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Autore: Muddafuggaz    05/09/2011    4 recensioni
"...Io credo che il ritmo sia tu."
"Dici sul serio?" Risponde lui avvicinandosi alle mie labbra.
"Sì." Sussurro spalancando gli occhi.
Lui socchiude i suoi e appoggia le labbra sulle mie. Il mio cuore torna a battere, di nuovo, lo sento.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1. 
“Due bacchette.”
Sveglia alle 7.30 del mattino. Spalanco gli occhi irritatissima. Solita fottuta routine, ancora e ancora. Altri pochi giorni di scuola e sarebbe finita. Mi strofino gli occhi. Mi volto verso il poster dei Mars per guardarli. Era il mio ‘Buongiorno’ quotidiano, un rituale direi. 
Mi alzo in fretta e furia, mi lavo e mi vesto mettendo su un jeans scuro, converse nere e la mia maglia dei Led Zeppelin preferita, quella bianca. Matita e mascara e di corsa in cucina a fare colazione. Saluto i miei, prendo lo zaino e con “Attack” nelle orecchie cammino verso scuola. L’i-pod è il mio vero e unico amico.
Cammino con passi veloci mentre canticchio quella canzone, importandomi poco delle auto che passano. Mi concentravo sulla batteria, dovevo imparare quelle battute. Ero certa che non sarei arrivata al livello di Shannon, ma volevo provarci. Suonare la batteria era l’unica cosa che mi rendeva felice e fiera di me. E poco m’importava che le mie compagne di classe mi dessero del maschiaccio  a causa dei calli sulle mani, dei graffi e del mio abbigliamento forse un po’ troppo  strano per delle tipe frivole e superficiali amanti del rosa… Quel che faceva di me diversa era proprio questo. Il fatto di non voler essere come loro, non m’importava della femminilità, al diavolo. Volevo vivere di musica, di ritmo e di batteria.
Proprio in quel momento mi accorgo di divagare e accelero il passo, sono in ritardo e la campanella è già suonata.
Entro in classe sotto lo sguardo divertito di Jessica, Ashley ed Helena, le tre oche troie della mia classe di biologia  che mi osservano da capo a piedi. Fingo un sorriso e mi siedo al mio posto quando sento Ashley avvicinarsi e dire:
“Hey Abby, come stai?” Ride sonoramente.
“Bene grazie, e tu?” Prendo i libri dallo zaino senza degnarla di uno sguardo.
“Ho saputo di te e Andrew e ops, mi hanno detto che ti ha lasciata per Jess, vero? Mi spiace, ma cosa pretendi da una che indossa maglie dark e che sembra un maschiaccio? Evidentemente voleva una vera donna al suo fianco” Mi schernisce.
Andrew era il mio ex. Siamo stati otto mesi assieme poi lui mi ha lasciato per Jessica…
Si era lamentato con me per il semplice fatto che fossi più legata alla mia batteria che a lui. Odiava gli Echelon, e mi odiava quando li definivo “Famiglia”. E gli avevo detto più volte che non avrei rinunciato alla mia passione per lui. Mi detestava, poi, quando lo lasciavo solo per andare a fare le prove, sì, con la mia band. Quel nostro piccolo sogno, una band… siamo gli ‘Shadows’, quel nome l’aveva scelto Joseph, il cantante e chitarrista.
Mi schiarisco la voce “Non sono una donna, sono una batterista.”
“Ecco, sei orrenda, guardati allo specchio, sei brutta Abby!”
Deglutisco e abbasso lo sguardo. Sto per scoppiare in lacrime.

“Basta Ashley! Va a importunare qualcun altro!” Sento la voce di Robert, il bassista nonché mio migliore amico.
Ashley va via e io cerco di trattenere le lacrime, Robert mi stringe.
Volevo che la Terra si aprisse per risucchiarmi dentro.
Dopo un po’ iniziano le lezioni. Volevo tornarmene a casa. Al suono dell’ultima campanella mi sento rinascere. Corro fuori dall’aula di inglese e mi sento crollare: Nel corridoio, di fronte a me, Andrew e Jessica si stanno baciando appassionatamente. Mi cadono i libri dalle mani e sento spaccarsi dentro di me l’ultima briciola del mio cuore di vetro già frantumato parecchie volte.
Jessica è bella. Bionda, alta, con gli occhi azzurri, slanciata, con tette e culo ovviamente. Chiunque la incontrasse voleva frequentarla. Chiunque. Ragazzi e ragazze. Era popolare e tremendamente attraente.
Io sono bisex. Forse sono la prima a non essere attratta da tanta cattiveria.
Le ragazze la invidiavano.
Io cercavo di ignorarla e ci riuscivo, ma lei riusciva a fracassare non solo la mia autostima, ma anche il mio cuore.
Raccolgo i libri, trattengo le lacrime e scappo a casa, corro, forse volo. E sento le lacrime sulle mie guance, tutto inutile. L’amore ti corrode l’anima e il cuore. Ti strappa in mille pezzi come un foglio di carta, ti brucia, fa male, cazzo, fa troppo male. Non posso sopportarlo.
Entro in casa, è ancora deserta. Salgo in soffitta, prendo le bacchette e inizio a suonare The Kill, da sola, così. Scollego il cervello dal corpo e lascio che il ritmo si impadronisca di me, esattamente come faceva Shannon, lasciavo che la musica mi guidasse e coinvolgesse. Non penso. Lascio alle bacchette che picchiano sui piatti le sorti di quella giornata. ‘Look in my eyes, you’re killing me, killing me, all I wanted was you!’ Cercavo di non sbagliare, ma nessuno avrebbe sentito quel rumore che non proveniva dalla batteria, ma dal profondo della mia anima oscura. Lasciavo che tutto quello schifo della mia vita andasse via da me, via, doveva scivolare via. La musica doveva attenuare i dolori, quella batteria ci riusciva, quel ritmo era ciò di cui necessitavo, come l’aria nei polmoni.
E’ come se le bacchette siano parte integrante di me, un prolungamento di quelle mani callose e piene di graffi. Un prolungamento di anima e cuore.
Finisco la canzone ansimando. Chi aveva bisogno di amore quando avevo tutto questo?
 
 
 
 
Io.
  
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