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Autore: chiupetta    05/09/2011    2 recensioni
-Che vuoi ragazzo?- dissi con aria superficiale.
-Ciao baby, li vedi quei due ragazzi nascosti dietro l'albero?- mi girai per vedere.
-Si li vedo, quindi?- con aria quasi scioccata, continuò indisturbato.
-Ho fatto una scommessa con loro: vogliono che sia tu a chiedermi il numero di telefono.-
-Ma questo io non lo farò, quindi vai via.-
-Lo so, io sono un gentiluomo, quindi ora farai finta di darmi un biglietto e poi me ne andrò.-
-Ma perché proprio io?! Ci sono altre cinquanta ragazze qui al parco!-
-Perchè i tuoi occhi sono speciali, hanno qualcosa da raccont...raccont.. si insomma ci stai o no?-
-D'accordo, basta che poi sparisci!-
Mi guardò come pietrificato e poi alzò il sopracciglio sinistro.
Feci quello che mi aveva chiesto, infine si alzò e mi fece l'occhiolino.
Ci guardammo fino a quando arrivò dai suoi amici, poi mi girai e ripresi da dove mi aveva interrotto.
Che strano... anche i suoi occhi, gli occhi color miele, avevano tanto da raccontare, persino più dei miei.
Genere: Drammatico, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarah's Chapter.

Cosa pensate? Che tra me e quel Justin sia nata la scintilla? No.
Il fatto è che forse sono fin troppo orgogliosa per ammettere che mi interesso di quello sconosciuto.
Il fatto è che ho sofferto troppo, e nel mio cuore non c'è spazio per nessuno.

Era arrivata quasi l'ora del così detto "appuntamento" anche se io non lo ritenevo tale.
Non vi sto ad elencare cosa indosso, come mi concio e robe varie, a voi non interessa.
Di certo non mi ero preparata per una serata al circo in compagnia di Moira Orfei, ma il più semplice possibile.
Quindi indossai il mio tacco dodici (non è vero vi prendo per il culo), rifacciamo.
Quindi indossai delle converse azzurre e lasciai casa.

La giornata non era delle migliori: le nuvole erano fitte e grigie, neanche un raggio di sole, e c'era un filo di vento al quanto fastidioso.
Ma di certo non era questo a fermarmi.
Le strade erano deserte, solitamente popolate da noi adolescenti, quell'oggi erano inabitate.
Mi diedi una o due ipotetiche spiegazione, alla fine ci rinunciai, il fatto era strano.
Quelle piccole vie inquadravano una ragazza bionda e sola, dirigersi verso la vegetazione fitta.
Sì, per me il parco è sempre stato quasi come un bosco se non peggio.
Anche se tuttavia da piccola amavo giocare lì con mio... amavo giocare lì.
Quando arrivai al parco e mi addentrai nella folta vegetazione, vidi Justin appoggiato ad un albero, che fissava il vuoto.
Di colpo mi bloccai, volevo osservarlo.
La mia mente mi suggeriva di essere superficiale, disinvolta, poco interessata.
Il cuore, invece, dal canto suo, mi diceva: quel ragazzo è qualcosa di stupefacente, sublime, splendido se non strabiliante.
Nessuno in quel momento avrebbe mai potuto competere con tale bellezza.
Mi mancò il respiro ed ebbi un momento di confusione, per poi ritornare alla realtà.
Così misi la mano sul cuore: batteva davvero forte, troppo forte per i miei gusti. 
E così strizzai gli occhi, feci un corpulento respiro, e cominciai a dirigermi verso lui.
-Ciao Sarah, finalmente sei qua.-
-Si eccomi qua.- che idiota, mi uscirono le prime parole che pensai. Non volevo dire quello.
Mi squadrò per bene da capo a piedi, e io in effetti mi sentì nel panico, poi disse.
-Wow, se...sei bellissima.-
Io sorrisi e arrossì, sentì un fuoco dentro cominciare ad ardere. 
Lui fece un passo verso me e io non ebbi la minima intenzione di muovermi.
-Quanti anni hai Sarah?-
-Sedici, ne ho sedici.-
-Ah bene, la giusta differenza, io diciassette.- mi sorrise, un sorriso mai visto, paragonabile ad una divinità.
Se non fosse stato per la mia coscienza, la quale sarà ringraziata prossimamente, gli sarei decisamente saltata addosso.
Cosa molto sbagliata, specialmente da parte mia.
-Avanti che cosa vuoi fare?-
-Decidi, tu ti prego.- Decidi tu ti prego? Sarah ti sei per caso bevuta il cervello?
-Voglio dire... per me va bene qualunque cosa.- MI CORRESSI.
-Bene allora andiamo a mangiare una pizza? E' quasi ora di cena.- fece lui massaggiando il suo ventre.
-Certo andiamo.-

Justin's Chapter.

Quella ragazza, cos'era quella ragazza?
Era diversa dalle altre, mi accettava per quello che ero, non per quello che sono diventato.
E poi lei non lo sapeva.
Era questo il pensiero che mi tormentava, dovevo dirglielo? No, meglio di no.
I suoi occhi mi trasmettevano emozioni che nessuno prima d'ora aveva mai fatto.
Se non fosse che sono un "bravo" ragazzo le sarei già saltato addosso.
Vorrei proprio sapere cosa pensa di me, e se mi pensa.
Cacchio quanto è bella.
Dai Justin, basta, cerca di ritornare alla realtà.
Il desiderio c'è, devi soltanto aspettare aspettare e ancora aspettare.

Sarah's Chapter.

-Hei Justin, cosa ti piace fare?- per parlare un po', dissi la prima cosa che mi venne in mente.
-Si...io...beh non... mi piace cucinare! Molto!- mentiva, lui mentiva, glielo leggevo negli occhi. Era nervoso a quella domanda, persino più di me.
-Ah quindi sei un cuoco, complimenti.- sorrisi.
-Esattamente.- ricambiò il sorriso, Dio quanto è bello.
-E dove vai a scuola?- 
-Io veramente...oh guarda siamo arrivati alla pizzeria, dista davvero poco a piedi.- disse con la voce tremante. Era strano il ragazzo.
Ordinammo della pizza, io una margherita semplice, lui una super condita.
A quanto pare era il suo piatto preferito.

Quando finimmo di cenare ritornammo al parco per passeggiare, alla fioca luce dei lampioni.
Era sera.
Il freddo bruciava quasi, era come una lama affilata, stavo congelando.
Justin se ne accorse e si avvicinò, io immobile stetti a vedere.
Si tolse la felpa con il cappucco che indossava e me la fece mettere, poi mi guardò divertito.
Che profumo meraviglioso, così dolce, letteralmente da baciare.
Mi cinse le spalle con il braccio e poi accennò una melodia, non capivo quale fosse, ma era bravo a cantare.
Caspita se lo era.
I suoi occhi luccicavano ad ogni lampione che superavamo, era uno spettacolo.
Poi d'un tratto mi fermai, e Justin di scatto con me facendo una smorfia di confusione.
-Che succede Sarah?- io non risposi.
Sapevo sarebbe arrivato quel momento.
Mi scese una lacrima silenziosa dal volto, rigandomi la guancia, così istintivamente calai la testa.
Poco dopo uscirono i singhiozzi, il mio petto sussultava a ogni lacrima abbandonata.
-Hei, hei piccola cosa hai?- che dolce Justin, mi ha chiamato piccola, si preoccupa per me.
-Niente sto bene.- non era vero, dopo quella frase la situazione si aggravò ulteriormente.
-Non è vero, tu non stai bene.- mi attrasse verso il suo petto e lo abbracciai nascondendo la faccia nelle pieghe della sua T-shirt.
Poi con forza, mi girai, e indicando la foto che giaceva sotto il pino cominciai il mio racconto.
-Ti ascolto.- disse Justin.
-Vedi quell'uomo in foto, laggiù?.-
-Si.- rispose lui secco.
-Era mio padre, proprio lui.- alla parola padre mi uscì un singhiozzo secco e sordo, poi misi la mia piccola mano sulla fronte per cercare di tranquillizzarmi. Ovviamente non riuscivo nell'intento.
Guardai verso il cielo, e senti le sue mani avvolgermi la pancia.
Mi baciò la fronte.
-Continua.- disse.
-Quel giorno ero con lui al parco.
Mio padre aveva appena diagnosticato un tumore al cuore, ma io non lo sapevo.
I miei genitori mi dissero che aveva solo dei problemi causati dall'alimentazione, e che dovevamo evitare di farlo stancare il meno possibile.
Stavamo giocando a fresbee, poi cominciai a fare l'idiota.
Così gli dissi: -Papà prendimi se riesci.- e lui non si tirò indietro.
Poco dopo, non sentendo più le sue risate mi girai, e lo vidi accasciato nel prato.
I medici hanno provato ma.. non c'è l'ha fatta.-
Justin mi strinse più forte a se.
-Quanto tempo fa?- disse.
-Otto mesi.- risposi sofferente.
-Piccola, ci sono io con te, non ti deluderò mai.- mi sussurò all'orecchio.
-E' stata colpa mia.- dissi con un filo di voce.
-Oh no! Perchè pensi questo?! Non è stata colpa tua. Tuo padre stava già male, sarebbe successo prima o poi.-
Non mi reggevo in piedi, quel dolore era tornato, mi stava divorando il petto.
Mi accasciai in ginocchio.
Justin mi copiò e mi invitò ad accocolarmi sul suo petto.
Io lo feci, come se il mio unico desiderio in quel momento fosse quello, stare con lui.
Mi accarezzò i capelli per un lasso di tempo a me sconosciuto, ma ricordo che dissè qualcosa come 'i tuoi capelli sono irresistibili.'.
Non me ne accorsi subito e non diedi peso alla cosa.
Eravamo io e lui, in quel parco freddo e tagliente, avvolto dalla notte e le sue creature.
To be continued.

   
 
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