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Autore: Martyx1988    04/09/2011    4 recensioni
Secondo capitolo delle avventure di Ayame, reincarnazione di Afrodite, e delle sue Sacerdotesse. Sconfitto Efesto, la pace sembra tornata sulla Terra, finchè un nuovo nemico non si presenta, costringendo la dea ad una fuga al Grande Tempio. Sarà l'occasione per tre ragazze di conoscersi meglio e di conoscere nuovi amici e le loro storie...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Dea dell'Amore'
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Babylon
(seguito di "A Divine Love")

8- Lacrime e malinconia

Due stranezze nello stesso giorno era più di quanto Camus riuscisse a concepire. Prima si era distratto durante l'addestramento dei suoi allievi più giovani e ci aveva quasi rischiato la pelle. Mai in vita sua qualcosa era riuscito a distrarlo dai suoi impegni, qualunque essi fossero, dai più banali ai più importanti. E poi la sua mano che, al contatto con la pelle di Galatea, si era subito scaldata. Nemmeno questo era mai successo.

Essendo padrone delle energie fredde, anche con il cosmo al minimo la sua temperatura corporea è sempre stata più bassa del normale. All'inizio era stato solo un adattamento al clima rigido delle zone in cui si era allenato, poi, dopo la sconfitta contro Hyoga e la sua rinascita, aveva deciso di mantenere sempre e comunque il suo corpo ad una temperatura via via più bassa, allo scopo di raggiungere, quando sarebbe stato necessario, lo zero assoluto.

Eppure era bastato quell'attimo, quel breve contatto con la pelle chiara di Galatea, perché il gelo sparisse dalla sua mano ed uno strano calore lo pervadesse.

Perché? Perché con lei? Non sapeva nulla di quella ragazza, anche se doveva ammettere che, sin dal primo momento in cui l'aveva vista, a Tokyo, ne era rimasto affascinato. Aveva capito da subito che era diversa dalle altre, forse per la grande malinconia che i suoi occhi nocciola sembravano nascondere.

Di nuovo quel calore strano lo colse. Erano i suoi occhi, allora? Ma perché?

Cercò di eliminare dalla mente l'immagine dello sguardo di Galatea, quindi poggiò la mano sul primo gradino della scalinata che correva verso la Casa del Capricorno. Subito una sottile lastra di ghiaccio ricoprì tutti i gradini fino in fondo, un ghiaccio così freddo che nemmeno il caldo sole dell'estate greca riusciva a sciogliere.

Allora erano proprio i suoi occhi. Camus sospirò e prese a guardarsi la mano, sovrappensiero.

Se non vuoi visite, la prossima volta basta che lasci un messaggio a Shura. Non è necessario rendere la scalinata un campo di pattinaggio”

Il Cavaliere dell'Acquario lasciò perdere la distratta contemplazione della sua mano per dar retta all'amico in fondo alla scala. Milo stava saggiando con la punta della scarpa la consistenza della lastra di ghiaccio davanti a lui.

E comunque, hai fatto di meglio” commentò alla fine.

Lo so” sbottò Camus, rompendo il ghiaccio con un leggero pugno. “Dai, sali”

Milo lo raggiunse, facendo molta attenzione ad ogni gradino.

Siamo di umore grigetto, a quanto vedo. Ma forse lo sarei anche io se due miei allievi avessero tentato di assassinarmi”

Non è per quello” disse Camus, sempre intento a fissarsi la mano. Non diede, però, ulteriori spiegazioni.

E non vuoi dire al tuo amico Milo cos'è che ti turba?” tentò l'altro Cavaliere.

Se lo sapessi, te lo direi” sospirò Camus, lasciando perdere la mano e sperando di essere stato convincente. In realtà sapeva perfettamente cosa, o meglio, chi lo turbava, ma Milo non era la persona adatta per parlare di cose del genere. Sicuramente gli avrebbe dato del paranoico e, probabilmente, avrebbe avuto ragione.

Quindi ti sei rabbuiato così, tutto d'un tratto” dedusse Milo, seppur con un certo scetticismo.

Diciamo di sì” confermò l'amico, laconico.

Posso allora proporti un rimedio al tuo grigiore interiore?”

Dall'intonazione della voce, Camus capì che quello era l'argomento che Milo voleva affrontare sin dal principio e, quasi sicuramente, il motivo principale della sua visita. Gli fece cenno con la testa di andare avanti.

C'è una festa, giù ad Atene, venerdì sera. Pensavo di invitare Psiche, ma ho la sensazione di non starle molto simpatico. Se però facessimo un'uscita di gruppo magari accetterebbe. Tu potresti invitare Ayame, per esempio”

Non posso invitare Ayame! È la ragazza di Hyoga!” gli fece notare Camus, sconcertato.

Allora Galatea...” iniziò a proporre Milo, ma l'amico lo interruppe subito.

Sei impazzito?!?” scattò infatti Camus, sorprendendo non poco il Cavaliere dello Scorpione.

Neanche ti avessi chiesto di invitare una Gorgone, che cavolo!”

Non se ne parla. Io non inviterò Galatea, chiaro?” precisò Camus, mentre si alzava per rientrare in casa.

Mica ti ci devi fidanzare! È solo per fare un favore ad un amico. Andiamo, Camus!” lo implorò Milo, ma l'amico non volle sentir ragioni.

Dannazione, Milo! Sei adulto a sufficienza da poter chiedere ad una ragazza di uscire senza qualcuno che ti spalleggi, nella fattispecie il sottoscritto”

E tu sei già morto un numero sufficiente di volte per capire che, forse, è ora di sciogliersi un po'”.

Camus si bloccò sulla soglia della casa. Non era la prima volta che lui e Milo discutevano, ma questa volta l'amico sembrava essere più serio del solito, a giudicare dallo sguardo fermo che gli stava rivolgendo.

Siamo di nuovo in vita, Camus” continuò lo Scorpione, calmo ma con voce tremante. “Non a tutti è concessa un'occasione del genere e già in parecchi l'abbiamo capito. Un esempio su tutti: Marin e Aiolia. Io non sprecherò quest'opportunità, e tu?”

Milo non attese risposta, ma si voltò e scese la scalinata per tornare alla sua Casa. Camus rimase qualche istante a rimuginare sullo sfogo dell'amico. Era pienamente d'accordo con lui, non era nemmeno nelle sue intenzioni sprecare quella sua nuova vita, né, però, gli sembrava che stesse facendo qualcosa del genere. Lui e Milo avevano sempre avuto idee diverse sul come viversi la vita e, forse, per questo erano sempre andati così d'accordo. Se per Milo approfittare dell'occasione voleva dire provarci con Psiche, non per forza doveva valere la stessa cosa per lui.

Forte di questa convinzione, Camus rientrò in casa, ma si bloccò sulla soglia della cucina. Galatea stava armeggiando coi fornelli e un libro di cucina era aperto sul ripiano lì vicino, alla pagina della ricetta per il pastitsio greco. Si accorse della sua presenza quando si voltò per posare il piatto da portata sul ripiano di granito grigio al centro della stanza, dove di solito consumava i pasti.

Ciao” gli sorrise imbarazzata, con le guance imporporate e gli occhi leggermente più luminosi. Camus sentì di nuovo caldo e distolse lo sguardo da lei per posarlo sul piatto.

Ho tentato di cucinare qualcosa di tipico. Pensavo che, dopo la giornata di oggi, non avessi voglia di far da mangiare e così...”

Grazie per il pensiero, ma penso che stasera salterò” tagliò corto Camus, prima di avviarsi a occhi bassi verso la sua stanza, dopo aver borbottato un quasi incomprensibile “Buonanotte”.

Una volta al sicuro tra le mura della sua austera camera, Camus stava per girare la chiave e buttarsi a letto quando alle sue orecchie arrivarono stralci di una conversazione che Galatea stava avendo con Shura.

È tutto a posto qui? Poco fa è passato Milo e sembrava tutt'altro che allegro” chiese il Cavaliere a Galatea. Una pentola sbattuta in lavastoviglie e il portellone chiuso con poca grazia.

Non ne ho idea, mi spiace” fu la laconica risposta della Sacerdotessa.

Quello è pastitsio?” domandò poi Shura. “È una vita che non lo mangio”. Una risata alla battuta involontaria, ma gli parve solo di Shura.

Serviti pure. Qui è passato l'appetito a tutti”.

Passi affrettati lungo il corridoio, la porta della stanza degli ospiti sbattuta, la chiave girata nella toppa.

Sentì ancora Shura dire qualcosa, forse un ringraziamento, poi imitò la Sacerdotessa e si barricò in camera. Accese lo stereo e in breve partirono le note di uno dei tanti pezzi di musica classica della sua collezione. La musica era una delle poche cose che riuscisse a rasserenarlo, ma quella sera sembrava davvero una missione impossibile.

Zittì il brano appena iniziato e andò alla finestra. Il Santuario era immerso in un tripudio di oro e rosso. Da quando era tornato in vita, i tramonti gli sembravano uno più bello dell'altro. Aprì le imposte per godersi il calore dell'ultimo sole e la brezza fresca ma, una volta sportosi dal davanzale, rientrò subito.

Galatea era seduta sul suo davanzale e stava guardando anche lei all'orizzonte. Non si era accorta di lui, nonostante non avesse badato a non far rumore.

Uno strano senso di colpa gli attanagliò lo stomaco e l'espressione malinconica sul volto della ragazza non gli alleggeriva il peso. Sapeva che avrebbe dovuto chiederle scusa per non aver apprezzato il suo sforzo e la sua collaborazione, ma quell'insolito calore lo metteva a disagio ed era sicuro che sarebbe riuscito a rovinare tutto.

Non riusciva, però, a staccare gli occhi dal riflesso della ragazza sul vetro della sua finestra, l'unico modo che aveva in quel momento per guardarla senza trovarsi in difficoltà né essere scoperto. Galatea era una bellezza antica, statuaria, quasi irreale, e gli appariva fragile e bisognosa di protezione, nonostante sapesse che era una guerriera esattamente come lui.

Un raggio di sole passò attraverso gli alti palazzi di Atene e andò ad illuminarle il viso con un'angolazione tale che il risultato, sebbene fosse solo riflesso, tolse il fiato a Camus. Desiderò per un attimo possedere quell'immagine per sempre. E sapeva anche come fare per ottenerla. Afferrò la costosa reflex dalla scrivania e, calibrando perfettamente ogni movimento, scattò la foto a Galatea. Si ritrasse nuovamente nella stanza prima che lei potesse vederlo e premette il tasto della fotocamera per accedere alla gallery.

Non poté non sorridere davanti alla perfezione del suo risultato, ma ebbe solo poco tempo per contemplarlo, perché una guardia del Santuario bussò alla sua porta per comunicargli che il Gran Sacerdote desiderava vederlo con urgenza.


Dopo la giornata devastante passata a provare ad eseguire l'assurdo compito assegnatole da Shaka, la scalata fino alla Tredicesima le sembrò più faticosa del solito. Fosse poi servito a qualcosa. Neanche un petalo si era mosso, il bocciolo era rimasto chiuso come gli occhi del suo mentore. L'unica cosa ce ci aveva guadagnato era solo un martellante mal di testa.

Nonostante tutto, comunque, non le sfuggì il ciuffo rosa che scomparve dietro una delle colonne della Casa dei Pesci, accompagnato da un singhiozzo sommesso.

Psiche?” chiamò, spostandosi per vedere meglio. Nessuno rispose, e anche i singhiozzi sembrarono cessare.

Non convinta, Ayame arrivò fino al lato lungo del tempio dietro cui la sua Sacerdotessa era sparita. Nel frattempo i singhiozzi erano ripresi, ma sembravano comunque trattenuti.

Psiche era seduta a terra, appoggiata contro una colonna, col volto nascosto tra le braccia e le gambe al petto. Un altro singhiozzo scappò al suo controllo.

Senza dire niente, Ayame si avvicinò silenziosa all'amica e le accarezzò la testa. Psiche non sobbalzò, ma sollevò la testa lentamente per mostrarle il viso rigato di lacrime.

Ayame non l'aveva mai vista così disperata. Anzi, non aveva mai visto Psiche piangere.

Le si sedette accanto e le scostò alcune ciocche di capelli dal volto bagnato.

Non è cambiato nulla” gemette la Sacerdotessa.

Cosa non è cambiato?” le domandò Ayame dolcemente.

Io” singhiozzò Psiche. “Sono passati sei anni e io non sono riuscita a dimenticare”

Quindi non riguarda Ikki” dedusse la bionda. Psiche rispose scuotendo la testa. “Probabilmente non ha mai riguardato Ikki” 

Ti va di parlarne?” provò a domandare Ayame, ma di nuovo la Sacerdotessa fece di no col capo.

È un problema solo mio e sarò io a risolverlo” rispose, poi, con la sua tipica determinazione. Si asciugò gli occhi alla bell'e meglio e fece dei respiri profondi per calmarsi.

Com'è andata col santone?” chiese poi ad Ayame.

Un disastro” rispose la bionda amareggiata, mentre si massaggiava le tempie. Iniziò poi a raccontarle del suo pomeriggio, quando due voci provenienti dall'Undicesima attirarono la loro attenzione.

Raggiunta la scalinata che congiungeva i due templi, le ragazze videro Camus salire rapido, preceduto da un soldato semplice che gli stava spiegando sommariamente qualcosa.

Il Gran Sacerdote è nella Sala del Trono con il Generale Kanon e il Sommo Mu. Pare che quest'ultimo abbia portato notizie importanti dal Giappone”

Subito Ayame si fece più attenta. Seguì con lo sguardo i due uomini mentre entravano nella Casa dei Pesci per chiedere ad Aphrodite il permesso di passare. Quando questi glielo concesse, aggirò il perimetro del tempio e raggiunse l'uscita della Dodicesima in tempo per vedere Camus e il soldato salire la scalinata.

Chissà cos'è successo a Tokyo?” domandò Psiche, leggermente in apprensione.

Ayame ci rimuginò sopra qualche secondo, prima di prendere l'amica per mano e iniziare la salita verso la Tredicesima. Psiche cercò di protestare, ma la bionda neanche la sentì. Aveva bisogno di sapere qualcosa su Hyoga e gli altri e il fatto che Camus fosse stato chiamato non era, secondo lei, di buon auspicio.

L'ingresso alla Sala del Trono era presidiato da due guardie, una delle quali era il soldato che aveva condotto lì Camus e che stava uscendo dalla stanza in quel momento.

Psiche, riesci ad addormentarli?” chiese Ayame alla sua Sacerdotessa, senza perdere di vista la porta che, lentamente, si stava chiudendo.

Non mi sembra una buona idea, ad essere sincera...” iniziò ad obiettare la ragazza, ma quando Ayame si voltò per implorarla sia con lo sguardo che con le parole, dovette cedere.

Si avvicinò furtiva alle due guardie e soffiò loro addosso una fine polvere dorata che le fece subito crollare a terra, prive di sensi.

Ayame la raggiunse subito dopo, guardando con circospezione i due soldati svenuti.

Sicura che non si sveglieranno?” domandò, lasciando trapelare una notevole agitazione.

Psiche scosse la testa. “Usciranno dal Palazzo di Zefiro quando lo vorrò io”

La bionda annuì, quindi si avvicinò all'imponente porta della Sala del Trono, rimasta socchiusa. Le voci degli uomini all'interno erano lontane, ma dopo qualche secondo fu in grado di sentire le loro parole.

... e Atena?” domandò Camus, anch'egli in preda alla preoccupazione.

Sana e salva. Il suo intervento non si è reso necessario. Shun e Hyoga sono riusciti a disarmare l'Angelo prima che si avvicinasse a lei” gli spiegò Mu. “Lo spillo è stato inviato ad un laboratorio della fondazione Kido, per essere analizzato insieme a quello che ha colpito Ayame. Kiki è a Tokyo, al momento, e ci fornirà tutti i dettagli appena saranno pronti”

Almeno, finalmente, sapremo come stanno tentando di eliminare le divinità reincarnate” considerò Shion. “Hai trovato qualche spunto per continuare le tue ricerche, Kanon?” domandò poi il Gran Sacerdote. Dalla sua voce trapelava una stanchezza talmente grande, pensò Ayame, che riusciva persino a surclassare l'astio nei confronti del Generale. Ripensando alla sua giornata, i due dovevano essere in colloquio da poco dopo che lei e Galatea avevano incrociato Kanon al villaggio.

Se ho capito bene, non era lo stesso Angelo che ha ferito Afrodite” constatò il Generale.

Stando al racconto di Kiki, no. Era una donna, con le ali rosse e sembrava comandare il fuoco. È stata sopraffatta dall'acqua, o meglio, dal ghiaccio” confermò Mu.

Ma a quale prezzo...” commentò Camus. “Se Hyoga, il cui potere è pari a quello di un Cavaliere d'Oro, ha dovuto portare il suo cosmo al massimo rischiando la vita contro uno solo di loro, mi chiedo cosa dovremmo fare per contenere un attacco più massiccio...”

Le ultime parole giunsero alle orecchie di Ayame ovattate. Il suo cervello e il mondo intorno a lei si erano fermati molto prima, alla notizia che Hyoga era in pericolo di vita.

Il respiro le si fece pesante e la vista si annebbiò d'un tratto. Qualcosa di bagnato, lacrime probabilmente, le scendeva lungo le guance. Il vuoto all'addome divenne così opprimente da fare male e da toglierle l'aria. Iniziò a respirare affannosamente a bocca aperta, liberando ogni tanto qualche singhiozzo.

Qualcuno le prese il volto con le mani. Forse la stava chiamando, ma lei non sentiva nulla. La sua mente era totalmente nel pallone, non riusciva a ragionare. Vedeva solo immagini di Hyoga e di fiamme, alcune di pura fantasia, altre di ricordi non molto lontani di una guerra contro il fuoco.

Hyoga sopraffatto dall'Angelo del Fuoco. La sua unica ragione di vita che rischiava di morire. E lei era lì, tra quei quattro sassi antichi, impotente e inutile. Lontana da lui.

No.

Non per molto ancora.

La lucidità tornò in un baleno e con essa la determinazione che diede alle sue gambe la forza per fare quello scatto.

Si liberò delle attenzioni di Psiche e Galatea, che doveva essere giunta lì poco prima, ignorò totalmente i loro richiami e si lanciò lungo la scalinata delle Dodici Case. Iniziò ad attraversarle ad una ad una senza chiedere permessi di sorta. Pesci. Acquario. Capricorno. Sagittario.

Le gambe iniziarono a dolerle e il respiro a farsi affannoso, ma continuò a correre.

Scorpione. Bilancia. Vergine. Leone.

Sentiva i richiami dei custodi delle Case, ma non vi prestava ascolto. Non avrebbero capito.

Sulla soglia della Casa del Cancro udì altri passi dietro di lei. Incitandosi con un verso quasi animalesco, accelerò la sua corsa.

Era quasi alla fine. Gemelli. Toro.

Aldebaran era sulla soglia. Vide lei e chi le correva appresso. Tentò di placcarla, ma appena le sfiorò la pelle, si sentì un sinistro sfrigolio e un'imprecazione poco fine del Cavaliere. Ayame se lo lasciò alle spalle che si reggeva una mano, dolorante.

Passò l'ultima Casa, l'Ariete Bianco, e imboccò la via verso Rodorio. Era quasi arrivata alla curva a gomito che nascondeva le prime case alla vista, quando qualcuno l'afferrò per un braccio. Di nuovo udì quello sfrigolio e la persona dietro di lei soffocò un lamento, ma non mollò la presa. Ayame si sentì tirare indietro e due braccia forti la cinsero, impedendole qualsiasi movimento. Provò a dimenarsi ma fu tutto inutile, la corsa l'aveva stancata e chi la stava trattenendo era nettamente più forte.

Ayame, ferma!” le venne intimato.

Nella confusione dei suoi pensieri riconobbe la voce di Kanon, ma non era un buon motivo per arrendersi.

Lasciami! Devo andare da lui!” gridò lei in risposta, continuando a muoversi nel disperato tentativo di liberarsi dalla morsa del Generale.

Con un lampo di luce, Mu si materializzò davanti a loro e allargò le braccia. Solo allora Kanon lasciò andare Ayame, la quale approfittò subito della libertà per riprendere la corsa. Un ostacolo invisibile tra lei e Mu la costrinse a fermarsi. Il Cavaliere dell'Ariete aveva eretto il Crystal Wall davanti a lei per impedirle di proseguire. Kanon le sbarrava la strada dall'altro lato, il volto contratto in un'espressione sofferente a causa delle bruciature sulle braccia e sulle mani nei punti in cui era venuto a contatto con la pelle di Ayame.

Questa, ormai in preda alla disperazione, si lanciò contro il muro invisibile davanti a lei e prese a tempestarlo di pugni.

Lasciami passare!” piangeva Ayame, senza nemmeno vedere Mu, tante erano le lacrime nei suoi occhi. “Ha bisogno di me, lasciami andare da lui!”

Mi dispiace, Ayame... non posso” si scusò il giovane uomo dall'altra parte, ma Ayame sembrava sorda a qualsiasi parola.

Devo passare, Mu! Fammi passare! Ti prego!”

Dopo quell'ennesimo sfogo, la stanchezza e la rassegnazione ebbero la meglio sulla ragazza, che si abbandonò ad un pianto disperato e liberatorio al tempo stesso. Scivolando lungo il Crystal Wall, le sue mani lasciarono scie dorate lungo la superficie invisibile, che la accompagnarono nella sua lenta discesa.

Una volta a terra, il muro scomparve. I due guerrieri si avvicinarono con cautela ad Ayame e Mu le si inginocchiò di fronte. Quando posò la sua mano sulla spalla nuda della ragazza, non accadde nulla di ciò che era successo ad Aldebaran e Kanon. La sua pelle era fresca e liscia come sempre.

Ayame, sono davvero desolato” ripetè l'Ariete, sinceramente dispiaciuto. “Ma è nostro compito tenerti al sicuro tra i confini del Santuario”

Non serve a niente scusarsi” gli fece notare Kanon. “Probabilmente non ti sta nemmeno ascoltando”

Devo vederlo” singhiozzò la ragazza, infatti, prima di sollevare il volto rigato dalle lacrime verso Mu. “Solo un attimo. Ti prego...”

Ayame si aggrappò con forza al suo braccio per dare più enfasi alla sua richiesta.

Mu sembrava combattuto. Da un lato c'erano il suo dovere di Cavaliere e il desiderio di non disobbedire al suo maestro Shion, dall'altro c'era Ayame sull'orlo del baratro che gli stava chiedendo un aiuto che solo lui poteva darle. Cosa fare quindi?

Alzò lo sguardo verso Kanon, in piedi dietro ad Ayame. Il suo sguardo serio passò dalla ragazza al compagno d'armi e le sue sopracciglia si inarcarono leggermente.

Ci vorranno solo pochi minuti” gli fece notare.

Ayame fece un vigoroso cenno affermativo con la testa e la sua presa sul braccio di Mu si accentuò, così come si fece più marcata la sua espressione supplice.

Il Cavaliere sospirò, quindi acconsentì con un sorriso. Al suo “Va bene”, Ayame parve sciogliersi in un sorriso felice come pochi altri che aveva visto e talmente contagioso che si ritrovò a sorridere anche lui. Bastò quel sorriso a fargli dimenticare ogni preoccupazione, ogni motivazione contraria a quel breve viaggio. Era la cosa giusta da fare. Quella ragazza stava già soffrendo abbastanza, anche se non lo dava a vedere. Era giusto concederle anche solo pochi minuti di felicità.

Mu si rialzò in piedi ed aiutò Ayame a fare altrettanto. Quando il Cavaliere iniziò a concentrarsi per effettuare il teletrasporto, la ragazza si voltò e afferrò Kanon per un braccio prima che questi potesse realizzare quali fossero le sue intenzioni.

In un batter d'occhio l'ambiente intorno a loro cambiò. La macchia mediterranea lasciò il posto ad un giardino curato ed illuminato dalla luce argentea della luna.

Palazzo Kido portava ancora i segni dello scontro avvenuto poche ore prima. I muri erano solcati da profonde crepe, parte della grande terrazza che dava sul giardino era crollata e della natura prossima alla dimora non era rimasto che cenere.

Le luci alle finestre erano per la maggior parte accese. Lo sguardo di Ayame corse subito verso la finestra della sua stanza e trovò anch'essa accesa.

Rapidamente raggiunse la terrazza ed entrò in casa, seguita a breve distanza dai due guerrieri. Superato il salotto, percorse un primo tratto del breve corridoio che conduceva all'ingresso e voltò a sinistra verso la scalinata che portava ai piani superiori. Al terzo scalino una voce la chiamò alle sue spalle.

Ayame! Che ci fai qui?” le domandò sorpresa Talia, che era sbucata dalla cucina. La Sacerdotessa la guardava seriamente, ma i suoi occhi lasciavano trasparire la gioia che stava provando nel rivedere la sua dea.

Poco dopo venne raggiunta da Shun, che porse la stessa domanda sia a lei che ai suoi accompagnatori.

Ecco io ho saputo... dell'attacco e...allora... Shun, devo vedere Hyoga” rivelò infine, di nuovo con le lacrime agli occhi.

Il ragazzo sorrise e annuì col capo. “Sai dove trovarlo”

Ayame sorrise di rimando, quindi riprese a salire le scale, ma si bloccò prima di raggiungere la cima e tornò a rivolgersi a Shun.

Shun... come sta?”

Starà molto meglio dopo averti vista” rispose sibillino il Cavaliere, per poi incitarla con un cenno del capo a proseguire.

Ayame non se lo fece ripetere. Una volta in cima alla scala, imboccò il corridoio che portava alla sua stanza, l'ultima in fondo. La porta della camera si aprì poco dopo e ne uscì Hyoga, bendato su buona parte del torace ma apparentemente in buone condizioni.

Non appena si videro, entrambi i ragazzi si bloccarono sul posto. Nel corridoio scese il silenzio, rotto solo dai battiti accelerati dei loro cuori che rimbombavano loro nelle orecchie.

Ayame, che...” iniziò a dire Hyoga, incerto se essere felice o preoccupato della presenza della ragazza lì. Si bloccò, però, quando la vide scoppiare in lacrime.

Stai bene... Dei, ho pensato... ho avuto paura... avevo sentito che avevi rischiato la vita e...”

Le sue parole si persero tra le labbra di Hyoga, che aveva raggiunto Ayame mentre cercava di mettere su una frase di senso compiuto tra un singhiozzo e l'altro.

Tutto ciò che era al di fuori di lei e Hyoga cessò improvvisamente di esistere per quel breve istante in cui le loro labbra furono a contatto. Non esistevano Angeli, incubi, sensazioni di vuoto, tensioni e tristezze. Era tutto perfetto per il semplice fatto che loro due erano di nuovo insieme.

Una volta staccatosi da lei, Hyoga prese il volto di Ayame fra le mani e lo tenne vicino al suo, le fronti attaccate e i nasi a sfiorarsi.

Piccola, pazza Ayame” le sussurrò dolcemente. “Ti rendi conto di cosa stai rischiando ad essere qui?”

Lo so che non è stato prudente, ma dovevo vederti. Appena ho saputo, mi sono sentita morire e ho solamente desiderato di essere qui, vicino a te, perchè avevi bisogno di me... e io di te”

Ayame scoppiò di nuovo in singhiozzi, stavolta per sfogare la tensione che si era accumulata dentro di lei in quei pochi giorni. Pianse a dirotto sul collo del suo Cavaliere, stretta nel suo caldo abbraccio e rassicurata dalle sue parole di conforto.

In quel momento più che mai si rese conto di quanto Hyoga fosse importante e vitale per lei, di quanto fossero bastati pochi giorni lontano da lui per sentirsi ancora più incompleta di quanto già non fosse, di quanto fossero vere le ultime parole che si erano scambiati prima della sua partenza. Hyoga era il suo mondo, la sua ragione di vita, la stella del suo universo. Più orbitava lontana da lui, più sentiva freddo. Il suo posto era vicino a lui. Aveva bisogno di tornarci al più presto e conosceva un solo modo per farlo. Quello indicatole da Shaka.

Sarebbe tornata al Santuario e si sarebbe dedicata al suo recupero con tutta se stessa, per tornare da Hyoga.

Il suo pianto si calmò e sciolse l'abbraccio col Cavaliere per guardarlo negli occhi. Sembrava afflitto da qualche pensiero cupo.

Non pensavo che stessi così male ad Atene” disse, infatti, scostandole una ciocca di capelli bagnati di lacrime dal viso.

Non è facile” ammise Ayame, tuttavia proseguì con una nuova risolutezza nella voce.”Ma andrà meglio. Shaka mi sta aiutando a risvegliare Afrodite. Siamo solo agli inizi, ma tornerò quella di una volta. E tornerò da te”

E io sarò qui ad aspettarti, promesso”

Si baciarono di nuovo, più a lungo e più profondamente, perché il sapore dell'altro rimanesse bene impresso nelle loro menti. Hyoga accompagnò, poi, Ayame al piano terra, dove Mu e Kanon la stavano aspettando, insieme a Shun, Talia e agli altri abitanti della casa.

La ragazza andò subito ad abbracciare le sue Sacerdotesse e Saori, quindi salutò gli altri Cavalieri e fece finalmente la conoscenza dei due che mancavano all'appello.

Dhoko della Bilancia era un ragazzone nerboruto con la saggezza di un bicentenario e non mancò di rimproverarla bonariamente per la sua visita. Aiolos, invece, era un uomo pacato che trasmetteva una grande tranquillità, assieme ad una grande forza.

Sapere della loro presenza a Tokyo, insieme a quella di Saga, convinse Ayame che le persone a lei più care erano più che al sicuro.

Dopo un ultimo saluto generale, Mu teletrasportò tutti loro nuovamente ad Atene, sotto il rosso del tramonto.

Salve :) dunque, so che a qualcuno farà un po' strano pensare alle Dodici Case come a piccoli appartamenti arredati stile Ikea, con tanto di comfort ed elettrodomestici, ma secondo me un minimo di attrezzatura ce la devono avere sti bravi uomini per sopravvivere senza ricorrere a legnetti e pietra focaia... che diamine, siamo nel ventunesimo secolo! E poi Zeus non è uno che bada a spese :D

Forse non piacerà il mio Camus fotografo e -spero di no- forse potrei essere andata in OOC, non lo so, ad ogni modo dovrei essermi cautelata. Comunque per quanto mi riguarda, da buon francese l'algido Cavaliere è un amante di tutte le forme d'arte e della fotografia in special modo. Non so come spiegarlo, mi è piaciuto mentre me lo figuravo con una reflezx da millanta euro al collo :D

Il piatto che gli prepara la povera Galatea, poi, è un pasticcio di pasta con feta, ragù e parmigiano...insomma, una cosetta semplice per una che mangiava solo pane e olive e non sa cosa sia un rubinetto (scusa Gala ;P)

A voi i commenti e non siate clementi!

   
 
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