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Autore: Ziggie    05/09/2011    1 recensioni
E rieccomi qui a scrivere di nuovo del capitan Barbossa. Nei frammenti precedenti ho narrato della sua storia prendendo spunto da situazioni accennate nella sua biografia, qui invecce si cambia musica. In questa storia Hector narrerà dei propri pensieri, delle proprie sensazioni di fronte a quanto ha vissuto: morte, resurrezione e tutte le altre imprese alquanto epiche che lo hanno accerchiato nel corso della saga. Quindi non mi resta che augurarvi buona lettura ;)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Holà lettori e recensori, chiedo venia per il madornale ritardo, ma sono sotto esame e in questi giorni la connessione ha fatto cilecca, altrimenti avrei postato prima, anche perchè ve ne aspetta un altro di frammento oltre a questo ;) Che dire di più, non sono una che svela quanto narra, ma un piccolo dettaglio ve lo concedo: il capitan Barbossa torna alla ribalta :3
Buona lettura readers e alla prossima.

 

3. “Un tormento di nome Jack Sparrow”
 


 

Non so dire quanto rimasi in quelle grotte, in quel limbo, dove il mio spirito era più vivo che mai; forse ore, forse giorni, settimane, mesi, anni. Un lungo periodo in cui rimuginai sul fatto che il mio fato mi era sfuggito di mano: prima la maledizione, poi la morte, ora questo lurido patto, che mi garantiva la libertà se avessi ripreso Sparrow e liberato Calypso.

Ho sempre detestato i vincoli, avere le mani legate sotto il comando di qualcuno, ma dopo anni di maledetta agonia, riabbracciare la vita con tutte le emozioni che avevo perduto, era un passo che non avrei sottovalutato.

Ed ecco che la signora ironia si fa gioco di me, come se fossi il suo burattino, per la seconda volta: liberato dalla maledizione per sentire il freddo abbraccio della dama incappucciata e ora, in bilico nel suo limbo ad un passo dalla vita, legato ad una sola azione: quella di andare a riprendere Sparrow, il rivale di sempre, il capitano che ho volentieri tradito, l’uomo che mi ha sparato.

Dopotutto toccava sempre a me tirare, Sparrow, fuori dai guai - non che il piccolo passero in questione mancasse di furbizia, ma, ogni tanto, questa sua vena artistica gli sfuggiva di mano - ed ogni volta lo facevo giusto perché favoriva la mia causa e anche stavolta non sarebbe stato diverso: era la mia nave quella che era perduta, era la dama dell’oscurità ad aver bisogno del suo vero capitano.

- E’ giunto il momento, capitan Barbossa. La vostra scelta? – mi chiese, ghignando, Tia Dalma.
- La conoscete strega. Abbandonerò il freddo abbraccio della morte, ritornandovi a tempo debito. Ma un uomo deve conoscere i minimi dettagli che circondano un’impresa, se la deve intraprendere, no? – feci notare, come a interrogarla indirettamente.
- Jack Sparrow fugge dal diavolo in persona, da Davy Jones, con il quale ha stipulato un patto: il demone del mare, gli ha restituito la Perla che si era inabissata, in cambio della sua anima dopo tredici anni di comando – narrò la dea, mentre io mi grattavo la barbetta, in ascolto – Jack fu capitano per due anni e nonostante aver subito, da voi, un ammutinamento, ha continuato ha presentarsi agli altri come “Capitan Jack Sparrow”; un mediocre capitano, ma sempre tale, nonostante fosse alla costante ricerca di una nave. Ora Davy Jones reclama il suo premio e, macchiando Sparrow con la macchia nera lo ha condannato ad essere vittima del suo leviatano -.
- Qualcuno dovrebbe insegnare a Sparrow ad essere meno egocentrico – commentai ironico, dato che era la sua troppa sicurezza a cacciarlo sempre nei guai, ma nonostante quel racconto, non mi pentii delle mie azioni riguardo a Jack, anzi, fu come se quella storia mi fosse scivolata addosso come acqua sulla roccia. – Perché pensate che io conosca la via per l’eterno cancello, la rotta per il forziere di Davy Jones? – cambiai discorso; ero informato sul demone del mare, come ad ogni marinaio, degno di definirsi tale, si raccomanda e sapevo bene che Davy Jones non lasciava mai andare quello che prendeva: quell’uomo non era semplice leggenda e il suo scrigno erano le profondità marine, la landa perduta che ogni pirata temeva.
- Perché voi, avete varcato i confini della mappa, Barbossa, grazie a questo viaggio -.
- Mi avete condotto voi in questo posto, non la mia volontà o capacità -.
- Vero – ghignò melliflua – ma è chi ha avuto padronanza della morte, come ha padronanza del timone, che conosce, anche se indirettamente, le acque che conducono all’aldilà -.
- A quando il mio ritorno? – chiesi, era inutile perdere altro tempo.
Lei ghignò. – A breve -.
  
  

  
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