se sembrasse abbastanza naturale sedersi in una determinata posizione.

Aveva paura che quella notte qualcosa era cambiato definitivamente, e si trovò ad attendere con ansia l'arrivo di Mark nella casa dei loro amici, arrivo che non avvenne mai

-quel disgraziato, lui e i suoi colpi di scena: chissà che storia ci racconterà quando ci spiegherà perchè non è venuto- rise Peter con cameratismo mentre erano seduti sul divano a sorseggiare il brandy. Erano le cinque di pomeriggio, e lui né si era fatto vedere né aveva risposto al telefono, che risultava staccato testardamente.

Juliet seduta sul bracciolo si sentiva come su una poltrona di aghi, mentre osservava attorno a lei e si comportava come davanti ad un copione.

Basta, la situazione doveva finire: doveva vederlo, da sola, e sentirsi dire che si sarebbe presto assopita quella sensazione e che tutto sarebbe tornato alla normalità.

-forza Peter, andiamo a farci due tiri al bigliardo!- gli propose Henry stiracchiandosi

-ehm, amore? Non ti dispiace se io inizio ad andare? Stasera siamo a cena da mia sorella e non abbiamo preso niente, magari riesco a trovare un market aperto e a prendere almeno una bottiglia di vino- propose incerta, sperando che lui non sollevasse obiezioni

-ma che angelo mia moglie -rispose invece dandogli la sua benedizione- sei sicura che non ti dispiace andare da sola?

Lei afferrò la sua giacca prima che potesse cambiare idea

-no, ho mangiato troppo e due passi mi faranno bene!- mentì salutando tutti -ci vediamo a casa!

Scendendo di corsa i gradini della casa cercò di calcolare quanti isolati la dividessero da l'appartamento di Mark, e senza la speranza di trovare un taxi disponibile il pomeriggio di Natale iniziò a incamminarsi a passo svelto.

Non appena fu abbastanza lontana, sicura di non essere più vista, si affrettò ulteriormente iniziando a correre tra le vie, sbagliando un paio di volte ma recuperando la strada giusta. Arrivata al portone salì a due a due i gradini e poi affannata si attaccò al campanello, non ricevendo nessuna risposta

-Mark! Mark apri!- lo chiamò sbattendo le mani sulla porta- Mark andiamo su! Apri!- provò ancora, senza risultato.

Pensò febbrilmente a una soluzione, ormai era arrivata fino a lì e non poteva andarsene senza una risposta convincente, non avrebbe retto una serata intera sotto lo sguardo inquisitore della sorella in quelle condizioni.

Sollevò lo zerbino, frugò nel portaombrelli, armeggiò con lo stipite fino a che scoprì una piccola chiave nascosta in un sottovaso.

Entrò nella casa afferrando immediatamente che c'era qualcosa che non andava: c'era un silenzio irreale, e non c'erano tutte quelle cianfrusaglie che c'erano l'ultima volta che era stata lì; per la verità non c'era niente di niente.

-Mark?- provò, titubante.

Se ne era andato.

Una folata di vento chiuse la porta alle sue spalle, rivelando i cartelli che lui aveva fatto per lei

e il mio cuore straziato ti amerà finché non sarai così

li prese in mano, inginocchiandosi a terra. Non era vero, lui se ne era andato. Mark se ne era andato.

Si asciugò le lacrime che inspiegabilmente le bagnarono le guance, e capendo che non avrebbe mai avuto nessuna risposta uscì, richiudendo la casa e nascondendo la chiave dove l'aveva trovata,

Ora doveva cercare un market aperto.

Scese i gradini di quella casa dai mattoni bicolore sentendosi tradita.


Si era svegliato nel primo pomeriggio, non che avesse dormito molto, e si era rimesso in viaggio. Ora sapeva dove stava andando: a Edimburgo. Quella era la sua meta, lì poteva ricominciare da capo, li avrebbe finto che Juliet non fosse mai esistita. Aveva sempre amato quella città così diversa da Londra, e lì avrebbe ricominciato la sua vita.

Ogni chilometro che faceva era una tentazione a invertire il senso di marcia, era una visione troppo deprimente vivere una vita intera senza Juliet, senza Peter, ma immaginò che prima o poi sarebbe passata, quindi si trattava solo di tenere duro. Il telefono sul sedile del passeggero si illuminava a ripetizione, segnalandogli quante volte l'amico lo stesse cercando, ma non se la sentiva ancora di parlargli: una volta arrivato in città e trovato un albergo dove sistemarsi provvisoriamente gli avrebbe scritto un messaggio dicendogli che stava bene, poi una volta trovata una casa e un lavoro lo avrebbe chiamato raccontandogli il suo ultimo colpo di scena.

Gli avrebbe detto che era successo tutto troppo in fretta, e che sarebbe tornato un giorno a salutarlo come si deve, promettendogli una bevuta.

Infine avrebbe lasciato passare i mesi, rispondendo vago alle sue telefonate e facendogliene qualcuna di circostanza: se tutto andava come doveva andare quando si sarebbero scambiati gli auguri l'anno successivo sarebbe stata una telefonata imbarazzata come tra vecchi compagni di scuola che si erano persi di vista.

E nel frattempo Juliet, Juliet, Juliet gli martellava nella mente e dentro al petto.

Cosa stava facendo? Aveva preso la sua scomparsa come un sollievo? Probabile. Lo aveva mai pensato? No, non voleva saperlo. L'avrebbe dimenticata.

Una volta trovato un appartamento che lo soddisfacesse e un lavoro che glielo permettesse tornò di soppiatto nella sua vecchia casa una notte, con un furgoncino sgangherato preso a noleggio che non aveva neanche l'autoradio.

Dopo aver caricato i suoi ultimi averi si ricordò di avere lasciato in casa uno stereo portatile, lo stesso che aveva utilizzato quella notte da dimenticare.

Entrò, registrando immediatamente nel suo campo visivo la famosa cassetta abbandonata sul pavimento, distolse lo sguardo e afferrò lo stereo, richiudendosi la porta alle spalle e salendo sul furgoncino.

Poi ritornò sui suoi passi, tormentato, riaprì la casa e prima di cambiare idea raccolse la cassetta, mettendosela nella tasca del giaccone.

Uscendo vide i cartelli sparpagliati per terra e li diede un calcio, facendoli sbattere contro la parete disordinati.

Quei dannati cartelli.


Entrò nell'appartamento che era stato il suo rifugio quegli ultimi mesi percependo che c'era qualcosa di strano: mancavano due dettagli fondamentali, la videocassetta sul pavimento che non aveva mai avuto il coraggio di riguardare e lo stereo dietro la porta.

Inoltre i cartelli che spesso si passava tra le mani erano sparpagliati malamente, qualcuno aveva distrutto il modo ordinato con cui lei li conservava.

Chi era entrato lì dentro?

Uscì accostando la porta non curandosi di chiudere a chiave, e oltrepassato il ballatoio suonò al campanello della vecchia vicina di casa

-signora Green sono io, Juliet- l'avvisò alzando la voce

-oh, cara, hai bisogno?

Ultimamente si erano incontrate spesso, la ragazza aveva spiegato che tornava di tanto in tanto nella casa dell'amico per dare una pulita e controllare che tutto fosse in ordine

-è stato qualcuno qui ultimamente?- gli chiese indicando l'appartamento dirimpettaio

-ma certo, Mark è tornato qualche sera fa, non vi ha detto niente? Ecco, guarda, io non l'ho visto ma mi ha lasciato un biglietto nella casella della posta...

Lo cercò con le mani titubanti della vecchiaia in mezzo a una pigna di posta e glielo porse


Cara signora Green,

mi scuso se non mi sono fermato a salutarla ma sono venuto a prendere le mie ultime cose in piena notte, e non posso perdere troppo giorni di lavoro dato che ho appena iniziato e quindi non posso trattenermi oltre dato che devo attraversare il paese più in fretta possibile.

Le lascio la chiave della mia cassetta della posta, se dovesse arrivare qualcosa che lei reputa importante la prego di inviarmelo all'indirizzo che le scriverò qui sotto.

A breve metterò l'appartamento in vendita, spero che i nuovi inquilini saranno gentili con lei.

Con affetto

Mark



-ah, non ci aveva detto che era passato- cercò di giustificarsi lei

-oh cara, forse perchè non voleva -gli disse argutamente- ti sei segnata l'indirizzo? Fanne buon uso- le consigliò poi complice.


Fanne buon uso lo avrebbe gettato, ecco cosa avrebbe fatto una volta tornata a casa. Non una ma due volte l'aveva abbandonata, e poi veniva a dirle che l'avrebbe sempre amata?

Baggianate. Buffonate, come Mark

Le aveva fatto perdere solo del gran tempo.








Ad Edimburgo era arrivata una strana estate, per niente grigia e afosa come quella che imperversava sempre a Londra, un motivo in più per amare quella città che gli aveva concesso un nuova possibilità.

Tornando a casa dopo il lavoro notò delle valigie abbandonate sul ballatoio, probabilmente erano in arrivo dei nuovi vicini di casa.

Entrò e si mise a cucinare, lasciando entrare dalle finestre rimaste chiuse tutto il giorno una fresca brezza serale, quando il campanello suonò timidamente.

Spense il fuoco e andò ad aprire: probabilmente erano i nuovi vicini che volevano presentarsi.


Si trovò davanti una ragazza appoggiata al muro che alzò lo sguardo sentendo la porta aprirsi

-torta di banane?- gli offrì sollevando una confezione di pasticceria


-Juliet?- chiese incredulo.

Come era arrivata lì? E perchè?

-cosa ci fai qui?- chiese poi allarmato

lei si fece strada nell'appartamento, non curandosi di portarsi dietro le valigie che evidentemente erano sue

-cosa ci faccio io qui? Cosa ci fai tu piuttosto?- il sorriso educato di poco prima era sparito, lasciando intravvedere la sua irritazione -cosa ci facevi tu la vigilia di Natale davanti alla porta di casa mia a dichiararmi amore eterno per poi scappartene dall'altra parte del paese senza neanche un ciao, come se nulla fosse. Hai un ottimo tempismo, sai?- gli sibilò arrabbiata.

Mark la guardò disorientato

-ecco, io... -tentennò

-ma poi se fossi stato davvero innamorato di me saresti venuto a trovarmi quando sei tornato in città per prendere le tue dannate cose, no? No, non un addio, non una telefonata, non un messaggio -gli mostrò la sua delusione- niente di niente. E ti sei portato via il filmino delle mie nozze!- lo accusò

-tu lo avevi lasciato lì- si giustificò

-certo, cosa ti aspettavi facessi, che andassi a casa, prendessi Peter sottobraccio e gli dicessi “amore guardiamo che cosa ha combinato Mark, non ti sembra strano che ci sono sempre e solo io nel video?” Ma non vuol dire che avessi tu il diritto di prenderlo, non dopo che sei fuggito lasciandomi sola a barcamenarmi con quello che mi avevi detto!

-lasciandoti sola?- gli chiese titubante

-esatto, sola!- Juliet appoggiò la torta incartata sulla mensola vicina alla porta e con le mani libere lo spinse, sfogando la sua rabbia- sola a chiedermi cosa era successo in tutto quel tempo, sola a chiedermi da quanto tempo andava avanti quella storia, sola a chiedermi come fingere che tutto fosse come prima, sola a chiedermi se mi avevi davvero amato dal momento che eri fuggito!

Lui prese coraggio, iniziandole a rispondere a tono

-non mi sono forse reso abbastanza cretino quella sera? Certo che me ne sono andato, come facevo a stare ancora con voi, a sentire ancora Peter che si lamentava perchè non davo abbastanza attenzioni alla sua bellissima e amorevole moglie? E poi che cavolo era quel bacio, la consolazione per il povero Mark lo sfigato?

-ma ti ho baciato!- gli fece notare lei con le lacrime agli occhi

-ma poi te ne sei andata!

-ma ti ho baciato! Cosa ti aspettavi che facessi quando poco prima ero convinta che tu mi odiassi?

-mi aspettavo che tu avessi il buon senso di non farlo, dopo che mi ero già esposto abbastanza dicendoti che ti amerò sempre- sbottò lui.

Registrò il futuro utilizzato al posto del condizionale passato ma al diavolo, si era già reso cretino davanti a Juliet che una volta in più non faceva differenza

-ma te ne sei andato- sottolineò lei con evidente sforzo di trattenere le lacrime che non voleva mostrargli

-perchè tu te ne sei andata da lui dopo avermi baciato, dopo che mi ero reso un idiota cancellando ogni possibilità di poter stare nella tua stessa stanza!- tuonò come mai gli aveva sentito fare. Vide un paio di lacrime correre lungo le guance di solito ridenti di Juliet, pentito di aver reagito così disse, più tranquillo- a proposito, dov'è Peter? Immagino che ormai sia al corrente di tutta questa storia divertente...- le chiese andandosi a sedere sul divano con la testa fra le mani. Sarebbe mai riuscito a dimenticarla?

-non capisci? Ci siamo lasciati a marzo, dopo che tu sei tornato a prendere le tue cose, l'ho lasciato- si corresse.

Lui sollevò lo sguardo

-l'hai lasciato, cosa vuol dire?- chiese interdetto.

Si alzò involontariamente vedendo il volto solcato dalle lacrime che ora scendevano copiose, trattenendosi dall'allungare una mano per asciugargliele

-che non poteva più andare avanti così, ero sconvolta, non potevo più stare con lui- gli spiegò

-cosa vuol dire?- si ripetè lui

-che adesso non me ne andrò- sussurrò lei avvicinandosi a lui e baciandolo debolmente- che ti amo, sciocco maledetto che mi hai fatto questo- chiarì staccandosi da lui.

Quelle parole lo colpirono così forte che si sentì ferito, incredulo di quello che stava succedendo. Lo amava? Lui?

La guardò, come al solito troppo bella per essere vera. La vide trattenere il respiro aspettando una sua reazione mentre lui le asciugava finalmente le lacrime, e realizzò che doveva essere vero.

Juliet, la sua Juliet l'amava.

E lui l'avrebbe amata per sempre.

La strinse e serrò le labbra alle sue, suggellando la promessa.




Nda ecco qua, mi sono chiesta a lungo come mai questa sezione fosse vuota dopo l'ingrata fine che regista e sceneggiatori hanno fatto fare a Mark e Juliet, regalando loro una delle più belle dichiarazioni della storia del cinema e poi non trattandoli con il dovuto rispetto, glissando sul finale.

Per me, non so se si è visto, in un modo o nell'altro dovevano stare insieme, e ne ho provato a raccontarne uno.

Spero che qualcuno sia insoddisfatto della mia versione dei fatti tanto a scriverne una sua, per poterla leggere :-D

Anche se ovviamente spero che a qualcuno piaccia.

Credits: le frasi all'inizio, così come altre citazioni

-ma tu non parli mai con me... sei amico solo di Peter!-”

e la mitica

-senti ho un impegno per pranzo... colazione. Trovi da sola la strada, vero?”

sono prese dal film, bellissimo, Love Actually.

Vi lascio con un link della “famerrima” (passatemi il termine, XD) dichiarazione

http://www.youtube.com/watch?v=zdog01a-CEA&feature=feedf

14/9 era da un po' che volevo farlo, ma stamattina mi sono decisa: in poche parole mi sono resa conto che la loro vicenda non è ambientata in America come credevo ma in Inghilterra, quindi per non lasciare questo errore indelebile dovuto più che al pressapochismo a una mia sincera convinzione ho modificato la fiction.


   
 
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