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Autore: Muddafuggaz    05/09/2011    1 recensioni
"...Io credo che il ritmo sia tu."
"Dici sul serio?" Risponde lui avvicinandosi alle mie labbra.
"Sì." Sussurro spalancando gli occhi.
Lui socchiude i suoi e appoggia le labbra sulle mie. Il mio cuore torna a battere, di nuovo, lo sento.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.
“Lei.”
Piove.
E’ il 28 di maggio e piove. Che schifo. Altri tre giorni e l’agonia della scuola sarebbe finita, io sarei stata a casa e non avrei visto più nessuno.  Dopo quel colpo di grazia ricevuto da Andrew credo che anche un lombrico sarebbe stato meglio di me.
Sono le otto di sera, e sto guardando fuori. In quegli istanti della tua vita capisci che tutto va a rotoli. Deglutisco, cerco di non pensare. Sto diventando un niente. Polvere. Forse anche la polvere era più felice di me.
 A un certo punto sento squillare il cellulare, era Joseph, che allarmato, mi chiede di precipitarmi a casa sua.
“Jos, ma sono le otto! E piove! Sei impazzito?” Gli urlo.
“Abby, è importante, cristo, muovi il sedere, prendi la bici o un cazzo del genere e fiondati qua!” Riattacca.
Perché era così preoccupato?
In silenzio esco di casa senza farmi vedere da mia madre che sonnecchia sul divano.  La pioggia è incessante, dimentico l’ombrello ed inizio a correre verso la casa di Joseph. In questo preciso istante mi sento bene, quasi come se la pioggia mi stesse lavando dalle mie paure. Sorrido. Non c’è un motivo preciso, ma continuo a correre e sorridere.  Non sento i miei piedi bagnati correre sull’asfalto, sto volando? Un’improvvisa scarica di adrenalina mi percorre l’intero corpo, accelero, ma cado in una fossa di fango. “DANNAZIONE” penso. La mia maglietta bianca era diventata zuppa di fango e i jeans ormai erano andati. Cerco di non bestemmiare, mi rialzo e inizio a correre di nuovo, incurante dei capelli spettinati, della maglietta sporca e dei jeans ridotti ad uno straccio. 
Dopo un po’ mi ritrovo a casa di Jos bagnata fradicia.
Entro sotto lo sguardo divertito dei miei amici che evitano, però di fare commenti.
Ci sono tutti i componenti degli Shadows, Jos, Robert, Derek (il tastierista) e io.
Il mio sguardo si sofferma, però, su una ragazza dall’altro lato della stanza. Non è altissima, forse più grande di me. Ha i capelli biondi e rossi, gli occhi verdi, ma di quel verde che ti rimane impresso, quel verde inimitabile che vedi una sola volta nella vita, le labbra carnose, sembrano quasi due petali, ma forse i petali al confronto sarebbero appassiti, un colorito non pallido come il mio, ma roseo che le colora soprattutto le guance. Credo che non esista essere più perfetto.  La guardo per qualche minuto, forse secoli, ma non riesco a staccare gli occhi da lei.  
Anche lei mi fissa, forse, è divertita dal mio fradiciume e dai capelli indomabili. E’ seria però, non ride come gli altri, quasi volesse scavare nei miei occhi per cercare qualcosa che magari non esisteva.
Ci stavamo quasi studiando, i miei occhi incollati ai suoi e i suoi incollati ai miei. Cosa stavamo cercando, l’una negli occhi dell’altra? Cosa avrebbe potuto trovare in una come me?
Mi sembra sia trascorso un secolo. Eppure il mio cuore, ferito, mi pulsa appena, lo sento.
Resto imbambolata e Jos, dopo un tempo indeterminato,  mi strattona.
“Ah, lei è mia cugina” Aggiunge Derek indicando quella ragazza. Lei mi sorride e diamine,  il mio cuore va definitivamente a puttane. Quel sorriso era quanto di più bello avessi visto in quindici anni. Sorrido anch’io facendole un cenno con la mano, imbarazzata. Le mie guance erano avvampate di rossore, ne ero sicura.
Lei si avvicina e mi porge la mano dicendo  “Mi chiamo Danielle.” La sua voce era simile ad una melodia mai suonata da nessun artista conosciuto o sconosciuto che fosse.
“Abby.” Le rispondo con un filo di voce mentre le prendo la mano.
Dopo il saluto Jos richiama la nostra attenzione.
“Vi ho chiamato qua perché… rullo di tamburi… partecipiamo ad un Talent Show.” Annuncia fiero.
“EEEEEH?” Urlo.
“Un Talent! E sai cosa si vince? Poter incidere un disco con la stessa casa discografica dei Thirty Seconds To Mars.” Replica lui.
Robert e Derek sorridono e corrono ad abbracciare Jos, mentre io resto impietrita e a bocca aperta.
“Cosa vuoi che sia, diavolo. Proviamoci!” Mi incita Robert.
“Non vinceremo mai.” Annuisco.
“Cosa ci costa provarci?” Dicono quasi all’unisono.
Sospiro e mi unisco all’abbraccio.
L’unione fa la forza, no?
Decidiamo quindi che per il Talent show che si sarebbe tenuto il 2 di Giugno avremmo suonato Attack poiché, secondo loro, era una delle canzoni più belle e difficili.
Non appena finita la nostra riunione torniamo a casa.
L’unica cosa che ricordavo di quella sera era il sorriso di quella ragazza. Chi era?
Rincasata,  salgo piano le scale infilandomi sotto la doccia. Chiudo gli occhi e inizio a pensare.
E se avessimo vinto? E se li avessi incontrati?
Il mio cuore iniziò a sussultare.
E se riuscissi davvero a coronare il mio sogno di fare musica? Sorrido.
L’unica cosa che volevo davvero era proprio arrivare ad avere un ruolo nella musica. Potevo riuscirci, dovevo credere in me, cazzo. Ce la potevo fare. Sono brava con la batteria. E’ l’unica cosa che studio, è l’unica cosa che amo, posso provarci.
 
Quella notte non sogno.  Non riesco a sognare.
 
Il sogno è appena iniziato. 
  
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